giorgio47
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martedì 25 dicembre 2012
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i film che non sappiamo più fare
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Un film “natalizio”, in quanto uscito a Natale, anche se è stato in concorso a Cannes, ma niente a che vedere con i nostri cinepanettoni. Un film sui buoni sentimenti e sul riscatto di persone emarginate e in parte violente, ma girato con la maestria del grande regista. Un film che fa sorridere, in alcuni momenti ridere ed in altri commuovere, ma sempre con una dose di realtà e tristezza e con un occhio alla nostra società e alle sue contraddizioni. Insomma un film dalla parte degli ultimi ma che ha la dignità che avevano i nostri migliori film della commedia all’italiana. Parlare di cose serie facendo ridere e riflettere è un’arte che i nostri autori hanno perso da molto tempo!
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osteriacinematografo
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lunedì 7 gennaio 2013
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ritratto agrodolce di scozia
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La porzione degli angeli corrisponde alla percentuale di evaporazione nel processo di maturazione del whisky. Ma l’elemento volatile del pregiato distillato non si disperde realmente: tutti reclamano la propria parte,e persino le creature celesti esigono la loro. Il maestro Ken Loach prende spunto da questa leggenda per raccontare una storia di emarginazione e speranza ambientata in Scozia.
L’incipit del film si svolge davanti a un giudice: al suo cospetto si alternano le storie di delinquenza di alcuni ragazzi di Glasgow; tutti vivono ai margini della società,chi per un motivo, chi per l’altro: l’introduzione dei personaggi è divertente e originale,e si rivela un modo perfetto per anticiparne le personalità.
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La porzione degli angeli corrisponde alla percentuale di evaporazione nel processo di maturazione del whisky. Ma l’elemento volatile del pregiato distillato non si disperde realmente: tutti reclamano la propria parte,e persino le creature celesti esigono la loro. Il maestro Ken Loach prende spunto da questa leggenda per raccontare una storia di emarginazione e speranza ambientata in Scozia.
L’incipit del film si svolge davanti a un giudice: al suo cospetto si alternano le storie di delinquenza di alcuni ragazzi di Glasgow; tutti vivono ai margini della società,chi per un motivo, chi per l’altro: l’introduzione dei personaggi è divertente e originale,e si rivela un modo perfetto per anticiparne le personalità.
A Robbie, un teppista dedito alla violenza quotidiana, viene concesso di scontare la pena effettuando lavori socialmente utili, grazie all’attenuante di una compagna incinta;seguono la stessa sorte Albert,Mo e Rhino,che con lui andranno a comporre l’allegro e strampalato quartetto al centro dell'opera.
Robbie sembra geneticamente destinato alla violenza da un’infanzia trascorsa in riformatorio e da una famiglia di delinquenti che gli ha lasciato in eredità l’eterno conflitto con la stirpe avversa. Lo schema sembra doversi ripetere come una litania autodistruttiva e inevitabile,come il prodotto di una forma primitiva d’onore da difendere a costi altissimi. In situazioni simili occorre una forza speciale per uscire da una quotidianità che assume le sembianze di un tritacarne invisibile.
Occorrono dei motivi validi e una buona guida per ristabilire un livello minimo di fiducia nel rapporto con se stessi. Nel film,la figura in questione è rappresentata da Harry,un assistente sociale che si occupa di reinserire i “reietti” nella collettività; Harry non si limiterà ai suoi compiti di supervisore: dopo aver procurato un’occupazione provvisoria a Robbie e ai suoi colleghi di malaffare,farà molto di più,fornendo loro il proprio supporto umano e solidale.
Robbie,a differenza dei suoi nuovi amici,ha una compagna che ama e un figlio appena nato,ma anche un terreno minato dalle colpe del passato che lo costringono a camminare su un filo sottilissimo.
Nel momento in cui Robbie vacilla e si trova sul punto di dover cedere ancora alla spirale del crimine,intravede un varco insperato. Dapprima il giovane fa il suo ingresso nell’universo del whisky e delle distillerie,denotando rapidamente passione e un’innata predisposizione olfattiva per i distillati del malto; quindi matura l’idea che l’unico futuro possibile per lui e per i suoi cari sia lontano da Glasgow,ma il suo passo d’addio implica un ultimo,inconsueto guizzo nel mondo del crimine.
Loach racconta una storia semplice e molto attuale,alternando momenti drammatici a spunti spassosi e assai godibili: ne emerge un affresco agrodolce e verosimile,che mostra la realtà di tanti giovani,offrendo una chiave di lettura positiva dell’insieme: i germi inespugnabili del disagio e della violenza vengono narrati con franchezza,ma rimane la speranza di mutare il corso della storia. Ogni cosa può mutare,sempre. La ricetta è semplice,ma gli ingredienti di Loach,valori eterni quali l’amore,l’amicizia,il rispetto:non sono facilmente reperibili,ma vanno coltivati,meritati. Sono le cose per cui vale la pena vivere,sono i beni preziosi,i fattori imprescindibili,i motivi che sono in grado di farci sorridere alla vita ogni giorno,quando posiamo lo sguardo su questo strano mondo.
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[+] bravissimo
(di kondor17)
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gabriele.vertullo
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giovedì 13 dicembre 2012
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storia di ladri bizzarri e commoventi
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La parte degli angeli è un film che ad un pubblico filisteo (così come sono alcuni personaggi) potrebbe apparire un miracolo sociale, un caso eccezionale, con tutte le riserve che la storia offre una vicenda deplorevole; ma il regista Ken Loach vuole offrirci un’analisi più sensibile, una parabola e una testimonianza di vita: come da radici malate e velenose sia possibile in realtà che sbocci una sagoma speranzosa e vittoriosa, un racconto complessivamente genuino ed umano, sostenuto dalla naturalezza e dalla bizzarria dei protagonisti, indiscutibilmente la forza propulsiva dell’intero film.
Robbie è un giovane spiantato, dal carattere impulsivo e riottoso, in attesa di diventare padre.
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La parte degli angeli è un film che ad un pubblico filisteo (così come sono alcuni personaggi) potrebbe apparire un miracolo sociale, un caso eccezionale, con tutte le riserve che la storia offre una vicenda deplorevole; ma il regista Ken Loach vuole offrirci un’analisi più sensibile, una parabola e una testimonianza di vita: come da radici malate e velenose sia possibile in realtà che sbocci una sagoma speranzosa e vittoriosa, un racconto complessivamente genuino ed umano, sostenuto dalla naturalezza e dalla bizzarria dei protagonisti, indiscutibilmente la forza propulsiva dell’intero film.
Robbie è un giovane spiantato, dal carattere impulsivo e riottoso, in attesa di diventare padre. A causa di un gratuito episodio di violenza viene condannato ai lavori sociali, qui imparerà a conoscere e a conoscersi, ridiscutendo il suo ruolo di padre e di uomo. Le cose cominceranno a farsi più scoppiettanti nel momento in cui scopre di possedere un sagace olfatto e un’inaspettata passione per il whisky; e quando si diffonde la notizia dell’asta di un barile da un milione di sterline ecco che l’astuzia dei quattro amici si accende per regalarci una divertente avventura.
La parte degli angeli si sostiene su una vasta rete di relazioni, amiche e nemiche, in cui il gruppo di reietti, dei socialmente falliti, irradia le peripezie con la loro simpatia e vitalità, e ciò che permette loro di prevalere su un’ambiente che li esclude è la loro sincera amicizia e solida collaborazione, che li inserirà in un progressivo processo di redenzione. In realtà il racconto non vuole prendersi troppo sul serio, la stravaganza e l’eccentricità dei personaggi è indispensabile e irrinunciabile, così che i protagonisti preserveranno fino all’ultima scena il loro temperamento scanzonato, l’unico che diverge leggermente è Robbie, chiamato alle responsabilità paterne.
Nonostante il tanto whisky la storia non si piega (quasi) mai alla comicità strabordante e sbronza, ma suscita un sorriso e una risata felice e bonaria, perché La parte degli angeli mira a questo e altro: riesce ad appassionare con sviluppi e scoperte emozionanti, farci sperare e parteggiare per i quattro buoni ladri, e anche palpitare dalla tensione nelle scene più ansiose. Non resta quindi che lasciarsi travolgere dai giovani protagonisti che dentro e fuori il film hanno un unico e naturale desiderio: essere compresi e apprezzati, una vita normale.
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phileas fogg
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martedì 18 dicembre 2012
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ken loach non si smentisce mai
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Ken Loach non si smentisce mai e anche questa volta non rinnega il suo cinema scomodo pur inserendolo all'interno di una storia per molti aspetti "leggera". Non rinnega il suo cinema scomodo perchè dopo averci presentato e fatto capire chi sarà il protagonista della storia, colui che dovrebbe attirare le simpatie e l'affetto del pubblico, Ken decide di mostrarci lo stesso personaggio in una nuova versione, non più quella del ragazzo sfortunato che la vita ha preso a calci e che ha solo bisogno di una possibilità per riemergere, ma quella del teppista idiota da chiudere in galera e buttare via la chiave (davvero difficile solidarizzare con il giovane Robbie dopo il confronto che ha con la vittima di un suo pestaggio).
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Ken Loach non si smentisce mai e anche questa volta non rinnega il suo cinema scomodo pur inserendolo all'interno di una storia per molti aspetti "leggera". Non rinnega il suo cinema scomodo perchè dopo averci presentato e fatto capire chi sarà il protagonista della storia, colui che dovrebbe attirare le simpatie e l'affetto del pubblico, Ken decide di mostrarci lo stesso personaggio in una nuova versione, non più quella del ragazzo sfortunato che la vita ha preso a calci e che ha solo bisogno di una possibilità per riemergere, ma quella del teppista idiota da chiudere in galera e buttare via la chiave (davvero difficile solidarizzare con il giovane Robbie dopo il confronto che ha con la vittima di un suo pestaggio). Salvo poi accompagnare il protagonista e lo spettatore lungo il percorso di redenzione del personaggio incastonando la sua vicenda all'interno di una storia "leggera", divertente, ma con la giusta tensione, sempre in bilico tra commedia e dramma. Alla fine ne viene fuori una commedia (ammesso che si possa definire tale) assolutamente da vedere, direi la più divertente tra quelle che conosco di questo regista.
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[+] il nobile e doveroso ruolo dell’uomo
(di antonio montefalcone)
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renato volpone
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sabato 15 dicembre 2012
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quello che resta é per gli angeli
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"Può un ragazzo di natura violenta riscattarsi e vivere una vita normale?" é quello che ci si domanda alla fine di questo film. Un bambino nasce con il 50% del cervello formato e il resto glielo formiamo noi, dice Leonie a Robbie per fargli capire che é importante cambiare per crescere il piccolo Luke con sani principi. E Robbie c'è la mette tutta, capace anche di grande generosità e riconoscenza. La colpa quindi é della società, violenta e individualista. Ma resta quella parte degli angeli, quella che si volatilizza e svanisce nel processo di fabbricazione del whisky, quella parte buona di ognuno di noi che dobbiamo far venire fuori e aiutare gli altri a far emergere.
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"Può un ragazzo di natura violenta riscattarsi e vivere una vita normale?" é quello che ci si domanda alla fine di questo film. Un bambino nasce con il 50% del cervello formato e il resto glielo formiamo noi, dice Leonie a Robbie per fargli capire che é importante cambiare per crescere il piccolo Luke con sani principi. E Robbie c'è la mette tutta, capace anche di grande generosità e riconoscenza. La colpa quindi é della società, violenta e individualista. Ma resta quella parte degli angeli, quella che si volatilizza e svanisce nel processo di fabbricazione del whisky, quella parte buona di ognuno di noi che dobbiamo far venire fuori e aiutare gli altri a far emergere. Ci prova Rhino, caposquadra dei lavori socialmente utili, con Robbie e ci riesce: per lui la ricompensa sarà proprio "la parte degli angeli". Sceneggiatura ben costruita, ottima la recitazione, superbi gli interpreti, ma non scordiamo i che siamo nei sobborghi di Glasgow in una compagine povera e violenta. Se vedete il film in lingua originale é bellissimo il contrasto tra l'inglese duro dei ragazzi disadattati e la lingua pura parlata dai "signori del whisky". Un film da vedere con occhio critico. Non a tutti può piacere.
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filippo catani
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lunedì 24 dicembre 2012
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il whisky può cambiare la vita
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Glasgow. Un gruppo di giovani condannati ai lavori socialmente utili per una serie di reati diversi tra loro finisce con lo scoprire l'amore per il whisky e la sua degustazione. Uno di loro, appena diventato padre e mal visto dai parenti della ragazza, studia un piano per guadagnare soldi per iniziare una nuova vita sfruttando un'asta per un whisky pregiato e raro.
Ken Loach torna alla commedia dopo Il mio amico Eric e lo fa confezionando un film non banale ma che nella parte finale assume un po' i toni della favola della buonanotte. Però il film si "beve" con piacere e, cosa non certo insolita per un regista impegnato come lui, non manca uno sguardo agli ultimi a quei ragazzi che vivendo nella povertà e nel degrado vedono nella violenza e nel crimine l'unica via di uscita dalla propria situazione.
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Glasgow. Un gruppo di giovani condannati ai lavori socialmente utili per una serie di reati diversi tra loro finisce con lo scoprire l'amore per il whisky e la sua degustazione. Uno di loro, appena diventato padre e mal visto dai parenti della ragazza, studia un piano per guadagnare soldi per iniziare una nuova vita sfruttando un'asta per un whisky pregiato e raro.
Ken Loach torna alla commedia dopo Il mio amico Eric e lo fa confezionando un film non banale ma che nella parte finale assume un po' i toni della favola della buonanotte. Però il film si "beve" con piacere e, cosa non certo insolita per un regista impegnato come lui, non manca uno sguardo agli ultimi a quei ragazzi che vivendo nella povertà e nel degrado vedono nella violenza e nel crimine l'unica via di uscita dalla propria situazione. Emblematiche sia la scena del pestaggio per futili motivi che fa perdere un occhio a un ragazzo sia quando il protagonista spiega alla fidanzata che il suo acerrimo rivale è tale solo ed esclusivamente perchè i due padri si picchiavano a scuola e non solo proprio come loro. Intendiamoci bene; non esiste alcun intento assolutorio nello sguardo di Loach che vuole solamente accendere l'attenzione su situazioni degradanti che cerchiamo di tenere confinate nella periferie fingendo di ignorarne l'esistenza. Per il resto dopo questa prima parte più seria si scivola su un registro decisamente più leggero all'insegna delle gag con personaggi decisamente improbabili. Bene il cast e bella colonna sonora per un Loach che non ci regala una delle sue migliori bottiglie ma comunque un prodotto godibile.
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m.barenghi
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venerdì 28 dicembre 2012
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dalla parte degli angeli
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La "parte degli angeli" è quella piccola frazione (2%) che si perde durante i processi di invecchiamento del whisky. Titolo quanto mai indovinato per un film che, pur muovendosi dal mondo dei personaggi socialmente problematici, abituale in Ken Loach, prende poi l'allure della commedia d'azione, aggraziata dal tocco quanto mai felice del regista. Già l'incipit del film è formidabile: un improbabile ubriacone, barcollante su un marciapiede ferroviario,finisce quasi sotto il trenoo per seguire le istruzioni di sicurezza impartitegli via altoparlante da un sorvegliante a 20 miglia di distanza. Ma la sequenza è "raccontata" dalla voce fuori campo dei legulei che, nella successiva, giudicheranno in sede processuale lui e gli altri protagonisti della storia, che vengono così presentati allo spettatore con piglio energico e forma estremamente elegante.
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La "parte degli angeli" è quella piccola frazione (2%) che si perde durante i processi di invecchiamento del whisky. Titolo quanto mai indovinato per un film che, pur muovendosi dal mondo dei personaggi socialmente problematici, abituale in Ken Loach, prende poi l'allure della commedia d'azione, aggraziata dal tocco quanto mai felice del regista. Già l'incipit del film è formidabile: un improbabile ubriacone, barcollante su un marciapiede ferroviario,finisce quasi sotto il trenoo per seguire le istruzioni di sicurezza impartitegli via altoparlante da un sorvegliante a 20 miglia di distanza. Ma la sequenza è "raccontata" dalla voce fuori campo dei legulei che, nella successiva, giudicheranno in sede processuale lui e gli altri protagonisti della storia, che vengono così presentati allo spettatore con piglio energico e forma estremamente elegante. Saranno tutti condannati ai "lavori sociali", in mano a un coordinatore che è il vero angelo della storia, nonostante l'aspetto da duro. Sarà lui ad instillare in Robbie, il protagonista, la passione per il whisky e ad innescare così una vicenda a lieto fine, raccontata in modo intelligente, avvincente e piacevole .
Il percorso artistico di Ken Loach ricorda in qualche modo, pur con un certo ritardo temporale, quello del grande Billy Wilder: la commedia finalmente, dopo una serie interminabile di film stupendi, ma talmente ancorati appunto ad un ambiente diseredato e sofferto da riuscire talora pregiudizialmente ostici anche ai palati più volonterosi. E confesso che anch'io ho manifestato qualche incertezza nel decidere di andare a vederlo. Per fortuna mi sono ricordato in tempo di Eric Cantona!!
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kimkiduk
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mercoledì 27 marzo 2013
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come arrivare al cuore
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Non è il solito Ken Loach sindacalista e nemmeno il solito grigio tetro e pessimista o forse solo polemico, è un Ken Loach a volte brillante, da commedia, ma che forse arriva dove altri film suoi non sono arrivati.
Partendo come sempre dai quartieri popolari delle città (Glasgow) e dalla gente comune piena di problemi fin dall'infanzia (memorabile l'inizio del film carrellata di personaggi in giudizio in tribunale) Loach arriva diritto al cuore in più di una occasione.
Il suo messaggio è chiaro e la critica della società capitalista spietata. Un povero ragazzo, vittima solo del luogo e della famiglia in cui nasce, teppista da 4 soldi, se vuole cambiare vita non può aspettare la benevolenza della società buona, non te lo permettono; non può aspettare di dimostrare che vuole cambiare, non ti crederanno (nè i rivali di quartiere, nè il suocero).
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Non è il solito Ken Loach sindacalista e nemmeno il solito grigio tetro e pessimista o forse solo polemico, è un Ken Loach a volte brillante, da commedia, ma che forse arriva dove altri film suoi non sono arrivati.
Partendo come sempre dai quartieri popolari delle città (Glasgow) e dalla gente comune piena di problemi fin dall'infanzia (memorabile l'inizio del film carrellata di personaggi in giudizio in tribunale) Loach arriva diritto al cuore in più di una occasione.
Il suo messaggio è chiaro e la critica della società capitalista spietata. Un povero ragazzo, vittima solo del luogo e della famiglia in cui nasce, teppista da 4 soldi, se vuole cambiare vita non può aspettare la benevolenza della società buona, non te lo permettono; non può aspettare di dimostrare che vuole cambiare, non ti crederanno (nè i rivali di quartiere, nè il suocero). Allora Loach fa capire che volendo si può fare da soli o forse SI DEVE fare da soli nel modo che la vita ti ha insegnato, in questo caso rubando, ma cambiando l'aspetto finale del furto; questa volta si ruba per uscire da tutto, visto che non hai altra possibilità e dimostrando che quelli che pensano di essere furbi e parte integrante di una società capitalista, sono solo gente che crede a quello che gli viene fatto credere (favola dell'asino in questo caso bottiglia di whisky per i poliziotti - soddisfazione di avere speso 1 milione di sterline per nemmeno sapere cosa per il vincitore dell'asta). Unico premio oltre il lavoro, ma soprattutto la vera siddisfazione del tutto è regalare la PARTE DEGLI ANGELI a chi angelo è davvero ed a cui tocca giustamente quella parte, che è vapore, che evapora sempre dalle botti per il 2% e che quindi non esiste e che quindi non è nemmeno un furto, ma va dritto al cuore e all'anima di chi anima ce l'ha davvero e cioè la persona che senza chiedere niente in cambio aveva creduto in lui.
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pier70
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giovedì 7 marzo 2013
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gli angeli terrestri di loach
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L'inizio è violento, cupo come lo sferzante e implacabile vento scozzese. Sembra il Loach di sempre. Poi, un'inquadratura morbida, con del verde, vira il film in una commedia 'sociale', quasi un giallo-rosa, in cui non si può non tifare per questi improbabili ladri antieroi alla ricerca di un (qualsivoglia) riscatto (economico e quindi) sociale. Il mezzo è uno dei prodotti più raffinati del 'made in Scotland', il whisky ,qui elevato a vero e proprio co-protagonista, e destinatario di non brevi digressioni (si sente la passione dello sceneggiatore Laverty). Certo, per fare un pò di soldi commettono un furto e una truffa in rapida successione: ma, pare dirci Loach, è il prezzo minimo per uscire da una condizione come il sottoproletariato di Glasgow, che ti intrappola la vita tra faide, pregiudizi e stigmi sociali.
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L'inizio è violento, cupo come lo sferzante e implacabile vento scozzese. Sembra il Loach di sempre. Poi, un'inquadratura morbida, con del verde, vira il film in una commedia 'sociale', quasi un giallo-rosa, in cui non si può non tifare per questi improbabili ladri antieroi alla ricerca di un (qualsivoglia) riscatto (economico e quindi) sociale. Il mezzo è uno dei prodotti più raffinati del 'made in Scotland', il whisky ,qui elevato a vero e proprio co-protagonista, e destinatario di non brevi digressioni (si sente la passione dello sceneggiatore Laverty). Certo, per fare un pò di soldi commettono un furto e una truffa in rapida successione: ma, pare dirci Loach, è il prezzo minimo per uscire da una condizione come il sottoproletariato di Glasgow, che ti intrappola la vita tra faide, pregiudizi e stigmi sociali. La paternità insperata di Robbie pare meritare questo ed altro. E viene ingannato uno dei tanti ricchi esagerati di oggi, come se un 'piccolo' reato potesse per un attimo controbilanciare la tremenda sperequazione economica e sociale che ci segna; o come a dire che anche nel favoloso mondo degli iper-ricchi è normale rubare.
Pier70
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olgadik
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domenica 6 gennaio 2013
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beati gli angeli!
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Il titolo allude con una espressione popolare al due per cento di scotch che evapora ogni anno in una botte: irresistibile com’è per gli umani, il liquore scozzese per eccellenza lo diventa anche per gli angeli che gustano volentieri la loro parte. Da questa favola Ken il rosso trae la sua, senza dimenticare che ogni fantasia si radica nella realtà e per lui nella realtà sociale. La storia immaginaria di una preziosa bottiglia di whisky single malto incrocia la cruda ma vitale condizione di disagio giovanile diffuso in Europa e in Inghilterra.
Ma questa volta il cinema impegnato del maestro imbocca, a circa metà racconto, la strada della leggerezza preponderante di fronte all’analisi critica del reale, quasi che la capacità dello stare insieme con solidarietà e divertimento possa costituire la vera forza per i giovani (anche se piccoli criminali più o meno violenti) su cui basarsi per uscire dall’impasse.
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Il titolo allude con una espressione popolare al due per cento di scotch che evapora ogni anno in una botte: irresistibile com’è per gli umani, il liquore scozzese per eccellenza lo diventa anche per gli angeli che gustano volentieri la loro parte. Da questa favola Ken il rosso trae la sua, senza dimenticare che ogni fantasia si radica nella realtà e per lui nella realtà sociale. La storia immaginaria di una preziosa bottiglia di whisky single malto incrocia la cruda ma vitale condizione di disagio giovanile diffuso in Europa e in Inghilterra.
Ma questa volta il cinema impegnato del maestro imbocca, a circa metà racconto, la strada della leggerezza preponderante di fronte all’analisi critica del reale, quasi che la capacità dello stare insieme con solidarietà e divertimento possa costituire la vera forza per i giovani (anche se piccoli criminali più o meno violenti) su cui basarsi per uscire dall’impasse. Su questa scelta di alleggerimento di una materia in sostanza difficile, molti critici non sono stati d’accordo sostenendo che La parte degli angeli è un film “minore” di Loach, come se l’impegno contempli sempre e dovunque pesantezza e mugugno. L’autore del resto anche in altre opere, accanto al dramma e alla descrizione dura, non ha fatto mancare le sue capacità di ironia e di sorriso che sa trarre dalla gente vera come pochi altri (vedi Riff-raff, Il mio amico Henry). In quest’ultimo film la scelta del genere commedia, trattandosi di giovani con le loro ingenuità, fantasie, rozzezza, capacità di credere nel futuro, appare quindi quella più giusta. Come ha affermato lo stesso regista in una intervista a Ciak, “oggi la risata è rivoluzionaria, un modo per dire che sono ancora qui, pronto a resistere al buio”. E veniamo al contenuto, scritto e ideato con lo sceneggiatore Paul Laverty, amico di sempre, in questo caso anche di bevute, visto che i due, insieme al cast, si sono ben documentati sul mondo delle distillerie di whisky scozzese e hanno preso idee da un’autorità nel campo che ha una particina nel film. Quattro giovani con problemi di adattamento sociale, tra cui uno, Robbie (Paul Brannigan), particolarmente aggressivo e violento, vengono affidati a una comunità e condannati a eseguire lavori socialmente utili nella speranza di un riscatto. A guidarli trovano un assistente sociale, Henry, cha sa catturarne la fiducia. Ed è merito anche suo se Robbie, che sembrerebbe destinato a perdersi a causa del suo passato, dei genitori della propria ragazza che lo detestano, della gang rivale che lo perseguita, saprà tirarsi fuori da tale situazione. Infatti durante una visita compiuta a una distilleria insieme al tutore e ai compagni egli scopre di avere un talento naturale per fiutare whisky di alta qualità, quello da collezione per intenderci. Da questo nascerà l’ulteriore sviluppo dell’azione che non sto a riferire, per farlo gustare allo spettatore. Con il suo stile non invadente ma preciso, col senso non pittoresco del paesaggio, con la scelta di primi piani cui non servono spessi ceroni per nascondere le impurità, con le sue facce prese dalla strada, Ken Loach regala un film a tratti lieve ma pieno di empatia come sempre.
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