thomas
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lunedì 17 giugno 2019
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sottovalutato
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Premetto che adoro la filosofia degli X-Men: sono esseri superiori per dono di natura, che però pagano questa propria superiorità con l'insicurezza interiore. Sempre in bilico tra l'accettazione o la repulsione da parte dei normali, sempre indecisi tra la difesa o l'attacco quando si sentono in pericolo. Essere X-Men significa in definitiva dover vivere obbligatoriamente camminando sul filo, misurando i passi, calcolando le conseguenze. Il film fa propria questa filosofia e la sviluppa fino alle estreme conseguenze: le scelte fatte per un asserito senso di responsabilità sono invece frutto di orgoglio o, addirittura, di superbia? La risposta, silenziosa ma evidente, il film la dà nel colore assegnato a Charles Xavier dinanzi ad un tavolino di un bar di Parigi .
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Premetto che adoro la filosofia degli X-Men: sono esseri superiori per dono di natura, che però pagano questa propria superiorità con l'insicurezza interiore. Sempre in bilico tra l'accettazione o la repulsione da parte dei normali, sempre indecisi tra la difesa o l'attacco quando si sentono in pericolo. Essere X-Men significa in definitiva dover vivere obbligatoriamente camminando sul filo, misurando i passi, calcolando le conseguenze. Il film fa propria questa filosofia e la sviluppa fino alle estreme conseguenze: le scelte fatte per un asserito senso di responsabilità sono invece frutto di orgoglio o, addirittura, di superbia? La risposta, silenziosa ma evidente, il film la dà nel colore assegnato a Charles Xavier dinanzi ad un tavolino di un bar di Parigi ...
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ashtray_bliss
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giovedì 13 giugno 2019
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il volo della fenice e l'addio agli x-men.
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E’ pesante l'eredità di cui Simon Kinberg si fa carico sapendo che col suoDark Phoenix deve chiudere non solo un ciclo, ma un'intera saga iniziata ormai 19 anni fae rilanciata nel 2011 con First Class. Questo cerchio vitale si chiude dignitosamente, decorosamente ma certamente non nel modo migliore in assoluto che gli X men avrebbero meritato, e Fenice Nera è carica di alcuni notevoli difetti di forma e contenuto. Riguardo la forma è innegabile che l'uso massiccio di CGI che negli ultimi minuti domina prepotentemente sullo schermo cerca di colmare alcune lacune, ossia il vuoto dovuto ad alcuni passaggi narrativi sbrigativi o poco consistenti.
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E’ pesante l'eredità di cui Simon Kinberg si fa carico sapendo che col suoDark Phoenix deve chiudere non solo un ciclo, ma un'intera saga iniziata ormai 19 anni fae rilanciata nel 2011 con First Class. Questo cerchio vitale si chiude dignitosamente, decorosamente ma certamente non nel modo migliore in assoluto che gli X men avrebbero meritato, e Fenice Nera è carica di alcuni notevoli difetti di forma e contenuto. Riguardo la forma è innegabile che l'uso massiccio di CGI che negli ultimi minuti domina prepotentemente sullo schermo cerca di colmare alcune lacune, ossia il vuoto dovuto ad alcuni passaggi narrativi sbrigativi o poco consistenti. La CGI è ovviamente di alto livello come ci si aspetta da un film dal budget stratosferico e la fotografia è altrettanto intensa, vibrante e colorata, creando degli scenari davvero unici e d'effetto sullo schermo.
Successivamente però subentrano i difetti di contenuto, e qui ovviamente mi riferisco alla sceneggiatura che in questo caso degrada significativamente il personaggio, fondamentale, del professor Charles Xavier, rendendolo paternalistico, didascalico, egoista e saccente. In altre parole, Xavier in questo capitolo conclusivo è la perfetta incarnazione di un certo becero maschilismo d'altri tempi che viene puntualmente confrontato da Raven la quale contrappone un discorso aggiornato e frescoderivato anche dalla visione e rilettura femminista che ha interessato gli ultimi film della casa Marvel-Disney.
Un discorso sicuramente attuale e necessario ma che qui rischia seriamente di risultare forzato, stucchevole e artefatto, come un espediente marketing posizionato soltanto per gratificare una parte di pubblico (e una precisa frase pronunciata da Raven al rientro dalla missione spaziale pare confermare questa ipotesi). Ma il potenziale c'era, cosi come l'intenzione, ovvero esplorare una nuova dimensione del personaggio di Xavier che da guida compassionevole e protettiva si scopre egoista, amante del potere e della fama mediatica (in questo capitolo il professore è in diretto contatto col presidente degli States). Purtroppo invece la sceneggiatura riesce soltanto a rendere antipatico e paternalistico quello che doveva essere il personaggio di punta della saga.
Come non menzionare inoltre la presenza di una villain debole come Vuk, interpretata da una grandissima attrice come Jessica Chastain qui incatenata da una sceneggiatura che del suo personaggio fa sapere il minimo indispensabile. In effetti, non si capisce bene il motivo dell'invasione degli alieni capitanati da Chastain, la loro provenienza e nemmeno il loro potenziale. Così facendo lo spettatore non riesce a percepire i D'Bari come una concreta minaccia poichè non viene evidenziato nulla di tale potenziale distruttivo e letale. Il ruolo della Chastain appare quindi terribilmente compresso e limitato eil suo personaggio non si dedica mai con forza in nessuno scontro, battaglia o dialogo interessante e motivante che permetta di delineare meglio il profilo della sua villain. Dall'altro lato bisogna ammettere che l'escalation drammatica è consistente, come l'uscita di scena di un personaggio di spicco, ucciso dalla stessa Jean, che cambierà repentinamente gli equilibri dei restanti X-men. Abbiamo dunque a che fare con dei personaggi certamente più maturi, tra cui Bestia, Ciclope, Storm e Nightcrawler i quali assistono impotenti alla trasformazione di Jean nel loro nemico numero uno, nella minaccia più concreta per la loro famiglia. Un nemico che non tarderà a raggiungere nemmeno Erik, ritiratosi su Genosha insieme ad altri mutanti. Fassbender è anche l'unico elemento che si distingue pienamente in tutta la pellicola. Il suo Erik è incisivo, sempre in lotta col suo passato e i suoi conflitti interiori e costantemente in bilico tra rabbia e violenza. Affascinante e inquietante al tempo stesso, Magneto, risulta l'unico personaggio incisivo in Dark Phoenix, che non perde nè di spessore nè di credibilità.
Jean Gray è invece l'assoluta e indiscussa protagonista, e contrariamente alle aspettative non sono rimasta delusa dall'interpretazione di Sophie Turner la quale riesce abilmente a trasmettere tutta l'instabilità, la paura e contemporaneamente la confidenza nelle sue nuove abilità che le consentono di scoprire una nuova parte di sè, sprigionando ulteriormente il suo potere, anche se concedo che la sua caratterizzazione poteva essere più approfondita e dettagliata in modo da renderla ambigua e coinvolgente. Anzi, forse l'elemento chiave che manca al film, togliendogli di conseguenza potenza narrativa, è proprio questo: Ambiguità. Nessun personaggio è abbastanza enigmatico o ambiguo eccetto Magneto, l’unico ad appearire adeguatamente criptico, oscuro e sibillino. Procedendo l'analisi troviamo gli immancabili, naturalmente, dilemmi morali che la protagonista deve affrontare tra cui il più ponderante di tutti; schierasi pro o contro la propria famiglia. Il tema della famiglia e la sua importanza è sempre stato un elemento centrale in una saga che si è costruita attorno al concetto di diversità, accettazione e rispetto reciproco; caratteristiche che normalmente rispondono sempre all'interno di una famiglia. Gli X-men hanno saputo ridare un senso al fondamentale concetto di appartenenza e famiglia che anche quì risulta centrale al racconto costruito e che si rafforza sopratutto negli ultimi, adrenalinici, minuti di film in una scena perfettamente coreografata all'interno di un treno.
In definitiva, si tratta di un prodotto certamente godibile che rientra nella media dei cinecomix volti all'entertainment più puro e disimpegnato, il quale vanta un uso ottimale della fotografia e degli effetti speciali, la musica potente e d'effetto a cura di H. Zimmer,e il collaudato cast di attori che per l'ultima volta veste i panni della squadra X. Ci sono alcuni momenti veramente intensi e drammatici, dei passaggi e alcune scene straordinariamente improntate e dirette, un Magneto che non delude ma tutto sommato il film viene penalizzato da uno script epidermico che svilisce il personaggio di Xavier senza contemplare l'opzione di presentarne ulteriori conflitti interiori e presentare degli aspetti negativi approfondendo l’arco narrativo del leader dei mutanti. Contemporaneamente il film non riesce a far esaltare pienamente nemmeno le virtù e i terribili poteri di Jean, la quale avrebbe specialmete meritato un finale migliore, incisivo. Per chi ha amato la serie questo film risulta carino, godibile ma lascia comunque un retrogusto amaro e la sensazione che sarebbe potuto di più. L'addio agli X-Men come li conosciamo, e gli attori che li hanno interpretati, è complessivamente un buon prodotto (intrattenimento, azione ed effetti speciali sono tutti elementi presenti) ma manca di intensità emotiva.
Certamente merita di essere visto al cinema, sul grande schermo,anche solo per farsi un'idea della potenza degli effetti visivi, sonori e delle musiche di sottofondo firmate Zimmer, oltre che per dare l'addio che si meritano alcuni tra i più amati personaggi Marvel prima del reboot e della convergenza col MCU. Non siamo ai bassi livelli di Captain Marvel ma gli X-Men e i loro fan meritavano decisamente di più. Voto (anche sentimentalmente indotto): 3/5.
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luca capaccioli
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giovedì 13 giugno 2019
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una conlcusione indegna!
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Dopo diciannove anni, viene distribuito quello che è senza dubbio il capitolo finale di una delle saghe più longeve nella storia del cinema, nonché l'ultimo in possesso esclusivamente della Twentieth Century Fox: di recente, infatti, la compagnia è stata acquistata dalla Walt Disney Pictures, il che comporterà una nuova direzione per i mutanti della Casa delle Idee, i quali saranno finalmente liberi di interagire con personaggi come gli Avengers in un futuro non troppo distante. Questa volta è lo sceneggiatore e produttore Simon Kinberg a dirigere il film, rimpiazzando Bryan Singer, storico regista della X-saga, della quale ha gestito ben quattro capitoli .
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Dopo diciannove anni, viene distribuito quello che è senza dubbio il capitolo finale di una delle saghe più longeve nella storia del cinema, nonché l'ultimo in possesso esclusivamente della Twentieth Century Fox: di recente, infatti, la compagnia è stata acquistata dalla Walt Disney Pictures, il che comporterà una nuova direzione per i mutanti della Casa delle Idee, i quali saranno finalmente liberi di interagire con personaggi come gli Avengers in un futuro non troppo distante. Questa volta è lo sceneggiatore e produttore Simon Kinberg a dirigere il film, rimpiazzando Bryan Singer, storico regista della X-saga, della quale ha gestito ben quattro capitoli . È il 1992, circa dieci anni dopo gli eventi narrati nel precedente X-Men: Apocalisse (2016), e i celebri mutanti sono ora riconosciuti in tutto il mondo come eroi. Sotto l'occhio vigile del governo americano e grazie alla guida dell'egocentrico Professor X (James McAvoy), gli X-Men portano a termine svariate missioni, inclusa una nello spazio: è in questa occasione che, dopo un riuscito tentativo di salvataggio di alcuni astronauti all'interno di un razzo in avaria, vengono a contatto con un misterioso flusso di energia cosmica, la stessa ad aver causato l'incidente. L'unica in grado di arginare la potenza distruttiva di tale fenomeno è Jean Grey (Sophie Turner), la quale viene inondata da un concentrato di energia incalcolabile, riuscendo però ad assorbirla e a tornare sulla Terra incolume insieme agli altri membri della squadra. Nei giorni seguenti, però, qualcosa comincia a cambiare: Jean comincia a percepire strane voci e i suoi poteri telecinetici diventano sempre più instabili, andando ad intaccare anche sulla sua personalità; l'onda cosmica altro non è che un'entità chiamata Fenice, che si è impossessata di lei rendendola a tutti gli effetti un nuovo nemico degli X-Men, che dovranno combattere non solo per salvare il mondo intero, ma anche per tentare di far rinsavire quella che un tempo era una loro amica.
Era già stato sviluppato un adattamento della celeberrima Saga di Fenice Nera (ad opera dei fumettisti Chris Claremont e John Byrne), ovvero X-Men: Conflitto Finale. Se quel film - da alcuni considerato riuscito, da altri un fiasco - verrà ricordato come uno dei capitoli più controversi della saga, X-Men: Dark Phoenix, pubblicizzato come "la versione fatta meglio", distrugge tutto quello di buono che era stato fatto nell'incarnazione precedente, rappresentando il punto più basso della saga. Caratterizzato da un cast sicuramente di spicco, a partire da James McAvoy, Michael Fassbender e Jennifer Lawrence, non ci si sarebbe mai aspettati così tante lacune nella caratterizzazione dei personaggi e, più in gererale, nello sviluppo della trama, vuota e con un ritmo alquanto altalenante e confuso, ad'eccezione dei primissimi dieci minuti in cui viene introdotto il background di Jean, con origini completamente riscritte e più fedeli ai fumetti. Di tutti i comprimari, l'unico riuscito ed interessante è Charles Xavier/Professor X, il quale subisce una netta evoluzione rispetto alle pellicole precedenti, nel senso che si viene a conoscenza di un lato più oscuro del 'padre' degli X-Men, che stavolta compie delle scelte che mettono in dubbio la sua morale. Sophie Turner, protagonista di questo film, si rivela mediocre, in quanto inespressiva e statica per tutta la durata della pellicola, incapace di conferire la giusta profondità emotiva al personaggio, mentre il valido Fassbender interpreta però un personaggio che non subisce alcuna evoluzione, nonostante passino decenni di distanza tra un film e l'altro (basti notare il colore dei capelli, sempre identico) all'interno di una continuity ormai insensata. Non eccelle nemmeno Nicholas Hoult nel ruolo di Hank McCoy/Beast, in quanto il suo personaggio viene davvero snaturato rispetto ai precedenti film, a tal punto da non risultare minimamente credibile, mentre Scott Summers/Ciclope (Tye Sheridan), Ororo Munroe/Tempesta (Alexandra Shipp), Pietro Maximoff/Quicksilver (Evan Peters) e Kurt Wagner/Nightcrawler (Kodi Smit-McPhee) vengono approfonditi abbastanza poco, sebbene vengano loro dedicate alcune buone sequenze d'azione. La peggiore della squadra è senza dubbio Raven Darkholme/Mistique, interpretata da una fastidiosa Jennifer Lawrence che non solo ha un ruolo oramai forzato e una performance pessima, ma verrà probabilmente ricordata per via di un contestatissimo commento durante un dialogo con Charles, dettato da un'agguerrita ed inopportuna propaganda del politically correct (fenomeno oggi molto frequente) che non potrà non essere notato. Nemmeno il villain del film è degno, ovvero Smith (Jessica Chastain), leader di una razza aliena chiamata D-Baru che arriva sulla Terra per impossessarsi del potere della Fenice, con degli escamotage assurdi e non spiegati, anche per via di una sceneggiatura scialba ed una regia confusionaria. I dialoghi, salvo qualcuno all'inizio, sfiorano lo squallido, mentre per quanto concerne il comparto tecnico, siamo di fronte ad effetti speciali di basso livello, soprattutto verso il terzo atto, caratterizzato da una delle peggiori sequenze d'azione mai viste in un film di questo genere. La colonna sonora di Hans Zimmer è soddisfacente, anche se non memorabile, sotto media rispetto ai suoi lavori. Secondo i piani iniziali, la pellicola sarebbe dovuta essere suddivisa in due parti, per cui è comprensibile che vi sia stata parecchia carne al fuoco non ben gestita in fase di produzione. In definitiva, si può quindi affermare che X-Men: Dark Phoenix è una grande occasione sprecata, perché con il materiale a disposizione si sarebbe potuto fare molto di meglio, anche per cancellare dalla mente di qualche fan accanito la versione della Fenice nel film del 2006. Si spera che, sotto l'attenta guida dei Marvel Studios, in futuro gli X-Men possano tornare a brillare come in alcuni grandi capitoli della saga appena terminata, come gli indimenticabili X-Men: Giorni di un Futuro Passato (2014) e Logan (2017).
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felicity
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giovedì 10 ottobre 2019
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capitolo brutto, anonimo e con uno script sciatto
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La cosa che colpisce in questo film, prima dei buchi di trama, dell’uso schizofrenico che si fa di attori e personaggi, dei brutti effetti speciali e degli stunt anche peggiori, è uno script di una sciatteria a cui non siamo francamente più abituati per un film di supereroi.
La storia si svolge nella maniera più piatta, lineare e anticlimatica possibile, senza un guizzo, un’idea che sia una.
Pare il doppio episodio di un telefilm di serie B.
Jean Grey dovrebbe essere il personaggio centrale del film, ma nei fatti è a malapena l’ingranaggio che mette in moto le azioni senza senso degli altri. l motivo è attribuibile soprattutto allo scarso appeal della Turner, del tutto priva di carica emotiva, che non riesce a dare al personaggio uno spessore particolarmente vistoso, né sul piano psicologico né su quello grafico.
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La cosa che colpisce in questo film, prima dei buchi di trama, dell’uso schizofrenico che si fa di attori e personaggi, dei brutti effetti speciali e degli stunt anche peggiori, è uno script di una sciatteria a cui non siamo francamente più abituati per un film di supereroi.
La storia si svolge nella maniera più piatta, lineare e anticlimatica possibile, senza un guizzo, un’idea che sia una.
Pare il doppio episodio di un telefilm di serie B.
Jean Grey dovrebbe essere il personaggio centrale del film, ma nei fatti è a malapena l’ingranaggio che mette in moto le azioni senza senso degli altri. l motivo è attribuibile soprattutto allo scarso appeal della Turner, del tutto priva di carica emotiva, che non riesce a dare al personaggio uno spessore particolarmente vistoso, né sul piano psicologico né su quello grafico.
Gli antagonisti, la razza aliena, sono generici cattivi mossi da motivazioni vaghissime, una serie di comparse senza nome, senza storia e senza personalità, carne da macello per una battaglia finale tra le più soporifere mai viste.
Un ultimo capitolo imbarazzante che confina gli attori in pochi spazi spogli e privi di personalità e chiude tutto con un combattimento finale in uno spiazzo deserto con un esercito di cattivi senza volto.
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paul swineherd
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lunedì 24 giugno 2019
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dài, finalmente è finita...
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PIENO DI SPOILER (ma spero non andrete a vederlo!)
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Per chi, come il sottoscritto, ha ancora in mente vivida la saga originale del fumetto, questo insulso finale deve essere sembrato, sulle prime, uno scherzo di cattivo gusto.
Dialoghi sinceramente penosi, raffazzonate le idee "sostitutive" (alieni mutaforma al posto degli Skrull - o del Club Infernale? -, una biondina slavata al posto della Regina Bianca) e le citazioni (i D'Bari, trasformati da vittime in carnefici) e del tutto assente quella vena ironica che era pur sempre affiorata nei precedenti film della franchigia (affidata a Pietro Maximoff, qui sacrificato in nome di una malsana idea di tragedia magniloquente).
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PIENO DI SPOILER (ma spero non andrete a vederlo!)
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Per chi, come il sottoscritto, ha ancora in mente vivida la saga originale del fumetto, questo insulso finale deve essere sembrato, sulle prime, uno scherzo di cattivo gusto.
Dialoghi sinceramente penosi, raffazzonate le idee "sostitutive" (alieni mutaforma al posto degli Skrull - o del Club Infernale? -, una biondina slavata al posto della Regina Bianca) e le citazioni (i D'Bari, trasformati da vittime in carnefici) e del tutto assente quella vena ironica che era pur sempre affiorata nei precedenti film della franchigia (affidata a Pietro Maximoff, qui sacrificato in nome di una malsana idea di tragedia magniloquente).
Ma in definitiva, era tutto l'impianto della franchigia (o meglio, di questo reboot) a fare acqua da tutte le parti: protagonisti ringiovaniti fino alla caricatura (il prof. Xavier e Scott, soprattutto, ma anche Hank McCoy; ridicolo fino a fare male Kurt Wagner), la comparsa dei poteri mutanti anticipata fino a prima della pubertà (mentre quello del "corpo che cambia" era uno dei sottotesti maggiormente convincenti della saga originale mutante, anche se fu negato da operazioni poco avvedute, come Power Pack), così come l'incontro Prof. X/Jean Gray (anche qui, buttando alle ortiche il sottotesto dell'infatuazione platonica reciproca).
A concludere lo sfacelo, il successo della Marvel con il MCU (ma anche, tardivamente, il DCEU) hanno mostrato definitivamente due cose:
1. non puoi racchiudere la complessità di una intera saga, con l'evoluzione dei personaggi tipica di un prodotto seriale, in un film di due ore e mezzo (la ridicola "discesa veloce" di Jean Grey verso il lato oscuro ne è esempio lampante: dov'è la lenta seduzione operata nel fumetto dal tenebroso Jason Wyngarde?)
2. non puoi tirare indietro il braccino con i film di supereroi: devi spendere in effetti speciali e CGI, e devi farlo vedere; le scene di battaglia tra due telepati e un maestro del magnetismo non si possono risolvere in gente che muove le braccia e fa cadere/volare cose!
Concludendo, speriamo che, con il ritorno della franchigia alla Disney, quindi alla Casa delle Idee, gli X-Men (X-Women? X-Persons? X-Folks?) possano trovare, se non una degna trilogia, almeno la pace.
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