lucyelisa
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venerdì 13 settembre 2013
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convincente opera prima
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Emma Dante , registra teatrale di talento , esordisce alla regia cinematografica " alla grande " raccontando un duello tra due donne ostinate e testarde tutto al femminile , un moderno western , come ,lo definisce la stessa registra che - per l'esordio - aveva bisogno della polvere , della carne e della strada che sceglie nella Sua via Castellana Bandiera ,una viuzza ,sovrastata dal Monte pellegrino, nella sua Palermo anche se il film non è un su Palermo o sul sud ma narra la impenetrabilità e la irriducibile determinazione di due donne con un vissuto tormentato: Samira ,anziana "chianiota" ( proveniente dalla cittadina di Piana degli Albanesi, dove vive una piccola comunità di origine greco- albanese che parla un dialetto antico e che il genero definisce “turchi” come i palermitani sono soliti indicare gli stranieri ) ,muta nel suo dolore per la prematura scomparsa della figlia e sopraffatta dalla rumorosa famiglia Calafiore ( genero e nipoti ) , una maschera tragica affidata all’ espressività di Elena Cotta , un personaggio essenziale nella sua sofferenza impenetrabile ( quasi un eroina greca che , nel suo abito da lutto, si stende in un silenzioso abbraccio sulla tomba del figlia ) sfiorato solo dalla tenerezza del e per il nipote che parla la sua lingua; Rosa - angosciata dalle incomprensioni con la compagna Clara - che rifugge dal difficile rapporto con la madre e la sua città di origine dove torna malvolentieri ; due donne appartenenti a mondi diversi: Samira povera ed oppressa dal genero ( un bravissimo Daniele Malfatti, credo attore non professionista ) e Rosa , borghese e libera da legami familiari, ma entrambe pari nell’ ostinazione con cui restano chiuse nelle loro autovetture senza cedere il passo l’una all'altra in quella via stretta , senza regole ( dove non c'è senso di marcia si sale e si scende dice una donna che abita nella strada ed i numeri civici sono alla rifusa).
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Emma Dante , registra teatrale di talento , esordisce alla regia cinematografica " alla grande " raccontando un duello tra due donne ostinate e testarde tutto al femminile , un moderno western , come ,lo definisce la stessa registra che - per l'esordio - aveva bisogno della polvere , della carne e della strada che sceglie nella Sua via Castellana Bandiera ,una viuzza ,sovrastata dal Monte pellegrino, nella sua Palermo anche se il film non è un su Palermo o sul sud ma narra la impenetrabilità e la irriducibile determinazione di due donne con un vissuto tormentato: Samira ,anziana "chianiota" ( proveniente dalla cittadina di Piana degli Albanesi, dove vive una piccola comunità di origine greco- albanese che parla un dialetto antico e che il genero definisce “turchi” come i palermitani sono soliti indicare gli stranieri ) ,muta nel suo dolore per la prematura scomparsa della figlia e sopraffatta dalla rumorosa famiglia Calafiore ( genero e nipoti ) , una maschera tragica affidata all’ espressività di Elena Cotta , un personaggio essenziale nella sua sofferenza impenetrabile ( quasi un eroina greca che , nel suo abito da lutto, si stende in un silenzioso abbraccio sulla tomba del figlia ) sfiorato solo dalla tenerezza del e per il nipote che parla la sua lingua; Rosa - angosciata dalle incomprensioni con la compagna Clara - che rifugge dal difficile rapporto con la madre e la sua città di origine dove torna malvolentieri ; due donne appartenenti a mondi diversi: Samira povera ed oppressa dal genero ( un bravissimo Daniele Malfatti, credo attore non professionista ) e Rosa , borghese e libera da legami familiari, ma entrambe pari nell’ ostinazione con cui restano chiuse nelle loro autovetture senza cedere il passo l’una all'altra in quella via stretta , senza regole ( dove non c'è senso di marcia si sale e si scende dice una donna che abita nella strada ed i numeri civici sono alla rifusa). Non è un film su Palermo ( che ha il privilegio di averlo distribuito nelle sale in anteprima ) ma le note forti e popolari della città ,irrompono con prorompente vitalità ,attraverso la rumorosità e genuinità degli abitanti della strada, offrendo quella dimensione corale che ritrovo , con accenti diversi, in altri registi palermitani di origine o di adozione ( Tano da morire di Roberta Torre dove l’ironia e è la chiave di lettura , è stato il figlio di Daniele Ciprì ,dominato dal cinismo che qui fa capolino nella bizzarra scommessa tra gli abitati della straduzza sulla resistenza delle due donne) e che culmina nella scena finale di corsa dei personaggi che popolano la via verso una metà ignota ( forse il baratro che la delimita? ) mentre la viuzza si allarga quasi in una prospettiva liberatoria .Nonostante l’apparente fissità della scena, il film , con una ottima fotografia e sceneggiatura, ha una tensione narrativa costante ed avvincente.
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flyanto
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martedì 24 settembre 2013
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un tragico duello fatto solo di sguardi
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Film in cui si narra di una coppia di donne omosessuali le quali ritornano nella periferia di Palermo in occasione del matrimonio di un loro amico. Mentre cercano con la macchina di districarsi tra il dedalo di strade e viuzze al fine di raggiungere la propria meta, esse imboccano ad un certo punto Via Castellana Bandiera, una via scalcinata ed a doppio senso in cui non vige praticamente ( o non se ne tiene affatto conto) alcuna regola del codice stradale, e pure morale. Pertanto, incocciando la propria macchina quella di una famiglia lì di residenti, guidata da una signora alquanto anziana, ne sorge immediatamente tra le due guidatrici delle autovetture una muta disputa al fine di non cedere il passo l'una alla'altra.
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Film in cui si narra di una coppia di donne omosessuali le quali ritornano nella periferia di Palermo in occasione del matrimonio di un loro amico. Mentre cercano con la macchina di districarsi tra il dedalo di strade e viuzze al fine di raggiungere la propria meta, esse imboccano ad un certo punto Via Castellana Bandiera, una via scalcinata ed a doppio senso in cui non vige praticamente ( o non se ne tiene affatto conto) alcuna regola del codice stradale, e pure morale. Pertanto, incocciando la propria macchina quella di una famiglia lì di residenti, guidata da una signora alquanto anziana, ne sorge immediatamente tra le due guidatrici delle autovetture una muta disputa al fine di non cedere il passo l'una alla'altra. Così, facendo, non inserendo nè l'una nè l'altra la retromarcia, le due contendenti con i rispettivi familiari arriveranno a trascorrere l'intero pomeriggio della giornata festiva, nonchè l'intera notte, ferme nelle proprie postazioni, fino ad un epilogo quanto mai tragico ed assurdo. Quest'opera prima della regista Emma Dante, di cui peraltro ella ha scritto anche la sceneggiatura, è tratta dal suo omonimo romanzo e risulta come una rappresentazione assai cruda di un mondo e di un certo tipo di umanità prevalentemente ignorante, gretta e meschina, che vive quasi ai margini della società arroccandosi dietro a dei principi ed a delle regole di vita assurde e quanto mai nocive. Tutti gli esseri umani di questa vicenda infatti, salvo pochi, per non dire, forse, uno solo, e cioè uno dei giovani figli del capo famiglia, non meritano alcuna scusante o, meglio, assoluzione per il proprio comportamento. Un comportamento alquanto deplorevole dal punto di vista umano, che degenera sempre più assumendo anche una connotazione cinica, come quello di arrivare addirittura a scommettere da parte di alcuni protagonisti e di tutto il circondario che assiste alla vicenda delle somme di denaro sulla probabile vincitrice tra le due disputanti. E pure la giovane donna, ormai emigrata fuori Palermo, interpretata dalla stessa Emma Dante, non si discosta molto da questo tipo di comportamento irrazionale, quasi avesse cancellato tutti gli anni di lontananza dalla miseria e dalla grettezza morale di quel luogo. O, forse, il suo atteggiamento è da intendersi come una forma quasi di ritorsione nei confronti di quell'ambiente per lei probabilmente così zeppo di amari ricordi, e causato dall'eccessivo caldo? Non si sa e non viene nemmeno spiegato, in ogni caso la regista termina il film in maniera assai tragica e senza alcuna speranza o possibilità di riscatto per alcuno, rivelando e denunciando quanto mai la mancanza di raziocinio e di comprensione reciproca, riesca a portare gli esseri umani ad un livello quasi bestiale di comportamento. Ed il duello muto tra le due donne le coinvolge e le accomuna nello stesso tempo per il medesimo destino di sofferenza vissuto e per l' eguale forza ed asprezza di carattere, ponendole mirabilmente una di fronte all'altra come in uno specchio. La protagonista anziana, interpretata egregiamente da Elena Cotta e valendosi della sua recitazione composta solo di sguardi ed espressioni del volto significative già di per sè, senza mai un' emissione verbale, è stata giustamente premiata della Coppa Volpi all'ultimo Festival di Venezia. Ma per nulla da sottovalutare, a mio parere, risulta pure il modo di fare cinema di Emma Dante stessa, qui, ribadisco, al suo encomiabile, sebbene spietato, esordio. Da non perdere assolutamente per chi è interessato ad un certo cinema di protesta di nicchia.
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maria rosa giannalia
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domenica 29 settembre 2013
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come una tragedia greca
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Via Castellana Bandiera è un'opera prima veramente eccezionale. La regista Emma Dante ha mantenuto nel linguaggio cinematografico la struttura del linguaggio teatrale le cui quinte sono costituite appunto dalla strada che dà il titolo al film. Due donne Rosa (Emma Dante) e Samira (Elena Cotta) per caso trovatesi sulla stessa strada, stretta come alcune strade periferiche di Palermo e invase da case ingombranti e abusive, anche queste assolutamente realistiche, si fronteggiano per una questione di precedenza. Nessuna delle due cede il passo. Entrambe ingaggiano una lotta dura e silenziosa fino all'ultimo, mentre intorno a loro si avvicendano le vite degli altri e quelle le loro stesse, mostrate anticipatamente nel prologo del film.
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Via Castellana Bandiera è un'opera prima veramente eccezionale. La regista Emma Dante ha mantenuto nel linguaggio cinematografico la struttura del linguaggio teatrale le cui quinte sono costituite appunto dalla strada che dà il titolo al film. Due donne Rosa (Emma Dante) e Samira (Elena Cotta) per caso trovatesi sulla stessa strada, stretta come alcune strade periferiche di Palermo e invase da case ingombranti e abusive, anche queste assolutamente realistiche, si fronteggiano per una questione di precedenza. Nessuna delle due cede il passo. Entrambe ingaggiano una lotta dura e silenziosa fino all'ultimo, mentre intorno a loro si avvicendano le vite degli altri e quelle le loro stesse, mostrate anticipatamente nel prologo del film. La vicenda ha la struttura della tragedia greca classica infatti di questa ha tutte le parti , l'impianto strutturale e l'esito finale. Le due donne sono portatrici di un carico di dolore, una mancanza irrimediabile Samira, ferita profondamente dalla morte della figlia, una colpa irredimibile Rosa, persuasa a non tornare mai più a Palermo ma costretta dall'amore per la sua giovane compagna Clara (Alba Rohrwacher)a ritornarci suo malgrado. Nella stradina fatale in cui si incontrano le due donne si innesca il più feroce conflitto, quasi una Ybris nell'atteggiamento della protagonista Rosa che non lascia il passo alla più anziana donna, né si piega al compromesso che, specie in quella città, è alla base della convivenza sociale: vuole comunque affermare il suo diritto in una terra dove il diritto è solo una parola del vocabolario. La folla che emerge attraverso l'avvicendamento dei personaggi, è il coro che sottolinea i vari momenti degli episodi, li commenta e li piega al suo conformismo fatto dalla scommessa, dall'immancabile pranzo cui vengono invitati tutti i protagonisti oltre ai componenti della famiglia allargata, assai realistica, dove comunque, anche nella miseria morale in cui tutti sembrano vivere, non mancano elementi di pietas e di generosità ( i piatti di pasta offerti alle due contendenti sudate e affaticate da quella lotta muta ma dura). Questa Palermo che emerge dagli episodi del film è molto connotativa del luogo ed è stupefacente come la regista sia riuscita, attraverso l'uso del linguaggio e dell'ambiente così degradati, a ricostruire tutte le parti della tragedia classica. La catastrofe infatti non tarda a realizzarsi: la morte di Samira precipita anche tutti gli altri protagonisti verso la rovina finale. Bellissima l'ultima scena: la strada, diventata larga e quindi estranea e non necessaria al conflitto, si anima del flusso di tutti i suoi abitanti verso il baratro in cui va a precipitare l'automobile dove Samira giace ormai cadavere, trascinando tutti nel destino fatale contro cui nessuno può lottare. Due raffinatezze finali: la canzone che sottolinea con il canto ritmato " chi ha dovuto morire, è morto, chi è dovuto partire è partito, chi è dovuto rimanere è rimasto" dove lo stesso verbo "dovere" non fa altro ricondurre tutti i protagonisti di questa storia al loro destino segnato dal fato. Ultimo il bambino che, anche se distanziato da tutti gli altri abitanti della strada, pure non si ferma ma si avvia inesorabilmente al precipizio finale. Veramente bello!
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francif
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lunedì 30 settembre 2013
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assurdo come noi
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Due automobili si incrociano, un afoso giorno d'estate, in Via Castellana Bandiera, un “budello” in un quartiere povero e degradato di Palermo.
Semplicemente una a caso delle due auto avrebbe potuto fare qualche metro di retromarcia per far passare l'altra auto e poter quindi così proseguire entrambe.
Invece le due donne alla guida, Samira e Rosa, si fermano li. Non solo non fanno retromarcia, ma spengono i rispettivi motori. Una delle due, poi, metterà la prima e andrà proprio contro l'altra.
Samira si chiude nella sua auto e nel suo silenzio devastato dal dolore per la morte della giovane figlia.
Rosa si inchioda li, forse per non andare a quel matrimonio dell'amico della compagna, forse per non voler andare avanti oltre nel rivedere e ritrovare Palermo e riaprire vecchie ferite di figlia, forse per tenere ancora un po' lì con se Clara, la compagna che vuole lasciare.
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Due automobili si incrociano, un afoso giorno d'estate, in Via Castellana Bandiera, un “budello” in un quartiere povero e degradato di Palermo.
Semplicemente una a caso delle due auto avrebbe potuto fare qualche metro di retromarcia per far passare l'altra auto e poter quindi così proseguire entrambe.
Invece le due donne alla guida, Samira e Rosa, si fermano li. Non solo non fanno retromarcia, ma spengono i rispettivi motori. Una delle due, poi, metterà la prima e andrà proprio contro l'altra.
Samira si chiude nella sua auto e nel suo silenzio devastato dal dolore per la morte della giovane figlia.
Rosa si inchioda li, forse per non andare a quel matrimonio dell'amico della compagna, forse per non voler andare avanti oltre nel rivedere e ritrovare Palermo e riaprire vecchie ferite di figlia, forse per tenere ancora un po' lì con se Clara, la compagna che vuole lasciare.
Con quell'assordante silenzio fatto di sguardi, quelle due donne si parlano e, in fondo, si alleano complici.
Mentre il paese intorno osserva, abbozza reazioni inadeguate, inventa scommesse per scacciare un po' più in là la noia ed una miseria che uccide in mille modi.
Rosa e Samira condividono il buttare la cena e l'urinare per la strada.
Complici, comunicano facendosi l'occhiolino e con i lampeggianti dell'auto.
Tutto il resto, gli altri, sono in fondo solo ombre e comparse.
Il senso pieno e vivo della storia ce lo raccontano tutto loro due, con le loro diverse e uguali solitudini e disperazioni.
Sarebbe stato così semplice, addirittura naturale, fare retro per poter proseguire entrambe.
Assurdo fare muro contro muro per vedere “chi ha le corna più dure”, per perdere tutto quel tempo e non poter proseguire.
Assurdo.
Assurdo come ogni coazione a ripetere, come ogni storia che ci fa soffrire e ci ruba la speranza e non sappiamo chiudere perchè solitudine e libertà fanno tanta paura.
Assurdo come ogni volta che una donna viene massacrata di botte dal suo uomo e non lo lascia e non lo denuncia, pensando magari che in fondo è anche colpa sua.
Assurdo come ogni sogno che ci ostiniamo a lasciare nel cassetto.
Assurdo come l'assuefazione a politicanti mafiosi e criminali, ignoranti e incapaci.
Assurdo come questo Paese che non sa reagire da lustri allo sfascio collettivo.
Questa storia inizia con la morte che chiama la morte (Samira che si sdraia sulla tomba della figlia e la abbraccia) e termina con la morte di questa mamma che ha “usato” questa sfida per suicidarsi e tentare di riabbracciare forse in qualche modo la figlia.
Per assurdo, solo la morte di Samira risveglia Rosa e le fa mettere quella dannata e banale retromarcia. Troppe volte abbiamo bisogno di toccare il fondo per riuscire a reagire. E troppe volte è troppo tardi.
Questa metafora dell'assurdo deve toranarci in mente ogni volta che basterebbe fare qualche passo indietro per poter proseguire.
Ogni volta che abbiamo paura di andare avanti, di sfidare gli eventi, di vivere, di liberarci ed essere appieno noi stessi.
Questa metafora così evidente nella sua tragica assurdità deve aiutarci a riconoscere e combattere le nostre quotidiane e suicide follie.
E le suicide follie di questa violentata Repubblica democratica fondata sul Lavoro.
Francesca Fabbri.
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michele
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giovedì 19 settembre 2013
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una grande opera prima
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Presentato in concorso alla 70a edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 'Via Castellana Bandiera' è il film d'esordio della regista teatrale Emma Dante. C'era grande curiosità intorno a questa pellicola, sia perché si trattava di un'opera prima e poi perché i film italiani al Lido sono sempre molto attesi nella speranza di avere qualche segnale di risveglio da parte del nostro cinema anche se non trovano mai facile terreno di conquista. Il Festival è sempre una prova ardua da superare per i nostri autori e sono molti i registi con un curriculum importante alle spalle che spesso hanno abbandonato la kermesse con qualche sassolino di troppo nella scarpa, tanto da voler, in certi casi addirittura, rinunciare a ripresentare un proprio film.
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Presentato in concorso alla 70a edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 'Via Castellana Bandiera' è il film d'esordio della regista teatrale Emma Dante. C'era grande curiosità intorno a questa pellicola, sia perché si trattava di un'opera prima e poi perché i film italiani al Lido sono sempre molto attesi nella speranza di avere qualche segnale di risveglio da parte del nostro cinema anche se non trovano mai facile terreno di conquista. Il Festival è sempre una prova ardua da superare per i nostri autori e sono molti i registi con un curriculum importante alle spalle che spesso hanno abbandonato la kermesse con qualche sassolino di troppo nella scarpa, tanto da voler, in certi casi addirittura, rinunciare a ripresentare un proprio film. E' un viziaccio tipicamente italiano quello di essere sempre esageratamente critici e crudeli verso se stessi e ciò che ci rappresenta, però non è questo il caso. Emma Dante firma una grande pellicola, un mirabile affresco di uno spaccato sociale italiano che ha la capacità di trasformarsi in corso d'opera, in un progetto di più ampio respiro, in una metafora della condizione generale in cui versa il nostro paese, bloccato e assolutamente non in grado di andare avanti.
La storia è semplice: due auto con alla guida due donne, Rosa (Emma Dante) e Samira (Elena Cotta), si ritrovano a dover attraversare lo stesso tratto di strada in mezzo alle case, in una zona ai margini di Palermo tra il mare e la montagna, ma la via è troppo stretta perché entrambe le macchine vi possano transitare nei due sensi di marcia. Nessuna delle due protagoniste vuole retrocedere o cedere il passo all'altra, fino ad arrivare ad un tragico epilogo.
La storia che Emma Dante porta sullo schermo acquista fin da subito una vocazione che va oltre il singolo dato di fatto, oltre l'episodio rappresentato. La storia si erge pian piano come una sorta di allegoria sociale non tanto di una zona geopolitica ben definita del nostro territorio, quanto piuttosto di una condizione che riguarda l'intero italico paese, dove l'ambizione personale e il mito supremo dell'individualismo dominano incontrastati nei confronti del processo di coesione sociale che dovrebbe essere alla base di una società sana e libera. Ognuna delle due donne al volante non ha mai intenzione di arrendersi, entrambe marcano il proprio territorio come le bestie facendo pipì sulla strada, si sfidano a colpi di sguardi, vigilano costantemente l'una sull'altra. Dall'altra parte, l'ambiente umano intorno a loro, non cerca mai di trovare una soluzione ragionevole per sistemare la vicenda, ma vede in questo episodio un'occasione per trarne un profitto economico, scommettendo su chi delle due cederà prima.
Il film cresce mano a mano che va avanti e riesce, partendo dal particolare a lanciare un messaggio di allarme universale per quanto riguarda la condizione umana nella sua interezza, sempre più guidata dalle logiche egoistiche del profitto e della speculazione che hanno soppiantato definitivamente ogni valore morale e di cooperazione tra esseri viventi.
Una prova ardua per una regista esordiente che riesce sempre a mantenere alto il livello della tensione, senza annoiare mai. In particolar modo ci regala un grande finale, attraverso un'unica inquadratura, che disvela allo spettatore un'altra lettura della storia, una sorta di speranza, di via alternativa che però l'essere umano oggi, non sembra proprio in grado di cogliere.
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angelo umana
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lunedì 23 settembre 2013
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il lato oscuro di noi
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Succede, a volte succede, che carichi del proprio fardello di tensioni e preoccupazioni, si affrontino situazioni o incontri non previsti reagendo in modo insospettabile, perfino inconsulto. Così avviene nel caso di Rosa (Emma Dante, regista e protagonista) e di Samira (Elena Cotta). La prima è tornata di malavoglia a Palermo, al volante della sua Multipla, per condurre a una festa di nozze la sua giovane compagna Clara (Alba Rohrwacher). E’ tesa perché le torna davanti il suo difficile rapporto con la madre, che risiede in quella città, e per i momenti di stanca usuali nelle coppie. L’anziana e silenziosa Samira guida invece la sua Punto riportando a casa dalla spiaggia la sua famiglia acquisita e farraginosa, che forse mal sopporta, i cui elementi di “punta” sono il volgare genero – un magnifico e assolutamente credibile nella sue “macchiette” siciliane Renato Malfatti - e il nipote 16enne, l’unico per cui lei provi un sincero affetto.
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Succede, a volte succede, che carichi del proprio fardello di tensioni e preoccupazioni, si affrontino situazioni o incontri non previsti reagendo in modo insospettabile, perfino inconsulto. Così avviene nel caso di Rosa (Emma Dante, regista e protagonista) e di Samira (Elena Cotta). La prima è tornata di malavoglia a Palermo, al volante della sua Multipla, per condurre a una festa di nozze la sua giovane compagna Clara (Alba Rohrwacher). E’ tesa perché le torna davanti il suo difficile rapporto con la madre, che risiede in quella città, e per i momenti di stanca usuali nelle coppie. L’anziana e silenziosa Samira guida invece la sua Punto riportando a casa dalla spiaggia la sua famiglia acquisita e farraginosa, che forse mal sopporta, i cui elementi di “punta” sono il volgare genero – un magnifico e assolutamente credibile nella sue “macchiette” siciliane Renato Malfatti - e il nipote 16enne, l’unico per cui lei provi un sincero affetto. L’abbiamo vista ad inizio film visitare la tomba di sua figlia, morta giovane a 38 anni, lutto che le ha provocato un vuoto tremendo, il silenzio in cui è immersa e forse un senso di allontanamento dal resto del genere umano, fatto salvo il rapporto col nipote. Nel cimitero ciba dei cani che sembrano abituati a quell’appuntamento e si distende sul marmo della tomba come ad abbracciare la sua figliola.
Le due auto si fronteggiano in senso opposto nell’angusta Via Castellana Bandiera, un fatale appuntamento, nessuna delle due vuole fare marcia indietro e risolvere la “singolar tenzone”, apparentemente una contesa come ne avvengono nelle nostre città dove vige la legge (o il diritto) del più forte, o del più cocciuto o di chi “ha le corna più dure” (riflessione di Rosa). Queste due donne affrontano così la situazione, ne fanno una guerra psicologica da un giorno e una notte, il genero e gli uomini della strada ne fanno invece un fatto cruento e parolaio, come è dato vedere a volte nella realtà.
La strada diventa un parlamento dove ogni abitante ha la soluzione giusta, finché tutti se ne vanno a cenare e poi a dormire, non prima di essersi inventati una riffa su quale delle due donne cederà per prima: è una foto fedele delle nostre periferie, il gioco, le fazioni, i traffici. Restano nelle loro auto le due donne che hanno intrapreso la sfida, il duello di nervi. Alcune inserzioni della regista fanno supporre che in fondo le due abbiano trovato un’occasione per ripensare a sé stesse, una pausa, un accordo per sostare: Samira fa l’occhiolino a Rosa che la fronteggia da dietro il suo parabrezza, sembra dire “ci risolviamo ora da sole la nostra disputa” ma quell’occhiolino si direbbe pure una mutua intesa. Rosa dal canto suo lampeggia con gli abbaglianti quando vede l’anziana Samira appisolarsi sul volante, preoccupata che non stia bene.
Se però per Rosa è chiaro che quella pausa-duello è volta ad accertare chi “ha le corna più dure”, uno spirito di rivalsa originato dalle sue tensioni dovute all’odiato viaggio e ai rapporti con sua madre, per Samira si può pensare ad un desiderio di morte, si chiude dentro l’auto, in fondo detesta il mondo che ha attorno e si ricongiungerebbe volentieri a sua figlia nell’aldilà (vedasi l’abbraccio alla tomba). La tensione di Rosa si stempera nell’abbraccio notturno a Clara, distese a dormire nella Multipla, mentre per Samira si compie il dramma, forse voluto, forse ineluttabile.
Una canzone siciliana sui titoli di coda, “Com’è sula sta’ strata” (Come è sola questa strada), dice “Cu avia di moriri, murìu, cu avìa di chiangiri, chiangìu, cu avìa di partiri, partìu”: a ciascuno il suo, le cose vanno come devono andare, tutto si compie o del fatalismo siciliano.
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mauridal
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venerdì 21 febbraio 2014
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una tragedia della magna grecia
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VIA CASTELLANA BANDIERA UN FILM DI EMMA DANTE . ITALIA 2013
Quando una civiltà antica, come la classicità greca non muore mai , malgrado il passare dei millenni e l’avvento delle macchine , intese come macchine da ripresa , come automobili, ma anche come macchinazione , cioè una serie di avvenimenti messi insieme , congegnati in maniera tale da sembrare una vicenda semplice ,ma in realtà , a ben vedere si tratta di una trappola , di una gabbia, di un ingorgo, allora, è opportuno rintracciarla, nella trama di questo film : VIA CASTELLANA BANDIERA. Un’opera dalla Magna Grecia , una vicenda da tragedia classica siciliana con accento palermitano.
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VIA CASTELLANA BANDIERA UN FILM DI EMMA DANTE . ITALIA 2013
Quando una civiltà antica, come la classicità greca non muore mai , malgrado il passare dei millenni e l’avvento delle macchine , intese come macchine da ripresa , come automobili, ma anche come macchinazione , cioè una serie di avvenimenti messi insieme , congegnati in maniera tale da sembrare una vicenda semplice ,ma in realtà , a ben vedere si tratta di una trappola , di una gabbia, di un ingorgo, allora, è opportuno rintracciarla, nella trama di questo film : VIA CASTELLANA BANDIERA. Un’opera dalla Magna Grecia , una vicenda da tragedia classica siciliana con accento palermitano. La macchina da ripresa, cioè il cinema, è fondamentale nel caso del film VIA CASTELLANA BANDIERA, poiché una regista di teatro, come Emma Dante anch’essa attrice, commediografa tragica, dal volto di una drammaticità unica , un volto severo senza sconti, adatta una azione teatrale, alla modernità del cinematografo .Dunque è la storia di un confronto –scontro tra due donne, protagoniste Samira e Rosa votate alla reciproca distruzione di sé e dell’altra .Nel proemio Le troviamo con tutti gli altri personaggi in una strada stretta, quasi un vicolo cieco, una via degradata e squallida, del centro storico di Palermo bloccate in due auto una di fronte l’altra, senza che nessuna delle due ceda il passo finendo entrambe come in una trappola., e nell’epilogo invece con la magia del cinema appunto,la via diventa una grande strada da cui fuggire ,una vera via di fuga liberatoria. Questo della strada è un tema non inconsueto per il cinema, basterebbe il solo riferimento a La strada di Fellini dove però lungo una strada si svolge un metaforico viaggio nell’immaginario, mentre qui in questa via castellana bandiera si sta assolutamente fermi e chiusi fisicamente e mentalmente in automobile. Il compimento del dramma si ha quando tra le due donne , diverse per età,ed estrazione si instaura una sfida all’annientamento distruttivo. L’una Samira anziana è prigioniera infelice del suo passato, di profuga albanese orba di una figlia morta ma con un altro coccolato figlio maschio, insieme ospiti di un genero odiato dalla famiglia numerosa , l’altra donna è Rosa donna emancipata con una compagna lesbica , altrettanto infelice di questa relazione,omosessuale, ma che esprime la sua rabbia proprio in questo casuale ingorgo con la caparbietà di scontrarsi con tutti e non cedere niente a nessuno. Lo stile del racconto non rientra nel road movie, anche se tuttavia stando le auto ferme e i personaggi chiusi dentro e bloccati in una strada, ugualmente raccontano la dinamica storia di un duello psicologico all’ultimo sangue dove come nei migliori duelli, una morte chiuderà la vicenda. Ora I significati psicoanalitici all’origine di questa storia tra donne , dove i personaggi maschili sono del tutto comparse irrilevanti , vanno ricercati nell’ancestrale ruolo delle donne nella tragedia greca ,come già accennavo.
La conclusione è la morte della duellante Samira e la conseguente fuga liberatrice di tutti gli altri, Rosa compresa che finalmente libererà la strada con l’auto, sturando il tappo occlusivo alla libertà per tutti gli abitanti della via, ma forse alludendo alla fuga per tutti i palermitani donne bambini e uomini in cerca di emancipazione da oppressioni sociali, economiche e politiche. Mauridal.
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howlingfantod
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venerdì 28 giugno 2019
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"qui hanno tutti ragione e hanno tutti torto"
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Possiamo immaginare Emma Dante, regista e autrice del romanzo dal quale è stato tratto il film da lei stessa diretto e sceneggiato insieme a Giorgio Vasta, interpretare se stessa in questo stupefacente e potente film tanto ricco quanto scarno nell’ambientazione e penetrante nella drammaticità del suo sviluppo. Un film strettamente al femminile con le tre protagoniste principali che sono tre donne così diverse e così uguali e di fronte alle quali gli uomini, pur soverchianti e predominanti come sempre risultano comprimari e macchiette. La lotta fra le avverse parti, modi stessi di concepire la vita, la società, la modernità con Samira (la bravissima Elena Cotta) legata a riti ancestrali, tradizioni inestirpabili, segna il territorio non lasciando passare l’auto.
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Possiamo immaginare Emma Dante, regista e autrice del romanzo dal quale è stato tratto il film da lei stessa diretto e sceneggiato insieme a Giorgio Vasta, interpretare se stessa in questo stupefacente e potente film tanto ricco quanto scarno nell’ambientazione e penetrante nella drammaticità del suo sviluppo. Un film strettamente al femminile con le tre protagoniste principali che sono tre donne così diverse e così uguali e di fronte alle quali gli uomini, pur soverchianti e predominanti come sempre risultano comprimari e macchiette. La lotta fra le avverse parti, modi stessi di concepire la vita, la società, la modernità con Samira (la bravissima Elena Cotta) legata a riti ancestrali, tradizioni inestirpabili, segna il territorio non lasciando passare l’auto. Da notare che la strada permetterebbe il passaggio delle due auto anche se significativamente questo lo si scopre nel corso dello svolgimento della narrazione, mentre all’ inizio del fronteggiamento in strada la stessa appare uno stretto budello che non può permettere il passaggio in contemporanea. Sceneggiatura tanto essenziale quanto stratificata. L’incontro scontro fra le due auto in una piccola strada periferica di una Palermo accecante e bruciata dal sole dà il via a un gioco al massacro, tanto essenziale nella sua dinamica quanto micidiale e universale nei suoi sviluppi e implicazioni. Diventa una sfida e una contrapposizione universale fra due mondi contrastanti. Quello di Rosa (Emma Dante), cittadina del mondo che è fuggita da Palermo e vi ritorna nella finzione filmica per il matrimonio di un amico della compagna Clara (Alba Rohrwacher) e quello legato alle ataviche e grottesche tradizioni e chiusure degli abitanti di Via Castellana Bandiera, dove “tutti hanno ragione e tutti hanno torto” come confesserà a Clara una delle donne vestite in nero che abitano una di quelle case di quel nugolo che fa da quinta del film e che potrebbero appartenere a una qualsiasi bidonville di Caracas, Rio De Janeiro, Nairobi. Ecco perché questo film è universale, perché parla del microcosmo e del macrocosmo, il micro di una piccola e dimenticata periferia di Palermo dei giorni nostri, il macro con la dura legge della natura che qui sembra soppiantare quella sociale al di là di ogni contratto e umana mediazione e dove vige quindi la legge del più forte (chi ha diritto a passare). Le due donne, Rosa (Emma Dante) e Samira rappresentano due visioni della vita, così opposte e così uguali, due donne forti pur con visioni opposte della società, della modernità, con la seconda che nella dinamica degli eventi e con la sua scelta estrema sembra urlare la sua condanna a un mondo volgare, impietoso e fondamentalmente maschile, dove alla fine fatalmente tutti sono destinati a perdere, come i vinti dei Malavoglia, perdere anche la scommessa che era stata giocata dagli uomini sulla testa delle due donne, mentre l’auto finalmente sgombra la strada in un drammatico grottesco e bellissimo finale degno di questo film e corre via da sola lungo Via Castellana Bandiera.
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franco57s
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domenica 29 settembre 2013
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la noia
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Samira (Elena Cotta premio miglior inetrpretazione femminile Venezia. Ma non avevano nessun' altra attrice da premiare?) è una signora anziana che durante tutto il film non dice una parola, sta tornando dal mare con i nipoti il genero e la figlia.
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Samira (Elena Cotta premio miglior inetrpretazione femminile Venezia. Ma non avevano nessun' altra attrice da premiare?) è una signora anziana che durante tutto il film non dice una parola, sta tornando dal mare con i nipoti il genero e la figlia. In un'altra macchina due amiche/amanti stanno andando a un matrimonio. Quando le due autiste (l'altra é la regista) si incontrano in una via stretta nella periferia degradata di Palermo, via Castellana Bandiera appunto, nessuna delle due, contrariamente al buon senso, vorrà fare retromarcia. Inizia così una guerra di logoramento tra le due donne, in una sorta di duello western sotto il sole, con inquadrature e sguardi che lo ricordano moltissimo, così fino al mattino e alla caduta nel vicino burrone della vecchietta che non aveva tirato il freno a mano stile 'oggi le comiche'.
Mentre è abbastanza bello osservare quello che si svolge nella vietta tra la gente di quel povero quartiere, altrettanto non si può dire della noia nell'osservare le due donne che per tutto il tempo si guardano in cagnesco mentre lo spettatore aspetta invano di capire il vero motivo dell'ostinazione delle due donne. Appena sufficiente
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[+] superficialità
(di angelo umana)
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