john doe
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giovedì 4 marzo 2021
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pura sostanza oltre la forma
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“Una pura formalità” è un film del 1994 diretto dal regista italiano Giuseppe Tornatore ed interpretato da Roman Polanski, Gerard Depardieu e Sergio Rubini. Il film si apre con una pistola che puntando verso la cinepresa spara e con una lunga e frenetica soggettiva in un bosco che viene rapidamente investito da una pioggia torrenziale.
Alla soggettiva succede l’inquadratura di un uomo corpulento che corre sgraziatamente sotto la pioggia (Gerard Depardieu), il quale viene fermato e portato in una caserma di campagna da una pattuglia di agenti. La pura formalità del titolo coincide proprio con l’interrogatorio nei confronti dello scrittore Onoff, il quale scopriremo essere sospettato di omicidio dal commissario di polizia interpretato da Roman Polanski.
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“Una pura formalità” è un film del 1994 diretto dal regista italiano Giuseppe Tornatore ed interpretato da Roman Polanski, Gerard Depardieu e Sergio Rubini. Il film si apre con una pistola che puntando verso la cinepresa spara e con una lunga e frenetica soggettiva in un bosco che viene rapidamente investito da una pioggia torrenziale.
Alla soggettiva succede l’inquadratura di un uomo corpulento che corre sgraziatamente sotto la pioggia (Gerard Depardieu), il quale viene fermato e portato in una caserma di campagna da una pattuglia di agenti. La pura formalità del titolo coincide proprio con l’interrogatorio nei confronti dello scrittore Onoff, il quale scopriremo essere sospettato di omicidio dal commissario di polizia interpretato da Roman Polanski. Il film di Tornatore si regge sopra solide basi date dalle interpretazioni magistralmente equilibrate dei due protagonisti e sopra una scrittura quasi perfetta che riesce a portare avanti una pellicola ambientata unicamente in poche stanze. Tornatore non ricorre ad alcun barocchismo, tipico di altre sue pellicole quali il pluripremiato “Nuovo Cinema Paradiso” o “La leggenda del Pianista sull’Oceano”, ma riduce al minimo le scenografie, riesce a rendere al meglio un’atmosfera ed un’ambientazione scarna quanto surrealista ed evocativa. Tutta la vicenda si svolge in spazi chiusi di una presunta caserma di polizia, fatiscente e sull’“orlo del collasso” (presenza di ratti e costantemente allagata). Tornatore ci catapulta in medias res in una dimensione purgatoriale e sospesa tra luce ed ombra, tra verità e menzogna, tra reale ed illusione. Attraverso movimenti di macchina lenti ed un montaggio posato coinvolge lo spettatore in una vicenda al limite dell’inquietante e del fantastico. Si dimostra un regista capace di muoversi abilmente tra i generi cinematografici ideando una sceneggiatura densa ed intricata, la quale plasma quasi un thriller paranormale con un finale premeditato e scioccante. La narrazione procede come un puzzle, un puzzle del quale circa a metà riusciamo ad intuirne il significato e la composizione, ma che riesce ancora a stupirci. I pezzi del puzzle riaffiorano dalla mente del protagonista ed i ricordi passati entrano nella narrazione presente, come memore lontane e sbiadite che fatichiamo a riportare alla luce (simbolica la presenza delle fotografie come immagini della vita passata). I Rapidi flashback contribuiscono a rendere ancor più ambiguo un mondo che già ci sembra incomprensibile, ma che verso il finale si riavvicina all’animo turbato ed inquieto del protagonista ed assume, rimanendo pur folle, qualità catartiche e di purificante bellezza. Una fotografia che rispecchia l’esigenza di scavare nel propio passato a costo di perdere se stessi, con molti neri e colori scuri che si tramutano improvvisamente in accesi bianchi. L’immagine scura e la pioggia rendono al meglio un ambiente di passaggio, un luogo nel quale nulla funziona e nel quale tutto pare compromesso. Anche le musiche del maestro Ennio Morricone, angoscianti e martellanti ed a tratti tragiche e solenni, contribuiscono alla dimensione cinematografica creata dal regista. La figura dello scrittore in crisi, vittima della sua stessa arte, intrappolato in una dimensione onirica e sognante assume connotati surreali e grotteschi. Rimaniamo in balia di una realtà che non riusciamo ad assecondare, un enigma che quasi ci spaventa ed un conflitto (che poi scopriremo solo apparente) tra due personaggi che si reggono l’uno sulle spalle dell’altro e scritti con fervente immaginazione. Dunque si configura dinnanzi allo spettatore un thriller drammatico, ma anche un giallo paranormale ed un intenso noir, modellato con l’eccellente tecnica cinematografica (dalla sceneggiatura sino al montaggio con la gestione dei ritmi) di Giuseppe Tornatore. Se dunque la forma non manca il film non si regge solo sulla “pura formalità”, ma su una sostanza studiata e consistente da identificarsi nei dialoghi scritti con spiazzante serietà (la sceneggiatura originale di Tornatore e Quignard) e nelle interpretazioni mai sopra le righe, sempre perfettamente bilanciate di Polanski e Depardieu, ma anche del giovane Rubini.
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john doe
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giovedì 4 marzo 2021
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pura sostanza oltre la forma
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“Una pura formalità” è un film del 1994 diretto dal regista italiano Giuseppe Tornatore ed interpretato da Roman Polanski, Gerard Depardieu e Sergio Rubini. Il film si apre con una pistola che puntando verso la cinepresa spara e con una lunga e frenetica soggettiva in un bosco che viene rapidamente investito da una pioggia torrenziale.
Alla soggettiva succede l’inquadratura di un uomo corpulento che corre sgraziatamente sotto la pioggia (Gerard Depardieu), il quale viene fermato e portato in una caserma di campagna da una pattuglia di agenti. La pura formalità del titolo coincide proprio con l’interrogatorio nei confronti dello scrittore Onoff, il quale scopriremo essere sospettato di omicidio dal commissario di polizia interpretato da Roman Polanski.
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“Una pura formalità” è un film del 1994 diretto dal regista italiano Giuseppe Tornatore ed interpretato da Roman Polanski, Gerard Depardieu e Sergio Rubini. Il film si apre con una pistola che puntando verso la cinepresa spara e con una lunga e frenetica soggettiva in un bosco che viene rapidamente investito da una pioggia torrenziale.
Alla soggettiva succede l’inquadratura di un uomo corpulento che corre sgraziatamente sotto la pioggia (Gerard Depardieu), il quale viene fermato e portato in una caserma di campagna da una pattuglia di agenti. La pura formalità del titolo coincide proprio con l’interrogatorio nei confronti dello scrittore Onoff, il quale scopriremo essere sospettato di omicidio dal commissario di polizia interpretato da Roman Polanski. Il film di Tornatore si regge sopra solide basi date dalle interpretazioni magistralmente equilibrate dei due protagonisti e sopra una scrittura quasi perfetta che riesce a portare avanti una pellicola ambientata unicamente in poche stanze. Tornatore non ricorre ad alcun barocchismo, tipico di altre sue pellicole quali il pluripremiato “Nuovo Cinema Paradiso” o “La leggenda del Pianista sull’Oceano”, ma riduce al minimo le scenografie, riesce a rendere al meglio un’atmosfera ed un’ambientazione scarna quanto surrealista ed evocativa. Tutta la vicenda si svolge in spazi chiusi di una presunta caserma di polizia, fatiscente e sull’“orlo del collasso” (presenza di ratti e costantemente allagata). Tornatore ci catapulta in medias res in una dimensione purgatoriale e sospesa tra luce ed ombra, tra verità e menzogna, tra reale ed illusione. Attraverso movimenti di macchina lenti ed un montaggio posato coinvolge lo spettatore in una vicenda al limite dell’inquietante e del fantastico. Si dimostra un regista capace di muoversi abilmente tra i generi cinematografici ideando una sceneggiatura densa ed intricata, la quale plasma quasi un thriller paranormale con un finale premeditato e scioccante. La narrazione procede come un puzzle, un puzzle del quale circa a metà riusciamo ad intuirne il significato e la composizione, ma che riesce ancora a stupirci. I pezzi del puzzle riaffiorano dalla mente del protagonista ed i ricordi passati entrano nella narrazione presente, come memore lontane e sbiadite che fatichiamo a riportare alla luce (simbolica la presenza delle fotografie come immagini della vita passata). I Rapidi flashback contribuiscono a rendere ancor più ambiguo un mondo che già ci sembra incomprensibile, ma che verso il finale si riavvicina all’animo turbato ed inquieto del protagonista ed assume, rimanendo pur folle, qualità catartiche e di purificante bellezza. Una fotografia che rispecchia l’esigenza di scavare nel propio passato a costo di perdere se stessi, con molti neri e colori scuri che si tramutano improvvisamente in accesi bianchi. L’immagine scura e la pioggia rendono al meglio un ambiente di passaggio, un luogo nel quale nulla funziona e nel quale tutto pare compromesso. Anche le musiche del maestro Ennio Morricone, angoscianti e martellanti ed a tratti tragiche e solenni, contribuiscono alla dimensione cinematografica creata dal regista. La figura dello scrittore in crisi, vittima della sua stessa arte, intrappolato in una dimensione onirica e sognante assume connotati surreali e grotteschi. Rimaniamo in balia di una realtà che non riusciamo ad assecondare, un enigma che quasi ci spaventa ed un conflitto (che poi scopriremo solo apparente) tra due personaggi che si reggono l’uno sulle spalle dell’altro e scritti con fervente immaginazione. Dunque si configura dinnanzi allo spettatore un thriller drammatico, ma anche un giallo paranormale ed un intenso noir, modellato con l’eccellente tecnica cinematografica (dalla sceneggiatura sino al montaggio con la gestione dei ritmi) di Giuseppe Tornatore. Se dunque la forma non manca il film non si regge solo sulla “pura formalità”, ma su una sostanza studiata e consistente da identificarsi nei dialoghi scritti con spiazzante serietà (la sceneggiatura originale di Tornatore e Quignard) e nelle interpretazioni mai sopra le righe, sempre perfettamente bilanciate di Polanski e Depardieu, ma anche del giovane Rubini.
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elgatoloco
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martedì 29 settembre 2020
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il film, più interessante di tornatore, senz''altro
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Non conoscendo benissimo la filmografia di Giuseppe Tornatore, non oso dire che"Una pura formalità"(GIuseppe Tornatore, anche autore del soggetto e della sceneggiatura, scritta con Pascal Guignard, 1994), sia il suo "capolavoro"-credo tuttavia di poter affermare, senza tema di smentita, essere il suo film più interessante. Qui la prospettiva è esistenziale-metafisica(per questa definizione, forse, bisognerebbe ampliare la semantica del lemma). Uno scrittore in crisi viene trovato in un bosco, in una località di montagna lontana da ogni forma di"civilizzazione moderna"dopo che sul lugo si è sentita una forte esplosione, Senza poter pensare a un rapporto di causa-effetto, l'uomo viene interrogato da un commissario, dapprima molto colpito dal fatto che si tratta dell'autore letterario che egli(gran lettore, peraltro)predilige, ma poi le esigenze legate alla professione(commissario di polizia, dunque con obblighi legali cogenti)lo costringono a condurre, con alcune"ricadute"a un interrogatorio serrato, dove il presunto"colpevole"(ma di che cosa?)incappa in qualche problema di memoria e di identià; su ciò il film e Tornatore autore-.
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Non conoscendo benissimo la filmografia di Giuseppe Tornatore, non oso dire che"Una pura formalità"(GIuseppe Tornatore, anche autore del soggetto e della sceneggiatura, scritta con Pascal Guignard, 1994), sia il suo "capolavoro"-credo tuttavia di poter affermare, senza tema di smentita, essere il suo film più interessante. Qui la prospettiva è esistenziale-metafisica(per questa definizione, forse, bisognerebbe ampliare la semantica del lemma). Uno scrittore in crisi viene trovato in un bosco, in una località di montagna lontana da ogni forma di"civilizzazione moderna"dopo che sul lugo si è sentita una forte esplosione, Senza poter pensare a un rapporto di causa-effetto, l'uomo viene interrogato da un commissario, dapprima molto colpito dal fatto che si tratta dell'autore letterario che egli(gran lettore, peraltro)predilige, ma poi le esigenze legate alla professione(commissario di polizia, dunque con obblighi legali cogenti)lo costringono a condurre, con alcune"ricadute"a un interrogatorio serrato, dove il presunto"colpevole"(ma di che cosa?)incappa in qualche problema di memoria e di identià; su ciò il film e Tornatore autore-.regista costrurisce riflessioni e problematiche che fino a quel momento(a quanto mi consta, almeno)erano relativamente estranee alla sua tematica filmica. Direi, con un certo margine di"errore"possibile, che il fatto che ROman Polanski, certo più autore-regista che attore(anche se aveva interpretato vari ruoli anche in passato)abbia accettato il ruolo va ricondotto proprio al personaggio da lui qui reso(con grande efficacia, ça va sans sire)e all'affinità con molte delle problematiche polanskiane, persino in un film"giocoso"("Una pura formalità"certo non è tale...)quale era"What?"-"Che?"degli anni 1970... La dialettica tra i due personaggi riesce particolamente interessante e "drammatica"(anche qui nell'accezione letterale del termine)dove Gérard Depardieu come scrittore-"inquisito"dà pienamente corpo alla sua verve debordane e Polanski a tratti anche, pur rimanendo fatalmente"al di qua"dellla scrivania quale "interrogante". Un play decisamente convincente, che forse solo in certi momenti appare(ma francamente di poco)pletorico, riuscendo invece molto incisivo. Nel fim si nota come attore(quasi"tritagonista", potremmo dire)un Sergio Rubini ancora giovane. Interessante anche la canzone cantata in italiano da Depardieu, "Ricordare", con testo di Tornatore e musica di Ennio Morricone, eccleso autore di tutto in sound.track. El Gato
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irretendo
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lunedì 28 settembre 2020
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la presunzione del genio
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Non basta credersi geniali per creare opere d'arte di genio. Tornatore intende rendere omaggio al Polanski surreale dei primi lungometraggi in bianco e nero, chiamandolo come attore a farsi carico in prima persona del risultato e partorendo un prodotto indigeribile, tutto giocato in maniera ostentata sui toni raffinati del grigio, per la cui realizzazione si accolla anche invenzione e sceneggiatura. La sua insopportabile propensione al virtuosismo si appaga assai poco modestamente della prova di due grandissimi attori costretti a recitare costantemente sopra le righe, i quali però vengono regolarmente surclassati dalle straordinarie capacità di un Sergio Rubini di esprimere molto con poche ma incisive sfumature del volto.
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Non basta credersi geniali per creare opere d'arte di genio. Tornatore intende rendere omaggio al Polanski surreale dei primi lungometraggi in bianco e nero, chiamandolo come attore a farsi carico in prima persona del risultato e partorendo un prodotto indigeribile, tutto giocato in maniera ostentata sui toni raffinati del grigio, per la cui realizzazione si accolla anche invenzione e sceneggiatura. La sua insopportabile propensione al virtuosismo si appaga assai poco modestamente della prova di due grandissimi attori costretti a recitare costantemente sopra le righe, i quali però vengono regolarmente surclassati dalle straordinarie capacità di un Sergio Rubini di esprimere molto con poche ma incisive sfumature del volto. Parabola ambiziosa sulla crudeltà del processo creativo che porterebbe a farci scavare tutto in profondità, risulta apprezzabile solo per chi intende abbassare la propria soglia di attenzione critica di fronte a un racconto di totale inverosimiglianza, magari lasciandosi prendere dall'ammirazione per tanta ostentata bravura tecnica, ahimè fin troppo nutrita di rifermenti culturali alti, metafore pleonastiche, sovrabbondanti manierismi e citazionismi intellettuali. Totalmente indigeribile nella sua dichiarata presunzione di fondo.
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vighi
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lunedì 10 luglio 2017
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the others ed il sesto senso ma meno movimentato!
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Idea interessante basata sulla recitazione dei 2 protagonisti, sull'introspezione psicologica dei personaggi e sull'ambientazione di scena.
Storia costantemente a cavallo tra il reale ed il surreale;
Bravo Tornatore che spesso ha saputo reinventarsi nei suoi film. Penso comunque in una collaborazione di regia dello stesso Polansky.
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faucau
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venerdì 18 dicembre 2015
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5
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non conoscevo affatto questo film, non conoscevo questo Tornatore, è un film capolavoro, lo trovo persino migliore diel cinema paradiso... incommensurabili i due doppiatori, Corrado Pani e Kei Gullotta, i due protagionisti si sono rivelati eccezzionali, ma la mano- guida è di Tornatore. Non vedo l'ora di rivedrlo, risentirlo, grande grandissimo cinema
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fabio1957
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martedì 19 maggio 2015
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sorprendente
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Sorprendente film di Tornatore ,forse il migliore dopo "Nuovo cinema Paradiso"non facilmente classificabile, a cavallo tra l'horror il thriller ed il fantastico,ambientazione suggestiva ed inquietante,ritmo incalzante e stringente da autentico noir,interpretazione superba di Depardieu e Polansckhi,trama avvincente,ambiguo e misterioso,qualche spettatore giustamente lo ha definito"onirico"
Da vedere e rivedere
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mrmassori
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mercoledì 4 febbraio 2015
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capolavoro immortale
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Non solamente un Film, ma un'opera d'arte a 360°. E' un Capolavoro Immortale ed una pietra miliare della storia del Cinema. Senza alcun dubbio è tra i miei 15 film preferiti in assoluto.
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toty bottalla
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venerdì 9 maggio 2014
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faticoso puzzle di magica bellezza!
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Dentro la magia di un'atmosfera suggestiva, il racconto surreale e fantastico del mistero più grande, tornatore contando su grandi attori, fantastica location e splendida fotografia, ci sogna una storia che come un puzzle a tratti si complica impegnando lo spettatore a una faticosa ricostruzione visiva plausibile, alla fine si resta perplessi, vorremmo saperne di più ma in fondo...non c'è fretta! Saluti.
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le saboteur
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mercoledì 15 maggio 2013
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capolavoro
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5 stelle meritatissime. Una pura formalità è un film girato quasi interamente in due stanze... Ma con un gioco di allegorie superbo. Ben fatto, ben girato... Secondo me è lo zampino di Polanski a dare alla trama il tocco geniale, creando i particolari che danno allo spettatore le tracce per la conprensione.... Queto film non si trova nel film, ma piccolissimi elementi, segnali che catapultano i dialoghi in un mondo differente, in un esteriorità dei segni.... dislocando ogni significante. Belle anche le musiche di Morricone.
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