Ruggine |
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Un film di Daniele Gaglianone.
Con Filippo Timi, Stefano Accorsi, Valerio Mastandrea, Valeria Solarino, Giampaolo Stella.
continua»
Drammatico,
durata 109 min.
- Italia 2011.
- Fandango
uscita venerdì 2 settembre 2011.
MYMONETRO
Ruggine
valutazione media:
3,16
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il nuovo sguardo del cinema italianodi enrico omodeo salèFeedback: 4312 | altri commenti e recensioni di enrico omodeo salè |
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sabato 10 settembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ruggine di Gaglianone si inserisce in quel filone di cinema italiano che cerca di essere se stesso. Il film infatti non scimmiotta furbescamente certo cinema americano indipendente e nemmeno cerca di creare una storia di cronaca nera con protagonisti i bambini. Viaggia sui suoi binari, con un treno (il film) che, scompartimento dopo scompartimento, prende forma fino a unire i personaggi principali dopo i titoli di coda (per i pochi spettatori rimasti dato che la maggior parte se ne va via subito). Torino, case popolari, il "castello", i bambini, Mastandrea, Solarino, Accorsi. Ognuno per la sua strada, ognuno coinvolto dall'altro minuto dopo minuto. Bella questa concezione narrativa "godardiana", dove la storia non segue un filo cronologico preciso, ma salta nelle storie di ciascuno: Carmine - Mastandrea, parabola discendente dove un capo bulletto "eroe" da bambino finisce senza dignità a ubriacarsi in un baraccio di periferia. La Solarino insegnante di inglese che prende le parti delle ragazzine "strane" rivivendo il trauma della sua infanzia. Accorsi (sottotono) padre che cerca (esagerando) di dare al figlio quello che suo padre non dava a lui. Infine, fuori da tutti gli schemi psicologici, Filippo Timi il "cattivo" senza se e senza ma, che domina con la sua follia, una storia di colore giallo (per il genere e per gli sfondi) che ricorda "Io non ho paura" di Salvatores raddoppiandone i punti di vista: c'è l'altezza bambino ma poi c'è anche l'altezza uomo che si guarda indietro, in un "campo lungo cinematografico", come racconta la canzone delle "Luci della centrale elettrica" che chiude il film. Rude come la ruggine, profondo come lo sguardo dei piccoli protagonisti.
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