peer gynt
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domenica 11 settembre 2011
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chi tradisce chi?
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Con questo film sulla politica vista come una partita a poker dove conta solo saper bluffare, mentre valori come la lealtà e lo spirito di squadra ti possono solo danneggiare, Clooney continua la sua riflessione sul rapporto fra comunicazione e potere, su come la prima generi e allo stesso tempo controlli e determini il secondo. Con una scrittura lineare e dialoghi efficaci (anche grazie alla pièce teatrale da cui il film è tratto), la vicenda si prepara la strada per giungere ad un finale drammatico dotato della necessaria intensità. Ed è anche un percorso di maturazione che trasforma un giovane rampante con una fede certa nei sani valori americani in un perfido Jago che impara a tessere le sue tele mortali.
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Con questo film sulla politica vista come una partita a poker dove conta solo saper bluffare, mentre valori come la lealtà e lo spirito di squadra ti possono solo danneggiare, Clooney continua la sua riflessione sul rapporto fra comunicazione e potere, su come la prima generi e allo stesso tempo controlli e determini il secondo. Con una scrittura lineare e dialoghi efficaci (anche grazie alla pièce teatrale da cui il film è tratto), la vicenda si prepara la strada per giungere ad un finale drammatico dotato della necessaria intensità. Ed è anche un percorso di maturazione che trasforma un giovane rampante con una fede certa nei sani valori americani in un perfido Jago che impara a tessere le sue tele mortali. Con il gran pregio, che va riconosciuto agli autori e attori del film, di non dividere i personaggi in buoni e cattivi, ma di lasciare allo spettatore la possibilità di decidere chi sia alla fine il traditore e chi il tradito.
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gianmaria.silv
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martedì 13 settembre 2011
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the pursuit of power
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Clooney si cimenta nella regia di un film politico prendendo di mira la corsa per le primarie nel partito democratico. La scelta del partito democratico è interessante ma meno coraggiosa di quello che potrebbe sembrare visto che permette di proteggersi dalle accuse di faziosità allo stesso tempo di giudicare tutta la classe politica senza grandi distinzioni di parte. Il film getta un'ombra nera su tutta la politica vista come una sporca corsa al potere dove conta apparire e dare la giusta impressione di sé stessi e della propria vita presente, passata e futura. Vorremmo tanto che non fosse così, vorremmo poter credere negli ideali incarnati dal politico democratico interpretato da Clooney e ad un certo punto vorremmo tanto che questo fosse un film su quello che la politica potrebbe e dovrebbe essere.
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Clooney si cimenta nella regia di un film politico prendendo di mira la corsa per le primarie nel partito democratico. La scelta del partito democratico è interessante ma meno coraggiosa di quello che potrebbe sembrare visto che permette di proteggersi dalle accuse di faziosità allo stesso tempo di giudicare tutta la classe politica senza grandi distinzioni di parte. Il film getta un'ombra nera su tutta la politica vista come una sporca corsa al potere dove conta apparire e dare la giusta impressione di sé stessi e della propria vita presente, passata e futura. Vorremmo tanto che non fosse così, vorremmo poter credere negli ideali incarnati dal politico democratico interpretato da Clooney e ad un certo punto vorremmo tanto che questo fosse un film su quello che la politica potrebbe e dovrebbe essere. Invece, la trama si snoda tra inganni, finzioni, lotte di potere, reati e scandali sessuali; ci mostra il dietro le quinte della politica americana, che in fondo è quello che la politica italiana ci mostra ogni giorno alla luce del sole.
La decadenza morale e la morte degli ideali è ben rappresentata dalle speranze deluse e infine assassinate della giovane stagista (ben rappresentata da una brava Evan Rachel Wood) che si impegna per il candidato in cui crede e che alla fine si rivelerà il solito politico dalle belle parole ma corrotto dal potere, o meglio dalla continua ricerca di questo. Il film mischia tutte le componenti di un lungometraggio di successo: una trama avvincente e non banale, una regia pulita, precisa e senza fronzoli, un ritmo incalzante, un tema impegnato, riferimenti politici e storici facilmente comprensibili dai non informati ma che allo stesso tempo strizza l'occhio ai lettori del "Time" e un cast stellare dove brillano Paul Giamatti, lo stesso Clooney e Ryan Gosling.
Una curiosità: il film era pronto nel 2007 ma vista l'elezione di Obama e la rinnovata fiducia nella politica e nelle istituzioni, i produttori hanno deciso di rinviarne l'uscita. Oggi che del sogno di un nuovo rinascimento politico e culturale sono rimaste solo le ceneri, è un ottimo momento per (ri)vivere le "Idi di marzo".
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beatrice fiorentino
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giovedì 29 dicembre 2011
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chi è senza peccato scagli la prima pietra
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Difficile trovare un personaggio “puro” in questo splendido film che non ci risparmia virate e sorprese, con una sceneggiatura impeccabile e interpreti semplicemente straordinari.
In un periodo come quello che stiamo vivendo, in cui la crisi finanziaria mondiale si accompagna ad una ben più preoccupante crisi dei valori e della politica, produce un effetto straniante addentrarci così profondamente nella quotidianità di una campagna elettorale svelandone dinamiche e retroscena.
Il fascino sottile del potere travolge tutti, seduce con attrattiva discreta e silenziosa. Difficile sottrarsi, saper resistere alla tentazione di sentirsi migliori, più furbi, corteggiati. Di questo si parla nelle Idi di marzo: di potere e di perdita dell’innocenza.
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Difficile trovare un personaggio “puro” in questo splendido film che non ci risparmia virate e sorprese, con una sceneggiatura impeccabile e interpreti semplicemente straordinari.
In un periodo come quello che stiamo vivendo, in cui la crisi finanziaria mondiale si accompagna ad una ben più preoccupante crisi dei valori e della politica, produce un effetto straniante addentrarci così profondamente nella quotidianità di una campagna elettorale svelandone dinamiche e retroscena.
Il fascino sottile del potere travolge tutti, seduce con attrattiva discreta e silenziosa. Difficile sottrarsi, saper resistere alla tentazione di sentirsi migliori, più furbi, corteggiati. Di questo si parla nelle Idi di marzo: di potere e di perdita dell’innocenza.
Clooney controlla sapientemente il nostro feeling e ci guida attraverso sentimenti in continua evoluzione: amiamo il governatore Morris, capace di farci credere in un mondo migliore senza scendere mai a compromessi. E lentamente scivoliamo con lui nella tentazione di accettarli quei compromessi, in nome di un bene più grande, perché se non cedi qualcosa a qualcuno non arrivi da nessuna parte e i tuoi ideali restano tali, senza concretizzarsi in nulla. In fondo non è che un piccolo prezzo per chi vuole coronare un sogno che non è per sé, è per il mondo. Prendiamo le parti di Stephen Myers (Ryan Gosling, migliore in campo) giovane pieno di talento che lavora nella squadra del governatore Morris perché crede in quel sogno, come noi. Ma insieme a lui restiamo invischiati in un meccanismo, null’altro che questo, non in una universale e manichea lotta del bene contro il male ma in un semplice meccanismo che regola la nostra società. O vinci o perdi. Se perdi sei fuori. Niente di personale. E quando il gioco si fa duro Stephen dovrà mostrare i muscoli o soccombere. Crediamo anche all’innocente vitalità di Molly, la giovane stagista capace, ambiziosa ed esuberante, forse solo bisognosa di affetto o forse ancora vittima inconsapevole (o consapevole?) del solito meccanismo tritatutto. Destinata ad avere un ruolo cruciale nell’evoluzione della storia, sarà proprio lei a pagare il prezzo più alto per le umane debolezze. Molly è anche lo specchio crudele del ruolo avvilente in cui si sono infilate le donne della generazione post ’68. Cedendo anch’esse alle lusinghe del potere, sono ridotte a scegliere se comportarsi come uomini per affermarsi nel lavoro (come nel caso della giornalista Ida), o se puntare sulla propria fisicità per conquistare il privilegio di scaldare un letto nelle fredde notti d’inverno o per fungere da antidoto allo stress che comporta un ruolo di potere.
I superconsulenti della campagna elettorale Paul Zara e Tom Duffy non sono altro che questo. Tecnici. Professionisti. Consulenti che giocano tutte le loro cartucce all’ultimo sangue. Nient’altro. Nessun complotto, nessuna gratuita malvagità, solo lavoro.
Non ci sono buoni buoni né cattivi cattivi in questo film. Esseri umani che vivono in questo mondo. Forse è proprio questo l’elemento più inquietante. Noi tutti, che seduti nelle comode poltrone di casa inneggiamo ai più alti valori civili, possiamo essere assolutamente certi, giurare a noi stessi che nelle stesse circostanze avremmo agito diversamente? Ne siamo profondamente convinti? Eppure Dio solo sa quanto avremmo bisogno di credere, senza indugi, in quelle ultime parole pronunciate dal governatore Morris: “…la dignità è importante, l’Etica conta, da essa dipende il nostro futuro.”
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(di manuel m.72 )
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jaylee
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domenica 18 dicembre 2011
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tu, quoque...
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Niente da dire: ormai George Clooney è una garanzia. Se si esclude il tremendo In Amore Niente Regole (e già il titolo in italiano era da denuncia penale rispetto all’originale…), e che vi piaccia o no il suo faccione sornione, la sua costante presenza nel gossip internazionale (apparentemente non intenzionale), qualche gigioneria di troppo, Clooney è l’erede di quel filone unico USA che mette al servizio lo Star System all’l’impegno civile, la critica ragionata al nostro mondo, le contraddizioni del sistema e interne ad ogni individuo.
Come evoca il nome stesso, Le Idi di Marzo è una tragedia moderna ambientata nel mondo politico di oggi, dove ognuno è impegnato a pugnalare l’altro, non per malvagità, ma semplicemente perché sono le regole del gioco.
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Niente da dire: ormai George Clooney è una garanzia. Se si esclude il tremendo In Amore Niente Regole (e già il titolo in italiano era da denuncia penale rispetto all’originale…), e che vi piaccia o no il suo faccione sornione, la sua costante presenza nel gossip internazionale (apparentemente non intenzionale), qualche gigioneria di troppo, Clooney è l’erede di quel filone unico USA che mette al servizio lo Star System all’l’impegno civile, la critica ragionata al nostro mondo, le contraddizioni del sistema e interne ad ogni individuo.
Come evoca il nome stesso, Le Idi di Marzo è una tragedia moderna ambientata nel mondo politico di oggi, dove ognuno è impegnato a pugnalare l’altro, non per malvagità, ma semplicemente perché sono le regole del gioco. Steven Meyers (Ryan Gosling, in stato di grazia) è l’addetto stampa del candidato alle Primarie Democratiche Mike Morris (George Clooney), intelligente e idealista; ma anche lui sarà fagocitato dal sistema. Ogni debolezza, per quanto umana, per quanto comprensibile, per quanto ininfluente, viene utilizzata come arma: da avversario politico ad avversario politico, dalla stampa ai propri informatori, persino tra capo e collaboratore.
Se ci fosse stato bisogno di ribadirlo ancora una volta, Le Idi di Marzo rappresenta la politica come un Male necessario, dove veramente il fine giustifica i mezzi, non come compromesso, ma come dato di fatto, purché non vengano resi noti all’elettorato. Anche Morris, apparentemente il volto nuovo e pulito in cui Meyers crede ciecamente, sarà costretto al compromesso, ma non per aspetti politici… e da qualcuno di inaspettato. Cerca abbastanza nei cassetti di ciascuno, e ci sarà di sicuro qualcosa pronto ad essere strumentalizzato: magari non vero, magari irrilevante, come un graffio sulla superficie; ma se tutti gli squali ci si gettano sopra, riusciranno a sbranare la preda… in attesa della prossima, o di essere loro stessi la preda.
Seppur non particolarmente originale, il film di Clooney, alla sua quarta regia sul grande schermo, ha una trama solida, tesa, non scontata, ottimi dialoghi e un cast di fuoriclasse gestiti al meglio. Una spanna sopra tutti Ryan Gosling (il primo piano finale, con il suo sguardo e gli angoli della sua bocca che cambiano impercettibilmente, ma visibilmente è un esempio di Programmazione Neuro-Linguistica applicata; così come la credibilità del suo viaggio all’Inferno – senza ritorno) e Paul Giamatti (nel ruolo del capo dello staff avversario; apparentemente innocuo, ma assolutamente mefistofelico appena mostra le zanne), splendidamente valorizzati dal Clooney regista (molto bravo nel fare un passo indietro rispetto ai protagonisti, così come era successo In Good Night and Good Luck, ma comunque giocando bene di squadra come interpretazione). Ed anche Philip Seymour Hoffman, imperscrutabile e calcolatore, e Marisa Tomei, splendida mercenaria della stampa, sono bravissimi.
Il film di Clooney risuona di Tutti Gli Uomini del Presidente, de Il Candidato, e più recentemente, di Syriana, di State of Play e Nessuna Verità, combinando il tutto con efficacia e misura. Cinema USA al suo meglio. Da vedere.
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davidearte
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giovedì 22 dicembre 2011
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il doppio gioco della politica
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Stephen Meyers (Ryan Gosling) è un trentenne di talento, esperto di politica e di comunicazione, entrato a far parte dell’entourage del governatore Mike Morris, uno dei due contendenti democratici alle primarie negli USA, che altri non è se non il Clooney regista/sceneggiatore del film. Siamo nel pieno dello scontro diretto dei due candidati e chi riuscirà a ottenere più delegati nell’Ohio e accaparrarsi i favori di un politico locale potente vincerà le primarie e sarà in corsa per la Casa Bianca: forse per noi italiani è un po’difficile capire in pieno questo sistema elettivo, ma bastano davvero poche nozioni per seguire lo sviluppo della trama.
Morris sembra un politico serio, coerente, in grado di dare speranza al suo popolo e pronto al cambiamento (ricorda qualcuno, già eletto nel 2008?), soprattutto non vuole cedere alle lusinghe della corruzione e degli scambi di favori: egli incarna davvero tutte le virtù che un politico giovane di sinistra deve avere in una stagione di contrasti, guerre, povertà e crisi economica.
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Stephen Meyers (Ryan Gosling) è un trentenne di talento, esperto di politica e di comunicazione, entrato a far parte dell’entourage del governatore Mike Morris, uno dei due contendenti democratici alle primarie negli USA, che altri non è se non il Clooney regista/sceneggiatore del film. Siamo nel pieno dello scontro diretto dei due candidati e chi riuscirà a ottenere più delegati nell’Ohio e accaparrarsi i favori di un politico locale potente vincerà le primarie e sarà in corsa per la Casa Bianca: forse per noi italiani è un po’difficile capire in pieno questo sistema elettivo, ma bastano davvero poche nozioni per seguire lo sviluppo della trama.
Morris sembra un politico serio, coerente, in grado di dare speranza al suo popolo e pronto al cambiamento (ricorda qualcuno, già eletto nel 2008?), soprattutto non vuole cedere alle lusinghe della corruzione e degli scambi di favori: egli incarna davvero tutte le virtù che un politico giovane di sinistra deve avere in una stagione di contrasti, guerre, povertà e crisi economica. Il problema sta nel fatto che Stephen crede in lui e nella sua campagna ben oltre il confine tra lavoro e devozione. Quando scoprirà che una delle stagiste deve rivolgersi a una clinica per abortire il figlio di Morris, concepito in una euforica serata di festeggiamenti durante la campagna, le sue prospettive cambieranno in maniera considerevole e inizierà la fase “di formazione” del personaggio; ma il binario sembra condurlo inesorabilmente verso un obiettivo negativo e non positivo: si darà al ricatto, al sotterfugio e infine il cinismo e l’aridità della politica lo renderanno un abile arrivista senza scrupolo, che non vediamo ma che immaginiamo nella sua sfolgorante carriera, ormai in solitaria.
La regia del film è decisamente di ottimo livello; colpisce soprattutto il gioco di luci e di ombre (molto caravaggesche) che creano forti contrasti e interessanti ritratti dei personaggi, forti e vincenti in pubblico, ma deboli e imperfetti nel loro privato, soprattutto scorretti nel loro lavoro. La corruzione sembra inevitabile e la connivenza del giornalismo di livello con un certo modus operandi della politica è la normalità.
George Clooney tenta quindi di realizzare un grande affresco delle possibili trame che si sviluppano dietro i buoni propositi e gli edificanti discorsi che gli uomini pubblici mettono in campo per raggiungere il loro scopo, evidenziando, forse, molto di più le delusioni del giovane Stephen che non le ripercussioni degli accordi tra politici.
Il risultato è un interessante noir, mai banale o noioso, purtroppo solo quinto al box office dopo il primo weekend, ingiustamente attestatosi (per ora!) dopo cinepanettoni italiani vari.
Tra tutti i bravi attori che Clooney riunisce in questo progetto ben riuscito, spicca decisamente Ryan Gosling, un attore lanciatissimo nell’Olimpo delle stelle di Holliwood, ma ritengo sia notevole anche il modo in cui il premio oscar Marisa Tomei incarni la giornalista del Times, sempre a caccia di scoop. La giovane stagista è interpretata da una sempre più brava Evan Rachel Wood e il capo di Gosling è l’ottimo Philip Seymour Hoffman, premiato dall’Accademy per avere interpretato Truman Capote qualche anno fa.
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giuliacanova
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venerdì 16 dicembre 2011
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l'amaro calice del potere
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Eccolo finalmente un film meritevole di essere visto. Nessuno sconto ai freddi giochi della politica e dei media ma senza moralismi di pancia. Ognuno trarrà le sue conclusioni. Un film ben diretto, 101 minuti senza un secondo fuori posto e attori che ci fanno dimenticare che stanno recitando. Il film scorre veloce, incalzante come un thriller e con una sceneggiatura asciutta ed efficace. E quando nella scena finale l'inquadratura si sofferma sul tagliente primo piano di Ryan Gosling, che interpreta il personaggio più emblematico, ci rimane la curiosità di sapere come continuerà la sua amara storia personale.
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Eccolo finalmente un film meritevole di essere visto. Nessuno sconto ai freddi giochi della politica e dei media ma senza moralismi di pancia. Ognuno trarrà le sue conclusioni. Un film ben diretto, 101 minuti senza un secondo fuori posto e attori che ci fanno dimenticare che stanno recitando. Il film scorre veloce, incalzante come un thriller e con una sceneggiatura asciutta ed efficace. E quando nella scena finale l'inquadratura si sofferma sul tagliente primo piano di Ryan Gosling, che interpreta il personaggio più emblematico, ci rimane la curiosità di sapere come continuerà la sua amara storia personale. E anche questo è un segno che il film è pefettamente riuscito.
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[+] bellissimo, ma...
(di ferrux)
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xquadro
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sabato 31 dicembre 2011
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politica ed etica, la realtà è peggio del film
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George Clooney si dimostra un regista abile ed efficace. Anche in questo film, come in Good night and good luck, maneggia una materia difficile. Clooney sa scegliere i suoi attori e affidandosi a Ryan Gosling, Philip Seymour Hoffman e Paul Giamatti sapeva di andare sul sicuro. Sceneggiatura e soggetto sono all'altezza. L'obiettivo di entrare con il naso e con le telecamere nel dietro le quinte della politica è ambizioso e stimolante: ritrovarsi nel bel mezzo di una campagna elettorale americana, una sorta di faro per tutte le tele-democrazie occidentali, e avere la possibilità di osservarla dall'interno è un buon incentivo per chi ama il cinema e cerca qualcosa di più che farsi quattro risate in poltrona per dimenticare i patemi del presente.
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George Clooney si dimostra un regista abile ed efficace. Anche in questo film, come in Good night and good luck, maneggia una materia difficile. Clooney sa scegliere i suoi attori e affidandosi a Ryan Gosling, Philip Seymour Hoffman e Paul Giamatti sapeva di andare sul sicuro. Sceneggiatura e soggetto sono all'altezza. L'obiettivo di entrare con il naso e con le telecamere nel dietro le quinte della politica è ambizioso e stimolante: ritrovarsi nel bel mezzo di una campagna elettorale americana, una sorta di faro per tutte le tele-democrazie occidentali, e avere la possibilità di osservarla dall'interno è un buon incentivo per chi ama il cinema e cerca qualcosa di più che farsi quattro risate in poltrona per dimenticare i patemi del presente. Anche l'idea di arrampicarsi fino al livello dell'etica senza fermarsi alla sua espressione pubblica, ma seguendone le diramazioni più intime e soggettive per arrivare a toccare la sfera dei rapporti personali, delle amicizie e delle rivalità, del privato che diventa pubblico, è un aspetto che dona profondità alla storia; lo sviluppo finale, dove il tradimento non è solo un'incognita ma la potenza di quell'incognita, rende la pellicola godibile fino all'ultimo fotogramma. Eppure c'è qualcosa nell'ambientazione che lascia perplessi. Forse non è tutta colpa di Clooney, ma è difficile non considerare nella contablità finale dei 'più' e dei 'meno' la fastidiosa sensazione di avere già visto tutto, di non avere assistito ad uno spettacolo già stato raccontato dalla cronaca, anche giudiziaria, di questi ultimi anni. Opportunismo e infedeltà, slealtà e corruzione, spirito di vendetta, falsità, cinismo e strapotere del denaro, senso di impunità, protervia,ambizione smisurata ed egoismo: non rappresentano solo gli effetti collaterali dell'attività politica ma in molti scenari (purtroppo reali) il suo unico e più desolante prodotto. Ogni cittadino ha ormai imparato la lezione e il disincanto dell'elettore (che al cinema è uno spettatore) è il limite con cui si scontra l'opera. Alla fine cosa ha raccontato di nuovo Le Idi di Marzo? Resta un bel film, certo. Chissà se qualcuno, maneggiando la stessa materia, riuscirà mai a ricavarci un capolavoro.
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vedosentovado
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venerdì 30 dicembre 2011
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se il potere è l'unico ideale
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la genialità è un dono, che può essere messo a disposizione in ogni campo da chi è consapevole dei cambiamenti che questa dote può apportare. il problema è: nel bene o nel male? è così che un giovane consulente politico decide di schierarsi ed aiutare un rivoluzionario governatore democratico degli stati uniti, in previsione delle elezioni presidenziali. ma se è vero che ogni partita deve avere almeno due giocatori, bisogna sempre fare i conti con l'altro, con l'imprevedibile, e con il corso naturale delle cose. un finale nè scontato nè imprevedibile, una cronaca di qualche giornata di campagna elettorale, resa intrigante dalla credibilità con cui, umanamente, ciascuno reagisce cercando di manipolare il futuro, cercando di guidare i fatti, cercando di aggiustare le cose, illudendosi di essere più potenti del potere.
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la genialità è un dono, che può essere messo a disposizione in ogni campo da chi è consapevole dei cambiamenti che questa dote può apportare. il problema è: nel bene o nel male? è così che un giovane consulente politico decide di schierarsi ed aiutare un rivoluzionario governatore democratico degli stati uniti, in previsione delle elezioni presidenziali. ma se è vero che ogni partita deve avere almeno due giocatori, bisogna sempre fare i conti con l'altro, con l'imprevedibile, e con il corso naturale delle cose. un finale nè scontato nè imprevedibile, una cronaca di qualche giornata di campagna elettorale, resa intrigante dalla credibilità con cui, umanamente, ciascuno reagisce cercando di manipolare il futuro, cercando di guidare i fatti, cercando di aggiustare le cose, illudendosi di essere più potenti del potere. è un film da vedere, amaro, cinico e interpretato ottimamente, non lascia indifferenti, anche se è difficile immedesimarsi nei personaggi, perché manca un "vincente" bello ed eroe, dove una figura positiva c'è, ma è sopraffatta dagli interssi privati ed esce di scena senza cambiare di una virgola una macchina gigantesca che gira a pieno ritmo.
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gabriella
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mercoledì 15 febbraio 2012
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film fuori tempo massimo
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Guardando il film mi sono chiesta più volte se davvero valeva la pena riproporre un tema così abusato, niente che non si sapeva già e che non avevamo visto. Che la politica sia corrotta è risaputo, e questo da che ha origine l'uomo, la disonestà, la mancanza di valori, tutte cose che sono sotto gli occhi tutti i giorni; candidati alle presidenziali che ancora si appellano ai sacri principi della costituzione americana ( ma davvero funziona ancora?), sostenitori che sostengono loro stessi e il loro posto di lavoro, poco importa ciò in cui credono, anche perchè sono più che mai disposti a passare dall'altra parte se la sedia cui sono seduti comincia a vacillare. Ma lo sapevamo già che la politica è un affare sporco, che le persone oneste vengono tagliate fuori e che è meglio vivere con il rimorso di aver mandato a farsi fottere i principi di etica e onestà nei quali si credeva pur di restare in gioco.
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Guardando il film mi sono chiesta più volte se davvero valeva la pena riproporre un tema così abusato, niente che non si sapeva già e che non avevamo visto. Che la politica sia corrotta è risaputo, e questo da che ha origine l'uomo, la disonestà, la mancanza di valori, tutte cose che sono sotto gli occhi tutti i giorni; candidati alle presidenziali che ancora si appellano ai sacri principi della costituzione americana ( ma davvero funziona ancora?), sostenitori che sostengono loro stessi e il loro posto di lavoro, poco importa ciò in cui credono, anche perchè sono più che mai disposti a passare dall'altra parte se la sedia cui sono seduti comincia a vacillare. Ma lo sapevamo già che la politica è un affare sporco, che le persone oneste vengono tagliate fuori e che è meglio vivere con il rimorso di aver mandato a farsi fottere i principi di etica e onestà nei quali si credeva pur di restare in gioco. E' il prezzo che si deve pagare per restare a galla, e i giornalisti non sono da meno, avidi di notizie senza rispetto per chichessia; ma dove sono andati a finire i giornalisti assetati di verità e giustizia come il Lowell Bergman di "Insider"?, uomini disposti a mettere a repentaglio il loro posto di lavoro, gli affetti , la carriera in nome di una scelta morale che alla fine , malgrado le rinunce fa stare bene con sè stessi.
Non è nemmeno un film denuncia quello di Clooney, semmai ancora una volta un triste ritratto della nostra società. Bravi gli attori, tutti quanti, che per quanto mi riguarda si sono esercitati in un ripasso , giusto per tenersi in esercizio.
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luana
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sabato 17 dicembre 2011
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niente di originale...
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Anche nel cast (soliti Hoffman; Giamatti; Tomei e la Wood).Il film racconta del puro ed idealista (anche troppo forse, visto il contesto) Stephen, interpretato dal bravo Ryan Gosling, che si scontra con la perversità della politica paragonata a un gioco di mosse irreversibili. Alla fine sentendosi tradito e messo alle strette, sceglierà nell'immediato, di appoggiare il Governatore.Ci sono però due frasi chiavi che spiegherebbero "forse" la sua non corruttibilità di fondo e neanche la rigidità del suo capo (Hoffman) ovvero: "La mia vita è la politica" e " Starò per 4 anni e non 8..non corra troppo". Un film statico; pessimista o realista boh. Un film che parla comunque dell'America e all'America.
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Anche nel cast (soliti Hoffman; Giamatti; Tomei e la Wood).Il film racconta del puro ed idealista (anche troppo forse, visto il contesto) Stephen, interpretato dal bravo Ryan Gosling, che si scontra con la perversità della politica paragonata a un gioco di mosse irreversibili. Alla fine sentendosi tradito e messo alle strette, sceglierà nell'immediato, di appoggiare il Governatore.Ci sono però due frasi chiavi che spiegherebbero "forse" la sua non corruttibilità di fondo e neanche la rigidità del suo capo (Hoffman) ovvero: "La mia vita è la politica" e " Starò per 4 anni e non 8..non corra troppo". Un film statico; pessimista o realista boh. Un film che parla comunque dell'America e all'America. E lo fa usando gli schemi consueti a cui siamo stra-abituati. A meno che certe sfumature sfuggano a noi europei. Clooney si rivela un appena discreto regista e attore. Molto invecchiato nella fisionomia.
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