renato volpone
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venerdì 31 agosto 2012
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come una crisalide
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Bellissimo film sulla morte e la disperazione, sull'elaboraazione del lutto. Ma chi deve superare il trauma qui sono i bambini, gli allievi di una scuola canadese. Rientrando in classe scoprono che la loro insegnante si è impiccata. A sostituirla arriva Monsieur Lazhar, un rifugiato algerino che ha visto sterminare la propria famiglia e che ha chiesto asilo politico. Lui non è un insegnante, ma si spaccia come tale e riesce anche molto bene nel suo nuovo lavoro. L'uomo viene posto in ogni istante di fronte al dolore della scomparsa, all'ingiustizia della morte e riesce, cercando di sostenere i bambini ad aiutare se stesso.Delicato, toccante, intelligente, mai pietoso, questo film vede oltre a monsieur Lazhar grandi protagonisti i bambini, bravissimi tutti nell'interpretare i loro personaggi.
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Bellissimo film sulla morte e la disperazione, sull'elaboraazione del lutto. Ma chi deve superare il trauma qui sono i bambini, gli allievi di una scuola canadese. Rientrando in classe scoprono che la loro insegnante si è impiccata. A sostituirla arriva Monsieur Lazhar, un rifugiato algerino che ha visto sterminare la propria famiglia e che ha chiesto asilo politico. Lui non è un insegnante, ma si spaccia come tale e riesce anche molto bene nel suo nuovo lavoro. L'uomo viene posto in ogni istante di fronte al dolore della scomparsa, all'ingiustizia della morte e riesce, cercando di sostenere i bambini ad aiutare se stesso.Delicato, toccante, intelligente, mai pietoso, questo film vede oltre a monsieur Lazhar grandi protagonisti i bambini, bravissimi tutti nell'interpretare i loro personaggi. Ci viene offerta anche l'immagine progredita di una scuola nel moderno e democratico Canada, ma anche l'ingerenza esagerata o la totale assenza dei genitori, caratteristica della società moderna. Ben recitato, ottima musica, belle le inquadrature dei bambini e alcuni passaggi che si fanno ricordare. Insomma, un film da non perdere.
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[+] l'azzecchi sempre
(di mariocarraro)
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donni romani
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sabato 8 settembre 2012
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un maestro di vita che emoziona e commuove
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Nomination agli Oscar 2012 come miglior Film Straniero la pellicola di Falardeau colpisce al cuore con scene lievi e delicate, pur affrontando il tema più ostico, la morte. E l'elaborazione del lutto che chi rimane deve affrontare, attraversando quel territorio oscuro e terrificante che è il dolore. Percorso tanto più complesso se a doverlo compiere sono dei bambini, in questo caso un'intera scolaresca la cui maestra si è impiccata in aula. In una scuola canadese, all'avanguardia e attenta ai bisogni emozionali dei bambini e delle loro famiglie, l'incarico è naturalmente affidato agli psicologi, ma sarà un docile e solitario maestro, Bashir Lazhar, esule algerino con alle spalle una vicenda atroce, ad aiutarli a compiere quel percorso, e a compierlo insieme a loro, per ridare un senso alla propria esistenza, spezzata da un incendio doloso in cui hanno perso la vita la moglie e i figli.
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Nomination agli Oscar 2012 come miglior Film Straniero la pellicola di Falardeau colpisce al cuore con scene lievi e delicate, pur affrontando il tema più ostico, la morte. E l'elaborazione del lutto che chi rimane deve affrontare, attraversando quel territorio oscuro e terrificante che è il dolore. Percorso tanto più complesso se a doverlo compiere sono dei bambini, in questo caso un'intera scolaresca la cui maestra si è impiccata in aula. In una scuola canadese, all'avanguardia e attenta ai bisogni emozionali dei bambini e delle loro famiglie, l'incarico è naturalmente affidato agli psicologi, ma sarà un docile e solitario maestro, Bashir Lazhar, esule algerino con alle spalle una vicenda atroce, ad aiutarli a compiere quel percorso, e a compierlo insieme a loro, per ridare un senso alla propria esistenza, spezzata da un incendio doloso in cui hanno perso la vita la moglie e i figli. Bashir, che maestro non è, e non è mai stato, riesce però ad insegnare a quei bambini sconvolti da un gesto incomprensibile, il senso profondo della vita, leggendo loro Honoré de Balzac - scelta che lascia più che perplesso il corpo insegnante, osando abbracciarli e toccarli in una società talmente ossessionata dal rischio stalking che non si arrischia più neanche ad aiutare i piccoli a saltare un'ostacolo nell'ora di ginnastica e che per paradosso fa bruciare la schiena ad uno dei bambini in gita al mare perchè per protocollo agli operatori è vietato toccare gli alunni, anche solo per spalmar loro la crema solare. In un mondo così sbilenco, dove le famiglie sono colpevolmente e pateticamente assenti o giudicanti, solo un uomo all'antica, che non non ha intenti didattici ma solo pedagogici, nel senso più umanista del termine, riesce a raggiungere quelle anime fragili e sperdute, e ad interpretare gli stati d'animo attraverso i temi che i bambini scrivono per lui. Perchè Bashir capisce che Alice, la alunna più sensibile e attenta ha bisogno di elaborare la perdita comunicando e condividendo il proprio dolore con gli altri, e glielo lascia fare anche se fortemente sconsigliato dai colleghi che vorrebbero dimenticare al più presto l'accaduto, e capisce che la rabbia di Simon nasconde il senso di colpa per aver accusato ingiustamente l'insegnate suicida di un bacio che non c'è mai stato, e capisce che la propria insonnia fatta di incubi e ricordi può essere lenita solo tornando ad aprirsi agli altri, ad una collega forse un po' invaghita di lui, ad un simpatico bidello, e a quei bambini in fiore, a cui Bashir in sottofinale legge una favola scritta da lui, in cui una crisalide non si trasforma farfalla perchè un incendio distrugge l'albero su cui si era posata, ma che diventerà favola nel racconto dell'albero, e di Bashir stesso, sopravvivendo quindi alla realtà, alla brutalità della realtà, nel ricordo di chi l'ha amata. Metafora potente, commovente, come tutte le scene, girate con misura ed eleganza, perchè per affondare nelle radici del dolore e della crudezza della vita non serve urlare, nè stracciarsi le vesti, e perchè dietro un sorriso umile si può nascondere una persona speciale, capace di ascoltare e restituire, di insegnare anche se non si conoscono le regole della grammatica, e di emozionare chi ha la fortuna di vedere questo gioiello cinematografico dove ogni emozione è sincera e profonda, evento raro in un mondo cinematografico sempre più spesso enfatico e ruffiano.
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ealio91
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martedì 28 agosto 2012
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la morte e la vita
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Il tema della perdita e della morte che si sviluppa su tre binari differenti, ma in un unico luogo fatto di scontri, confronti e amicizie: la classe.
A percorrere le diverse strade tre figure di tutto rispetto: Bachir Lazar, rifugiato algerino con alle spalle una dura tragedia familiare. Improvvisato professore "un po' all'antica", che ha molto da insegnare a quelli moderni, capace di arrivare al cuore dei suoi giovanissimi studenti, porta dolcemente con sé il ricordo della moglie, crisalide mai sbocciata, cuore ridotto in cenere d'un albero ferito dalle fiamme; Simon, pervaso dalla sofferenza e dal senso di colpa che provocano attacchi di rabbia spesso diretti contro la "preferita" di Lazar, la piccola Alice, con la quale la riappacificazione avverrà nel più semplice dei modi, attraverso uno scambio di dolci e sorrisi; e Alice, colei che affronta di petto il dolore della perdita in una matura composizione in prosa, dove "la prof.
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Il tema della perdita e della morte che si sviluppa su tre binari differenti, ma in un unico luogo fatto di scontri, confronti e amicizie: la classe.
A percorrere le diverse strade tre figure di tutto rispetto: Bachir Lazar, rifugiato algerino con alle spalle una dura tragedia familiare. Improvvisato professore "un po' all'antica", che ha molto da insegnare a quelli moderni, capace di arrivare al cuore dei suoi giovanissimi studenti, porta dolcemente con sé il ricordo della moglie, crisalide mai sbocciata, cuore ridotto in cenere d'un albero ferito dalle fiamme; Simon, pervaso dalla sofferenza e dal senso di colpa che provocano attacchi di rabbia spesso diretti contro la "preferita" di Lazar, la piccola Alice, con la quale la riappacificazione avverrà nel più semplice dei modi, attraverso uno scambio di dolci e sorrisi; e Alice, colei che affronta di petto il dolore della perdita in una matura composizione in prosa, dove "la prof.ssa da un calcio alla sedia per poi scomparire".
L'abbraccio finale è l'epilogo più intenso e più adatto che si potesse immaginare. Da vedere.
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[+] l'abbraccio
(di sorella luna)
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omero sala
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mercoledì 5 settembre 2012
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la ricreazione è finita
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Montreal, Canada. Bachir Lazhar - un non più giovane immigrato algerino che ha la faccia da algerino e l’aria sperduta dell’immigrato - legge sul giornale di una maestra che si è impiccata in aula durante la ricreazione e si presenta alla direttrice della scuola per proporsi come supplente. Non ha mai insegnato e non ha titoli per farlo, ma riesce ad ottenere l’incarico esibendo un falso curricolo.
In classe, dopo le incertezze del primo impatto, riesce a trovare una certa disinvoltura, aiutato proprio dalla inesperienza che lo rende simpaticamente anticonformista, originale, alternativo; e grazie alla sua diversità, conquista gradatamente la benevolenza dei suoi alunni e instaura con loro un rapporto genuino, non viziato dalla rigidità dei formalismi, dalla ipocrisia delle convenzioni sociali, dalla aridità delle regole istituzionali e dalla insulsaggine delle consuetudini.
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Montreal, Canada. Bachir Lazhar - un non più giovane immigrato algerino che ha la faccia da algerino e l’aria sperduta dell’immigrato - legge sul giornale di una maestra che si è impiccata in aula durante la ricreazione e si presenta alla direttrice della scuola per proporsi come supplente. Non ha mai insegnato e non ha titoli per farlo, ma riesce ad ottenere l’incarico esibendo un falso curricolo.
In classe, dopo le incertezze del primo impatto, riesce a trovare una certa disinvoltura, aiutato proprio dalla inesperienza che lo rende simpaticamente anticonformista, originale, alternativo; e grazie alla sua diversità, conquista gradatamente la benevolenza dei suoi alunni e instaura con loro un rapporto genuino, non viziato dalla rigidità dei formalismi, dalla ipocrisia delle convenzioni sociali, dalla aridità delle regole istituzionali e dalla insulsaggine delle consuetudini.
Con la sensibilità che possiede, acuita anche da tragiche esperienze familiari (la moglie, scrittrice progressista, è morta insieme ai figli nel rogo della casa appiccato da fanatici integralisti), è in grado di affrontare con la necessaria e delicata attenzione anche il trauma vissuto dai bambini per il suicidio della loro insegnante. E lo fa malgrado i divieti delle autorità scolastiche (che scaricano sugli psicologi il compito di affrontare l’argomento) e l’indifferenza dei colleghi; nonostante l’opposizione dei genitori (che non accettano di essere sostituiti o scavalcati da un immigrato nei loro mal esercitati ruoli educativi); a dispetto delle naturali resistenze messe in atto da alcuni alunni (che non hanno gli strumenti necessari per affrontare il trauma, vincere le paure, liberarsi dei sensi di colpa, superare le crisi di panico, sottrarsi al senso di abbandono).
Lazhar si finge insegnante e lo diventa nel senso più completo del termine; vive nella menzogna e riesce a smantellare un castello consolidato di ipocrisie.
In uno straordinario intercambio di ruoli con i suoi alunni (paradigmatico è il suo impegno a svolgere i compiti che assegna e ad accettare il giudizio della classe), insegna e nello stesso tempo impara - semplicemente - che per avere risposte è necessario porsi domande; che i sentimenti devono essere vissuti e non affrontati come fossero patologie; che i fatti accadono anche se si tengono chiusi gli occhi; che il dolore è un esperienza di vita, non è un incidente di percorso; che la morte non si cancella dipingendo le pareti e organizzando festicciole.
Il paziente e disincantato maestro che ha subìto una perdita crudele, aiuta i suoi alunni ad elaborare un lutto atroce. Ed avendo patito l’angoscia della solitudine aiuta i suoi bambini a superare lo strazio delle separazioni: quella da Martine Lachance, la maestra suicida, e quella che li a poco li allontanerà da lui, quando alla fine sarà smascherato come falso (?) maestro e licenziato.
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(di kaipy)
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mericol
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giovedì 25 luglio 2013
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insegnante improvvisato, maestro straordinario
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In una scuola di Montreal, Canada, si cerca un maestro per una classe di 10-12enni. Per rimarginare una tragedia. L’insegnante precedente,Martine, si è suicidata, impiccandosi proprio nell’aula ove esercitava.
Si presenta e viene assunto un rifugiato algerino, Bechir Lazhar (Fellag) che afferma di avere già esercitato la professione di maestro nella nazione di provenienza, per dedicarsi poi, per motivi familiari, alla gestione di un ristorante.
Lazhar si assume il compito di riportare serenità in una scolaresca traumatizzata dall’evento tragico della maestra.
Una bambina,forse la più sensibile del gruppo, nel tema assegnato sulla “violenza” scrive: “La nostra maestra ha commesso forse un atto di violenza,volendo lasciare a noi un messaggio.
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In una scuola di Montreal, Canada, si cerca un maestro per una classe di 10-12enni. Per rimarginare una tragedia. L’insegnante precedente,Martine, si è suicidata, impiccandosi proprio nell’aula ove esercitava.
Si presenta e viene assunto un rifugiato algerino, Bechir Lazhar (Fellag) che afferma di avere già esercitato la professione di maestro nella nazione di provenienza, per dedicarsi poi, per motivi familiari, alla gestione di un ristorante.
Lazhar si assume il compito di riportare serenità in una scolaresca traumatizzata dall’evento tragico della maestra.
Una bambina,forse la più sensibile del gruppo, nel tema assegnato sulla “violenza” scrive: “La nostra maestra ha commesso forse un atto di violenza,volendo lasciare a noi un messaggio. Noi certo non possiamo punirla perché lei è morta”.
Lazhar dunque affronta un arduo percorso: riportare serenità in un ambiente di adolescenti fortemente influenzato dall’episodio imprevisto e tragico.
Da parte sua c’è anche l’esigenza di vedersi riconosciuto il diritto alla residenza e alla cittadinanza canadese. Proviene da Algeri. Qui la sua famiglia è stata distrutta da un incendio doloso.
Un film,che pur trattando eventi bui e drammatici, vive su luci di umanità, fatta di comprensioni, talvolta pure di incomprensioni, che mirano però tutte insieme a maturare il carattere dei personaggi. Compreso quello del maestro, che in effetti insegnante non era mai stato in Algeria, ma soltanto ristoratore. Riesce ad insegnare bene senza diploma (come affermato, con sottile furberia, nella pubblicità del film !). Improvvisatosi insegnante per trovare uno sbocco più felice alla sua tragedia familiare e alla sua esistenza.
Rifiutato alla fine inevitabilmente dalla preside (come era possibile accettarlo senza diploma?) trova la sua ragione di vita nell’amore conquistato tra i suoi giovani allievi, rappresentato nella scena finale da una bambina sensibile( la stessa del tema sulla violenza).
Il regista P. Falardeau, che riporta sullo schermo un’opera teatrale, usa un tocco leggero e delicato nel trattare un argomento spesso difficile, nell’approfondire le psicologie. Apprezzabile la linearità del racconto che non scade mai nel patetico.
La colonna sonora, che interviene solo saltuariamente, accompagnando le scene più significative e toccanti, ma più toccanti anche per la colonna sonora ( tra l’altro Scarlatti e Mozart), è costituita da sonate per piano.
Film decisamente riuscito, pregevole, scuote i sentimenti, a tratti delizioso. Ai limiti del capolavoro.
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beppe baiocchi
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domenica 30 giugno 2013
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lazhar che insegna a superare i drammi della vita
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Una storia incredibilmente semplice e concreta quella di Monsieur Lazhar, un immigrato Algerino, rifugiatosi a Montréal, che prende il posto di una insegnante di scuola elementare venuta tristemente a mancare.
Un racconto, che è si una storia di formazione, di educazione giovanile, ma che mette come tema principe è la perdita di una persona cara.
Philippe Falardeau (il regista) riesce ad inforndere non quello spirito buonista che contraddistingue altre pellicole, ma riesce in modo incredibilmente definito a raccontare una storia di sofferenza senza però pervaderlo di troppo moralismo (che per quanto sia lodevole come intenzioni non da mai una visione concreta del problema), ma riuscendo a rendere questo film magari più poetico e sfuggente.
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Una storia incredibilmente semplice e concreta quella di Monsieur Lazhar, un immigrato Algerino, rifugiatosi a Montréal, che prende il posto di una insegnante di scuola elementare venuta tristemente a mancare.
Un racconto, che è si una storia di formazione, di educazione giovanile, ma che mette come tema principe è la perdita di una persona cara.
Philippe Falardeau (il regista) riesce ad inforndere non quello spirito buonista che contraddistingue altre pellicole, ma riesce in modo incredibilmente definito a raccontare una storia di sofferenza senza però pervaderlo di troppo moralismo (che per quanto sia lodevole come intenzioni non da mai una visione concreta del problema), ma riuscendo a rendere questo film magari più poetico e sfuggente.
Bachir Lazhar non è una novella Mary Poppins, una persona superpartes che risolve i problemi, ma egli stesso vive le stesse angoscie, le stesse paure, un blocco emotivo che rende difficile andare avanti senza pensieri, anche a causa della sua situazione personale. Dunque il tema della perdità viene visto in due prospettive, quello dell'insegnante e quello degli alunni quasi costretti a ragionare come adulti.
Semplici le scelte di regia, ma sempre deciso. Niente inquadrature elaborate, ma sempre funzionali, pure la fotografia pur non eccedendo non scredita affatto la bellezza dell'opera che diventa forte tramite il messaggio, e soprattutto il modo in cui riesce a porgercelo.
Bravi sempre i bambini che hanno la capacità di essere credibili sullo schermo.
Un opera che va vista per aiutarci a riflettere di una perdità e che forse riesce a darci almeno un po' di forza per andare avanti
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angelo umana
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domenica 16 settembre 2012
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un professore non di professione
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Un film è semplificativo ma se questo su Monsieur Bachir Lazhar vuol dirci una cosa, tra le altre, essa è: “più che”* le competenze per cui è pagata la scuola - quelle della psicologa che deve far rielaborare ai bambini dodicenni il suicidio nell’aula scolastica della loro amata maestra Martine, quelle dei genitori supponenti che danno istruzioni all’insegnante, quelle della grammatica (con soggetto, predicato, gruppo nominale e via erudendo), quelle sui nuovi metodi d’insegnamento – “poté”* l’umanità di Bachir, algerino rifugiato nel Quebec e lì propostosi come insegnante al posto della maestra defunta, “poté” il suo senso del dolore che gli dà capacità di capire quello altrui, la sua simpatia, il mantenersi quieto nei gesti e nelle parole.
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Un film è semplificativo ma se questo su Monsieur Bachir Lazhar vuol dirci una cosa, tra le altre, essa è: “più che”* le competenze per cui è pagata la scuola - quelle della psicologa che deve far rielaborare ai bambini dodicenni il suicidio nell’aula scolastica della loro amata maestra Martine, quelle dei genitori supponenti che danno istruzioni all’insegnante, quelle della grammatica (con soggetto, predicato, gruppo nominale e via erudendo), quelle sui nuovi metodi d’insegnamento – “poté”* l’umanità di Bachir, algerino rifugiato nel Quebec e lì propostosi come insegnante al posto della maestra defunta, “poté” il suo senso del dolore che gli dà capacità di capire quello altrui, la sua simpatia, il mantenersi quieto nei gesti e nelle parole. Questo riesce a fare il nuovo maestro, s’impone quiete e disponibilità coi bambini e coi colleghi, nonostante tutto della sua vita e del suo passato si sia sbriciolato. Forse dunque non occorre proprio essere “professori di professione” per aiutare dei ragazzi, anzi a volte serve dell’altro, come dice un altro maestro nel recente film “Detachment”, “Non basta avere qualcuno che ti insegni, ci vuole qualcuno che ti aiuti”. Bachir cerca di capire i suoi ragazzi spiandoli un po’, scopre quelle vite anche guardando il contenuto del cassetto nel loro banco. L’espressione “cheers” che si usa nelle foto, è diventata alla foto di classe “Bachir!”. Quando Mr. Lazhar si è presentato alla direttrice della scuola ha detto: “Ho prestato servizio 19 anni in una scuola di Algeri”. Non deve essere necessariamente una bugia, Bachir ha forse in mente i suoi anni (qualcuno in meno di 19) passati a studiare, i banchi allineati, qualche educativo scappellotto, la grande letteratura, l’umanità dei suoi professori.
Simon è il ragazzino ritenuto responsabile, da Alice, sua migliore amica, della morte della loro insegnante, in fondo egli stesso se ne ritiene colpevole (se ad un ragazzo viene data una colpa può darsi che cominci a sentirsela sul serio), una tragedia così grande opprime un corpo così piccolo e il cinismo degli altri bambini può essere smisurato, solo la disponibilità di Mr. Lazhar ad ascoltarlo in classe davanti a tutti, ad accogliere il suo pianto, lo libera.
La storia è vera e il film è ben fatto, semplificativo ma ben fatto, con tante vittorie a festival qualificati anche se ritenuti minori: Namur, Locarno, Rotterdam, Amburgo, Toronto … della serie non esistono solo Venezia, Hollywood e Cannes. Vederlo comporta del resto 90 minuti da passare insieme ai bambini, non a caso vi è una citazione letteraria di Lazhar: “Ho sognato che erano adulti ma parlavano ancora come dei bambini”. Tre piccole scene da antologia del cinema, anzi quattro: il pianto liberatorio di Simon in classe, l’abbraccio prima del commiato tra il maestro e l’intelligentissima Alice, altra bimba recuperata alla gioia di vivere, l’accenno di ballo algerino in solitudine di Bachir e le sue lacrime di nostalgia venendo via dalla cena presso la sua collega Brigitte.
* piccola citazione dal Conte Ugolino di Dante: “Più che il dolor poté il digiuno”.
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[+] comunicare, insegnare.
(di effepi)
[ - ] comunicare, insegnare.
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babagi
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giovedì 11 ottobre 2012
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fragili bozzoli
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Cosa può passare per la testa di un bambino non ancora adolescente che un giorno arrivando in classe si ritrova a diretto contatto con la morte, vedendo il corpo senza vita della sua insegnante appeso al soffitto?A cercare di tirar fuori emozioni soffocate ci penserà Monsieur Lazhar, algerino scappato dal suo Paese a seguito di una tragedia che ha coinvolto e distrutto la sua famiglia. Senza alcun diploma, ma con l’indispensabile bagaglio della sua esperienza di vita, saprà con estrema delicatezza e grande compostezza maneggiare “fragili bozzoli”. Intimato dai genitori e dalla direttrice della scuola a limitarsi all’insegnamento evitando qualunque coinvolgimento e contatto, non gli resta che insegnare , ma insegnare per davvero.
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Cosa può passare per la testa di un bambino non ancora adolescente che un giorno arrivando in classe si ritrova a diretto contatto con la morte, vedendo il corpo senza vita della sua insegnante appeso al soffitto?A cercare di tirar fuori emozioni soffocate ci penserà Monsieur Lazhar, algerino scappato dal suo Paese a seguito di una tragedia che ha coinvolto e distrutto la sua famiglia. Senza alcun diploma, ma con l’indispensabile bagaglio della sua esperienza di vita, saprà con estrema delicatezza e grande compostezza maneggiare “fragili bozzoli”. Intimato dai genitori e dalla direttrice della scuola a limitarsi all’insegnamento evitando qualunque coinvolgimento e contatto, non gli resta che insegnare , ma insegnare per davvero. Mai insicuro, Bachir dimostra di essere nel posto giusto al momento giusto. Mostrandosi all’altezza anche nella didattica della lingua, impartisce lezioni di francese e dettati presi dai romanzi di Balzac, ma anche temi che hanno come argomento la violenza per poter capire fino in fondo quanto quell’episodio che irrimediabilmente ha segnato per sempre le loro vite li ha toccati nel profondo. Allora vediamo uno dei bambini spiegare agli altri la sua ricerca sulla violenza, lui la vede nei graffiti sparsi per la città, che possono essere anche arte ma che in qualche modo, che forse non sa neanche lui, lo feriscono. E poi c’è Alice, la bambina che entra più di tutti in sintonia con il nuovo professore che consapevole forse troppo delle sue emozioni, le rivela ai compagni leggendo il suo tema ad alta voce. E poi c’è soprattutto Simon, il bambino che più di tutti è coinvolto nella tragedia e vive con il peso di quel senso di colpa censurato che giorno dopo giorno gli toglie la spensieratezza della sua età e finirà per manifestarsi con tutta la sua forza in una scena che non sarà facile dimenticare. Perché il dolore va affrontato, va tirato fuori e anche se, come ripeterà più volte il professore, non si può trovare un senso alla morte, bisogna riuscire ad affrontarla e ad elaborala perché solo così si cresce. È davvero incredibile come questo personaggio riesca ad entrare nel cuore dello spettatore pur non svelandosi completamente, ma mantenendo un certo alone di mistero per tutto il film. Si avverte proprio la sensazione che non ci possa essere un “maestro di vita” migliore per quei bambini cresciuti troppo in fretta e che questo signore piuttosto riservato possa sbirciare nei loro sottobanchi e capire cosa sia davvero meglio per loro per farli tornare a sorridere come nella significativa scena dove tutti in posa davanti al fotografo per la foto di classe pronunciano il suo nome. Arrivati alla fine ci si chiede se è davvero possibile insegnare astenendosi dall’educare e la scena conclusiva sembra dirci che le due cose non sono scindibili.
Film semplice e adatto a tutti che sa coinvolgere con dolcezza senza sfruttare facili meccanismi emozionali, in cui il tema del lutto e della perdita appare come un pretesto per aprire tematiche molto critiche al metodo moderno dell’insegnamento e al rapporto triangolare genitori – insegnanti - alunni. Si perché Bachir dimostra di aver capito una cosa molto semplice(forse solo all’apparenza) che prima di tutto bisogna saper ascoltare.
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olgadik
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mercoledì 19 settembre 2012
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la lacerazione e la buona scuola
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Siamo a Montreal (Canada). In una scuola elementare una maestra si toglie la vita impiccandosi in classe durante l’intervallo. Due dei suoi allievi che l’hanno vista morta, sono per vie diverse i più toccati dall’evento terribile, ma tutti i ragazzi sentono quella lacerazione entrare con violenza nella loro vita normale e ciascuno cerca, a modo suo, di reagire. In questa situazione deve calarsi il nuovo insegnante, un immigrato algerino che, presentando alla preside un falso curricolo, viene scelto come supplente per ricoprire il posto vacante. In realtà non ha mai insegnato (lo scopriremo via via) e affronta il suo compito con semplicità, facendo appello ai propri ricordi di scuola: il dettato, le regole grammaticali, le letture classiche di autori poco noti agli undicenni.
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Siamo a Montreal (Canada). In una scuola elementare una maestra si toglie la vita impiccandosi in classe durante l’intervallo. Due dei suoi allievi che l’hanno vista morta, sono per vie diverse i più toccati dall’evento terribile, ma tutti i ragazzi sentono quella lacerazione entrare con violenza nella loro vita normale e ciascuno cerca, a modo suo, di reagire. In questa situazione deve calarsi il nuovo insegnante, un immigrato algerino che, presentando alla preside un falso curricolo, viene scelto come supplente per ricoprire il posto vacante. In realtà non ha mai insegnato (lo scopriremo via via) e affronta il suo compito con semplicità, facendo appello ai propri ricordi di scuola: il dettato, le regole grammaticali, le letture classiche di autori poco noti agli undicenni. Si presenta come una persona un po’ fuori moda ma di grande dignità e desideroso di capire; lentamente egli diventa quel punto di riferimento di cui si ha bisogno nella crescita, con le sue tempeste e contraddizioni. Quando si verrà a conoscere la sua identità autentica, la classe sarà costretta di nuovo a difendersi da un altro distacco, ma lo farà più cresciuta e consapevole dell’esistenza della morte e del dolore. Perché questo film di Philippe Falardeau parla di situazioni e fatti “grandi”, ma lo fa sommessamente, con poesia, tenerezza e toni delicati. Anche la perdita degli affetti del falso insegnante (moglie e figli periti in un incendio appiccato dagli estremisti islamici alla sua casa) si capisce poco a poco, da particolari successivi aggiunti al soggetto principale della narrazione che è la scuola e quello che c’è dietro. La mentalità corretta ma fredda dei genitori, l’indifferenza sostanziale dei colleghi, la convinzione che a scuola si parla d’altro e non di vita o di morte, l’eccessiva importanza data allo psicologo come aiuto ai ragazzi, la posizione ambigua della dirigenza sempre in bilico tra regolamenti e buon senso. Tutto questo monsieur Lazhar lo rovescia guardando le cose da un punto di vista diverso, quello dell’immigrato che non sa neanche se otterrà il riconoscimento del suo status di rifugiato politico. Egli si offre così com’è, con la sua sensibilità, senza ricette precostituite. Lontano da gesti plateali, con piccoli interventi al momento giusto, egli riesce a districarsi in quel mix delicatissimo di sensi di colpa, speranze, riflessioni e confuso dolore che gli allievi avvertono senza trovare il modo per esprimersi. L’abbraccio finale tra il “maestro” e la sua allieva più matura rompe il tabù del contatto fisic, vietato nelle scuole per evitare atteggiamenti pedofili, e riporta l’essere umano a comunicare in quel modo caldo e istintivo.
Il protagonista ha così la meglio anche su una fobia da lui trasformata in un segno d’affetto innocente. La sofferenza personale forse lo rende più sicuro e forte nell’affrontare e capire quella altrui, al di là di inutili tecnicismi che rimangono tali, se non sono vivificati da un quid che fa la differenza tra buona e cattiva scuola. Avremmo solo desiderato eliminare qualche lungaggine che appesantisce la grazia del racconto e momenti di melensaggine che possono offuscare il sapiente rigore del tutto. Naturale ed elegante l’interpretazione di Fellag e bersaglio centrato anche per i piccoli interpreti.
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fransis89
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mercoledì 5 settembre 2012
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il dramma e la forza di superare il dolore
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Bashir Lazhar, professore algerino prende il posto di un'insegnante canadese recentemente scomparsa in seguito a suicidio.
La classe è ancora sotto shock per l'accaduto e per il nuovo professore è difficile inserirsi e farsi accettare dagli alunni.
Ma quel che è ancora più complicato è cercare di capire il dolore che accomuna adulti e ragazzi.
Lo stesso Bashir infatti porta con sè un dramma molto profondo...
Film commovente, ci permette di riflettere sul tema della perdita e la riflessione e l'elaborazione del dolore da parte dell'uomo.
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