J. Edgar

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Un film di Clint Eastwood. Con Leonardo DiCaprio, Naomi Watts, Armie Hammer, Josh Lucas, Judi Dench.
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Biografico, durata 137 min. - USA 2011. - Warner Bros Italia uscita mercoledì 4 gennaio 2012. MYMONETRO J. Edgar * * * 1/2 - valutazione media: 3,51 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

J.EDGAR O IL PERSONAGGIO RETICENTE Valutazione 4 stelle su cinque

di Monte.forte


Feedback: 100
mercoledì 11 gennaio 2012

 J. EDGAR O IL PERSONAGGIO RETICENTE
“i primi piani di un quadro fanno sempre schifo, e l'arte vuole che quel che interessa in un quadro venga collocato sullo sfondo, nell'inafferrabile, là dove si rifugia la menzogna, questo sogno colto sul fatto, unico amore degli uomini”  Louis Ferdinande Cèline
“Ciò che determina il retaggio di un uomo spesso è ciò che non si vede” John Edgar Hoover
Credo sia importante partire da ciò che viene esplicitamente dichiarato: -è importante dare un pò di mistero al nostro protagonista- questo è l’imperativo essenziale secondo un anziano direttore dell’ FBI nel mentre si accinge a far conoscere all‘opinione pubblica la “sua versione della storia”. Siamo nel 1972 e dopo oltre mezzo secolo trascorso all’interno del più grande servizio investigativo del mondo è intenzionato a dettare la propria autobiografia affinché venga mostrata la differenza tra l’infame e l’eroe.
La rimozione del fragile, bisognoso padre, la venerazione di una madre assunta a totem morale e politico assieme. Proprio lei che insinua riferendosi al marito “Edgar , non vorrai finire come lui?”. Edgar il fanatico dell’organizzazione a tal punto da condurre un’ uscita amorosa in un centro di catalogazione, Edgar il bambino che sogna di avere gli stessi sogni della madre in un’identificazione arcaico mitologica che sfocia in inquietanti, seppur compassionevolmente descritti, lasciti privati. Si dice avesse il vizio di travestirsi da donna, si dice avesse il vizio della formalità a tal punto da chiamare le persone, persino i suoi più stretti collaboratori, con nomi di volta in volta adatti alle situazioni e adattati al suo volerli gestire e catalogare. L’ossessione per il nome. John Edgar Hoover- J.E. Hoover- Edgar-fino a giungere, come se questo mantra da lui cosi amorevolmente recepito del farsi chiamare Edgar risultasse da un processo di iniziazione mai estinto e mai superato, a J. Edgar Hoover.
Il filmare cosi come il narrare porta con sé la responsabilità di curarsi dell’artificio, del progetto anche a volte delle psicosi trattando con rispetto altresì i particolari più biechi: balbettii, paranoie e paura di ballare. Il complesso edipico di un capo che opera nell’ombra ha rilievo maggiore su ciò che di nascosto può essere ri-narrato. Clint Eastwood prende la lente di ingrandimento e con sguardo complesso indaga, consapevole, citando di nuovo Cèline, che ”Tutto quello che è interessante accade nell'ombra. Non si sa nulla della vera storia degli uomini”.  È da qui, con oraziano occhio limpido che l’ex cowboy disincantato Clint apre la matrioska delle rimozioni di questo eroe/antieroe contemporaneo, componendo una struttura narrativa ricca di flashback, completando cosi magistralmente  J.Edgar, il personaggio reticente, che pur nell’autodescrizione delle sue imprese ha il riflesso condizionato di mentirsi addosso.
 
Tra un caso criminoso e l’altro(da John Dillinger all’omicidio del figlioletto di Charles Lindbergh, dagli anni venti del proibizionismo e dei bolscevichi, al preambolo del watergate nixoniano,  gli antagonisti che si succedono in secondo piano sono numerosi e assai temibili. Tuttavia occorre passare dal macro al micro per cogliere il momento fatidico nella trama di una vita all’ apparenza cinica e fredda, e cogliere aldilà di questa la polifonica personalità hooveriana:  lo scegliere una cravatta. Farlo, e qui sta la compromissione, facendosi consigliare, quasi imporre, da un ragazzo in cui, per intuito, si è colto uno spirito complementare . Dalla cravatta ( meglio quella “riservata” che quella “chiassosa”) alla firma (“ Io mi firmo sempre J.Edgar e non John Hoover”) il dado è tratto e Hoover è pronto per intraprendere una carriera di fatti e misfatti di idolatrie e false dichiarazioni, di sorveglianze segrete, il tutto per la sicurezza della propria madre-patria.  Affianco,  quel ragazzo, di nome Clyde Tolson, ne sarà angelicamente il consigliere e suo braccio destro, diabolicamente il demistificatore, in un rapporto che culminerà ,in una delle scene a mio avviso più emblematiche del cinema eastwoodiano, nel sublime pianto sul corpo dell’amico amato.  
Dopo” Flags of our fathers” il regista ormai ultraottantenne ritorna all’epica umana e amara, tragica e lirica. Si conferma ancora una volta cantore distaccato e al tempo stesso prossimo, ora regista, ora scultore del tempo, ora caldo testimone. Contemporaneo, prima di tutto e nell’ accezione migliore possibile. L’Orazio dei giorni nostri, il poeta dell’ Imperium ormai destinato a cadere. L‘ asciuttezza di stile e l’aurea mediocritas, le immagini levigate e leggere e i lenti movimenti della camera confermano l’Eastwood autoriale degli ultimi tempi.   Sempre dentro le storie  e al contempo sempre con il cuore nella Storia criticata e criticabile, quasi con asciutto ascendente mistico alla contemplazione mitigata ma non domata dal suo a volte inesorabile a volte doverosamente accettabile destino.
Intento etico e attenzione alla forma all’interno di una stoica teoria delle vicende umane. L’ occhio chiaro si nota, eccome!, nella narrazione di una vicenda oscura. Quella di John Edgar Hoover sarebbe una vicenda da storici, da psicanalisti o da politici, l’analisi di un potere dietro i poteri.  Rendendoci un’ oraziana satira con gli immancabili accenni moralistici che le si addicono, questa di J.Edgar rimane la storia, di tante storie, che solo un regista colmo di pietas come Clint Eastwood poteva prendersi a carico.
 
Francesco Monteforte
 
 
 

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