Il Grande Match |
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Un film di Peter Segal.
Con Sylvester Stallone, Robert De Niro, Kevin Hart, Alan Arkin, Kim Basinger.
continua»
Titolo originale Grudge Match.
Commedia,
Ratings: Kids+13,
durata 113 min.
- USA 2013.
- Warner Bros Italia
uscita giovedì 9 gennaio 2014.
MYMONETRO
Il Grande Match
valutazione media:
2,07
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il grande matchdi catcarloFeedback: 13499 | altri commenti e recensioni di catcarlo |
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venerdì 24 gennaio 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Va bene, a mente fredda si finisce per pensare che, in fondo, è una stupidata. Però, stando al gioco, ci si diverte per un centinaio di minuti senza troppi pensieri: basta lasciarsi andare alla sfacciata inverosimiglianza e osservare i due vecchi leoni fare il verso al proprio passato e sovente gigioneggiare appoggiati a una storia in cui non mancano spunti e battute (dopo pochi minuti, De Niro proclama ‘sono un grande attore’ mentre a Stallone viene vietato di prendere a pugni i quarti di manzo in una cella frigorifera). Razor (Sly) e il Kid (Bob) si odiano da trent’anni – da cui il titolo originale ‘Il match del rancore’ - per motivi sportivi e sentimentali: da quando il primo ha rinunciato al confronto che avrebbe dovuto sancire la superiorità di uno dei due (e alla boxe tutta) dopo che il secondo gli ha messo incinta la fidanzata (Basinger e, nelle immagini degli anni Ottanta, la figlia Ireland). Dante, il tascabile erede del vecchio promoter (un Kevin Hart che fa parecchio il verso a Eddie Murphy), prova a resuscitare la sfida per soldi e i due, dopo qualche tentennamento accettano: Razor ha un posto di lavoro traballante e mantiene il vecchio allenatore (Alan Arkin fa il Burt Young senza la vena di amarezza ma con un rumorosissimo apparecchio acustico) mentre Kid è un vanaglorioso figlio di buona donna e non può certo tirarsi indietro. Inizia così l’allenamento parallelo, in cui si inserisce il figlio della colpa come manager di papà, e si arriva alla grande sfida davanti a mezza Pittsburgh: dodici round di irreale scazzottamento a guardia bassa (del resto i due sono stati protagonisti di match cinematografici tra i più sanguinolenti della storia) al termine del quale Razor grida ‘Adrianaaaaaa’ – no, ok, stavo scherzando – e Kid recupera un po’ di dignità. Ambientata in una periferia urbana abbastanza anonima, la sceneggiatura di Tim Kelleher e Rodney Rothman delinea due antagonisti tagliati con l’accetta mettendo via via più a fuoco il confronto tra un ‘buono’ e un ‘cattivo’ o, quantomeno, un ‘simpatico’ e un ‘antipatico’: Stallone è monolitico come di prammatica nell’interpretare il rude-ma-sensibile Razor mentre De Niro (il cui doppiaggio lo fa sempre sembrare strafatto di elio) utilizza il suo ghigno beffardo per rendere la meschinità che contraddistingue il suo personaggio. Il grande Bob dà l’impressione di divertirsi e rende assai di più rispetto ai tanti ruoli ‘alimentari’ interpretati di puro mestiere in varie commedie degli ultimi anni, e anche gli altri attori sembrano condividere l’atmosfera generale, con la spalla comica di Arkin che si fa preferire a quella sopra le righe di Hart, mentre Basinger – il cui personaggio è nonna di un bimbo di otto anni – rende lustro ai miracoli della chirurgia estetica. Il regista Peter Segal mette in immagini il tutto senza voli pindarici, ma con una buona attenzione al ritmo e un’inevitabile attenzione al citazionismo visivo: il risultato è un onesto prodotto medio che si regge sul carisma dei suoi interpreti e che assolve al suo compito di divertire senza troppi retropensieri accompagnato da una simpatica colonna sonora d’epoca (‘Back in black’ degli AC/DC accompagna Razor sull’ultimo ring). Da notare che i titoli di coda sono inframezzati da un paio di scenette conclusive (non al termine del rullo, perciò non c’è da aspettare tanto): in una, Dante cerca di organizzare un nuovo incontro fra Tyson e Holyfield – li chiama per cognome per farli riconoscere, si suppone – prendendosi i suoi rischi.
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