rita branca
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venerdì 11 ottobre 2013
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tra il dire e il fare c’è l’accettare
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Anni felici, film (2013) diDaniele Luchetti, con Kim Rossi Stewart, Micaela Ramazzotti, Samuel Garofalo, Niccolò Calvagna, Martina Gedeck
Poetico film autobiografico, coinvolgente dalla prima all’ultima sequenza perché, attraverso la bella fotografia, colonna sonora, e narrazione sincera e mai affettata o sentimentale, e soprattutto magnifica, ammirevole recitazione, trasporta nel cuore del vissuto di tutti.
Anche in altre opere i due interpreti principali avevano dato prova di maestria nell’assumere il ruolo di genitori e qui il miracolo si ripete, sembra non abbiano fatto altro in tutta la loro esistenza….
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Anni felici, film (2013) diDaniele Luchetti, con Kim Rossi Stewart, Micaela Ramazzotti, Samuel Garofalo, Niccolò Calvagna, Martina Gedeck
Poetico film autobiografico, coinvolgente dalla prima all’ultima sequenza perché, attraverso la bella fotografia, colonna sonora, e narrazione sincera e mai affettata o sentimentale, e soprattutto magnifica, ammirevole recitazione, trasporta nel cuore del vissuto di tutti.
Anche in altre opere i due interpreti principali avevano dato prova di maestria nell’assumere il ruolo di genitori e qui il miracolo si ripete, sembra non abbiano fatto altro in tutta la loro esistenza…. Sono veri! Sono i genitori che tutti vorrebbero avere: pieni di garbo e infinita tenerezza, pronti all’ascolto, alla consolazione e all’incoraggiamento, ma anche alla correzione, le rare volte, che questi si comportano male. Comunque Anni felicitratta anche e, con delicatezza e profondità, dell’amore di coppia, quello appassionato, che deve fare anche i conti con la gelosia, legittimamente sofferta da chi si sente tradito.
Interessante l’analisi di questo rapporto, apparentemente non conformista, soprattutto da parte di LUI, che, nasconde le sue brevi relazioni, definite solo fisiche, con le modelle che lo ispirano durante la creazione delle sue sculture, fin quando non è scoperto, scatenando le comprensibili reazioni della meravigliosa moglie innamorata. Ma il vero giudizio universale comincia quando è lui a sentirsi tradito, mentre inaspettatamente scopre, attraverso un video girato dal loro bambino, le sconvolgenti effusioni che la moglie ha scambiato in vacanza con una donna che lui ha conosciuto anche in senso biblico.
Molto interessanti anche le diverse caratterizzazioni delle due nonne che offrono buoni spunti di riflessione sugli errori che genitori inconsapevoli compiono non di rado.
Esperienza intensa a non mancare!
Rita Branca
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daniele frantellizzi
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venerdì 11 ottobre 2013
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ritratto (eccentrico) di famiglia
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Gli eccessi dell’ambiziosa Italia degli anni ’70...i turbamenti sociali derivanti dall’avvento della legge sul divorzio a scuotere le solide architravi familiari,e dalla straripante dirompenza del femminismo...la smisurata voglia di trasgressione che si impossessa dell’Arte,alla ricerca di una sempre maggior provocazione nei confronti dei pudici e morigerati dogmi sociali...il progressivo ampliamento degli orizzonti socio-culturali...il vissuto quotidiano di una Roma popolare,tra notti d’amore consumate in auto e passioni bruciate sul mare di Fregene.
Anni felici vuole mostrarci tutto questo,e se ci riesce è soprattutto grazie alle splendide,penetranti,vivide interpretazioni dei due protagonisti: Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti.
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Gli eccessi dell’ambiziosa Italia degli anni ’70...i turbamenti sociali derivanti dall’avvento della legge sul divorzio a scuotere le solide architravi familiari,e dalla straripante dirompenza del femminismo...la smisurata voglia di trasgressione che si impossessa dell’Arte,alla ricerca di una sempre maggior provocazione nei confronti dei pudici e morigerati dogmi sociali...il progressivo ampliamento degli orizzonti socio-culturali...il vissuto quotidiano di una Roma popolare,tra notti d’amore consumate in auto e passioni bruciate sul mare di Fregene.
Anni felici vuole mostrarci tutto questo,e se ci riesce è soprattutto grazie alle splendide,penetranti,vivide interpretazioni dei due protagonisti: Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti.
Il personaggio di Guido rischiava,sulla carta,di essere abbastanza banale,confinato nell’abusatissimo cliché dell’aspirante artista genio e sregolatezza,bello e dannato...senonché Rossi Stuart,calato in pieno nel personaggio,lo pervade della sua personalità,lo solleva dalla banalità e lo rende vivo,denso di profondità e di spessore. L’attore romano prosegue nella sua crescita interpretative,e ci regala una nuova prova d’autore.
La Ramazzotti è ancor più sorprendente: a lei toccava infatti il compito più arduo,quello di interpretare un personaggio caratterizzato da un’evoluzione pazzesca,intriso di diverse sfaccettature e ricco di contraddizioni,che da perfetto alter-ego del protagonista si erge al suo pari tramutandosi via via nel suo antagonista ed infine addirittura nel suo eccesso,superandolo sia in sregolatezza che in dannazione (dell’animo).
Bellissima e seducente,profonda e brillante,l’attrice romana ci regala una performance da urlo nel dar vita all’intima fragilità di Serena,una ragazza semplice ed ingenua che improvvisamente decide di prendere in mano il proprio destino e vede la sua vita cambiare radicalmente,piegando tutte le barriere dogmatiche alla ricerca del proprio io sconosciuto,inseguendo un sogno ed un desiderio di autoaffermazione...
La nota curiosa è che dopo aver impersonato la giovane Anna Michelucci de “La prima cosa bella” la Ramazzotti si trova di nuovo ad interpretare una ragazza degli anni ’70: sembra ormai specializzata nel ruolo,perfettamente a suo agio tra acconciature e costumi d’antan. Va detto che i due personaggi non potrebbero essere più diversi:la giovane Anna partiva da una frivolezza di base alla ricerca della stabilità affettiva e familiare,mentre Serena percorre il sentiero opposto,annientando tutte le certezze della sua ingenua semplicità iniziale in favore della continua scoperta di nuovi orizzonti,decisa ad oltrepassare tutti i confini.
Sottolineata la magistrale opera dei due protagonisti,meritano una menzione d’onore i piccoli interpreti di Dario e Paolo,davvero abili a condurre lo spettatore nei meandri della pellicola. Dario incarna in realtà la figura del giovane Daniele (Luchetti),essendo il film una dichiarata espressione autobiografica del suo direttore. Probabilmente,più che di una vera autobiografia si tratta di un’autoanalisi,magari un pò romanzata ed accentuata come d’altronde è normale succeda nello sguardo di un bambino,ancor di più se tale sguardo nel frattempo è divenuto quello di un adulto che si volge indietro cercando di decifrare la propria infanzia.
Nel complesso,Anni felici si rivela un buon prodotto,delineato da una linearità di base scontornata qui e là dallo zelo emotivo dei vari interpreti e da sprazzi di eccentrica passionalità.
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pressa catozzo
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venerdì 11 ottobre 2013
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memory stick
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Lo ho visto e mi è piaciuto. Forse perchè mi ha portato indietro negli anni, ne avevo trenta. Come nel racconto eravamo pieni di idee pieni di aspettative ma molto ben confuse. Film onesto ma fragile come lo eravamo noi . Ancora oggi sento l'eco di genitori che dicono ai loro figlio....Ho fatto il 68 per poi ritrovarci come ci troviamo. Avrei preferito dare un voto tra discreto e ottimo ma non è possibile . Un poco statico nelle riprese eun montaggio non all'attezza dell'opera.
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diomede917
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martedì 15 ottobre 2013
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i bambini ci filmano
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CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917:
ANNI FELICI
Dopo Mio fratello è figlio unico e La nostra vita, Daniele Luchetti conclude la sua personale trilogia sulla famiglia italiana raccontando la famiglia che conosce meglio......la sua......firmando il suo film più intimo.
Al centro della storia ci sono Guido e Sandra una coppia che vive il proprio amore in maniera viscerale e contraddittoria......lui è un artista alternativo pieno del suo ego che lo fa saltare di fiore in fiore o meglio da modella a modella, lei una donna cresciuta a essere moglie e mamma un ruolo che sente un po' stretto per quei anni '70.
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CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917:
ANNI FELICI
Dopo Mio fratello è figlio unico e La nostra vita, Daniele Luchetti conclude la sua personale trilogia sulla famiglia italiana raccontando la famiglia che conosce meglio......la sua......firmando il suo film più intimo.
Al centro della storia ci sono Guido e Sandra una coppia che vive il proprio amore in maniera viscerale e contraddittoria......lui è un artista alternativo pieno del suo ego che lo fa saltare di fiore in fiore o meglio da modella a modella, lei una donna cresciuta a essere moglie e mamma un ruolo che sente un po' stretto per quei anni '70.
Luchetti parte timido e sbanda più volte all'inizio come se la materia trattata sia difficile da gestire.....i figli della coppia sono un po' troppo ai margini, il padre rischia più volte di strabordare e la Ramazzotti come madre ci mette un po' prima di trovare il personaggio ricalcando la madre de La prima cosa bella....
Poi all'improvviso arriva il regalo della cinepresa e il film decolla......la narrazione passa dall'alto verso il basso a quella ottimale del romanzo di formazione......a questo punto i bambini non solo ci guardando ma ci filmano, ci osservano, ci filtrano e poi ci giudicano.....
I filmini saranno rivelatori di verità, di sentimenti puri e repressi, di crisi e tensioni e l'alter ego del regista è bravissimo a guidarci nell'evolversi della vicenda.......
Bellissimo il suo sfogo al porto che fa prendere coscienza ai propri genitori, intenso il confronto tra Kim Rossi Stuart ( che ha avuto la capacità di vestirsi addosso il suo personaggio come un sarto) e Ramazzotti dopo il tradimento alternativo ma il pezzo migliore è l'auto citazione del mondo pubblicitario che è la premessa dello sfogo della artista che ha represso il proprio talento per il giudizio della madre.
Imperfetto ma sentito, irrisolto ma che secondo me si farà ricordare di più nella filmografia di Luchetti......Anni Felici è un film che va in crescendo e alla fine ci si sente come il critico d'arte che prima distrugge Rossi Stuart rimediando un cazzotto ma che alla fine sente dentro quello che l'opera vuole dire rimanendo toccato....
Voto 7+
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granvar
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venerdì 31 gennaio 2014
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classico film italiano
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Ho sempre stimato Luchetti da uno dei primi film, Domani accadrà a I piccoli maestri passando per il bellissimo Il portaborse.
Ma questa volta proprio ha sbagliato il film.
Non riesco a capire perchè i toni devono essere sempre così sommessi, liti, tensioni, gente che piange e che urla, attori con la faccia da stitici cronici (vedi i vari Mastandrea e appunto Rossi-Stuart).
E poi le scene pruriginose i baci saffici e i continui nudi, nell'era di youporn direi che sono superati.... non capisco proprio l'utilità di ripetere certe scene di orgasmi.
Se poi anche Rossi-Stuart tenta di limonare (parola molto anni '70) con l'altro attore siamo proprio alla frutta.
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Ho sempre stimato Luchetti da uno dei primi film, Domani accadrà a I piccoli maestri passando per il bellissimo Il portaborse.
Ma questa volta proprio ha sbagliato il film.
Non riesco a capire perchè i toni devono essere sempre così sommessi, liti, tensioni, gente che piange e che urla, attori con la faccia da stitici cronici (vedi i vari Mastandrea e appunto Rossi-Stuart).
E poi le scene pruriginose i baci saffici e i continui nudi, nell'era di youporn direi che sono superati.... non capisco proprio l'utilità di ripetere certe scene di orgasmi.
Se poi anche Rossi-Stuart tenta di limonare (parola molto anni '70) con l'altro attore siamo proprio alla frutta.
Ho resistito fino alla fine solo per vedere la reazione degli altri spettatori, come faceva Frank Capra, la maggior parte giocava con il cellualre e qualcuno se la dormiva beatamente.
Il problema del cinema italiano (e del Paese intero) è che manca di un minimo di ottimismo per poter vedere le cose sotto un'altra luce.
Poi non si lamentino degli scarsi incassi, perchè io semplice spettatore con i miei bei casini a casa e sul lavoro devo spendere dei soldi per andare a vedere gente infelice e nevrotica che piange e sbraita?
A questo punto viva i Cinepanettoni!
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[+] film infelice
(di oilitta)
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gabriella
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venerdì 14 febbraio 2014
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anni confusi
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Alcuni famosi registi che hanno avuto un'infanzia difficile e tormentata, hanno trovato una via fuga attraverso il filtro di una macchina da presa, come è stato per Ingmar Bergman, la necessità di fare cinema come reazione emotiva a un disagio esistenziale, o come per Steven Spielberg che sentiva la necessità d'imprimere le sue paure e fantasticare. Daniele Lucchetti, che non possiede il cinismo analitico del regista svedese, né l'impatto emotivo di Spielberg, riesce comunque a mantenere una certa sensibilità e attraverso lo sguardo di Dario( Lucchetti bambino), e la sua super 8, cerca di ritrarre una coppia di genitori ( i suoi) degli anni 70. Il padre, Guido è un artista che rinnega qualsiasi forma di tradizionalità in materia esprimendosi con il libero istinto creativo, la body art, o body painting in cui il corpo diventa territorio di scoperta, che poi con i corpi delle modelle si dilettava in altre forme espressive, è tutta da vedere; naturalmente ciò suscita la gelosia della moglie, innamorata e ingenua che cerca di partecipare alla vita e al lavoro del marito senza successo.
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Alcuni famosi registi che hanno avuto un'infanzia difficile e tormentata, hanno trovato una via fuga attraverso il filtro di una macchina da presa, come è stato per Ingmar Bergman, la necessità di fare cinema come reazione emotiva a un disagio esistenziale, o come per Steven Spielberg che sentiva la necessità d'imprimere le sue paure e fantasticare. Daniele Lucchetti, che non possiede il cinismo analitico del regista svedese, né l'impatto emotivo di Spielberg, riesce comunque a mantenere una certa sensibilità e attraverso lo sguardo di Dario( Lucchetti bambino), e la sua super 8, cerca di ritrarre una coppia di genitori ( i suoi) degli anni 70. Il padre, Guido è un artista che rinnega qualsiasi forma di tradizionalità in materia esprimendosi con il libero istinto creativo, la body art, o body painting in cui il corpo diventa territorio di scoperta, che poi con i corpi delle modelle si dilettava in altre forme espressive, è tutta da vedere; naturalmente ciò suscita la gelosia della moglie, innamorata e ingenua che cerca di partecipare alla vita e al lavoro del marito senza successo. L'occasione le capita quando le viene proposto un viaggio in Francia con una gallerista al quale aderisce e dove scoprirà l'amore saffico; la cosa , una volta a conoscenza, non viene digerita da Guido che non è “ l'esprit libre” che vorrebbe essere, così il rapporto finisce per sgretolarsi, e, ironia della sorte, proprio nel periodo più difficile, Guido emerge come artista. E mentre gli adulti cercano sé stessi, i bambini stanno a guardare e cercano di rimanere loro stessi, i due fratellini si tengono per mano, come avessero paura di volare via, tenendo ben saldi i piedi per terra, mentre le figure dei genitori gravitano attorno a loro, sfumano, si reintegrano in una dimensione tenera e affettuosa, spariscono di nuovo. Del resto non è che i genitori di Guido e Serena siano da meno, prestano poca attenzione ai figli e li criticano delle loro scelte e dei loro errori, lo stesso con i nipoti, avari di entusiasmi e d'infondere loro fiducia, tre generazioni che non s'incontrano, si sfuggono, non esiste un tipo di educazione simmetrico, nemmeno emerge quello di un solo genitore, tutto è un po' dato al caso. Ovviamente fare un film sugli anni 70 e quello che sono stati quelli anni sarebbe stato alquanto banale e anacronistico, tutto viene catalizzato all'interno di una famiglia e si evolve nello sguardo del figlio maggiore, Dario, per cui nessun accenno, giustamente, alle turbolenze politiche del periodo, ma si concentra nei ricordi infantili di un figlio ormai adulto ( la voce fuori campo), che rivivendoli e rivedendoli li trova anni felici.
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camarillo
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domenica 9 novembre 2014
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una sessualità espansa e sudaticcia
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Questo auspicava,con aria ispirata e folle,un acerbo Moretti nell'urgente e folgorante Ecce Bombo.Un film che distrugge i luoghi comuni nel momento stesso della loro creazione e prende di mira la feroce carica conservatrice insita in ogni rappresentazione autoassolutoria e autoreferenziale.Per farlo utilizza un sarcasmo impietoso e perfino crudele,a distruggere alla radice ogni tentazione autogiustificatoria e persino ogni processo di identificazione con i personaggi.
Rivedere quel film rappresenta un buon antidoto a questo lavoro di Luchetti,che invece esclude l'unico elemento che poteva dare un indirizzo fecondo al film:l'autoironia.Ne deriva una costruzione nostalgica,che maschera dietro a categorie politiche e sociologiche di agghiacciante superficialità il contenuto autentico della storia:l'ansimare carnale della macchina da presa addosso ai corpi dei personaggi è narrativamente giustificato con il loro anelito,confuso e generoso,alla libertà artistica e personale;i protagonisti,confusi e generosi pure loro,van cercando questa libertà dietro a parole d'ordine che risultano,inutile dirlo,confuse e generose.
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Questo auspicava,con aria ispirata e folle,un acerbo Moretti nell'urgente e folgorante Ecce Bombo.Un film che distrugge i luoghi comuni nel momento stesso della loro creazione e prende di mira la feroce carica conservatrice insita in ogni rappresentazione autoassolutoria e autoreferenziale.Per farlo utilizza un sarcasmo impietoso e perfino crudele,a distruggere alla radice ogni tentazione autogiustificatoria e persino ogni processo di identificazione con i personaggi.
Rivedere quel film rappresenta un buon antidoto a questo lavoro di Luchetti,che invece esclude l'unico elemento che poteva dare un indirizzo fecondo al film:l'autoironia.Ne deriva una costruzione nostalgica,che maschera dietro a categorie politiche e sociologiche di agghiacciante superficialità il contenuto autentico della storia:l'ansimare carnale della macchina da presa addosso ai corpi dei personaggi è narrativamente giustificato con il loro anelito,confuso e generoso,alla libertà artistica e personale;i protagonisti,confusi e generosi pure loro,van cercando questa libertà dietro a parole d'ordine che risultano,inutile dirlo,confuse e generose.Perché in fondo questi anni sono felici proprio in quanto confusi e generosi;e la perdita/conquista dell'innocenza non potrà che essere quella del bambino Luchetti,che saprà affacciarsi al nuovo decennio e uscire dalla confusione perché avrà conciliato talento e sentimento,e avrà compreso e perdonato i genitori perché avrà capito la reale sostanza della loro ricerca di libertà;infatti girerà uno spot pubblicitario,indirizzando il padre al nuovo percorso che suggella il finale del film:la autorivelazione della donna,la scoperta del privato (la nostalgia per la moglie) nel politico (l'arte che non si vende,ma impone la propria forma perché parla all'anima).Ne emerge un nuovo equilibrio,in cui si riscopre il sentimento e il talento si libera dalle pastoie ideologiche,perché ha imparato il senso della ricerca di libertà.
Senza voler indugiare su cosa il binomio talento-pubblicità abbia poi inflitto al Paese,va appena notato come tale nuovo equilibrio sia realmente imperdonabile,perché giustifica retrospettivamente la violenza insita <>,come dice Vasco (no Rossi;quell'altro,quello bravo).E questa violenza è in realtà molto meno semplice da perdonare,anche quando la si nasconda dietro quadretti oleografici.
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(di camarillo)
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camarillo
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domenica 9 novembre 2014
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Questo auspicava,con aria ispirata e folle,un acerbo Moretti nell'urgente e folgorante Ecce Bombo.Un film che distrugge i luoghi comuni nel momento stesso della loro creazione e prende di mira la feroce carica conservatrice insita in ogni rappresentazione autoassolutoria e autoreferenziale.Per farlo utilizza un sarcasmo impietoso e perfino crudele,a distruggere alla radice ogni tentazione autogiustificatoria e persino ogni processo di identificazione con i personaggi. Rivedere quel film rappresenta un buon antidoto a questo lavoro di Luchetti,che invece esclude l'unico elemento che poteva dare un indirizzo fecondo al film:l'autoironia.Ne deriva una costruzione nostalgica,che maschera dietro a categorie politiche e sociologiche di agghiacciante superficialità il contenuto autentico della storia:l'ansimare carnale della macchina da presa addosso ai corpi dei personaggi è narrativamente giustificato con il loro anelito,confuso e generoso,alla libertà artistica e personale;i protagonisti,confusi e generosi pure loro,van cercando questa libertà dietro a parole d'ordine che risultano,inutile dirlo,confuse e generose.
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Questo auspicava,con aria ispirata e folle,un acerbo Moretti nell'urgente e folgorante Ecce Bombo.Un film che distrugge i luoghi comuni nel momento stesso della loro creazione e prende di mira la feroce carica conservatrice insita in ogni rappresentazione autoassolutoria e autoreferenziale.Per farlo utilizza un sarcasmo impietoso e perfino crudele,a distruggere alla radice ogni tentazione autogiustificatoria e persino ogni processo di identificazione con i personaggi. Rivedere quel film rappresenta un buon antidoto a questo lavoro di Luchetti,che invece esclude l'unico elemento che poteva dare un indirizzo fecondo al film:l'autoironia.Ne deriva una costruzione nostalgica,che maschera dietro a categorie politiche e sociologiche di agghiacciante superficialità il contenuto autentico della storia:l'ansimare carnale della macchina da presa addosso ai corpi dei personaggi è narrativamente giustificato con il loro anelito,confuso e generoso,alla libertà artistica e personale;i protagonisti,confusi e generosi pure loro,van cercando questa libertà dietro a parole d'ordine che risultano,inutile dirlo,confuse e generose.Perché in fondo questi anni sono felici proprio in quanto confusi e generosi;e la perdita/conquista dell'innocenza non potrà che essere quella del bambino Luchetti,che saprà affacciarsi al nuovo decennio e uscire dalla confusione perché avrà conciliato talento e sentimento,e avrà compreso e perdonato i genitori perché avrà capito la reale sostanza della loro ricerca di libertà;infatti girerà uno spot pubblicitario,indirizzando il padre al nuovo percorso che suggella il finale del film:la autorivelazione della donna,la scoperta del privato (la nostalgia per la moglie) nel politico (l'arte che non si vende,ma impone la propria forma perché parla all'anima).Ne emerge un nuovo equilibrio,in cui si riscopre il sentimento e il talento si libera dalle pastoie ideologiche,perché ha imparato il senso della ricerca di libertà. Senza voler indugiare su cosa il binomio talento-pubblicità abbia poi inflitto al Paese,va appena notato come tale nuovo equilibrio sia realmente imperdonabile,perché giustifica retrospettivamente la violenza insita nel "parlare delle proprie interiorità come se fossero delle metropoli",come dice Vasco (no Rossi;quell'altro,quello bravo).E questa violenza è in realtà molto meno semplice da perdonare,anche quando la si nasconda dietro quadretti oleografici.
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lo stopper
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lunedì 7 ottobre 2013
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amori complicati
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Meta’ anni Settanta. Lui e’ un artista-scultore talentuoso, presuntuoso e squattrinato, che non disdegna contatti ravvicinati con le sue modelle preferite. Lei e’ la moglie gelosa, borghese, culturalmente meno aperta, che vorrebbe seguire il marito nel suo processo creativo, ma che si ritrova quasi sempre fuori tempo e fuori luogo. Hanno due figli maschi, e il piu’ grande, Dario, alle soglie dell’adolescenza, e’ la voce narrante del film.
Il burrascoso, ma appassionato, rapporto di coppia subira’ un cambiamento decisivo quando Serena decidera’ di staccarsi, almeno temporaneamente, da Guido, e su invito della gallerista Helke, decide di andare in vacanza, con i due figli, in Francia, in una sorta di comune femminista.
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Meta’ anni Settanta. Lui e’ un artista-scultore talentuoso, presuntuoso e squattrinato, che non disdegna contatti ravvicinati con le sue modelle preferite. Lei e’ la moglie gelosa, borghese, culturalmente meno aperta, che vorrebbe seguire il marito nel suo processo creativo, ma che si ritrova quasi sempre fuori tempo e fuori luogo. Hanno due figli maschi, e il piu’ grande, Dario, alle soglie dell’adolescenza, e’ la voce narrante del film.
Il burrascoso, ma appassionato, rapporto di coppia subira’ un cambiamento decisivo quando Serena decidera’ di staccarsi, almeno temporaneamente, da Guido, e su invito della gallerista Helke, decide di andare in vacanza, con i due figli, in Francia, in una sorta di comune femminista. Il rapporto fra le due donne si trasformera’ in qualcosa di piu’ profondo.
“Anni felici” e’ un film che racconta soprattutto sentimenti. Il contesto socio-culturale dei tumultuosi anni Settanta e’ sullo sfondo e soltanto a tratti entra nella storia, che rimane quasi sempre molto intima. Il film acquista spessore e consapevolezza con il passare dei minuti, fino a sfiorare i toni del dramma nella seconda parte, grazie, in particolare, ad un apprezzabile flashback narrativo che dona nuovo fascino e importanza al personaggio del figlio piu’ grande.
Il film di Luchetti non e’ un capolavoro, ma e’ un lavoro curato e soprattutto interpretato da due attori straordinari, che riuscirebbero ad attirare l’attenzione anche inseriti in un contesto insignificante (ma non e’ questo il caso). Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti regalano momenti di intensa emozione, trasmettendo tutta la gamma degli stati d’animo con un solo sguardo o un minuscolo movimento del corpo. La loro intesa professionale trova cosi’ positiva conferma dopo la precedente esperienza in “Questione di cuore” , grande film del 2009 firmato da Francesca Archibugi.
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flyanto
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mercoledì 9 ottobre 2013
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un'epoca vista con gli occhi di un bambino di undi
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Film in cui viene rappresentato, attraverso i ricordi e gli occhi del bambino più grande (lo stesso Lucchetti da piccolo), lo spaccato di una famiglia romana negli anni '70 composta da un padre con aspirazioni artistiche, una madre casalinga borghese ed i loro due bambini. Tra sentimenti di affetto sincero e continui litigi tra i due genitori, l'infanzia dei due bimbi trascorre più o meno serenamente rendendoli partecipi di esperienze del tutto nuove per loro. Vivendo sempre in un ambiente in bilico tra ideali borghesi ed aspirazioni artistiche e di ampia larghezza di vedute, essi saranno in grado anche di accettare alla fine l'inevitabile separazione dei propri genitori, realtà per quei tempi ancora molto insolita e dunque poco diffusa tra le coppie legate dal vincolo del matrimonio.
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Film in cui viene rappresentato, attraverso i ricordi e gli occhi del bambino più grande (lo stesso Lucchetti da piccolo), lo spaccato di una famiglia romana negli anni '70 composta da un padre con aspirazioni artistiche, una madre casalinga borghese ed i loro due bambini. Tra sentimenti di affetto sincero e continui litigi tra i due genitori, l'infanzia dei due bimbi trascorre più o meno serenamente rendendoli partecipi di esperienze del tutto nuove per loro. Vivendo sempre in un ambiente in bilico tra ideali borghesi ed aspirazioni artistiche e di ampia larghezza di vedute, essi saranno in grado anche di accettare alla fine l'inevitabile separazione dei propri genitori, realtà per quei tempi ancora molto insolita e dunque poco diffusa tra le coppie legate dal vincolo del matrimonio. Quest'ultima opera di Daniele Lucchetti un pò esile, forse, dal punto di vista della trama (del resto, sono un' insieme di ricordi autobiografici), riflette però perfettamente lo spirito, l'epoca e la società in generale egli anni '70 e forse proprio e solo questo è stato l'intento del regista. Pertanto, non solo vengono fedelmente riprodotti e guardati dallo spettatore, forse, con un pò di nostalgia, l' abbigliamento, l'arredamento e lo stile di vita di quel decennio, insomma tutto ciò che concerne l'esteriorità di quell'epoca, ma soprattutto la sua mentalità che esprime in maniera alquanto manifesta il continuo dissidio interno dei protagonisti di aderire ad uno stile di vita più libero e lontano dalle convenzioni sociali e quello, invece, più sicuro di seguire dei principi più tradizionali di origine borghese, ma senza dubbio di una meno ampia portata di vedute. Gli anni '70 così diventano i reali protagonisti del film: anni di grossi cambiamenti di legislazioni e conseguentemente di costume e di modi di essere da cui nessuno, come i protagonisti stessi descritti da Lucchetti, ne uscirà esente. Così, nessuno sarà più quello di prima e si dirigerà verso percorsi nuovi, non si sa se migliori o meno, ma sicuramente inevitabili. Da segnalare la bravura di tutti gli attori che interpretano i vari ruoli: Micaela Ramazzotti, già ampiamente ammirata in altre sue pellicole precedenti, nonchè pure molto bella, Kim Rossi Stuart, credibile nel suo ruolo di padre artista e seguace dell'arte, ed infine anche i due bambini interpreti, appunto, i figli della coppia, alquanto spontanei e veri da suscitare sia ammirazione che tenerezza.
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