nino pell.
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sabato 21 novembre 2009
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non prodigioso, ma sicuramente non ipocrita
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Questa volta il regista Melchionna punta diritto nel descrivere quella parte della società moderna caratterizzata dai suoi (angusti)atteggiamenti e comportamenti che, in quest'epoca contemporanea, pur non rappresentando la maggior parte del tessuto sociale, sicuramente non ne costituisce neanche più l'eccezione. L'intero film ci raffigura, con sincerità e con voluto senso di non autocompiacimento nella forma e nel riscontro facile nei riguardi del gusto di molte persone che si apprestano a vedere questa pellicola, molti mali attuali che si sono insediati nella vita quotidiana di ormai molte persone: solitudine, frustazioni di un passato mai rimosso e soprattutto la mancanza di ideali e di grandi punti di riferimento, come invece spesso si sono avuti in passato anche se, comunque, molti dei quali si sono rivelati solo illusori.
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Questa volta il regista Melchionna punta diritto nel descrivere quella parte della società moderna caratterizzata dai suoi (angusti)atteggiamenti e comportamenti che, in quest'epoca contemporanea, pur non rappresentando la maggior parte del tessuto sociale, sicuramente non ne costituisce neanche più l'eccezione. L'intero film ci raffigura, con sincerità e con voluto senso di non autocompiacimento nella forma e nel riscontro facile nei riguardi del gusto di molte persone che si apprestano a vedere questa pellicola, molti mali attuali che si sono insediati nella vita quotidiana di ormai molte persone: solitudine, frustazioni di un passato mai rimosso e soprattutto la mancanza di ideali e di grandi punti di riferimento, come invece spesso si sono avuti in passato anche se, comunque, molti dei quali si sono rivelati solo illusori. Ed ecco allora che , come conseguenza a tutto ciò, si è avuto una lenta ma inesorabile decadenza dei valori di una volta, a vantaggio di comportamenti e modi di pensare che sembrano invece privilegiare molto spesso un appagamento futile ed evanescente. I vari personaggi di questo film ne rappresentano proprio un tipico esempio. C'è, poi, il classico esempio del ragazzo più sensibile ed introverso che, trovandosi praticamente nell'impossibilità di comunicare a chi veramente è in grado di capire, alcune sue problematiche interiori, decide di compiere un gesto estremo, decidendo di buttarsi dal Colosseo. E, per paradosso, le sue sofferenze, anzicché essere capite, vanno spettacolarizzate e rese pubbliche alle masse. A consolarlo ci sono solo i racconti remoti e nostalgici di una nonna che chiaramente non è in grado di compenetrarsi nelle problematiche di un mondo che è cambiato già da diverso tempo. Nel finale, poi, non si può non percepire un acuto senso di riflessione (pessimistica? ) su una certa generazione di ieri che si avvia sul viale del tramonto e di una parte di quella nuova che, coi suoi difetti e le sue contraddizioni, fa comunque parte del presente. Sicuramente giudico questa pellicola non eccezionale, ma almeno il regista Melchionna merita sicuramente apprezzamenti (e auspico qualche riconoscimento) per il coraggio di aver portato sullo schermo un film non ipocrita che, secondo il mio parere, si discosta magnificamente dalle solite e piatte produzioni moderne che puntano soprattutto sulla quantità di consensi.
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siper
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domenica 10 ottobre 2010
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un'altalena troppo veloce tra dramma e commedia
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“Ce n’è per tutti” ruota attorno alla figura di Gianluca (Lorenzo Balducci), un giovane introverso e taciturno che, stanco della sua scellerata famiglia e della società in cui vive, decide di arrampicarsi in cima al Colosseo. Il ragazzo arriva a questo estremo gesto non per attirare l’attenzione su di sé minacciando di buttarsi, bensì per estraniarsi dal mondo che tanto disprezza. La nonna di Gianluca (Stefania Sandrelli) eludendo le forze dell’ordine assiepate ai piedi del Colosseo riesce a raggiungere il nipote e inizia con lui un’amara analisi sulla condizione umana del nostro tempo. Attorno a questo nucleo centrale del film si sviluppano altre storie con tematiche disparate. La storia di Gianluca fa da sfondo ad un vero e proprio carosello di personaggi (su tutti Eva interpretata da Ambra Angiolini) costretti a confrontarsi con realtà diverse quali la famiglia, l’amore, il sesso.
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“Ce n’è per tutti” ruota attorno alla figura di Gianluca (Lorenzo Balducci), un giovane introverso e taciturno che, stanco della sua scellerata famiglia e della società in cui vive, decide di arrampicarsi in cima al Colosseo. Il ragazzo arriva a questo estremo gesto non per attirare l’attenzione su di sé minacciando di buttarsi, bensì per estraniarsi dal mondo che tanto disprezza. La nonna di Gianluca (Stefania Sandrelli) eludendo le forze dell’ordine assiepate ai piedi del Colosseo riesce a raggiungere il nipote e inizia con lui un’amara analisi sulla condizione umana del nostro tempo. Attorno a questo nucleo centrale del film si sviluppano altre storie con tematiche disparate. La storia di Gianluca fa da sfondo ad un vero e proprio carosello di personaggi (su tutti Eva interpretata da Ambra Angiolini) costretti a confrontarsi con realtà diverse quali la famiglia, l’amore, il sesso. Il film vuole fornire uno spaccato agrodolce della società moderna e ci riesce anche, ma con un ritmo troppo lento e senza una vera e propria sequenza di eventi . La trama risulta, così, poco scorrevole e non riesce a catturare e conservare la piena attenzione dello spettatore per tutta la durata del film. Il lavoro di Melchionna è comunque interessante poiché raggiunge l’obiettivo di mostrare alcune problematiche sociali del nostro Paese con spunti anche buoni come il tema dell’isolamento del protagonista in cima a un simbolo come il Colosseo , ma non prende una vera e propria forma. Il film rimane un ibrido a metà tra una commedia agrodolce e una tragedia leggera poiché tratta argomenti abbastanza seri con una discreta ironia, mantenendo, però, sempre un tangibile fondo di amarezza e malinconia. L’esame per Melchionna non può, quindi, considerarsi superato nonostante un buon cast (tra gli altri Anna Falchi, Micaela Ramazzotti, Arnoldo Foà).
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carpenzano
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lunedì 25 gennaio 2010
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un angelo meraviglioso
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Noi siamo una moltitudine, ha scritto Pessoa e Luciano Melchionna lo sa o meglio lo ha intuito da qualche tempo, perché la varianza dell’umanità lo incuriosisce e lo cattura fino a sentire il senso di un arresto e di una perdita. Si può restare imbambolati a guardarsi intorno… La moltitudine che siamo ci attrae perché ci si illude che lenisca parte del nostro doloroso senso di solitudine e l’impulso autobiografico potrebbe coincidere con il desiderio di “abitare” maschere diverse per ricercare la propria identità. Oppure…”fermare la macchina” e rischiare che l’ansia di vivere si riversi nella morte, così se guardi laggiù, in quel deserto affollato della “vita reale”, vedi chiaro (?) e puoi accorgerti drammaticamente che esiste un ultimo confine oltre il quale non è dato andare! La scena che espone lo sguardo e il corpo dal corpo desalmado della storia (il Colosseo) riprende continuamente, come un pezzo musicale a svolgimento continuo, la frammentazione dispersiva di tutti gli altri corpi (veri e propri “mostri metropolitani” che navigano nell’universo dei possibili).
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Noi siamo una moltitudine, ha scritto Pessoa e Luciano Melchionna lo sa o meglio lo ha intuito da qualche tempo, perché la varianza dell’umanità lo incuriosisce e lo cattura fino a sentire il senso di un arresto e di una perdita. Si può restare imbambolati a guardarsi intorno… La moltitudine che siamo ci attrae perché ci si illude che lenisca parte del nostro doloroso senso di solitudine e l’impulso autobiografico potrebbe coincidere con il desiderio di “abitare” maschere diverse per ricercare la propria identità. Oppure…”fermare la macchina” e rischiare che l’ansia di vivere si riversi nella morte, così se guardi laggiù, in quel deserto affollato della “vita reale”, vedi chiaro (?) e puoi accorgerti drammaticamente che esiste un ultimo confine oltre il quale non è dato andare! La scena che espone lo sguardo e il corpo dal corpo desalmado della storia (il Colosseo) riprende continuamente, come un pezzo musicale a svolgimento continuo, la frammentazione dispersiva di tutti gli altri corpi (veri e propri “mostri metropolitani” che navigano nell’universo dei possibili).Tema caro a Melchionna è frammentare (come in Dignità Autonome e Gas) cioè disgregare il tessuto dell’unità perché ogni singola azione diventi l’azione, perché nella microstoria ci sia la macrostoria… e l’inevitabilità del disordine che ne deriva fa parte di una vera e propria utopia della forma dissolta: il tentativo di usare il linguaggio del negativo, il linguaggio della demolizione, della nullificazione del senso!
Mi piace pensare che quest’idea è in tutto il film il piano primario cui ricondurre il resto (un resto, che prende a volte un po’ troppo la mano! Anche nel senso di una caratterizzazione del trash quasi compiacente… postdecadente…)
Melchionna inizia benissimo!! con una “scalata” euristica della fine, con una rappresentazione del non senso del frammento che può solo distruggersi per rinascere. L’Anfiteatro Flavio è il luogo perfetto per marcare l’utopia di un “centro gravitazionale” dove far confluire ciò che è inutilmente lanciato in periferia. E’ un luogo banale, paradossale e sconosciuto per tutti quelli che vi si dirigono: loro sono naufraghi nel nulla e nel buio delle loro esistenze e (inconsapevolmente) delirano su amori e sentimenti consumati nella superficie libidinale che genera continui sfruttamenti selvaggi del corpo. Il Colosseo è invece meta della transitorietà del senso (le ricerche archeologiche, i matrimoni, le vie crucis, i gladiatori, il turismo take away, le giude, le proteste, le suppliche, le carrozzelle, i suicidi, gli spettacoli e le scenografie luministiche) territorio colonizzato estensivamente da nomadi distaccati da ogni civitas per consumare l’ultimo disperato contatto con un avanzo di umanità e di storia. Il mito del Colosseo (luogo inoccupato, disertato, vacante, specchio di quel movimento pendolare che reimposta l’origine alla fine del ciclo stesso) ci mette subito di fronte alla terribilità della distruzione ma anche di fronte alla possibilità di una rinascita se un angelo meraviglioso ci dice che l’unica redenzione possibile è quella offerta dalla memoria, da usare non come archivio ma come immaginazione!
Orazio Carpenzano
Roma 21 nov 2009
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ultimoboyscout
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domenica 23 gennaio 2011
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come siamo caduti in basso!
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Di una pochezza disarmante. Desolante. Nullo. Balducci è uno dei peggiori attori (senza offesa per gli attori) che abia mai visto all'opera, con quella faccia da finto progressista, finto Che Guevara, finto sognatore, finto tutto. Ambra poi potrebba ballare solo nel tugurio della prima scena del film. Il problema che vedo in giro, in particolare del cinema italiano, è che il cinema appunto è ormai diventato un ammortizzatore sociale, senza il quale centinaia di inutili senza arte ne parte sarebbero disoccupati. E non mi riferisco solo a questo film...ce ne sono di esempi purtroppo. Anna Falchi deve produrseli i film per poter recitare...a proposito di ammortizzatori sociali! Sconclusionato, senza senso, un'accozzaglia di tanto che non di niente.
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madness in the emergency exit
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lunedì 23 marzo 2009
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ce n'è poco... ma si divide all'infinito = 0
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Ecco che il cinema italiano si ripropone, come fanno di solito le pietanze mal digerite. Di questa nuova fatica di Mr. Melchionna (immagino presto anche del pubblico) vorrei evitare di fare commenti, per pudore e per correttezza: prima di andare a vedere il film, fate un piccolo gioco, andate a rivedervi "un americano a Roma", che già di suo citava un famosissimo precedente film americano, e ditemi se non si ravvisa un qualche legittimo sospetto di plagio... Il buon vecchio Nando Mericoni, in cima al Colosseo, vi sembrerà... Ma vediamolo, 'sto Latinense a Roma, e poi riflettiamo sulla drammatica anemia del nostro dannato bel paese, che non si può più permettere di esportare nulla se non il continuo rimpasto della nostra più agghiacciante povertà intellettuale.
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Ecco che il cinema italiano si ripropone, come fanno di solito le pietanze mal digerite. Di questa nuova fatica di Mr. Melchionna (immagino presto anche del pubblico) vorrei evitare di fare commenti, per pudore e per correttezza: prima di andare a vedere il film, fate un piccolo gioco, andate a rivedervi "un americano a Roma", che già di suo citava un famosissimo precedente film americano, e ditemi se non si ravvisa un qualche legittimo sospetto di plagio... Il buon vecchio Nando Mericoni, in cima al Colosseo, vi sembrerà... Ma vediamolo, 'sto Latinense a Roma, e poi riflettiamo sulla drammatica anemia del nostro dannato bel paese, che non si può più permettere di esportare nulla se non il continuo rimpasto della nostra più agghiacciante povertà intellettuale.
MitEE
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