maria cristina nascosi sandri
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lunedì 12 dicembre 2016
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gli occhiali d'oro: quando bassani...
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Rec. di Maria Cristina Nascosi Sandri - Anche per il terzo film tratto da un'opera del grande Autore ed Intellettuale Ferrarese Giorgio BASSANI - di cui quest'anno cade il 100° anniversario della nascita - non si può dire gran bene.
La scrittura del Nostro, uno splendido 'doppio' forse solo da lui 'traducibile' da un linguaggio, quello letterario a quello visivo, in maniera adeguata, anche qui come ne La lunga notte del '43 di Florestano Vancini, anno 1960, ed Il giardino dei Finzi Contini, del 1970, regia di De Sica, non è rispettata.
Certo è un'interpretazione - e come potrebbe non esserlo - ma come negli altri due, anche per l'adattamento de Gli occhiali d'oro, regia di Montaldo del 1987, il plot e la cifra stilistica son risolti un po' 'leggermente', pedissequamente, ma non come fece Visconti per il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa - libro scoperto, tra l'altro dallo stesso Bassani quando era editor alla Feltrinelli.
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Rec. di Maria Cristina Nascosi Sandri - Anche per il terzo film tratto da un'opera del grande Autore ed Intellettuale Ferrarese Giorgio BASSANI - di cui quest'anno cade il 100° anniversario della nascita - non si può dire gran bene.
La scrittura del Nostro, uno splendido 'doppio' forse solo da lui 'traducibile' da un linguaggio, quello letterario a quello visivo, in maniera adeguata, anche qui come ne La lunga notte del '43 di Florestano Vancini, anno 1960, ed Il giardino dei Finzi Contini, del 1970, regia di De Sica, non è rispettata.
Certo è un'interpretazione - e come potrebbe non esserlo - ma come negli altri due, anche per l'adattamento de Gli occhiali d'oro, regia di Montaldo del 1987, il plot e la cifra stilistica son risolti un po' 'leggermente', pedissequamente, ma non come fece Visconti per il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa - libro scoperto, tra l'altro dallo stesso Bassani quando era editor alla Feltrinelli.
Se non fosse per l'interpretazione essenziale, toccante, meravigliosa del compianto Philippe Noiret che con il suo recitare con gli occhi, con le espressioni di un viso che lascia cogliere tutte le sottigliezze di una sofferenza amorosa ben sopra le righe ed a lui non abituale, di un'opera così si sarebbe ben potuto far a meno.
Molto politically correct i comprimari, dal lineare Everett allo scontatissimo Farron, ad una Golino che strozza lo spettatore con la sua voce così 'improbabile' ad una Sandrelli che recita...se stessa, sic et simpliciter.
Rimane la musica di Morricone, premiata giustamente, la m.d.p. che si aggira in una Ferrara livida, una città-set per eccellenza, da sempre, che Montaldo quasi mostra vergognosamente, meglio non mostrarne lo splendore innato di città prima medioevale poi rinascimentale, la prima d'Europa: eppure il dottor Fadigati è un omosessuale, certo, ma colto; e così l'unica concessione a questa sua peculiarità rimangono i quadri di De Pisis, che inizialmente, fan bella mostra di sé nella collezione che ne fa lo stesso dottore, ammiratore del Marchesino Tibertelli De Pisis: forse un omaggio...sotto le righe a Bassani che per sulle sue prime copertine amava riportare Corsi, Cavaglieri, Morandi....
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luigi chierico
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venerdì 1 luglio 2016
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sulla solitudine
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L’argomento di questo film trattato nel 1987 ambientato 50 prima, nel 1938, paga il prezzo dell’indifferenza da parte di un pubblico che ancora nel 1987 non si era adattato ad accettare l’omosessualità. Oggi a circa 30 anni ancora si fa fatica ad ammettere che si può nascere con tendenze diverse senza che una si più umana dell’altra. Ed è così che uno splendido film che annovero tra gli ottimi è invece indicato come “appena corretto” con solo due stelle. Non c’è bisogno d’ascoltare una magnifica colonna sonora, vedere dei luoghi d’epoca bellissimi, una serie di ottime fotografie per annoverare questa film tra gli ottimi, bastano soltanto due elementi essenziali per il cinema : l’interpretazione e la vicenda.
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L’argomento di questo film trattato nel 1987 ambientato 50 prima, nel 1938, paga il prezzo dell’indifferenza da parte di un pubblico che ancora nel 1987 non si era adattato ad accettare l’omosessualità. Oggi a circa 30 anni ancora si fa fatica ad ammettere che si può nascere con tendenze diverse senza che una si più umana dell’altra. Ed è così che uno splendido film che annovero tra gli ottimi è invece indicato come “appena corretto” con solo due stelle. Non c’è bisogno d’ascoltare una magnifica colonna sonora, vedere dei luoghi d’epoca bellissimi, una serie di ottime fotografie per annoverare questa film tra gli ottimi, bastano soltanto due elementi essenziali per il cinema : l’interpretazione e la vicenda. Non mi soffermerò su Valeria Golino e tanto meno sulla bella Stefania Sandrelli chiamata a ricoprire un ruolo odiosissimo, ma questa è la vita di ieri e di oggi; citerò Rupert Everett, all’epoca solo 29 anni, nella parte di Davide Lattes e Philippe Noiret nella parte del prof. Athos Fadigati, l’uomo dagli occhiali d’oro. Una toccante interpretazione veramente straordinaria,soprattutto vedendolo ricoprire il difficile uomo di cultura con tendenze omosessuali nel periodo in cui gli uomini del genere venivano mandati al confino in Italia, varrà la pena citare Marcello Mastroianni in “Una giornata particolare”. Gli uomini dovevano essere Maschi, con la M di Mussolini e non omosessuali con la O di Ominidi. Assistiamo alla dolorosa solitudine di quest’uomo,deriso ed allontanato da tutti, in una mortificante esistenza. Bravissimo Philippe Noiret, si rifarà l’anno dopo conquistando da anziano vedovo la giovane e bellissima Ornella Muti nel film “Il frullo del passero”. Io preferisco vederlo in questo film ricco di dialogo e di miseria umana,la vicina guerra la persecuzione degli ebrei e dei “Diversi”.
Dice David: “Adesso io non ricordo esattamente le parole di quella lettera ma più o meno diceva: Non c'è cosa più leggera della penna, non ci sono cose più belle delle parole.” E così mi sovvengono quelle di una pagina di diario di una persona a me più che cara. “Ho veramente l'impressione di essere sola fra la solitudine. Mi volgo intorno e non trovo alcuno a cui affiancarmi per aprire il mio cuore, per trovare sollievo al travaglio interiore. Nessuno che si accompagni a me per uscire al sole e alla luce, per trovare conforto almeno nella natura, quella poca che verdeggia in un angolino del paese. Qualche volta esco senza meta, anima solitaria, sperduta in un paese che non ho mai amato perché non è il mio, non mi ha dato nulla di particolare, Mi guardo intorno e cerco: non so chi cerco e cosa voglio. Chiamo: non so chi chiamo: vox clamans in deserto.Il mio cuore è a pezzi. La mia anima è a brandelli. Vorrei chiamare aiuto. Ma chi mi aiuterebbe? Il mio appello si perderebbe nell'immensità. Non c'è soccorritore intorno. Cammino con incertezza, mi sento inutile, vuota, incapace di pensare, di ragionare, Chi sono io? Nessuno, nessuno, nessuno! La solitudine crea il freddo ed il silenzio. Ma non voglio soccombere.” Con questi pensieri il prof Athos Fadigati triste e solo percorre una strada, forse quella della sua vita, lo avvicina un cane randagio, forse per non lasciarlo solo come un cane, che “lo adotta” come dice Athos a di Davide Lattes, ma lasciato solo David anche il cane andrà via guardandolo mestamente, in un silenzioso addio.chibar22@libero.it
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giorgio
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venerdì 22 agosto 2008
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come adattamento televisivo-illustrativo si salva
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E' innegabile che il film non è precisamente un adattamento brillante di Bassani; ma non per questo, il film è da ritenersi 'tout court' infedele.
Il romanzo 'gli occhiali d'oro' condivide con 'il giardino dei finzi contini' una scrittura complessa incentrata su un doppio livello, un livello etico-politico legato alla contemporaneità (per Bassani, la contemporaneità è iniziata col fascismo) ed un livello lirico-evocativo, di chiara impronta proustiana, come molto acutamente è stato detto già in questo 'forum'. Ora, certo 'gli occhiali d'oro' perpetua una tradizione cinematografica (da 'la lunga notte ...' a 'il giardino' di de sica) propensa ad impoverire e a rendere decisamente piatto ed illustrativo il versante storico-contemporaneistico del racconto di Bassani.
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E' innegabile che il film non è precisamente un adattamento brillante di Bassani; ma non per questo, il film è da ritenersi 'tout court' infedele.
Il romanzo 'gli occhiali d'oro' condivide con 'il giardino dei finzi contini' una scrittura complessa incentrata su un doppio livello, un livello etico-politico legato alla contemporaneità (per Bassani, la contemporaneità è iniziata col fascismo) ed un livello lirico-evocativo, di chiara impronta proustiana, come molto acutamente è stato detto già in questo 'forum'. Ora, certo 'gli occhiali d'oro' perpetua una tradizione cinematografica (da 'la lunga notte ...' a 'il giardino' di de sica) propensa ad impoverire e a rendere decisamente piatto ed illustrativo il versante storico-contemporaneistico del racconto di Bassani. Di solito, i registi sono propensi a sviluppare il lato lirico, il quale, però, spogliato della dialettica etico-politica di Bassani, viene spesso ridotto a facile sentimentalismo, stile 'bohème'. Non è così, invece, per la tragica storia dell'omosessuale Dr. Fadigati, che Montaldo rende con esattezza estrema, specie nel 'mix' di squsitezza mondana e stravaganza 'belle epoque' con cui è reso da Bassani. Se possibile, Bassani rende il persoaggio ancora più crudo, nel senso che insiste non poco sui lati materiali dell'omosessualità (es. la provocatoria proposta di Eraldo propalata al Dr. fadigfati in treno davanti agli altri ragazzi di visitargli -nientemeno!- l'inguine; l'io narrante che scopre il Dr. Fadigati a Bologna in compagnie di studenti 'bohèmienn'; l'io narrante che scopre il Dr. Fadigati in Via del Turco a Ferrara vicino alla 'latrina' di un casino ...). Certo, questa riuscita dipende dalla 'performance' di Noiret, che da solo di fatto regge il film. Menzione speciale anche per Stefania Sandrelli che con le sue maldicenze rovina la reputazione del Dr. Fadigati a Riccione: nel romanzo, è una signora cattolica di sani principi che si atteggia a tutrice della morale pubblica; nel film di Bassani è un personaggio forse più spinto alla maldicenza da civetteria femminile, ma comunque lo spirito del personaggio del romanzo mi sembra azzeccato. Certo, con queste limitate risorse, il film appare un adattamento illustrativo del romanzo di Bassani; con movenze comunque più da sceneggiato televisivo che da film vero e proprio. Poco brillanti gli altri attori da Rupert Everett, a Valeria Golino, a Nicola Farron. Sprecato Herlitzka.
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maria cristina nascosi
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sabato 25 novembre 2006
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in effetti, sì, povero bassani...
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Probabilmente anche da questo film di Montaldo, tratto da una delle sue cinque storie ferraresi, Giorgio Bassani aveva preso le distanze, cosa che del resto aveva fatto con Il giardino dei Finzi Contini che De Sica aveva 'saccheggiato' nel 1970 dal suo romanzo omonimo e persino, dieci anni prima, con il concittadino Florestano Vancini, ed il suo La lunga notte del '43, un'altra storia ferrarese intitolata più sottilmente, in origine, Una notte del '43.
E per questa sua ... autodifesa aveva sempre imposto che nei titoli di testa le pellicole riportassero la dicitura: Liberamente tratto da..., a scanso di equivoci e/o sovrapposizioni.
Certo lui era stato soggettista e sceneggiatore in gioventù.
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Probabilmente anche da questo film di Montaldo, tratto da una delle sue cinque storie ferraresi, Giorgio Bassani aveva preso le distanze, cosa che del resto aveva fatto con Il giardino dei Finzi Contini che De Sica aveva 'saccheggiato' nel 1970 dal suo romanzo omonimo e persino, dieci anni prima, con il concittadino Florestano Vancini, ed il suo La lunga notte del '43, un'altra storia ferrarese intitolata più sottilmente, in origine, Una notte del '43.
E per questa sua ... autodifesa aveva sempre imposto che nei titoli di testa le pellicole riportassero la dicitura: Liberamente tratto da..., a scanso di equivoci e/o sovrapposizioni.
Certo lui era stato soggettista e sceneggiatore in gioventù.
La sua bellissima scrittura, il suo quasi blank verse, a tratti definita da qualcuno proustiana, mal sopportava incursioni spurie, non adatte al suo splendido ed isolato puritanesimo linguistico pure aperto, specie poeticamente, a tante novità, anche se il suo stile fu sempre un infinito, inquieto e mai sopito labor limae.
Anche il suo essere editor per la Feltrinelli - in questa veste aveva scoperto Tomasi di Lampedusa ed il suo capolavoro, Il Gattopardo - lo aveva reso per sempre un aristocratico della scrittura, un puro di stile, senza cedimenti, senza compromessi inutili e slavati che avrebbero per sempre inficiato il suo sofisticato e continuamente elaborato lavoro .
Gli occhiali d'oro rimane dunque, per Montaldo, un'occasione perduta: sfilacciato, con grandi dispersioni nella sceneggiatura che lascia sensi di vuoto e che vuole a tratti 'imitare' il comunque grande e navigato De Sica che aveva almeno 'reso' un buon prodotto, non riesce a dare nemmeno una pallida ombra del bel capo d'opera bassaniano, fatto di delikatessen per lo spirito e per la mente, già ad un primo...sguardo narrazioni visive, per immagini e che solo un Philippe Noiret, nella sua grandezza performativa, salva dalla catastrofe di un completo flop.
Il testo filmico è stato ricordato, tra molti altri franco-italiani interpretati dal grande attore di Lille appena scomparso, nel corso di una premonitrice quanto melanconica tavola rotonda a lui dedicata a Firenze nell'ambito dell'ultima edizione, la XXI di France Cinéma, il piccolo grande imperdibile cinefestival dedicato al cinema dei nostri cugini d'oltralpe e diretto, con eroismo sempre più encomiabile da Aldo Tassone in collaborazione con la moglie Francoise Pieri fin dalle origini.
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cineman
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mercoledì 8 dicembre 2004
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povero bassani
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essendo ferrarese purosangue l'unica cosa azzeccata del film, è la mentalita di questa città provinciale.Si poteva fare di meglio...malgrado il cast
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