Alla fine della notte |
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Un film di Salvatore Piscicelli.
Con Ennio Fantastichini, Ida Di Benedetto, Elena Sofia Ricci, Ricky Tognazzi, Stefania Orsola Garello.
continua»
Drammatico,
durata 95 min.
- Italia 2003.
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Paolo D'Agostini
La Repubblica
Prima di esprimere un'opinione sul film di Piscicelli viene spontaneo arrestarsi davanti a un dubbio. Sta riconquistando spazio e pubblico un cinema di storie e di narratività "tonda" come diceva Salvatores in un'intervista di pochi giorni fa a Repubblica. Non sarà che questa tendenza delegittima e penalizza quel cinema che invece, dalla sua postazione sia pur coscientemente ma coerentemente minoritaria, pratica la strada della nonstoria o, per dirla ancora con il regista di Io non ho paura, della narrazione "rotta"? Un po' sì, onestamente. Si fa più fatica ad accettarlo, è passato di moda.
Il film di Piscicelli ne è un esempio. È un percorso interiore, il viaggio in un'anima inquieta, il ritratto di una condizione. Quella del regista cinematografico interpretato da Ennio Fantastichini, impegnato nel corpo a corpo con il proprio "demone" che, giunto egli al centro anagrafico e professionale della vita, non gli dà pace. Sembra un film di un'altra epoca. Certo: se un'ispirazione di tal genere produce Otto e mezzo, non c'è epoca o moda che tengano. Anche se non si sa mai se si è capaci di riconoscerlo l'Otto e mezzo di turno. O forse, chissà, in un clima come quello che stiamo respirando, Otto e mezzo non potrebbe proprio nascere. Sta di fatto che Alla fine della notte lascia freddi.
Al contrario dei due precedenti film di Piscicelli, Il corpo dell'anima e Quartetto: di natura ambedue genuinamente sperimentale, di forte vocazione "autoriale", ma carichi di passione e molto comunicativi. Malgrado la palese intensità partecipativa del protagonista, di un attore così sensibile alle emozioni come è Fantastichini, non ci riesce di credergli. O meglio di trovare interessante la crisi da bilancio di questo personaggio così chiuso nei confini della propria psiche. Che, per dirla schietta, se la canta e se la suona da solo.
Da La Repubblica, 28 giugno 2003
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