ashtray_bliss
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lunedì 7 ottobre 2019
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perdersi e ritrovarsi negli abissi del cosmo.
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Ad Astra si colloca in quel filone di fantascienza antropocentrica che pone interrogativi e questioni esistenziali, introspettive, filosofiche e morali sulla natura dell'uomo, su quale sia il suo destino e futuro e che sopratutto cerca di scavare e di indagare nel profondo di quel abisso siderale e insondabile come lo spazio che altro non è se non l'animo umano. Fantascienza d'eccellenza di questa tipologia abbiamo ritrovato in Moon (2009), Arrival (2016), High Life e Aniara (2018) e su quel insuperabile capolavoro di Interstellar (2014) dove lo sguardo, quasi paradossalmente, non è rivolto alle stelle, agli esopianeti, alle galassie ma è un espediente narrativo per guardarsi dentro, indagare la vera essenza della natura umana con tutte le sue sfumature e i suoi difetti.
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Ad Astra si colloca in quel filone di fantascienza antropocentrica che pone interrogativi e questioni esistenziali, introspettive, filosofiche e morali sulla natura dell'uomo, su quale sia il suo destino e futuro e che sopratutto cerca di scavare e di indagare nel profondo di quel abisso siderale e insondabile come lo spazio che altro non è se non l'animo umano. Fantascienza d'eccellenza di questa tipologia abbiamo ritrovato in Moon (2009), Arrival (2016), High Life e Aniara (2018) e su quel insuperabile capolavoro di Interstellar (2014) dove lo sguardo, quasi paradossalmente, non è rivolto alle stelle, agli esopianeti, alle galassie ma è un espediente narrativo per guardarsi dentro, indagare la vera essenza della natura umana con tutte le sue sfumature e i suoi difetti.
James Gray conferma di essere un regista coraggioso e orientaAd Astra nella giusta direzione, seppur senza riuscire a pareggiare o raggiungere il livello di tutti i film precedentemente menzionati, e il suo racconto, la sua ricerca d'identità e catarsi ai confini della nostra galassia, risulta un viaggio tecnicamente ben realizzato, visivamente suggestivo ed eloquente ma poco coinvolgente sul piano emotivo, privo di quel necessario alone di mistero e di quella vena di suspense, che invero, pregna il racconto all'inizio ma si attenua fino a spegnersi del tutto da metà pellicola in poi. Sono il coinvolgimento, il pathos, il fascino i grandi elementi assenti dall'opera, intimista e riflessiva.
In questo, certamente personale, capitolo James Gray crea uno spazio dove esplora argomenti e situazioni intrinsecamente umane quali l'assenza di un genitore e il vuoto, devastante ma insidioso che lascia, il dedicarsi anima e corpo al lavoro trascurando gli affetti più cari presenti, l'nseguire una precisa carriera un po' per passione e ambizione personale e molto per mantenere fede alle orme tracciate dal genitore (padre) ed infine esplora anche le conseguenze personali dell'annichilirsi, seppellendo i propri sogni e ambizioni, per trasformarsi in quel idolo di uomo e genitore che si è venuto a creare nella nostra mente. Questi gli argomenti trattati in questa lunga e catartica seduta di psicanalisi dove lo spazio e le missioni inerenti alla sua esplorazione diventano presto dei semplici espedienti narrativi, dove i co-protagonisti di Roy (Brad Pitt) si limitano ad essere mere comparse all'interno di un viaggio che il protagonista deve per forza affrontare da solo, risolvendo i conflitti interiori che ha da tempo seppellito, riaprire le vecchie ferite e fare i conti con una figura paterna assente ma che ha inciso sul proprio futuro, influenzando la scelta del percorso lavorativo e portandolo a commettere gli stessi errori del padre (trascurando chi gli sta accanto).
Ad Astra rappresenta il percorso di catarsi e maturazione personale di Roy McBride che parte dalla Terra con una missione precisa e in un contesto altrettanto preciso: individuare il padre, a capo di una spedizione partita oltre 30 prima per Nettuno, e possibilmente impazzito, per fermare le devastanti scariche di energia che provengono dalla sua stessa posizione e salvare l'umanità. Man mano che però il viaggio procede, con stazioni intermedie la Luna e Marte, Roy capisce che quello era solo un pretesto e il suo vero scopo e conoscere, affrontare e superare il trauma che la mancanza della figura paterna gli aveva lasciato come unica eredità. Il film, dunque, si sviluppa attorno all'esigenza di raccontare il vuoto interiore di un uomo che non ha mai saputo elaborare il trauma dell'abbandono del padre. L'esigenza di scoprire il perchè, di dare un senso ai suoi tormenti interiori e liberarsi finalmente da questo fardello.
Il ruolo di Roy pare costruito su misura per Brad Pitt, attore collaudato e qui maturo come non mai il quale fornisce una solida prova attoriale benchè rigorosa al punto da non lasciar trapelare alcuna emozione (come richiesto dallo script) tanto da ricordare vivamente l'interpretazione introversa di Gosling in First Man.
Tecnicamente eccellente; la regia, il montaggio, gli effetti speciali e la fotografia non lasciano dubbi riguardo la qualità dell'opera, Ad Astra vacilla a causa dell'assenza di un vero e proprio trasporto emotivo, di una connessione empatica e identificazione col personaggio e col suo dramma, per l'assenza di entusiasmo, coinvolgimento e reale interesse nei confronti del protagonista e della sua missione. Questa sterilità emotiva e poi accresciuta dall'aggiunta di passaggi incongrui, narrativamente deboli e assai poco credibili anche scientificamente (tra tutte, la scena dello "scudo" verso la fine era al limite del ridicolo). Debolezze stilistiche e narrative che vanno ad aggiungersi ad una di per se abbastanza superficiale rivisitazione del tema principale, ovvero il rapporto problematico tra padre-figlio, mentre le divagazioni filosofiche dovrebbero aggiungere spessore e profondità alla trama la rendono semplicemente verbosa e ridondante.
Ad Astra resta un prodotto ben confezionato, partito con un ottimo potenziale e nelle mani di un regista sapiente che avrebbe potuto farne un film davvero memorabile. Invece, si dimostra epidermico, povero ed elusivo, che non affronta in modo deciso nè gli aspetti fantascientifici, nè quelli filosofici. Resta quest'alone denso di malinconia che abbraccia ogni singola sequenza, le eloquenti riprese dello spazio, gli effetti speciali che ricreano gli ambienti di Marte e della Luna. Ma non bastano a salvare una sceneggiatura carente e una trasposizione inadeguata, povera, insoddisfacente. Nonostante la presenza di un cast di tutto rispetto, tra cui nomi di mostri sacri del cinema quali Tommy Lee Jones e Donald Sutherland accostati alle brave Liv Tyler e Ruth Negga, l'opera di Gray non riesce a raggiungere le stelle e nemmeno a ricalcare la potenza narrativa, visionaria e profonda, di un rapporto disfunzionale padri-figli come fece invece Nolan.
Una vera occasione persa che lascia un retrogusto di amarezza e intensa malinconia: 2,5/5.
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[+] due stelle generosissime
(di pietrosg)
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carloa
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domenica 29 settembre 2019
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per aspera ad astra
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Il film racconta la ricongiunzione paterna, il necessario viaggio nell'abisso delle difficoltà ancestrali che legano il figlio con un padre sempre distante, mai incontrato e portato con sé in sofferti e frammentati ricordi. Roy accetta come Willard la missione verso il cuore di tenebra a incontrare il suo Kurz giudicato impazzito, che nella profondità dello spazio non accetta esaurirsi il sogno della sua missione originale. Il film è un lungo viaggio a tappe temporali degli equilibri che cambiamo nel figlio e a tappe spaziali, sempre più lontano dal sole. Un sole che lo soccorre destandolo nel momento critico della perdita, con la sua luce, minima ma unica in quel nero assoluto.
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Il film racconta la ricongiunzione paterna, il necessario viaggio nell'abisso delle difficoltà ancestrali che legano il figlio con un padre sempre distante, mai incontrato e portato con sé in sofferti e frammentati ricordi. Roy accetta come Willard la missione verso il cuore di tenebra a incontrare il suo Kurz giudicato impazzito, che nella profondità dello spazio non accetta esaurirsi il sogno della sua missione originale. Il film è un lungo viaggio a tappe temporali degli equilibri che cambiamo nel figlio e a tappe spaziali, sempre più lontano dal sole. Un sole che lo soccorre destandolo nel momento critico della perdita, con la sua luce, minima ma unica in quel nero assoluto. È il film meno americano che ho visto dopo il "2001" sull'impossibilità di governare i propri sentimenti, in un ambiente, brutalmente colonizzato da una civiltà moderna che ritarda i conti sulla propria origine e destinazione. Oltre al Cuore di tenebra e Kubrik, presenti riferimenti al Solaris di Tarkovskij anche nella metrica.
"Per aspera ad astra" appunto.. Bello.
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carloalberto
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sabato 28 settembre 2019
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e se dio fosse un vecchietto distratto...
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Introspettivo, melanconico, fantascientifico, con una bella fotografia e una scenografia credibile per un’ambientazione futuristica con esterni “girati” esclusivamente sulla luna, Ad Astra è un film che poteva aspirare ad essere qualcosa di più di un buon film. Brad Pitt piange ma non commuove e convince di più nelle scene d’azione, peraltro rare, forse a lui più congeniali. Donald Sutherland fa poco più di un cammeo e Tommy Lee Jones non va oltre i cinque minuti di girato. Due vecchi istrioni che donano un tocco vintage alla pellicola ma non lasciano il segno, non ovviamente per colpa loro ma perché rispettivamente relegati al ruolo di comparsa e di cooprotagonista.
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Introspettivo, melanconico, fantascientifico, con una bella fotografia e una scenografia credibile per un’ambientazione futuristica con esterni “girati” esclusivamente sulla luna, Ad Astra è un film che poteva aspirare ad essere qualcosa di più di un buon film. Brad Pitt piange ma non commuove e convince di più nelle scene d’azione, peraltro rare, forse a lui più congeniali. Donald Sutherland fa poco più di un cammeo e Tommy Lee Jones non va oltre i cinque minuti di girato. Due vecchi istrioni che donano un tocco vintage alla pellicola ma non lasciano il segno, non ovviamente per colpa loro ma perché rispettivamente relegati al ruolo di comparsa e di cooprotagonista. Il dramma è incentrato tutto sull’esploratore spaziale Pitt, che ha sviluppato un habitus mentale da freddo e cinico uomo d’azione per reagire al trauma infantile subito per l’abbandono del padre. La moglie, Liv Tyler, come da clichè, in un futuro evidentemente ancora maschilista, si sente trascurata e lo aspetta a casa sofferente mentre lui va in missione nel sistema solare.
Già Interstellar aveva affrontato in modo drammatico il rapporto affettivo padre-figlia in un contesto fantascientifico, ma con ben altra potenza visionaria e immaginifica e con una riuscita integrazione di temi privati e collettivi. Qui manca il pathos, nonostante le espressioni cupe del protagonista e la tristezza della voce narrante fuori campo. Qui, a parte in qualche scena, manca anche la tensione e, nonostante l’eleganza delle immagini patinate, la pacatezza della narrazione, a tratti, risulta quasi soporifera.
Metaforicamente, con qualche forzatura, si potrebbe interpretare il film, in senso religioso, come la ricerca non del babbo di Pitt bensì del Padre, del Dio che si è allontanato per sempre dal mondo e mostrando disinteresse per le sorti dell’umanità la punisce più per distrazione che per cinismo, mentre volge gli occhi al resto del creato desideroso di scoprire se ci sono forme di vita meglio riuscite di quella umana. Tuttavia, non penso che questo intento allegorico sia stato mai presente nella sceneggiatura di James Gray, anche soltanto come idea. E questo è un peccato, perché in tal modo il plot si impoverisce e si riduce alla rappresentazione realistica di un particolare dramma familiare.
Al di là del significato religioso che avrebbe potuto assumere il film, Gray, puntando tutto sull’emotività e sul profilo psicologico del protagonista, anche dal punto di vista laico spreca l’occasione per approfondire e rendere centrale il dramma della angosciosa solitudine dell’essere umano nello spazio cosmico, tema esistenziale di valenza universale, che, invece, purtroppo si limita a far da sfondo alle lacrime di Pitt.
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[+] 'ad astra', un 'cuore di tenebra' nello spazio
(di antonio montefalcone)
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[+] resta la fotografia
(di pietrosg)
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[+] bravo, acuto, diretto e sincero
(di aurash)
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loland10
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domenica 29 settembre 2019
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un incontro...lontano
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“Ad Astra” (Ad Astra, 2019) è il settimo lungometraggio del regista-sceneggiatore di New York James Gray.
Film di un incontro, film di un viaggio, film di un ricordo, film di un passato, film di un figlio. Un incipit che piace, il resto non infiamma e i finali leziosi con epilogo che parrebbe inutile.
Una pellicola fantascientifica che vuole essere umana e persuasiva. Ma il colpo buono non fa centro e non riesce. Una regia e una sceneggiatura che non si incontrano. Una voglia di fare un ‘gran film’ è in ritardo in molto e l’intimismo con l’infinito non propone situazioni che coinvolgono appieno.
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“Ad Astra” (Ad Astra, 2019) è il settimo lungometraggio del regista-sceneggiatore di New York James Gray.
Film di un incontro, film di un viaggio, film di un ricordo, film di un passato, film di un figlio. Un incipit che piace, il resto non infiamma e i finali leziosi con epilogo che parrebbe inutile.
Una pellicola fantascientifica che vuole essere umana e persuasiva. Ma il colpo buono non fa centro e non riesce. Una regia e una sceneggiatura che non si incontrano. Una voglia di fare un ‘gran film’ è in ritardo in molto e l’intimismo con l’infinito non propone situazioni che coinvolgono appieno. Vuole essere ‘entrante’ e ‘pieno’ ma va fuori strada e qualche volta con frenate e allunghi.
Il regista cerca risposte epocali che non ci sono, lo spettatore cerca un film ben costruito che non c’è. E alcune sequenze come la parte finale incongrue o forse troppo prevedibili. Come alcuni personaggi sminuiti e/o dimenticati nei loro cliché.
Un film che vorrebbe essere evocativo, forse troppo, dove l’esclusione del passato (l’abbandono si lascia come una foto sgualcita) avviene attraverso un ritorno (o il ritorno, se si preferisce) normale e non certo inaspettato. E la mano che attraversa lo schermo per (ri)prendere il figlio a casa.
Un fluttuare attraverso le basi dei pianeti, per scoprire le stesse cose conosciute, conoscendo o rincontrando chi non vedi o solo senti dove la voce di un padre fa da apertura a continuare. Il dialogo è ristretto con gli altri solo misto e implosivo con se stesso.
L’astronauta Roy McBride cerca il suo passato o meglio la voce del suo presente. Quella di suo padre disperso ai confini del Sistema Solare che non vede da trent’anni. Clifford McBride è un astronauta di vecchia data conosciuto da tutti per la sua ricerca spasmodica di quello che non è umano. Un vero incontro.
E il progetto ‘Lima’ è il suo solo scopo. Non conosce altro e ha dimenticato tutto (affetti familiari compresi) dopo oltre vent’anni. Il film si dipana in questo lungo viaggio di andata (tre quarti di durata) e ritorno (tra incipit e epilogo) con varianti minime e ingerenze poco consone (la scena del ‘mostro’ scimmia sembra inutile o quasi forviante) tra pensieri fuori onda e racconto (a minimo movimento labbra di Roy) allo spettatore come un cronista ameno e quasi distaccato. Perché nonostante il tutto e l’ansia (del personaggio) per un ritrovare il padre, non si sente oltre lo schermo un sentimento di partecipazione o meglio di coinvolgimento.
Alla fine il ‘luogo’ di ritrovo è dentro e ogni gesto pare sovrappiù con un minutaggio (forse) eccessivo. E in fondo quello che accade quando i due ‘si riconoscono’ pare già detto e visto, fuori tempo massimo. Un parlare a vuoto come l’ultimo puntino dell’astronauta-padre che va oltre l’oscurità dello schermo.
Brad Pitt(Roy McBride), visto nel film di Q. Tarantino pare completamente a suo agio, si sente in parte riuscito, si vede allo specchio e si racconta con memoria giusta e ripetitività da manuale e quindi poco veritiera. Per un attore di tale calibro il responso non è al massimo: peccato per chi scrive e per una storia che non gli va a genio pienamente.
Tommy Lee Jones(Clifford McBride)è il solito a recuperare la scena quando la storia langue. Certo scriverlo meglio sarebbe stato ideale per un attore che da seconda linea ha lasciato il segna in tutta la sua filmografia (qualcuno dovrà recuperare anche le poche sue regie tra cui ‘Tre sepolture’j.
Donald Sutherland(colonnello Thomas Pruitt) è un cameo troppo breve. Riesce a farsi ricordare ....forse sarebbe stato meglio approfittarne.
Fotografia (H. von Hoytema) di buon impatto e persuasiva; lo scopre musicale sembra fuori tono (rispetto alle immagini); ognuno si adagia ma il compositore Max Richter merita sempre rispetto.
‘I peccati dei padri ricadono sui figli’. Come gli errori di ciascuno non sono più personali. Ecco quello che Roy dice non deve (ri)cadere sullo spettatore.
Regia di James Gray plasmata e costruita, mesta e speranzosa. Per una pellicola dove le intenzioni si perdono in scorciatoie e giochi poco credibili. E pensare che il suo precedente ‘Civiltà perdute’ (he Lost City of Z, 2016) aveva convinto (e coinvolto) decisamente di più.
Voto: 6+/10 (***) -cinema (s)vuoto-
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alesimoni
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lunedì 30 settembre 2019
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di padre in figlio
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Film di altissime pretese, che prova a mettere insieme tecnicismo stile Gravity/Interstellar e un approfondimento psicologico degno di un ciclo di psicoterapie sul rapporto padre/figlio e tutti i danni che può causare. James Gray quindi mette tanta carne sul fuoco, e sceglie un attore top per sfondare, un Brad Pitt dimesso, molto molto introspettivo , bravo e credibile....credo sia giunta l'ora di dargli un Oscar, visto anche la strepitosa carriera. Il film non conferma tutte le aspettative, sarebbe stato difficilissimo, rimanendo comunque un buon film,da gustare assolutamente al cinema. Ci sono alcune sequenze veramente troppo poco credibili anche per chi non fa l'astrofisico di mestiere che minano la sceneggiatura.
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Film di altissime pretese, che prova a mettere insieme tecnicismo stile Gravity/Interstellar e un approfondimento psicologico degno di un ciclo di psicoterapie sul rapporto padre/figlio e tutti i danni che può causare. James Gray quindi mette tanta carne sul fuoco, e sceglie un attore top per sfondare, un Brad Pitt dimesso, molto molto introspettivo , bravo e credibile....credo sia giunta l'ora di dargli un Oscar, visto anche la strepitosa carriera. Il film non conferma tutte le aspettative, sarebbe stato difficilissimo, rimanendo comunque un buon film,da gustare assolutamente al cinema. Ci sono alcune sequenze veramente troppo poco credibili anche per chi non fa l'astrofisico di mestiere che minano la sceneggiatura. Fotografia stupenda.
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[+] film di altissima delusione
(di pietrosg)
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melies
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mercoledì 18 dicembre 2019
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se ne poteva fare a meno
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recensione ancora più biliosa per il fatto che a causa di pronlemi tecnici quella precedente si è "cancellata" prima di inviarla (se ne trovate un'altra, a voi la scelta)
riassumo: un buon lavoro di scenografia computerizzata e una prestazione di buon livello di Brad Pitt
soggetto discutibile e il sugo (il predecessore nello spazio o giù di lì che ha dato fuori di matto) c'è in moltio altri film anche di serie B o lo abbiamo visto in "Sunshine", pellicola di pretese molto più basse ma a mio avviso più credibile anche sotto il profilo (fanta)scientifico almeno fino all'epilogo
Qui il predecessore è anche il padre dell'eroe e a proposito attori come Tommy lee Jones e Donald Sutherland che ci azzeccano col film ? o arricchiscono la locandina?
Il resto si trascina parecchio per non parlare dell'epico assalto alla diligenza da parte dei pirati lunari che rappresenta un'importante momento esplicatrivo per lo spettatore.
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recensione ancora più biliosa per il fatto che a causa di pronlemi tecnici quella precedente si è "cancellata" prima di inviarla (se ne trovate un'altra, a voi la scelta)
riassumo: un buon lavoro di scenografia computerizzata e una prestazione di buon livello di Brad Pitt
soggetto discutibile e il sugo (il predecessore nello spazio o giù di lì che ha dato fuori di matto) c'è in moltio altri film anche di serie B o lo abbiamo visto in "Sunshine", pellicola di pretese molto più basse ma a mio avviso più credibile anche sotto il profilo (fanta)scientifico almeno fino all'epilogo
Qui il predecessore è anche il padre dell'eroe e a proposito attori come Tommy lee Jones e Donald Sutherland che ci azzeccano col film ? o arricchiscono la locandina?
Il resto si trascina parecchio per non parlare dell'epico assalto alla diligenza da parte dei pirati lunari che rappresenta un'importante momento esplicatrivo per lo spettatore.
Concludo con un'informativa della Difesa Americana circa lo "scudo sapaziale", loro sostengono che quello usato da B. Pitt. per attraversare gli asteroidi NON è quello originale.
L'eroe ha "preso al volo" l'astronave di ritorno come facevo io negli anni 50 con il tram
Mi ero lamentato della trovata finale di Gravity, scusami Sandra Bullok!
Non è un "brutto" film ma non ho più 14v anni da troooppo tempo
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vittorio
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sabato 28 settembre 2019
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perdere come figlio per ritrovare se stesso uomo
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Straordinario connubio di profondità interiore e cosmica assieme. Due linee parallele interrogano lo spettatore sull’essere figlio e padre, sulla fusione ideale di vuoto cosmico dello spazio e del rapporto padre figlio che uno straordinario Pitt, astronauta figlio di cotanto padre, a sua volta eroe dello spazio 29 anni prima, soffre indicibilmente nel suo essere oggi uomo e marito all’altezza.
Padre che lo spazio, e Nettuno, inghiotti’, almeno apparentemente, e che invece vivente, ma assente nel suo ruolo paterno, viene tenacemente, illusoriamente ritrovato dal figlio Roy.
Noi siamo ciò che abbiamo..
Ma nel viaggio intimo, profondo, cosmico dell’io, “questo” padre, un eccellente Tommy Lee Jones, viene meno alle speranze del figlio, con la vana illusoria della conoscenza di mondi ed intelligenze diverse e sconosciute, ed il cieco abbraccio ad un figlio che non riesce ad amare.
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Straordinario connubio di profondità interiore e cosmica assieme. Due linee parallele interrogano lo spettatore sull’essere figlio e padre, sulla fusione ideale di vuoto cosmico dello spazio e del rapporto padre figlio che uno straordinario Pitt, astronauta figlio di cotanto padre, a sua volta eroe dello spazio 29 anni prima, soffre indicibilmente nel suo essere oggi uomo e marito all’altezza.
Padre che lo spazio, e Nettuno, inghiotti’, almeno apparentemente, e che invece vivente, ma assente nel suo ruolo paterno, viene tenacemente, illusoriamente ritrovato dal figlio Roy.
Noi siamo ciò che abbiamo..
Ma nel viaggio intimo, profondo, cosmico dell’io, “questo” padre, un eccellente Tommy Lee Jones, viene meno alle speranze del figlio, con la vana illusoria della conoscenza di mondi ed intelligenze diverse e sconosciute, ed il cieco abbraccio ad un figlio che non riesce ad amare..
Ed il figlio Pitt, abbandonatolo, su sua richiesta, ad un destino di morte, vive adesso, finalmente, conscio della fine di un fardello opprimente, tutto il suo amore per la vita, per la sua donna, per ciò che “umanamente” la nostra Terra c’invoglia a realizzare.
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samanta
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domenica 13 ottobre 2019
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la scoperta della felicità e dell'amore ...
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E' un film di fantascienza diretto da James Gray,che come regista non ha fatto molti film 7ed 8 alcuni dei quali si sono dimostrati dei flop disastrosi: The Yards (incassò 900 mila $ a fronte di un budgett di 24 milioni!), anche l'ultimo girato Civiltà perduta (da me recensito) a fronte di un budget di 30 milioni di $ ha incassato solo 20 milioni. Questo film a fronte di un budget stratosferico di 87milioni e mezzo di $ ha incassato finora 113 milioni (dati Box Office Mojo), si vede che qualcuno lassù (ad Hollywood) lo ama ...
Il regista però occorre riconoscerlo ha indubbie qualità tecniche ma un modo lento di gestire storie interessanti, che alla fine annoia lo spettatore.
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E' un film di fantascienza diretto da James Gray,che come regista non ha fatto molti film 7ed 8 alcuni dei quali si sono dimostrati dei flop disastrosi: The Yards (incassò 900 mila $ a fronte di un budgett di 24 milioni!), anche l'ultimo girato Civiltà perduta (da me recensito) a fronte di un budget di 30 milioni di $ ha incassato solo 20 milioni. Questo film a fronte di un budget stratosferico di 87milioni e mezzo di $ ha incassato finora 113 milioni (dati Box Office Mojo), si vede che qualcuno lassù (ad Hollywood) lo ama ...
Il regista però occorre riconoscerlo ha indubbie qualità tecniche ma un modo lento di gestire storie interessanti, che alla fine annoia lo spettatore.
[Spoiler] In questo film si vede in un futuro prossimo un valente astronauta: il maggiore Roy McBride (Brad Pitt) convocato dai vertici del suo comando perché una astronave del progetto Lima comandata dal padre Clifford (Tommy Lee Jones) anche lui leggendario astronauta partita da 29 anni da 16 non dà più comunicazioni: doveva raggiungere Nettuno e di lì cercare di scoprire segni di vita nell'Universo: il c.d. Progetto LIMA. Il suo scopo è di andare nella base avanzata di Marte (con tappa sulla Luna) e cercare di riaprire i contatti con il padre anche perché da Nettuno provengono picchi di energia che causano gravi disastri sulla terra. Roy obbedisce ha sacrificato la sua vita compreso la moglie che lo ha lasciato e deciso di non avere figli per vivere quasi come un manichino dedito alle scoperte spaziali. A farla breve, scopre anche grazie ad un vecchio amico del padre il colonnello Pruitt (Donald Sutherland) che lo intendono utilizzare per individuare l'astronave del padre e poi inviare un astronave che con una bomba atomica la distrugga.. Roy stabilisce il contatto con il padre si impadronisce di questa astronave, raggiunge l'astronave del padre che è rimasto solo e non per colpa sua l'astronave manda i picchi di energia ma del suo equipaggio che si era ammutinato. Tralascio il finale anche se poi Roy ritorna sulla Terra e si riconcilia con la vita e con la donna che ama.
Il film il cui soggetto richiama un poco un famoso film : Il pianeta proibito (Con Leslie Nielsen quando non faceva ancora film comici) in cui si cercava un'astronave scomparsa, ha un soggetto e una trama interessante, con un'atmosfera quasi religiosa: le preghiere dette dagli astronauti, il cercare la vita nell'Universo (dimenticando però quella sulla terra), un personaggio commenta le vane ricerche di una vita nello spazio indicando il cielo "forse qualcuno non vuole", un'atmosfera che permea la volontà dell'uomo di violare i limiti del proprio sistema solare, ci sono anche scene di azione (come gli scontri con i banditi sulla Luna) ma il film è irrimediabilmente lento, aggravato dalla continua voce fuori campo di Roy che scava dentro il suo essere le proprie condizioni e situazioni fisiche. Il regista avrebbe dovuto rendersi conto che un film di fantascienza specie di questo tipo si deve reggere su scene di tensione, di azione, di suspence, che mancano e se ci sono il loro sviluppo è poco agile. Oltre tutto la recitazione di Brad Pitt è buona, ma evidentemente questo suo agire introspettivo, quasi da automa non fa parte delle sue performance, la presenza di due assi come Sutherland e Lee Jones non impinge molto sull'andamento del film, stante la brevità delle loro apparizioni, visto che si è speso moltissimo tanto valeva aumentare la loro presenza. Alcune scene come quella finale con i 2 McBride che galleggiano nello spazio anche se ripresa da Gravity è molto bella. Ho trovato confortante il finale con Roy che ritrova sé stesso, la vita, l'amore, le piccole cose (prendere il caffè in un bar) che danno la felicità semplice e ordinaria e questo va a onore del regista: basta con i catastrofismi da 4 soldi sul futuro.
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rescart
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domenica 18 aprile 2021
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c''è qualcosa che non regge
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Il film parte male, con una realizzazione che tecnicamente non regge perché nessuna antenna potrebbe essere costruita delle dimensioni tali da raggiungere un'altezza di svariati chilometri e sostenere la suo apice il peso di strumenti pesanti come le parabole. Lo scopo della trovata evidentemente è un altro, farci sapere fin dall'inizio che la fantascienza qui è solo un'allegoria, senza alcuna pretesa di essere realistica. Quindi alla fine la conclusione che non esistono altre forme di vita nell'universo risulta altrettanto poco credibile e lascia comunque la porta aperta a tale possibilità, sui cui la scienza ha fondato la sua idea di mondi abitati più che possibili (come dimostra l'equazione di Drake citata nel film), di multiverso e di relatività della concezione spazio-temporale.
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Il film parte male, con una realizzazione che tecnicamente non regge perché nessuna antenna potrebbe essere costruita delle dimensioni tali da raggiungere un'altezza di svariati chilometri e sostenere la suo apice il peso di strumenti pesanti come le parabole. Lo scopo della trovata evidentemente è un altro, farci sapere fin dall'inizio che la fantascienza qui è solo un'allegoria, senza alcuna pretesa di essere realistica. Quindi alla fine la conclusione che non esistono altre forme di vita nell'universo risulta altrettanto poco credibile e lascia comunque la porta aperta a tale possibilità, sui cui la scienza ha fondato la sua idea di mondi abitati più che possibili (come dimostra l'equazione di Drake citata nel film), di multiverso e di relatività della concezione spazio-temporale. Dopo aver messo le mani avanti, come suol dirsi, ed essersi così dichiarato incompetente su tematiche strettamente tecniche, Gray può sbizzarrirsi sulle tematiche che gli stanno più a cuore, quelle umane, lasciando a noi di giudicare anche con asprezza quelle che invece gli sono aliene, su cui a questo punto "nulla si può dire", come appunto gli alieni. Anzitutto tema trattato è quello dell'influenza che ha su ciascuno di noi l'estrazione famigliare. Talis pater talis filius, si potrebbe dire per rimanere nel linguaggio che dà il titolo al film. Convinzione questo che è confermata da diversi esempi reali e che ha ispirato per esempio il principio dell'ereditarietà dei titoli nobiliari o delle aziende di famiglia. Nessun "Deus ex machina" ci salverà perché la prosecuzione del genere umano dipende anzitutto da quel nucleo primordiale che è la famiglia. Quello che ancora come umanità fatichiamo a riconoscere è il ruolo della donna, che non deve adeguarsi al modello maschile per ricoprire ruoli decisionali. La responsabile della colonia su Marte rimane donna a tutti gli effetti ma deve violare le regole se vuole far valere le sue doti femminili che l'hanno convinta a considerare Roy, non l'incapace equipaggio del Cepheus, il soggetto più adatto per salvare la vita della gente che le è stata affidata.
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vincenzo ambriola
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sabato 28 settembre 2019
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i pezzi di un puzzle
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Roy McBride è un veterano dello spazio, dove ha dimostrato di essere in grado di affrontare situazioni molto complesse. In seguito a tempeste cosmiche provenienti da Nettuno, che minacciano l'esistenza umana sulla Terra e sulle sue colonie spaziali, Roy viene chiamato per una missione molto particolare: individuare e distruggere la sorgente di queste tempeste. Ma Roy è anche figlio di un eroe dello spazio, Clifford McBride, che proprio su Nettuno è andato trent'anni prima alla ricerca di intelligenze aliene. La missione del figlio, quindi, si intreccia con quella del padre. Un film molto particolare, che con un ritmo lento affronta con rigore il tema dell'esplorazione spaziale, dei suoi tempi lunghissimi e delle profonde interazioni sulla psiche umana.
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Roy McBride è un veterano dello spazio, dove ha dimostrato di essere in grado di affrontare situazioni molto complesse. In seguito a tempeste cosmiche provenienti da Nettuno, che minacciano l'esistenza umana sulla Terra e sulle sue colonie spaziali, Roy viene chiamato per una missione molto particolare: individuare e distruggere la sorgente di queste tempeste. Ma Roy è anche figlio di un eroe dello spazio, Clifford McBride, che proprio su Nettuno è andato trent'anni prima alla ricerca di intelligenze aliene. La missione del figlio, quindi, si intreccia con quella del padre. Un film molto particolare, che con un ritmo lento affronta con rigore il tema dell'esplorazione spaziale, dei suoi tempi lunghissimi e delle profonde interazioni sulla psiche umana. Lo spazio è un ambiente ostile, non solo per gli incontri imprevisti che si possono verificare, ma per la profondità e la solitudine che lo permea. Un viaggio interplanetario è, giocoforza, un viaggio interiore, durante il quale le tappe fisiche diventano passaggi psicologici. Roy è un uomo forte, psichicamente stabile, ma la sua storia personale lo assale e gli impone di riflettere sulle scelte sue e dei suoi cari. Il rapporto con il padre eroico sarà continuamente messo alla prova volando verso Nettuno, quando molti pezzi di un puzzle mai ricomposto cominceranno a incastrarsi tra loro. Ma se la metafora del viaggio interiore con quello spaziale regge per tutto il film, altri elementi lo indeboliscono fino a renderlo, in alcuni punti, incoerente. Ammirevole è la scenografia, con una resa impeccabile e realistica degli ambienti interni ed esterni. Debole la musica, sempre e solo un accompagnamento dei tormenti di Roy.
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