francesco
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sabato 7 gennaio 2012
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una storia interessante, un film noioso
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Una storia interessante raccontata da un film invece noioso. Non ci si addormenta nelle due ore e mezza solo perché la struttura narrativa, basata su una puntuale cadenza di flah-back, tiene in qualche modo desta l’attenzione. Ma è come guardare un fuoco che non si accende mai, con la fiamma sostenuta solo a colpi di compresse di “diavolina”…
L’istanza narrattiva è quella della descrizione del potere: cinquant’anni di casi e di intrighi, più o meno divulgabili, sempre gestiti da un uomo solo. Attento alla fondamentale necessità di fare comunicazione ed all’incommensurabile valore dell’informazione e da subito in bilico fra il lecito e l’illecito: e con un drammatico sdoppiamento fra pubblico e privato.
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Una storia interessante raccontata da un film invece noioso. Non ci si addormenta nelle due ore e mezza solo perché la struttura narrativa, basata su una puntuale cadenza di flah-back, tiene in qualche modo desta l’attenzione. Ma è come guardare un fuoco che non si accende mai, con la fiamma sostenuta solo a colpi di compresse di “diavolina”…
L’istanza narrattiva è quella della descrizione del potere: cinquant’anni di casi e di intrighi, più o meno divulgabili, sempre gestiti da un uomo solo. Attento alla fondamentale necessità di fare comunicazione ed all’incommensurabile valore dell’informazione e da subito in bilico fra il lecito e l’illecito: e con un drammatico sdoppiamento fra pubblico e privato. Ma è come se trattare le mille sfumature di tali situazioni e gli abissi che celano si rivelasse un soggetto troppo difficile per il “giovane” spirito civile di uno statunitense: il confronto con “il Divo” rende impietosamente quanto più avanti in Italia noi siamo su questa strada…
Ne esce così, dopo un avvio documentaristico e più interessante, un confuso ritratto: in realtà involontariamente sospeso fra aperta critica e implicita e non ancora razionalizzata assoluzione.
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[+] film noiosissimo
(di gpistoia39)
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(di lorry)
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(di regi1991)
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(di crank)
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francesco84
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venerdì 6 gennaio 2012
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buon film biografico, fatto bene ben interpretato
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Considero J.Edgar un buon film biografico, fatto molto bene, soprattutto riesce a descrivere un personaggio così complesso e controverso con lucidità, Eastwood riesce anche a rimanere imparziale nel fornire un quadro completo, sia professionale che umano di John Edgar, impresa questa tutt'altro che semplice. L'interpretazione di DiCaprio è davvero ottima, a conferma del fatto che è uno dei migliori attori sulla piazza, ormai completamente maturo.
Dunque dopo i pregi del film perché dare solo 3 stelle? ebbene al di là della qualità della regia, dei costumi e tutto il resto, considero il film parco di ritmo, non ci sono scene più importanti di altre, un po troppo lungo (giustificato dalla lunghezza della carriera del personaggio), ma il problema è che per due ore e mezza raramente si assiste ad una evoluzione nel ritmo e nella trama.
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Considero J.Edgar un buon film biografico, fatto molto bene, soprattutto riesce a descrivere un personaggio così complesso e controverso con lucidità, Eastwood riesce anche a rimanere imparziale nel fornire un quadro completo, sia professionale che umano di John Edgar, impresa questa tutt'altro che semplice. L'interpretazione di DiCaprio è davvero ottima, a conferma del fatto che è uno dei migliori attori sulla piazza, ormai completamente maturo.
Dunque dopo i pregi del film perché dare solo 3 stelle? ebbene al di là della qualità della regia, dei costumi e tutto il resto, considero il film parco di ritmo, non ci sono scene più importanti di altre, un po troppo lungo (giustificato dalla lunghezza della carriera del personaggio), ma il problema è che per due ore e mezza raramente si assiste ad una evoluzione nel ritmo e nella trama. La stessa scelta di alternare scene che riguardano la giovinezza di Edgar ad altre della vecchiaia e della maturità, non fa altro che rendere l'esperienza visiva completamente piatta e quindi un po alla lunga annoia. Per cui resta un buon film che però nn fa quel salto di qualità che era nelle potenzialità del regista.
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(di purplerain)
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cinemascoop.altervista.org
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mercoledì 4 gennaio 2012
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personalità complessa: forte, fragile, misteriosa!
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J. Edgar di Clint Eastwood con Leonardo DiCaprio, Naomi Watts, Armie Hammer, Judi Dench e Josh Lucas è la biografia di J. Edgar Hoover ovvero del capo storico per ben 48 anni del Federal Boureau of Ivestigation (meglio nota come F.B.I.).
Personalità molto complessa quella di J. Edgar Hoover. Da sempre molto legato alla madre (Judi Dench) e al lavoro nonchè al suo fido collaboratore e compagno (di vita) Clyde Tolson. Per 48 anni ha guidato l’F.B.I. sotto otto Presidenti e attraverso importanti avvenimenti storici che hanno segnato la storia americana e mondiale. Inventò scientifici sistemi di schedatura e rese istituzionale la metodologia di indagine attraverso le impronte digitali. Nominato capo del Boureau a poco più di vent’anni, sposò la causa del lavoro e vi si dedicò con ossessione fino al 1972.
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J. Edgar di Clint Eastwood con Leonardo DiCaprio, Naomi Watts, Armie Hammer, Judi Dench e Josh Lucas è la biografia di J. Edgar Hoover ovvero del capo storico per ben 48 anni del Federal Boureau of Ivestigation (meglio nota come F.B.I.).
Personalità molto complessa quella di J. Edgar Hoover. Da sempre molto legato alla madre (Judi Dench) e al lavoro nonchè al suo fido collaboratore e compagno (di vita) Clyde Tolson. Per 48 anni ha guidato l’F.B.I. sotto otto Presidenti e attraverso importanti avvenimenti storici che hanno segnato la storia americana e mondiale. Inventò scientifici sistemi di schedatura e rese istituzionale la metodologia di indagine attraverso le impronte digitali. Nominato capo del Boureau a poco più di vent’anni, sposò la causa del lavoro e vi si dedicò con ossessione fino al 1972. Si battè da sempre per controllare e sopprimere le minacce di sovversione da parte dei rivoluzionari comunisti e visse tutta la vita in uno stile quasi monastico, senza quasi vita sociale. Ogni pranzo ed ogni cena di lavoro venivano trascorsi da J. Edgar in compagnia del fidato, amico e amato Clyde Tolson.
Leonardo DiCaprio veste i panni del protagonista durante un lunghissimo arco temporale. Lo vediamo venticinquenne, trent’enne, quarant’enne e persino ultrasettant’enne. Le mille ossessioni di J. Edgar sono dipinte con realismo e gelida freddezza. La zona grigia della sfera sessuale è solo abbozzata lasciando all’immaginazione dello spettatore tutto il background. I metodi poco ortodossi, le manipolazioni mediatiche, l’abilità di mantenere le redini del comando in un mondo che cambiava rapidamente sono raccontate con mano ferma da Clint Eastwood. Il ritratto che ne esce è impietoso. Una grande personalità che ha lasciato il segno in modo importante nella storia americana. Grazie a questa biografia, Hoover verrà conosciuto anche da chi, in Europa, non ha sentito parlare spesso di lui.
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bella earl!
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venerdì 6 gennaio 2012
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biopic di un'importantissima figura americana.
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- Anche i grandi uomini si possono corrompere -
J. Edgar Hoover è una figura importantissima per l'America contemporanea: da galoppino nel dipartimento di giustizia, a capo dell'FBI è protagonista di diversi arresti importantissimi nella storia americana: John Dillinger, Baby Face Nelson sono solo due dei suoi illustri arresti. Ma sarà la verità? O Edgar (come lo chiamava la madre) non era presente a nessuno di questi arresti e si prendeva soltanto il merito?
Clint Eastwood dirige un biopic interessantissimo sulla vita dell'importantissima figura di John Edgar Hoover. Lo fa con mano esperta senza tralasciare nulla e, nonostante il ritmo lento, il film non è pesante tranne che verso la fine (forse perché allungato in maniera esponenziale dal regista).
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- Anche i grandi uomini si possono corrompere -
J. Edgar Hoover è una figura importantissima per l'America contemporanea: da galoppino nel dipartimento di giustizia, a capo dell'FBI è protagonista di diversi arresti importantissimi nella storia americana: John Dillinger, Baby Face Nelson sono solo due dei suoi illustri arresti. Ma sarà la verità? O Edgar (come lo chiamava la madre) non era presente a nessuno di questi arresti e si prendeva soltanto il merito?
Clint Eastwood dirige un biopic interessantissimo sulla vita dell'importantissima figura di John Edgar Hoover. Lo fa con mano esperta senza tralasciare nulla e, nonostante il ritmo lento, il film non è pesante tranne che verso la fine (forse perché allungato in maniera esponenziale dal regista). Dirige un cast impeccabile capitanato da un probabile futuro premio Oscar come Leonardo DiCaprio che da una grandissima interpretazione, passionale e sentita. Anche gli altri interpreti sono in forma come Naomi Watts e Judi Dench.
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pepito1948
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martedì 10 gennaio 2012
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le ossessioni di un machavelli americano
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Dopo Howard Hughs in The Aviator di Scorsese, DiCaprio viene chiamato da Clint Eastwood a dare vita ad un altro rappresentante di spicco del potere di seconda linea negli USA del 20° secolo, di quelli che seppero accumulare peso, carisma, notorietà e intraprendenza nel costituire imperi (imprenditoriali o politico-amministrativi), rivelando nel contempo anomalie della personalità, fino a giungere, nel caso di Hughs, alle soglie della follia. Edgar Hoover, il demiurgo dell'FBI e di innovativi (e vincenti) metodi di indagine, creò un sistema nel sistema, partendo da un piccolo ufficio con pochi agenti ad un mastodonte che dispone di migliaia di uomini dislocati ed infiltrati dappertutto, da lui diretto per 48 anni, finchè Nixon, dopo la sua morte, fissò la durata del mandato a 10 anni.
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Dopo Howard Hughs in The Aviator di Scorsese, DiCaprio viene chiamato da Clint Eastwood a dare vita ad un altro rappresentante di spicco del potere di seconda linea negli USA del 20° secolo, di quelli che seppero accumulare peso, carisma, notorietà e intraprendenza nel costituire imperi (imprenditoriali o politico-amministrativi), rivelando nel contempo anomalie della personalità, fino a giungere, nel caso di Hughs, alle soglie della follia. Edgar Hoover, il demiurgo dell'FBI e di innovativi (e vincenti) metodi di indagine, creò un sistema nel sistema, partendo da un piccolo ufficio con pochi agenti ad un mastodonte che dispone di migliaia di uomini dislocati ed infiltrati dappertutto, da lui diretto per 48 anni, finchè Nixon, dopo la sua morte, fissò la durata del mandato a 10 anni. Hoover si dedicò a combattere quelli che riteneva i nemici interni degli USA mettendo nel calderone di tutto, dai comunisti ai radicali, dal KKK alle Pantere Nere ed ai pacifisti di Martin. L.King, spinto da un'ossessione quasi paranoica per la difesa della sicurezza nazionale e da una cieca fede nelle proprie idee, che tuttavia non sfociarono mai in tentativi di scalata al potere primario. E se 8 Presidenti si avvalsero della sua opera per quasi mezzo secolo la sua capacità di gestione in un campo così delicato fu ampiamente riconosciuta ed apprezzata (o temuta). Eastwood ci descrive il personaggio mettendone in risalto le luci e le ombre che ne fecero un esempio di contraddittorietà: succube di una madre autoritaria, fu egli stesso rigido ed inflessibile con i suoi agenti, lontano da relazioni sentimentali o sessuali ma pronto a registrare quelle degli avversari per farne uso indebito, abile nell'inventare nuove tecniche investigative e nel risolvere casi criminali eclatanti (come l'identificazione del rapitore del figlio di Lindbergh) ma smpre incline ad usare il ricatto, la bugia e soprattutto gli imponenti archivi riservati per colpire o condizionare persone anche di alto rango, se ciò era funzionale agli obiettivi prefissati. Detto questo, se Eastwood fornisce un'esauriente conoscenza della poliedrica figura di Edgar -su cui non viene espresso un giudizio di merito, lasciato invece al libero orientamento degli spettatori- nonostante qualche forzatura come l'insistenza sulla relazione d'amore omosessuale con l'assistente Clyde, sembra non provata ma solo sospettata, il film non convince pienamente. Gli autori sono eccessivamente chiusi sul personaggio ed i riferimenti al contesto storico sono alquanto limitati: Hoover fu un fenomeno tipicamente americano e non si presta a raffronti in altre parti del mondo occidentale. L'attenzione pressochè totalitaria all'aspetto biografico tende a soffocare ogni intento metaforico del potere e della sua degenerazione, tema su cui altri film anche recenti sono risultati più efficaci. Nè si ricordano immagini o situazioni indimenticabili: l'alternanza temporale non basta ad evitare qua e là cali di tensione ed un certo distacco emotivo. Resta la straordinaria interpretazione di DiCaprio, stavolta pienamente in parte, a pieno agio soprattutto nel ruolo di Hoover anziano, aiutato da un trucco strabiliante. Ottima Naomi Watts, la fedele segretaria, anche lei abilissima nell'assecondare la progressiva trasformazione anagrafica operata dal truccatore. Insomma interessante ma non all'altezza delle aspettative, se si confronta con la migliore produzione registica del grande Clint.
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renato volpone
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venerdì 6 gennaio 2012
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una storia difficile
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Storia difficile da raccontare quella di J. Edgar Capo dell'FBI per quasi 50 anni. Difficile entrare nella psicologia di questo personaggio che, come descrive il film, è fortemente plagiato dalla madre, difficile descrivere il suo rapporto con le persone che gli sono più vicine, con i Capi di Stato statunitensi, con la gente comune. Quello che ne esce lascia perplessi. Nonostante la bravura di Di Caprio che riesce ad entrare profondamente nel personaggio, non ci si innamora di questa figura, che rimane sempre un po' distaccata, non ci accade, come alla sua segretaria miss Gandy al suo vice Tolson di amarlo profondamente, senza riserve, fino a sacrificare la propria vita per stargli vicino.
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Storia difficile da raccontare quella di J. Edgar Capo dell'FBI per quasi 50 anni. Difficile entrare nella psicologia di questo personaggio che, come descrive il film, è fortemente plagiato dalla madre, difficile descrivere il suo rapporto con le persone che gli sono più vicine, con i Capi di Stato statunitensi, con la gente comune. Quello che ne esce lascia perplessi. Nonostante la bravura di Di Caprio che riesce ad entrare profondamente nel personaggio, non ci si innamora di questa figura, che rimane sempre un po' distaccata, non ci accade, come alla sua segretaria miss Gandy al suo vice Tolson di amarlo profondamente, senza riserve, fino a sacrificare la propria vita per stargli vicino. La difesa della nazione, bene supremo per Edgar, diventa fine che permette anche il mezzo illecito e violento, tanto che si trasforma nella salvaguardia di se stesso e del Federal Bureau come da lui costruito. Per noi che non abbiamo vissuto gli Stati Uniti di quegli anni e che siamo lontani dal patriottismo americano e dal loro modo di percepire giustizia e libertà diventa difficile digerire queste motivazioni che possono essere forti per un americano medio. Il nostro sguardo si volge ai rapporti umani, al desiderio omosessuale represso, all'amore materno che vuole difendere il figlio nonostante tutto, bellissima la scena in cui insegna ad Edgar a ballare, alla colpevolezza o innocenza degli indagati. Alcune espressioni gergali moderne lo decontestualizzano suonando stonate, il trucco è troppo pesante per la parte senile del film, alcune scene vogliono commuovere, ma non ci riescono, il tempo a disposizione per raccontare di FBI e della sua storia è troppo breve, per questo il film è lontano dalla bellezza di altri di Eastwood, ma l'impegno per raccontare una storia così difficile va premiato andandolo comunque a vedere.
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(di nanni)
[ - ] mi è piacito molto.
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enrimaso
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lunedì 9 gennaio 2012
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clint colpisce ancora! e leo è da oscar!
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Clint e l'America, quella di ieri e quella di oggi.
Uno sguardo al passato per rileggere gli Stati Uniti di oggi e cercare di capire come sono diventati così, con i loro pregi ed i loro difetti.
E la vita del mitico capo dell'FBI è la chiave perfetta per raccontare la Storia: quella con la "S" maiuscola, di 50 anni d' America e degli 8 presidenti che si sono avvicendati alla sua guida (ognuno di essi, però, dovendo fare i conti con l'occhio vigile, impietoso, a volte paranoico, di J. Edgar); e quella con la "s" minuscola, ovvero la storia privata di un uomo integerrimo e ossessionato dalla sua creatura (l'FBI, appunto) ma anche costrettosi a lasciar da parte la vita privata e gli affetti.
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Clint e l'America, quella di ieri e quella di oggi.
Uno sguardo al passato per rileggere gli Stati Uniti di oggi e cercare di capire come sono diventati così, con i loro pregi ed i loro difetti.
E la vita del mitico capo dell'FBI è la chiave perfetta per raccontare la Storia: quella con la "S" maiuscola, di 50 anni d' America e degli 8 presidenti che si sono avvicendati alla sua guida (ognuno di essi, però, dovendo fare i conti con l'occhio vigile, impietoso, a volte paranoico, di J. Edgar); e quella con la "s" minuscola, ovvero la storia privata di un uomo integerrimo e ossessionato dalla sua creatura (l'FBI, appunto) ma anche costrettosi a lasciar da parte la vita privata e gli affetti. Proprio su questo secondo versante, il film dà il meglio di sé: merito della consueta grazia registica di Clint e della memorabile interpretazione di Di Caprio, strepitoso soprattutto nelle scene che condivide con l’ingombrante figura materna (altra grande prova attoriale di Judi Dench) e con l’inseparabile braccio destro Clyde Tolson, forse l’amore di una vita, negato anch’esso dai doveri dell’Uomo Pubblico e dalle aspettative della madre.
Peccato che un’opera di così alto livello, ci presenti effetti di Trucco piuttosto imbarazzanti: l’invecchiamento dei personaggi risulta ben poco credibile (soprattutto quelli di Clyde Tolson e della segretaria storica di J. Edgar, interpretata da Naomi Watts); solo Leo, con la sua impressionante metamorfosi fisica, riesce a rendere sempre verosimile il suo personaggio, in tutti i 48 anni di vita narrati.
Comunque, Clint non tradisce nemmeno questa volta: quando hai visto un suo film, esci dalla sala con una gran voglia di vedere la sua prossima opera!
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[+] grande
(di regi1991)
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antonio de rose
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venerdì 6 gennaio 2012
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di caprio punta l’oscar, attenzione ai non protago
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John Edgar Hoover incarna l’America contemporanea; con i pregi, i difetti, le paure. Il suo protagonismo si offre all’arte cinematografica come la creta al vasaio. Clint Eastwood plasma una figura controversa, interprete delle tensioni che attraversano gli Stati Uniti per mezzo secolo, percorsa essa stessa da un disagio che muove dalla sfera familiare per riverberarsi, moderato con estremo rigore, nella vita di relazione.
Spiccate doti organizzative permettono a Hoover (Leonardo Di Caprio) di bruciare le tappe. A ventinove anni è un grand commis dello Stato. Direttore del Bureau of Investigation presso il Dipartimento di Giustizia americano. Sotto di lui l’ufficio assume l’attuale denominazione di FBI, diventando l’amministrazione pubblica più efficiente degli Usa, all’avanguardia della tecnica, meritocratica.
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John Edgar Hoover incarna l’America contemporanea; con i pregi, i difetti, le paure. Il suo protagonismo si offre all’arte cinematografica come la creta al vasaio. Clint Eastwood plasma una figura controversa, interprete delle tensioni che attraversano gli Stati Uniti per mezzo secolo, percorsa essa stessa da un disagio che muove dalla sfera familiare per riverberarsi, moderato con estremo rigore, nella vita di relazione.
Spiccate doti organizzative permettono a Hoover (Leonardo Di Caprio) di bruciare le tappe. A ventinove anni è un grand commis dello Stato. Direttore del Bureau of Investigation presso il Dipartimento di Giustizia americano. Sotto di lui l’ufficio assume l’attuale denominazione di FBI, diventando l’amministrazione pubblica più efficiente degli Usa, all’avanguardia della tecnica, meritocratica.
L’FBI rivolge la propria attività investigativa contro i comunisti durante il biennio rosso, i gangster d’ogni matrice negli anni del proibizionismo e i maggiori crimini violenti. Ma la vera cifra che caratterizza il bureau, a immagine e somiglianza del suo organizzatore, è politica. Sono le idee che evidenziano la pericolosità di un cittadino per l’ordine pubblico. I rapporti sulle eventuali connessioni comuniste di esponenti della politica, delle istituzioni e della cultura caratterizzano gli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, periodo noto in America come maccartismo (da Joseph McCarthy, senatore repubblicano del Wisconsin). La stessa Eleonor Roosvelt finisce nelle maglie dell’intelligence hooveriana, il femminismo della first lady ridesta la Red Scare negli ambienti più conservatori del Paese. E poi Martin Luther King: Hoover prova l’arma del controspionaggio per neutralizzare il movimento del leader nero.
L’informazione è potere, J. Edgar lo sa bene. Con lui i vizi privati della classe dirigente sono al sicuro (v. i tradimenti di JFK), gliene deriva una notevole capacità d’influenza. “L’uomo più potente del mondo” è ritratto con l’ossessione per l’integrità fisica e morale: “io dico che chi entra a far parte di questo bureau deve comportarsi in modo tale da eliminare anche la minima possibilità di critica alla sua condotta”. Dunque se si sapesse dell’omosessualità, Hoover non potrebbe più legittimarsi presso l’opinione pubblica quale eroe nazionale. Persino i risultati investigativi dell’FBI passerebbero in secondo piano. Allora pensa a una moglie, ma quello con le donne è un difficile compromesso; non si fida che di Miss Gandy (Naomi Watts), la segretaria che custodisce i suoi rapporti confidenziali. Dissimula i sentimenti per il collaboratore Clyde Tolson (Armie Hammer), protagonista di una dialettica tutta giocata sul filo che separa la legalità dall’illegalità.
Più di una volta Hoover ha piegato le regole per garantire la sicurezza nazionale. Il tema degli abusi di potere è, da dieci anni a questa parte, al centro del discorso pubblico in tutto l’Occidente con l’impennata del terrorismo islamista: corsi e ricorsi storici. Film esteticamente ineccepibile. Di Caprio punta l’Oscar. Ma attenzione anche ai non protagonisti. Voto 7,5.
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andrea1967
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martedì 10 gennaio 2012
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amato dal pubblico, sdoganato dalla critica
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Amato dal pubblico, sdoganato dalla critica, ormai Eastwood, non c’è dubbio, lavora per sé.
Anno dopo anno egli affresca la sua personale cosmogonia, con profondità ed onestà straordinarie.
Raccontando come sempre storie di uomini, con J. Edgar egli getta un ponte tra le origini dell’America, descritte nella violenza pionieristica de “gli spietati” e nella nascita della menzogna di stato di “changeling” e l’era attuale, fatta di corruzione istituzionalizzata (nel centro del mirino), di manipolazione dell’informazione (potere assoluto) e di sopravalutata tecnologia (space cowboys). Non a caso l’ultimo fatto storico accennato è la nascita della CIA, che porterà a sistema tutti gli aspetti deteriori ma ancora artigianali dell’attività di Hoover.
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Amato dal pubblico, sdoganato dalla critica, ormai Eastwood, non c’è dubbio, lavora per sé.
Anno dopo anno egli affresca la sua personale cosmogonia, con profondità ed onestà straordinarie.
Raccontando come sempre storie di uomini, con J. Edgar egli getta un ponte tra le origini dell’America, descritte nella violenza pionieristica de “gli spietati” e nella nascita della menzogna di stato di “changeling” e l’era attuale, fatta di corruzione istituzionalizzata (nel centro del mirino), di manipolazione dell’informazione (potere assoluto) e di sopravalutata tecnologia (space cowboys). Non a caso l’ultimo fatto storico accennato è la nascita della CIA, che porterà a sistema tutti gli aspetti deteriori ma ancora artigianali dell’attività di Hoover. J. Edgar è l’uomo della transizione, determina in solitaria la nascita della criminologia scientifica. E' un uomo “del fare”, competente ma non particolarmente intelligente, informato ma non illuminato, gigantesco nella società ma minuscolo nel suo cuore.
Eastwood, si sa, non ama la critica esplicita di un Altman o di un Moore, ma non rinuncia mai a denunciare il conformismo e la mediocrità di uomini e istituzioni, con il carico di violenza, disperazione ed ingiustizia che essi portano con sé.
Una disperazione che si intrufola ovunque e che non risparmia nulla. Intorno a quell’uomo grigio tutto avvizzisce; Ogni individualità viene stroncata, dall’abilità dei singoli agenti, alla non conformità di un paio di baffi. Anche quella formidabile opportunità che è la bellezza (Naomi Watts, Armie Hammer ) muore senza mai essersi potuta esprimere. In questo contesto poco importante è la sessualità del protagonista, perché comunque egli non sa amare.
Fuori dal terrazzo di Edgar passano come su una pellicola la storia e i suoi leader transitori. E forse quel terrazzo, come l’angolo di Brooklin fotografato quotidianamente da Harvey Keitel in “smoke” è l’unico protagonista con un punto di vista oggettivo sul mondo. Lo stesso Hoover si illude di farne parte, ma sarà smentito dai fatti, quando , come scrive de Andrè: “morì come tutti si muore, come tutti cambiando colore”
Nonostante un Di Caprio eccezionale, difficilmente questo lungo e non scorrevole documentario (i continui flashback impongono attenzione, ma non appassionano) catturerà il cuore del pubblico italiano, abituato a ben più forti storie di corruzione umana e sociale. Eppure alcuni suoi tratti, l’illusione dell’uomo forte, le mitologie create dai media, lo psicotico di potere che “crede alle balle che racconta” non ci sono affatto estranei.
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[+] "...nascita della cia..." lapsus?
(di hollyver07)
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owlofminerva
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venerdì 9 marzo 2012
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un titano del 900 in un limbo di sentimenti
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La biografia di un titano del Novecento rallentata dalla tenerezza dei sentimenti che si scontra con le azioni poco ortodosse del creatore e primo direttore dell’Fbi, J. Edgar Hoover. Eastwood racconta i cinquant’anni di storia di Hoover all’Fbi in due ore e un quarto ed è attento a delineare un personaggio forte ma vulnerabile, ne mette a nudo l’umanità insistendo sulla difficoltà del rapporto omosessuale con il suo vice Clyde Tolson e sul legame forte con la madre, donna autoritaria e proibizionista che lo ingabbia alle apparenze di una società conservatrice. Il rapporto intimo tra Hoover e Tolson e la fedeltà della segretaria Helen Gandy devota a lui, costituiscono un limbo di sentimenti raggelati che stride con le azioni poliziesche a confine tra legalità e illegalità.
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La biografia di un titano del Novecento rallentata dalla tenerezza dei sentimenti che si scontra con le azioni poco ortodosse del creatore e primo direttore dell’Fbi, J. Edgar Hoover. Eastwood racconta i cinquant’anni di storia di Hoover all’Fbi in due ore e un quarto ed è attento a delineare un personaggio forte ma vulnerabile, ne mette a nudo l’umanità insistendo sulla difficoltà del rapporto omosessuale con il suo vice Clyde Tolson e sul legame forte con la madre, donna autoritaria e proibizionista che lo ingabbia alle apparenze di una società conservatrice. Il rapporto intimo tra Hoover e Tolson e la fedeltà della segretaria Helen Gandy devota a lui, costituiscono un limbo di sentimenti raggelati che stride con le azioni poliziesche a confine tra legalità e illegalità.
Se non fosse per il trucco di gomma che toglie espressività ai volti invecchiati e avvicina Clyde a quello sfoggiato da Francesco Mandelli ne I soliti idioti il film sarebbe più godibile di quello che riesce ad essere.
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