atalante
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lunedì 3 giugno 2013
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mito e manierismo
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"Solo Dio perdona" è un'opera perfetta, al pari di "Bronson" e "Drive". Non c'è un solo fotogramma in più, né uno in meno, di quelli che dovrebbero esserci. In una Bangkok sporca e mitica, che in pochi altri lavori si è vista celebrare così bene, agiscono i quattro personaggi di una tragedia antica, incarnazioni di archetipi.
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"Solo Dio perdona" è un'opera perfetta, al pari di "Bronson" e "Drive". Non c'è un solo fotogramma in più, né uno in meno, di quelli che dovrebbero esserci. In una Bangkok sporca e mitica, che in pochi altri lavori si è vista celebrare così bene, agiscono i quattro personaggi di una tragedia antica, incarnazioni di archetipi. Più il quinto, il fantasma di Bobby (Tom Burke), motore della vicenda che si consegna presto alla memoria degli spettatori con il viso di Peter Lorre, il mostro di Düsseldorf di Lang: a sua volta figura archetipica e ora maschera tinta di rosso, lo stesso colore emozionale ("touching") che illuminava "Pusher II - Sangue sulle mani " e che qui rischiara gli ambienti, solo dove e quando serve. Al poliziotto giusto e vendicatore è speculare l'antieroe bello, impotente ed edipico; alla madre grottesca e spietata la ragazza-sogno, etica e indifesa.
Anche il dosaggio dei registri è calibrato su chiasmi; mai nella filmografia di Refn umorismo surreale e violenza implacabile si erano temperati e scontrati con tanta efficacia. È lo stesso equilibrio manierista che si ritrova in immagini coltivate con rigore formale e ricercatissimo nitore; fra quelle di figurativa orientale, non se ne ammiravano così dagli anni '90 dei film di Kitano. E la trama lirica e fittissima costruita con musiche e suoni da Cliff Martinez è legata indissolubilmente alla drammaturgia. Non ha bisogno di sostenerla, perché aderisce alla stessa sintassi; è quello che si apprezza solamente nel grande cinema. Considerare Refn "il Tarantino europeo" è assolutamente fuorviante e riduttivo. Non solo la sua poetica affonda altrove la gran parte delle proprie radici, ma il suo fraseggio è nobilmente asciutto perché diffida - al massimo grado - di verbalismi e magniloquenza ammiccante. Qui il ritmo non è quello di "Valhalla Rising", però guarda alla sua impostazione mitologica; la morale non è quella di "Drive", ma la prospettiva è la stessa. Ora l'eroe Ryan Gosling si è tramutato nell'antieroe per allinearsi alle altre anime del film, guadagnando però quella più ontologicamente fragile e complessa, imprigionata nel proprio (rosso) labirinto di ossessioni e frustrazioni. Il film è significativamente dedicato al surrealismo magico e orrorifico di Alejandro Jodorowsky.
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jaylee
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domenica 2 giugno 2013
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estetica ed ermetica
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Di certo, Winding Refn non è un regista particolarmente incline al lato commerciale dello show business, e proprio quando con Drive aveva centrato un successo di botteghino, complice un Ryan Gosling in stato di grazia e attore del momento, ci propone con Solo Dio Perdona, la versione autoriale di un b-movie orientale, una storia di vendetta e faide.
Ambientato in Thailandia, la trama racconta di Julian (lo stesso Gosling di Drive), impresario di thai-boxe e esportatore di droga, il cui fratello Billy viene ucciso con la complicitá della polizia locale, dopo che lo stesso Billy aveva massacrato una prostituta minorenne. Il tentativo da parte della madre dei due fratelli (Kristin Scott-Thomas) di vendicarsi dell'ispettore Chang (Vithaya Pansringarm), porterá ad una violentissima escalation di sangue e allo scontro finale tra Julian e lo stesso Chang.
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Di certo, Winding Refn non è un regista particolarmente incline al lato commerciale dello show business, e proprio quando con Drive aveva centrato un successo di botteghino, complice un Ryan Gosling in stato di grazia e attore del momento, ci propone con Solo Dio Perdona, la versione autoriale di un b-movie orientale, una storia di vendetta e faide.
Ambientato in Thailandia, la trama racconta di Julian (lo stesso Gosling di Drive), impresario di thai-boxe e esportatore di droga, il cui fratello Billy viene ucciso con la complicitá della polizia locale, dopo che lo stesso Billy aveva massacrato una prostituta minorenne. Il tentativo da parte della madre dei due fratelli (Kristin Scott-Thomas) di vendicarsi dell'ispettore Chang (Vithaya Pansringarm), porterá ad una violentissima escalation di sangue e allo scontro finale tra Julian e lo stesso Chang...
Come dicevamo, è fuor di dubbio che il regista non sia sensibile al lato commerciale della propria arte, ed in effetti Solo Dio Perdona è un film decisamente ostico, per non dire ermetico, a chiunque cerchi di capire appieno la trama che, seppur semplice che più semplice non si può, vive di momenti non sempre comprensibili, ma che, nella ricercatezza estrema di un'estetica tesa a cristallizzare la realtá in istanti separati, a volte sovrapposti, ne rappresentano probabilmente il fine ultimo. La fotografia, con il design geometrico che incornicia le scene come in un fumetto ed evidenziando i colori primari (rosso in primis) su sfondo nero, è di certo l'aspetto che colpisce di più, insieme alla simbologia, a volte solo intuita, che attraversa tutto il film, vedi l'ossessione di ritrarre mani e braccia, icona e strumento della violenza, spesso estrema, che appare sullo schermo. Aspetto che era giá elemento portante in Drive qui l'immagine viene evidenziata dai dialoghi scarni e talvolta surreali che vengono pronunciati dai protagonisti. In effetti il "surreale" è la sensazione dominante della pellicola, con sviluppo e scene a metá strada tra un Dalì moderno (non per niente, una delle scene più forti riguarda il taglio di un occhio che non può non far venire in mente Un Chien Andalus) e le videoinstallazioni di Bill Viola.
È anche vero però purtroppo che spesso e volentieri il tutto sfiora (temiamo involontariamente) la parodia, con qualche dialogo francamente incomprensibile (ascoltare per credere la Scott-Thomas in versione Santanchè che parla dei propri figli), e personaggi non molto credibili, su tutti l'ispettore Chang, una specie di impiegato del catasto con capacitá -apparentemente insospettabili- degne di un supereroe e con la passione del karaoke (che suscita però ilaritá in sala). In effetti, a ben guardare, il vero elemento di continuitá rispetto a Drive è lui, invincibile e vestito nello stesso modo durante tutto il film, esattamente come Driver e che, come lui, protegge una famiglia "nascosta"
Purtroppo pure Gosling a volte dá la sensazione di non sapere esattamente cosa sta facendo, in quello che alla fine risulta essere una specie di tour-de-force per la testa (spesso ci siamo trovati a pensare... "e questo che vuol dire"?) e per lo stomaco, complici alcune scene di violenza esplicita e non sempre giustificate; e, in definitiva, Solo Dio Perdona, non manca il bersaglio solo per un motivo molto semplice: non sembra averne uno. Dietro la raffinatezza del prodotto, spiace dirlo ma emerge una certa strafottenza verso chi guarda. Un bellissimo niente. (www.versionekowalski.it)
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filippo catani
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domenica 9 giugno 2013
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se dio perdona chi paga il biglietto del film no
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Bangkok. Un giovane americano gestisce una palestra di boxe thailandese e fa soldi con la droga. Il ragazzo infatti è parte di una rete di trafficanti coordinati dagli USA dalla madre. In Thailandia con lui c'è il fratello che una sera decide di massacrare una giovane ragazza dando il via ad una spirale di violenza e vendette senza fine.
Fischiatissimo a Cannes, il nuovo film di Refn ha sì qualche aspetto valido ma davvero troppo poco anche rispetto ad altre sue pellicole con Bronsom e Drive. Di valido ci sono sicuramente le atmosfere e la colonna sonora. Di quasi salvabile c'è parte della trama in quanto la storia in se potrebbe anche contenere dei risvolti interessanti.
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Bangkok. Un giovane americano gestisce una palestra di boxe thailandese e fa soldi con la droga. Il ragazzo infatti è parte di una rete di trafficanti coordinati dagli USA dalla madre. In Thailandia con lui c'è il fratello che una sera decide di massacrare una giovane ragazza dando il via ad una spirale di violenza e vendette senza fine.
Fischiatissimo a Cannes, il nuovo film di Refn ha sì qualche aspetto valido ma davvero troppo poco anche rispetto ad altre sue pellicole con Bronsom e Drive. Di valido ci sono sicuramente le atmosfere e la colonna sonora. Di quasi salvabile c'è parte della trama in quanto la storia in se potrebbe anche contenere dei risvolti interessanti. Lo svolgimento è però terribile e ai limiti del paradossale con lo spettatore che in certi momenti è preso anche dall'ilarità. Questo per vari motivi. Intanto abbiamo un cast dove le parti chiave sono affidate ad attori fuori contesto. Gosling rischia di buttare via un indiscutibile talento continuando a proporre sullo schermo le solite parti tormentate dove non spiccica una parola ed è uno sbandato quasi sempre sofferente (basti citare nell'ortdine Drive, Come un tuono e questo). Poi la Scott Thomas (bionda come non mai) è proprio un pesce fuor d'acqua in un ruolo assolutamente non suo a parlare delle dimensioni anatomiche dei figli a cena o a organizzare il giro delle vendette. Poi arriva il personaggio più tragicomico di tutti; un poliziotto in pensione che appena ne ha la possibilità sfodera la spada con le movenze di una tartaruga ninja mista a Ghemon (all'ennesima spada sfoderata la sala non ha potuto trattenere una sonora risata). Violenza spruzzata quà e là, il solito combattimento visto da varie angolature per un film che forse ha nella scarsa durata il suo pregio maggiore. Se ne poteva fare tranquillamente a meno e, per una volta, i fischi di Cannes erano un segno premonitore.
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(di looeejy)
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diomede917
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domenica 2 giugno 2013
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la fiera dell'est della violenza
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E’ molto difficile esprime un giudizio di questo film dopo l’accoglienza che Cannes gli ha riservato e dopo la scelta stilistica che il regista Nicholas Winding Refn ha deciso di intraprendere dopo il successo mondiale di Drive elevato a una vera opera di culto dai fan (il sottoscritto compreso).
Quindi dimenticatevi l’atmosfera da western metropolitano, il romantico cavaliere della valle solitaria che sacrifica la propria vita per l’amata e le elettro-canzoni ipnotiche.
Solo Dio Perdona è un film decisamente violento che ha per protagonista la violenza che è insita dentro di noi, senza freni come un istinto primordiale…..come dice lo stesso titolo il perdono è un qualcosa di divino nella vita terrena è sostituito dalla vendetta con tutto quello che ne comporta.
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E’ molto difficile esprime un giudizio di questo film dopo l’accoglienza che Cannes gli ha riservato e dopo la scelta stilistica che il regista Nicholas Winding Refn ha deciso di intraprendere dopo il successo mondiale di Drive elevato a una vera opera di culto dai fan (il sottoscritto compreso).
Quindi dimenticatevi l’atmosfera da western metropolitano, il romantico cavaliere della valle solitaria che sacrifica la propria vita per l’amata e le elettro-canzoni ipnotiche.
Solo Dio Perdona è un film decisamente violento che ha per protagonista la violenza che è insita dentro di noi, senza freni come un istinto primordiale…..come dice lo stesso titolo il perdono è un qualcosa di divino nella vita terrena è sostituito dalla vendetta con tutto quello che ne comporta.
Amante dei film di arti marziali il regista ambienta la sua ultima opera a Bangkok città del peccato dipinta da colori forti e accesi dove il rosso è molto rosso, il blu è elettrico e il giallo si trasforma in oro…..lì due fratelli, Julian e Billy, gestiscono un Boxing Center che è la copertura dei traffici di droga che hanno come base legale USA e come capo la loro pericolosissima madre.
Julian è silente, con una sola espressione che ne nasconde il passato doloroso……Billy è violento, aggressivo, spocchioso e proprio la sua spocchia è il vero motore di tutta la storia……violenterà e ucciderà un prostituta bambina di 16 anni innescando una vera “Fiera dell’est” della violenza dove il padre della ragazza ucciderà il carnefice, la mamma in arrivo per ritirare il corpo del figlio farà uccidere l’uomo e su tutti l’Angelo della morte impersonato da Chang un poliziotto in pensione dai metodi spicci e dall’elevata moralità…..il vero protagonista del film che per movenze e perfidia ricorda lo Javier Bardem di “Non è un paese per vecchi”.
Con “Solo Dio perdona” Winding Refn si rivela un autentico esteta della violenza sia essa fisica (da vedere la tortura con la progressione delle lame) che psicologica come si evince dalla scena della cena tra Ryan Gosling, la madre e una cantante spacciata come fidanzata dove le umiliazioni raggiungono vette altissime…..
Se Ryan Gosling rimane il suo fedele apripista in balia delle sue fantasie, sono Kristin Scott Thomas una Lady Macbeth volgare e ambigua che paragona la virilità dei propri figli in base alle dimensioni falliche e che li manipola al punto di far uccidere il loro padre e il thailandese Vithaya Pansringarm con la sua spada di Damocle i veri punti di forza del film perché incarnano quella violenza protagonista con tutte le sue sfaccettature.
Purtroppo il difetto di “Solo Dio perdona” è che rispecchia il personaggio di Ryan Gosling implodendo oltre ogni misura qualsiasi tipo di emozione lasciandoci guardare come semplici spettatori il vortice di violenza che ci ha preparato Winding Refn e sentendoci come quei poliziotti che alla fine ascoltano il concertino da karaoke che riserva loro il feroce Chang.
Peccato, proprio peccato!!!!
Voto 6,5
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michael di renzo
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sabato 20 luglio 2013
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di film c'è ben poco
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Se credevate che dopo Drive, Refn; riuscisse a creare un qualcosa di molto più appassionante, non guardate questo film. Solo dio perdona è l'apoteosi del nulla, è un finto richiamo ad una violenza già ben esplorata in successi maggiori, oserei dire in successi ben più coerenti. Trasporta in un mondo contorto, in una storia che serve solo da background, sostituendo la città a questo sporco lavoro. Di Bangkok c'è solo qualche immagine. Refn richiama nel'80% del film lo stile di Kubrik giocando con miliardi di colori senz'altro ben scelti, ma di poco valore all'interno di una pellicola che non ci lascia assaporare nulla. Non c'è logica nelle immagini, il film (se si può definirlo tale) sprofonda nel nulla.
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Se credevate che dopo Drive, Refn; riuscisse a creare un qualcosa di molto più appassionante, non guardate questo film. Solo dio perdona è l'apoteosi del nulla, è un finto richiamo ad una violenza già ben esplorata in successi maggiori, oserei dire in successi ben più coerenti. Trasporta in un mondo contorto, in una storia che serve solo da background, sostituendo la città a questo sporco lavoro. Di Bangkok c'è solo qualche immagine. Refn richiama nel'80% del film lo stile di Kubrik giocando con miliardi di colori senz'altro ben scelti, ma di poco valore all'interno di una pellicola che non ci lascia assaporare nulla. Non c'è logica nelle immagini, il film (se si può definirlo tale) sprofonda nel nulla. Amo sottilearlo, il nulla. Mischia mille concetti che non vengono mai realmente affrontati, moralismo, dolore, scelte e senza ombra di dubbio una strizzata d'occhio al pluripremiato Tarantino. Dialoghi fuori luogo, scelta di stile impeccabile, ma più che Pulp, qui parliamo di una fusione di Noir. Fotografia di alto livello, che funge solo da cornice ad un opera imperfetta che non lascia niente, se non l'amarezza di aver speso dei soldi per un film che infondo non volevamo vedere. Frame volutamente rallentati, certo può essere un qualcosa di nuovo, ma servono a rendere emblematica una scena che di emblematico non ha nulla. Un'escalation di uccisioni che ricadono nella teoria del topo mangia topo, ma signori miei, mi chiedo; questo è cinema? Allora possiamo catalogare Solo dio perdona non come film, ma come esperimento di coniugazione dei vari stili fotografici. Storia non c'è ne. Non esiste in questo film, sembra come se il regista avesse fatto un film di 300 minuti e avesse eliminato tutto quello che avesse un senso, per lasciare un opera confusa e priva di alcun senso fino all'ultima immagine. Mi chiedo infine perchè Refn abbia scritto questa "cosa".
M.
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bruce harper
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venerdì 2 ottobre 2015
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brutale cerebrale sinestetico ma poco coinvolgente
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La parola chiave per capire l’opera è RIGORE. Un rigore morale inarrestabile che si traduce in un rigore estetico inflessibile.
Ma partiamo dall’inizio. Come in altre opere dell’autore la messa in scena è sinestetica: immagini, luci, colori, suoni, musiche, movimenti, fumi, senso tattile. Se fosse sopravvissuto l’Odorama ci sarebbe stato anche quello. Ma ciò che più colpisce è la viscerale, pervasiva coerenza con cui viene confezionata tutta l’opera. Dalle inquadrature alla fotografia, dalle luci alle (bellissime) musiche, dalla recitazione alle ambientazioni, tutto è ferocemente funzionale alla logica del racconto. L’oriente viene scelto da NWR come quintessenza degli spazi stretti, chiusi, scomodi (il ring, le case in miniatura) caratterizzati da una logica secca, lineare, chirurgica, dei punti di vista fissi ed irremovibili.
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La parola chiave per capire l’opera è RIGORE. Un rigore morale inarrestabile che si traduce in un rigore estetico inflessibile.
Ma partiamo dall’inizio. Come in altre opere dell’autore la messa in scena è sinestetica: immagini, luci, colori, suoni, musiche, movimenti, fumi, senso tattile. Se fosse sopravvissuto l’Odorama ci sarebbe stato anche quello. Ma ciò che più colpisce è la viscerale, pervasiva coerenza con cui viene confezionata tutta l’opera. Dalle inquadrature alla fotografia, dalle luci alle (bellissime) musiche, dalla recitazione alle ambientazioni, tutto è ferocemente funzionale alla logica del racconto. L’oriente viene scelto da NWR come quintessenza degli spazi stretti, chiusi, scomodi (il ring, le case in miniatura) caratterizzati da una logica secca, lineare, chirurgica, dei punti di vista fissi ed irremovibili. Rari i movimenti di macchina, praticamente inesistenti le carrellate che sul piano linguistico trasmettono sempre coinvolgimento, adesione emotiva invece che distacco. E qui invece la regia predilige le inquadrature fisse, rigorose, i piani medi, quadri equidistanti tanto dall’oggetto che agisce che dal soggetto che osserva. La totale neutralità di uno sguardo asettico, scientifico, antropologico, che proscioglie l’occhio da ogni sospetto di goduria sadica con cui inscena i suoi spettacoli di violenza.
Certo il film non è esente da difetti. Uno su tutti, il piè esiziale: può indurre a noia. Succede spesso quando si fa fatica ad identificarsi con il protagonista, con la storia, e l’introspezione cede il passo al primato della logica. Il transfert con lo spettatore (medio, occidentale) è assente perché il modo di essere, lo stile di vita orientale è alieno, destabilizzante, stridente. Quello narrato è un universo privo di slanci emozionali non perché sia un universo vuoto ma perché è un universo fin troppo pieno, intasato da un rigore morale debordante, da un senso della disciplina, del rispetto, del cameratismo, della coordinazione motoria (che nella filosofia orientale è un fattore morale oltre che esistenziale), che non lascia spazio ad impulsi libertari, sentimentali o futilità vanesie e pleonastiche.
Come nel precedente Drive, Ryan Gosling è praticamente sordomuto, ma qui i dialoghi sono assenti non per un senso di incomunicabilità, di afasia, ma al contrario perché il loro contributo é superfluo, ridondante. A comunicare bastano i gesti, i valori e i principi, i codici di condotta, il senso di assoluta sottomissione alle leggi immanenti che regolano la convivenza civile. La morale è talmente spietata che è circolare, prevedibile, autoalimentata. Tu sbagli, paghi, perdi il controllo, muori, azione, reazione, colpa, punizione, tragedia, vendetta, se fallisci alla prima occasione, non c’è una seconda, sbagli, paghi. E così via. Solo Dio perdona ma qui non c’è spazio per Dio, l’ultraterreno, l’imprevisto, c’è spazio solo per un RIGORE morale inarrestabile che si traduce in un rigore estetico inflessibile, irremovibile e spietatamente totalizzante.
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marinabelinda
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sabato 8 giugno 2013
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un'occasione mancata
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Ho appena finito di vedere quasi l'intera filmografia di Refn, ad esclusione di Drive (che mi sono appena procurata in dvd, ma che un po' mi intimorisce, vista la fama che davvero lo precede).
Uscita dal cinema mi sono chiesta se avessi appena visto un capolavoro assoluto o una 'boiata pazzesca'. Né uno, né l'altro, ma un film che si può (o si deve) vedere. C'è un evidente filo conduttore con tutta la filmografia di Refn, che, almeno a mio parere, non è comunque immediatamente accostabile a Tarantino. Il film ricorda, per certi versi, la trilogia di Pusher e per altri Walhalla Rising. Ma, nonostante, l'uso del colore rosso, come nelle scene più disturbanti del bellissimo Pusher II, e delle premonizioni (in rosso) come in Walhalla Rising (altro film con un dialogo ridotto ai minimi termini e una carica simbolica che addirittura commuove), questi modelli restano, comunque, ineguagliati.
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Ho appena finito di vedere quasi l'intera filmografia di Refn, ad esclusione di Drive (che mi sono appena procurata in dvd, ma che un po' mi intimorisce, vista la fama che davvero lo precede).
Uscita dal cinema mi sono chiesta se avessi appena visto un capolavoro assoluto o una 'boiata pazzesca'. Né uno, né l'altro, ma un film che si può (o si deve) vedere. C'è un evidente filo conduttore con tutta la filmografia di Refn, che, almeno a mio parere, non è comunque immediatamente accostabile a Tarantino. Il film ricorda, per certi versi, la trilogia di Pusher e per altri Walhalla Rising. Ma, nonostante, l'uso del colore rosso, come nelle scene più disturbanti del bellissimo Pusher II, e delle premonizioni (in rosso) come in Walhalla Rising (altro film con un dialogo ridotto ai minimi termini e una carica simbolica che addirittura commuove), questi modelli restano, comunque, ineguagliati.
Il film scorre in modo un po' incoerente. Come One Eye, il poliziotto in pensione cerca di ridare logica ad una storia tristissima di prostituzione e droga, in cui davvero nessuno viene perdonato. Ma proprio Julian rappresenta l'incoerenza: ha ucciso il padre? Oppure è una bugia vergognosa della madre per giustificare la propria spietatezza? Gestisce una palestra di boxe thailandese, pur zoppicando nella tecnica, vista la (strepitosa) scena di lotta con il poliziotto, oppure la palestra è una mera copertura, per sé e non solo per il fratello, per lo spaccio di droga, così come il circolo di Milo (soprattutto) in Pusher III? La trama ridotta all'osso avrebbe meritato qualche approfondimento, quanto meno per dare una logica ai rapporti tra madre e figli, che lasciano intendere sia la strumentalizzazione di Lady Macbeth, sia l'incesto, senza appesantire o troppo confondere l'intreccio, perché quando il film finisce si ha la sensazione che qualche cosa manchi. Peccato, anche se è un film da vedere, con un'accuratezza estetica fatta di piani lunghi e studiati, sguardi e, soprattutto, i riferimenti alle mani fa pensare a un'occasione mancata.
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ultimoboyscout
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domenica 18 maggio 2014
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vendetta e tragedia greca in salsa pop.
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Crime-thriller estremamente violento che riunisce Nicolas Winding Refn e Ryan Gosling, regista e protagonista di "Drive". Gosling è ancora al centro di una storia estrema dove l'azione si trasforma in un viaggio nelle tenebre di una durezza assoluta, dove Bangkok è illuminata solo dalle luci fredde e intermittenti dei neon, le inquadrature sono glaciali ma raffinate in cui a farla da padrone è un rosso cupo e inquietante, i dialoghi sono scarni e le esplosioni di violenza tanto improvvise quanto spropositate, col regista che pigia senza remore sul pedale dell'estremo. E' la storia di due fratelli, Billy il primogenito e Julian, un taciturno che non riesce a verbalizzare i propri sentimenti.
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Crime-thriller estremamente violento che riunisce Nicolas Winding Refn e Ryan Gosling, regista e protagonista di "Drive". Gosling è ancora al centro di una storia estrema dove l'azione si trasforma in un viaggio nelle tenebre di una durezza assoluta, dove Bangkok è illuminata solo dalle luci fredde e intermittenti dei neon, le inquadrature sono glaciali ma raffinate in cui a farla da padrone è un rosso cupo e inquietante, i dialoghi sono scarni e le esplosioni di violenza tanto improvvise quanto spropositate, col regista che pigia senza remore sul pedale dell'estremo. E' la storia di due fratelli, Billy il primogenito e Julian, un taciturno che non riesce a verbalizzare i propri sentimenti. Gestiscono una palestra per coprire i traffici di droga ma Billy, dopo aver violentato e ucciso una minorenne, viene a sua volta assassinato dal padre di lei, innescando una terribile spirale di vendetta, col tutto che si complica con l'entrata in scena di un poliziotto e con l'arrivo della madre dei fratelli, una moderna e spietata Lady Macbeth. Film non solo violentissimo ma anche cupo e claustrofobico, malato, assolutamente in stile Refn. Questo è il suo territorio preferito e dopo il successo di "Drive" il regista sposta il suo inferno a Bangkok dipingendo un vero e proprio girone dantesco in cui non si salva nessuno e dal quale non si scappa, dove regnano stupri, decapitazioni, torture, sangue e incesto, il tutto magnificamente fotografato da Larry Smith, ex collaboratore fidato di Kubrick. Vithaya Pansringarm è maestoso nell'interpretare l'Angelo della Vendetta, Gosling è divorato da una superlativa Kristin Scott Thomas, cattiva e volgarissima come mai in carriera. Film fisicamente violento ma anche psicologicamente violento, un vero incubo ad occhi aperti, opera ambiziosa e affascinante, molto complessa che pochi irregolari come Refn avrebbero potuto concepire e dirigere, ma che per apprezzare appieno occorre dimenticare "Drive", film diversissimo soprattutto nella struttura. Revenge movie che chiude un cerchio iniziato dal regista con "Bronson" e proseguito poi con "Valhalla rising" e il già citato "Drive", atmosfere bollenti e psichedeliche, violenza grafica e melodramma per sanare le ferite con la novità nei film della centralità del rapporto madre-figlio con la figura femminile che sovrasta quella maschile in odore di complesso di Edipo. Personaggi dannati, musica ed epicità da spaghetti western, potente ma non bellissimo, tarantiniano come poche volte si è avuto il coraggio di provarci e col punto di non ritorno che è l'utero materno. E quel pizzico di autocompiacimento stilistico in meno sarebbe stato utile.
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biso 93
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sabato 12 marzo 2016
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solo refn si puo' perdonare
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Allora e' importante per un buon cinefilo secondo la mia modesta opinione capire cosa e' cioccolato e cosa e' fece. E Solo Dio Perdona di Refn ce ne da subito l'occasione. Questo regista danese e' bravissimo con la macchina da presa..ama la violenza e ce l'ha mostrata con buona maestria nei suoi precedenti lavori in cui spicca l'ottima regia premiata a cannes in Drive e a mio avviso anche quella di Vahlalla Rising. Dopo alcuni successi prima o poi si toppa sempre...e con questo film e' toccato a lui stavolta. Parto con il dire che la scenografia e la regia stessa sono comunque di ottimo valore mentre definirei la fotografia perfetta o quasi. Il resto e' una cagata pazzesca.
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Allora e' importante per un buon cinefilo secondo la mia modesta opinione capire cosa e' cioccolato e cosa e' fece. E Solo Dio Perdona di Refn ce ne da subito l'occasione. Questo regista danese e' bravissimo con la macchina da presa..ama la violenza e ce l'ha mostrata con buona maestria nei suoi precedenti lavori in cui spicca l'ottima regia premiata a cannes in Drive e a mio avviso anche quella di Vahlalla Rising. Dopo alcuni successi prima o poi si toppa sempre...e con questo film e' toccato a lui stavolta. Parto con il dire che la scenografia e la regia stessa sono comunque di ottimo valore mentre definirei la fotografia perfetta o quasi. Il resto e' una cagata pazzesca. Only god forgives e' il chiaro esempio di chi si sta pavoneggiando di brutto e che ci regala un film vuoto e nullo, spacciandolo per un capolavoro artistico. La violenza questa volta e' poco contestualizzata e nemmeno cosi feroce come potrebbe sembrare. I vari concetti che cercano di trasmetterci le scene sono eccessivi e troppo numerosi, creando confusione e arrivando a dire il nulla. Il film strizza l'occhio molto a kubrick ma nn e' una citazione in se. Il film e' poi molto serio..troppo...finisce per far ridere davvero in certi punti. Il problema non sono i pochissimi dialoghi, nn e' la durata poiche' e' corto come film, ne le musiche che sono superbe, e' che nn basta far vedere il sangue, usare musiche e parlare poco per fare qualcosa di artistico, occorre che lo stile utilizzato sia funzionale alla trama...ma mai piu che in questo caso non lo e' affatto. Peccato le premesse c'erano.
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albertopezzi
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venerdì 20 aprile 2018
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molto particolare
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DEFINIRE QUESTO FILM “PARTICOLARE” E’ DIR POCO. MA PARTENDO DAL FATTO CHE OGNI FILM, QUALSIASI ESSO SIA, CI LANCIA UN MESSAGGIO, ANCHE IN QUESTA PELLICOLA VA TROVATA LA CHIAVE DI LETTURA GIUSTA. PENSO CHE IL REGISTA, NICOLAS WINDING REFN, SIA GENIALE. LA FRUSTRAZIONE DI UN FIGLIO DA SEMPRE NON CONSIDERATO DALLA MADRE, IL SUO CONFLITTO INTERIORE, LE SUE MANIE AL QUANTO PARTICOLARI, LA SUA INSICUREZZA PER IL CONTINUO CONFRONTO CON IL FRATELLO MAGGIORE. TUTTE CIRCOSTANZE CHE FANNO DI LUI UN UOMO AL QUANTO PERICOLOSO. ECCO, IO CREDO CHE NELLA NOSTRA SOCIETA’ QUESTO TIPO DI SITUAZIONE NON SIA AFFATTO RARA. SI TRATTA DI UN FILM CONTENENTE MOLTO DOLORE, MOLTA SOFFERENZA E MOLTA TRASGRESSIONE.
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DEFINIRE QUESTO FILM “PARTICOLARE” E’ DIR POCO. MA PARTENDO DAL FATTO CHE OGNI FILM, QUALSIASI ESSO SIA, CI LANCIA UN MESSAGGIO, ANCHE IN QUESTA PELLICOLA VA TROVATA LA CHIAVE DI LETTURA GIUSTA. PENSO CHE IL REGISTA, NICOLAS WINDING REFN, SIA GENIALE. LA FRUSTRAZIONE DI UN FIGLIO DA SEMPRE NON CONSIDERATO DALLA MADRE, IL SUO CONFLITTO INTERIORE, LE SUE MANIE AL QUANTO PARTICOLARI, LA SUA INSICUREZZA PER IL CONTINUO CONFRONTO CON IL FRATELLO MAGGIORE. TUTTE CIRCOSTANZE CHE FANNO DI LUI UN UOMO AL QUANTO PERICOLOSO. ECCO, IO CREDO CHE NELLA NOSTRA SOCIETA’ QUESTO TIPO DI SITUAZIONE NON SIA AFFATTO RARA. SI TRATTA DI UN FILM CONTENENTE MOLTO DOLORE, MOLTA SOFFERENZA E MOLTA TRASGRESSIONE. A VOLTE CRUDO E VIOLENTO, A VOLTE ENIGMATICO, IL FILM SCORRE SU UN RITMO LENTO, ACCOMPAGNATO A MIO PARERE DA UNA COLONNA SONORA MOLTO INTRIGANTE. RYAN GOSLING CONFERMA IL SUO TALENTO, KRISTIN SCOTT THOMAS ARRICHISCE UN BUON CAST. CREDO CHE QUESTO FILM NON SIA PER TUTTI, DATA LA SUA PARTICOLARITA’. PER ME, TRE STELLINE MERITATE.
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