gelindo
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lunedì 3 aprile 2023
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vietato agli aver 60
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Due cose
Il film
E’ stato detto molto e in nulla potrei contribuire a molte savie e documentate review già scritte.
Solo mi permetto aggiungere che, visto dalla prospettiva di un coetaneo, è un film che andrebbe centellinato, talmente sconfortante che solo chi NON ha quell’età (Zhao ha 40 anni) o quei problemi (insomma, Mcdormand è brava, ma certo non avrà bisogno di far lavoretti saltuari) può proporne una visione “senza limitì d’eta”.
Esagerando, direi quasi che andrebbe sconsigliata la visione o, come nei famosi bugiardini dei farmaci, annunciati possibili effetti avversi per chi ha più di 60-65 anni.
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Due cose
Il film
E’ stato detto molto e in nulla potrei contribuire a molte savie e documentate review già scritte.
Solo mi permetto aggiungere che, visto dalla prospettiva di un coetaneo, è un film che andrebbe centellinato, talmente sconfortante che solo chi NON ha quell’età (Zhao ha 40 anni) o quei problemi (insomma, Mcdormand è brava, ma certo non avrà bisogno di far lavoretti saltuari) può proporne una visione “senza limitì d’eta”.
Esagerando, direi quasi che andrebbe sconsigliata la visione o, come nei famosi bugiardini dei farmaci, annunciati possibili effetti avversi per chi ha più di 60-65 anni. Poi ...contenti voi.
Eppure Fern (Felce in italiano...insomma quelle piante ancestrali che si riproducono con un sistema non sessuale), a differenza di altri protagonisti, a differenza di molti altri, ovunque, ha una sorella benestante che l’accoglie. Ha qualcuno che la può aiutare. Ad altri non resta che il popolo di nomadland....e fortuna che esiste.
Il contesto
Quello geografico SI conta.
Il popolo di nomadland è un popolo del limbo. Strettamente ne rurale ne urbano. E’ quello dei centri intermedi, dei borghi che si spopolano. Della provincia.
Ma non immaginiamo quella italiana. Gli USA hanno 30 abitanti per km2, l’italia più di 200.
Diversa è invece l’analisi sociale.
Molti hanno usato la triste parabola del film per parlare della solita, addirittura, “tomba del mito americano” o del “fantasma del capitalismo”.
Forse. Io non lo credo.
Credo che il mito americano, o quello della classe media in generale, sia in realtà un’invenzione, bella ma durata poco...nel caso italiano diciamo dagli anni 80 fino ai primi anni 2000??
Ora, per esempio in Italia, pensiamo che tutto ciò sia immutabile. Che l’isola Italia potrà, dovrà, deve tornare ad essere quel vulcano effervescente sempre di nuovi diritti che era negli anni 70 e 80. Ignorando un mondo, miliardi di individui, che scalpita per aver anche lui parte di questi diritti e i loro benefit...e forse non c’è ne posto ne risorse per tutti.
C’è però poi anche l’analisi politica.
Il mito americano, nella tomba o già fantasma, stranamente permette di fare film come questo ad una migrante cinese. Permette a migliaia di nomadland, di girare senza limitazioni.
Non è cosi ovunque. Nelle luminose tirannie a cui forse si ispirano quegli enunciatori della “tomba del mito americano e del capitalismo”, ciò non avviene. Ne si produce il film, ne esistono i nomadland. Semplicemente perchè solo esiste l’oblio.
O andate in Cina o Russia a vedere che succede a quelli che non sono più “utili” alla società.
Date retta. Meglio anche solo aver la prospettiva di poter fare il nomadland, che l’oblio cinese o russo.
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greta martin
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sabato 27 novembre 2021
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alla ricerca di sè
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Nomadland è un film pluripremiato della regista Chloe Zhao. Nel momento della sua uscita fece molto parlare di sé.
Principalmente caratterizzato da una fotografia e una color dalle tonalità fredde, soprattutto negli ambienti esterni, e dalle tonalità calde, in particolar modo dell’interno del suo caravan.
Il suo piccolo e ormai datato caravan era l’unica cosa che gli rimaneva, avendo perso sia il lavoro che il marito, nel 2008, dopo tantissimi anni di duro servizio e vita insieme, la protagonista Fern si è ritrovata completamente da sola, ed è così che cerca di rendere calda e accogliente la sua umile dimora che con amore cerca di migliorare.
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Nomadland è un film pluripremiato della regista Chloe Zhao. Nel momento della sua uscita fece molto parlare di sé.
Principalmente caratterizzato da una fotografia e una color dalle tonalità fredde, soprattutto negli ambienti esterni, e dalle tonalità calde, in particolar modo dell’interno del suo caravan.
Il suo piccolo e ormai datato caravan era l’unica cosa che gli rimaneva, avendo perso sia il lavoro che il marito, nel 2008, dopo tantissimi anni di duro servizio e vita insieme, la protagonista Fern si è ritrovata completamente da sola, ed è così che cerca di rendere calda e accogliente la sua umile dimora che con amore cerca di migliorare.
Il film è costituito da una sceneggiatura impeccabile: toccanti e significativi sono i brevi dialoghi che la protagonista avrà con vecchi conoscenti, la famiglia e i nuovi amici che incontra per strada o nei lavoretti che si appresta a compiere.
Dal contatto con queste poche persone in realtà Fern non cercherà di legarsi, e anzi, nel momento in cui se ne accorge, come nel caso dell’amico Dave, se ne allontana non volendo affezionarsi, consapevole che gli affetti la renderebbero ancora più debole.
D’altronde in tutta la sua interezza fuoriesce una debolezza non tanto caratteriale di Fern, che invece con la sua tenacia non vuole lasciare la realtà a lei cara, ma dimostra invece una debolezza del paese e della società odierna che via via si disinteressa dell’individuo, delle sue necessità umane e dei suoi bisogni primari, ma lo giudica e abbandona: diversi impieghi sono stati negati a Fern solo perché dal suo aspetto e dagli abiti indossati poteva apparire come una nomade.
La società piccolo-borghese mostra di essere sola, priva di sentimenti e in balia del consumismo come esce dalle cene con la sorella o nella famiglia di Dave: la nuora di Dave, una ragazza giovanissima si è sposata con il figlio molto più grande di lei. La tavola è perfettamente imbandita con una quantità di cibo sproporzionata essendo un giorno di festa. Inoltre l’unico vanto di queste famiglie è di tenere delle case che hanno esclusivamente grazie a dei prestiti che gli sono stati forniti dalla banca.
Fern invece non ha debiti, nemmeno verso sé stessa, perché riesce a vivere e a visitare i luoghi che vuole vedere, non rimandando al domani perché il domani potrebbe non venire mai.
Il film quindi, è un inno alla vita, ma anche alla natura che durante tutte e scene è la chiave dominante: distese immense, desertiche che mostrano quanto la natura possa essere avara, ma al contempo piena di vita e significato. Una natura ancora non molto contaminata, proprio perché priva dell’essere umano che invece, non fa altro che deturparla e che non ne ha rispetto, come dimostra una delle mansioni che si ritrova Fern a svolgere, ovvero il raccogliere la spazzatura gettata dai turisti e dalle famiglie.
Il montaggio è molto lento rendendo il film di quasi due ore, non adatto agli spettatori che preferiscono maggiore movimento, ma questo permette di permeare nella realtà e nel pensiero della protagonista.
La colonna sonora è delicatissima e con degli accompagnamenti musicali al pianoforte di Ludovico Einaudi che riescono a dare maggiore ritmo e trasporto all’interno delle scene.
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alberto antonelli
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domenica 7 novembre 2021
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il futuro sarà anche peggiore.
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Il primo spettacolo che finalmente torniamo a goderci è Nomadland con la straordinaria performance di Frances McDormand. E’ proprio così, se molti altri film scompaiono evaporando lentamente come all’evidenza della terza età, quelli di Frances restano aggrappati saldamente tra i migliori ricordi delle narrazioni cinematografiche. Indimenticabile lo é nel carattere di un personaggio tragico, vitale e realistico la cui vicenda conduce nel cuore della storia sociale Americana degli ultimi quarant’anni: il declino della grande industria automobilistica del midwest, gli scandali finanziari di Wall Street e di una politica miope e criminale che insieme hanno segnato la fine della classe media, contribuendo in definitiva ad accompagnare alla tomba il cadavere del mito americano.
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Il primo spettacolo che finalmente torniamo a goderci è Nomadland con la straordinaria performance di Frances McDormand. E’ proprio così, se molti altri film scompaiono evaporando lentamente come all’evidenza della terza età, quelli di Frances restano aggrappati saldamente tra i migliori ricordi delle narrazioni cinematografiche. Indimenticabile lo é nel carattere di un personaggio tragico, vitale e realistico la cui vicenda conduce nel cuore della storia sociale Americana degli ultimi quarant’anni: il declino della grande industria automobilistica del midwest, gli scandali finanziari di Wall Street e di una politica miope e criminale che insieme hanno segnato la fine della classe media, contribuendo in definitiva ad accompagnare alla tomba il cadavere del mito americano. Anche l’America è molto cambiata, non è più leader nemmeno in politica estera e il carattere egocentrico del suo popolo le ha impedito di notare il cambiamento che avveniva principalmente oltre i suoi confini.
Fern diviene un simbolo potente, l’archetipo del cittadino accusato, processato e condannato dinanzi al tribunale del capitale ed alle leggi implacabili dei mercati globali. Oltre la perdita dell’abilità giovanile, di un orizzonte incerto nascosto dai fumi della catastrofe ambientale annunciata, le resta soltanto la strenua volontà di sopravvivere attraverso la ritrovata socialità dei compagni di sventura che ne condividono avversità, senilità e stenti. Lasciamo la sala con un profondo senso di privazione. Tuttavia c’è una riflessione che chiede di essere ascoltata, al cui carattere di urgenza non possiamo sottrarci. L’idea tormentosa della dualità del personaggio/interprete dinanzi al problema sollevato dal film: Il contrasto stridente fra ogni opulenza – anche quella Hollywoodiana - e l’indigenza delle donne e uomini di cui si racconta, ripropone il dilemma dell’incontro/scontro fra chi ha troppo e chi non ha nulla. Per coloro che prediligono lo spettacolo di evasione, vorrei insistere sulla qualità delle pellicole che stimolano il ragionamento ed il pensiero critico, una prerogativa che aiuta a compiere scelte più consapevoli.
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venerdì 13 agosto 2021
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con pregiudizi si può fare un bel film, ma...
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Paola, Nomaland è un film tecnicamente buono con protagonista bravissima, ecc., ma ispirato a tutte le balle antiamericane dalla pluridecennale propaganda di sinistra (in USA non ci sarebbero assistenza né sanità pubblica, ecc. Ma la spesa assistenziale e sanitaria statale americana in percentuale del PIL è più alta che in Europa. Quindi i sinistri fanno finta di non saperlo e vanno avanti con i loro bla bla bla. Per cui se in America governassero i comunisti (travestiti di “politicamente corretti”) tutti là sarebbero felici e contenti (come da noi!!! ). Tu hai fatto una tiritera senza preoccuparti minimamente di accennare a questo piccolo dettaglio.
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emanuele 1968
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giovedì 12 agosto 2021
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un film difficile
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Forse il richiamo ad un senso di liberta, lavori saltuari e girare il mondo come un senzatetto, mah, il film e bello, paesaggi mozzafiato, ma personalmente difficile, concordo con varie recensioni. Credevo che ora bastava solo la mascherina e green pass per accedere al cinema.....invece purtroppo bisogna dare ancora il n di cellulare alla cassa nella speranza che non venga "venduto a terze parti"
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felicity
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mercoledì 30 giugno 2021
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l’america di chi ha scelto di vivere ai margini
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Nomadland è il fantasma del capitalismo, l’ombra di un sogno che non si è mai concretizzato, l’immagine di una terra ricca di opportunità che si è dissolta. Zhao restituisce dignità alla provincia, esalta il legame tra uomo e natura. Con sguardo da documentarista, cattura i volti di chi non vuole restare indietro, di chi sceglie di non fermarsi.
Tanti primi piani, i racconti di solitudini diverse, che provano a fare comunità in mezzo al deserto. La musica di Ludovico Einaudi, il viso scavato di Frances McDormand, sono i tasselli di un mosaico che cattura la quotidianità di chi è rigettato dal sistema.
È un western senza pistole.
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Nomadland è il fantasma del capitalismo, l’ombra di un sogno che non si è mai concretizzato, l’immagine di una terra ricca di opportunità che si è dissolta. Zhao restituisce dignità alla provincia, esalta il legame tra uomo e natura. Con sguardo da documentarista, cattura i volti di chi non vuole restare indietro, di chi sceglie di non fermarsi.
Tanti primi piani, i racconti di solitudini diverse, che provano a fare comunità in mezzo al deserto. La musica di Ludovico Einaudi, il viso scavato di Frances McDormand, sono i tasselli di un mosaico che cattura la quotidianità di chi è rigettato dal sistema.
È un western senza pistole. I personaggi hanno la pelle bianca, ma potrebbero essere indiani. La loro riserva è tutto ciò che sta al di fuori dai canoni, dai grattacieli delle metropoli. Trovano una loro quiete la sera intorno al fuoco, come stanchi cowboy sempre in fuga da qualcosa. Sono inseguiti dai ricordi, che da memoria personale diventano coscienza collettiva.
Nomadland è un potente affresco su un’America nascosta, dove la desolazione del paesaggio si fonde con le anime lacerate dei viaggiatori.
Non c’è il mito della frontiera, non c’è la corsa all’oro, non c’è un luogo da raggiungere. C’è proprio l’idea della vita come viaggio, reale e simbolico: i camper si rompono, esattamente come le persone si ammalano. La natura consola, un paesaggio al tramonto può commuovere, ma il freddo può anche ucciderti.
È un film di battaglie spesso perdute, dove gli unici datori di lavoro disposti a pagare appartengono alla cosiddetta gig economy e l’esasperazione del consumismo sembra essere la sola via di uscita. Quindi Zhao mostra chi ha meno, chi non può e non vuole accumulare.
La cineasta sottolinea la fermezza, l’impossibilità di cambiare dell’essere umano attaccato ai suoi valori. A suo modo invoca una riconciliazione: mette a tacere un mondo frenetico, e cerca il silenzio, cerca un po’ di onestà in un West senza più miti né speranze.
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tunaboy
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lunedì 28 giugno 2021
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recensione nomadland
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Dopo mesi di astinenza, finalmente ieri sono riuscito a tornare al cinema. E quale film sarei potuto andare a vedere se non il vincitore dell’ambito premio Oscar al Miglior Film?
“Nomadland”, diretto da Chloé Zhao, è lo struggente testamento di un’America nascosta ed abbandonata, troppo spesso ignorata dai media internazionali ma anche locali.
Per le quasi due ore del film seguiremo Fern, obbligata dalla grande crisi economica del 2008 ad abbandonare la propria casa e a vivere da nomade nel suo sgangherato van, nel suo peregrinaggio negli sconfinati territori del centro degli USA in cerca di qualche lavoro temporaneo che possa sostenerla.
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Dopo mesi di astinenza, finalmente ieri sono riuscito a tornare al cinema. E quale film sarei potuto andare a vedere se non il vincitore dell’ambito premio Oscar al Miglior Film?
“Nomadland”, diretto da Chloé Zhao, è lo struggente testamento di un’America nascosta ed abbandonata, troppo spesso ignorata dai media internazionali ma anche locali.
Per le quasi due ore del film seguiremo Fern, obbligata dalla grande crisi economica del 2008 ad abbandonare la propria casa e a vivere da nomade nel suo sgangherato van, nel suo peregrinaggio negli sconfinati territori del centro degli USA in cerca di qualche lavoro temporaneo che possa sostenerla. Nel suo viaggio, però, farà la conoscenza di diversi personaggi compagni del suo dramma, che, attraverso alcune sequenze di stampo quasi documentaristico, forniscono allo spettatore piccole immagini della loro storia.
Ciò che questa pellicola riesce a fare meglio è rendere estremamente realistica la storia: grazie ad un’impostazione che sembra in molti punti strizzare l’occhio ai grandi documentari della storia, gli innumerevoli personaggi che incontriamo lungo il nostro viaggio risultano così reali che quasi potremmo stringergli la mano dalla nostra poltroncina, rendendoci non più spettatori ma compartecipi del loro dramma.
Il film presenta un livello di maestria tecnica quasi ineccepibile: oltre ad una colonna sonora e ad una fotografia sognanti ed estatiche, oltre a dei dialoghi ed una regia così verosimili e realistici, troviamo una recitazione camaleontica e magistrale, con una Frances McDorman che non interpreta ma diventa il suo personaggio.
Nonostante ciò, purtroppo, il film presenta anche alcuni lati negativi abbastanza prominenti: forse a causa del suo taglio così documentaristico, risulta abbastanza difficile empatizzare con la protagonista. Infatti, è evidente che la regista gli voglia far compiere un complesso viaggio interiore di accettazione della propria condizione, ma a causa di questa mancata empatia ci risulta difficile comprenderlo e, soprattutto, a coglierne le motivazioni, e non ci resta che provare ad intuirle.
Inoltre, sempre per lo stesso motivo, gli atti finali della narrazione risultano (e odio dirlo) noiosi e pesanti: a causa del nostro, appunto, poco investimento nell’evoluzione interiore della protagonista, sommato al ritmo già lento della narrazione stessa, ci troviamo ad assistere agli ultimi venti-trenta minuti del film disinteressati e, addirittura, annoiati.
Per questo motivo credo che “Nomadland” trionfi nel fornirci una meticolosa e realistica narrazione di uno strato sociale invisibile, riuscendo finalmente a portarlo sotto la luce dei riflettori dei media, ma allo stesso tempo fallisca nel creare un racconto col quale empatizzare.
Voto: 3.5/5
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domenica 16 maggio 2021
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commovente
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Ottima recensione. Brava. Perfettamente d’accordo. Grandi spazi,grande solitudine,grande solidarietà,grande coraggio,tenerezza e amore per la vita, per gli altri, per l’incontro. Commuove ed emoziona
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taty23
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mercoledì 12 maggio 2021
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nomadland –nella terra dei nomadi moderni
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Il film Nomadland segue la storia di Fern(Frances McDormand) nella Grande recessione.
La donna è una vedova sessantenne che è stata obbligata a lasciare la cittadina industriale di Empire, in Nevada, perché la fabbrica a cui faceva riferimento e in cui lavorava il marito, viene chiusa. Da quel momento, ormai senza una dimora fissa, gira per gli Stati Uniti vivendo alla giornata nel suo furgone che ormai chiama casa. Incontrerà varie persone sul suo cammino, che per necessità o per scelta hanno intrapreso lo stesso percorso.
“Non ci sono addii. Ci vediamo lungo la strada”
Nomadland – Approfondimenti
Il film Nomadland ha conquistato vari premi, tra cui tre premi Oscar come miglior film, miglior regia, miglior attrice e miglior film al Festival di Venezia dov’è stato presentato.
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Il film Nomadland segue la storia di Fern(Frances McDormand) nella Grande recessione.
La donna è una vedova sessantenne che è stata obbligata a lasciare la cittadina industriale di Empire, in Nevada, perché la fabbrica a cui faceva riferimento e in cui lavorava il marito, viene chiusa. Da quel momento, ormai senza una dimora fissa, gira per gli Stati Uniti vivendo alla giornata nel suo furgone che ormai chiama casa. Incontrerà varie persone sul suo cammino, che per necessità o per scelta hanno intrapreso lo stesso percorso.
“Non ci sono addii. Ci vediamo lungo la strada”
Nomadland – Approfondimenti
Il film Nomadland ha conquistato vari premi, tra cui tre premi Oscar come miglior film, miglior regia, miglior attrice e miglior film al Festival di Venezia dov’è stato presentato.
La pellicola è un adattamento del libro Nomadland - Un racconto d'inchiesta della giornalista Jessica Bruder.
La regista Chloe Zhao si inspira al libro in maniera molto personale, tra documentario e storia di finzione sviluppa la narrazione su due livelli.
Il primo livello segue la protagonista attraverso un’America in un contesto estremo, ai margini della società in un periodo molto difficile.
Lei che si considera più una nomade che una senza tetto, vive un’esistenza fatta di lavori saltuari, piazzole di camperisti, campeggi, luoghi di fortuna dove poter parcheggiare per passare la notte.
Il secondo segue il percorso interiore di Fern, con una rielaborazione del lutto e di perdita che la porta in un circolo vizioso, ancorata ad un passato che non riesce a lasciare andare, pieno di solitudine, ricordi, qualche rimpianto. L’incontro e la condivisione delle esperienze con gli altri “nomadi” la aiuteranno a ritrovare sé stessa.
La sceneggiatura e la fotografia sono essenziali, senza essere troppo ridondanti la maggior parte delle volte. La regista propende per una ricerca di un quadro insieme piuttosto che analizzare un determinato particolare, soprattutto per quanto riguarda la fotografia, con l’utilizzo di campi lunghi o totali e con pochi inserimenti di primi piani.
Frances McDordand si cala in un personaggio a lei congeniale, non lontano da molti altri che ha interpretato nella sua carriera, che riesce a trasmettere un disagio continuo che cerca di gestire.
In conclusione
Nomadland porta sullo schermo una storia interiore, intima, di riflessione, a tratti emozionale; un road movie non solo legato alla protagonista, ma fortemente connesso con le persone e le loro esperienze di vita.
Un film che potrebbe dividere il pubblico data la tematica trattata, visto che la regista poteva approfondire ed essere un po’ più incisiva nel raccontare un determinato periodo sociopolitico.
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[+] la scelta è solo del regista
(di alberto antonelli)
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luciano
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lunedì 10 maggio 2021
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unico limite il cielo
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#NomadLand. Spettacolare movie 'on the road'.Qui la strada fa parte integrante di quell'immaginario americano dove c'è sempre 'un oltre la frontiera' da raggiungere. Ma quest'oltre non è mai un punto d'arrivo ma solo un altro luogo da cui ripartire. Mentre la strada si srotola come un nastro di fronte a Fern,la protagonista senza casa ma non senzatetto,che macina km con il suo van malconcio,un altro nastro si riavvolge attraverso una ricerca che supera la prospettiva di una vita costruita solo per stratificazione di ricordi ma,con la sottrazione di tutto ciò che è superfluo,le lascia la benedizione di una vita ridotta all'essenziale.
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#NomadLand. Spettacolare movie 'on the road'.Qui la strada fa parte integrante di quell'immaginario americano dove c'è sempre 'un oltre la frontiera' da raggiungere. Ma quest'oltre non è mai un punto d'arrivo ma solo un altro luogo da cui ripartire. Mentre la strada si srotola come un nastro di fronte a Fern,la protagonista senza casa ma non senzatetto,che macina km con il suo van malconcio,un altro nastro si riavvolge attraverso una ricerca che supera la prospettiva di una vita costruita solo per stratificazione di ricordi ma,con la sottrazione di tutto ciò che è superfluo,le lascia la benedizione di una vita ridotta all'essenziale. Echi di ricordi di affetti ritrovati affiorano lungo la strada come pietre pazienti che diventano sabbia di una miniera dimenticata se le strofini una contro l'altra. Un cuore nomade incontra un'anima scartavetrata dai sentimenti, dai ricordi e dalle emozioni.Chi fa un tratto di strada assieme a Fern impara a non andare mai oltre la rassegnazione e a vivere la giornata come orizzonte minimo indispensabile. Fern non vuole più cercare niente, non intende neppure immaginare un’altra vita che non sia quella del viaggio in solitario dove "l'unico limite è il cielo".
Sulla strada di Fern disillusione e speranza non s'incontrano mai. La riappropriazione dei grandi spazi americani della frontiera dell'ovest fa da sfondo al tentativo più intimista del recupero di un'identità che oltrepassa i confini angusti di un sogno americano diventato improvvisamente troppo piccolo.
(una magistrale e commovente Frances McDormand assolutamente da vedere)
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