“Credi che un giorno diventeremo adulti ?” “Non lo so”
La notte tra il 15 e il 16 luglio 1942 il governo collaborazionista di Vichy guidato dal generale Pétain si piega alle pressanti richieste di Hitler di consegnare alla Germania i 24000 ebrei residenti a Parigi. La gendarmeria francese dà inizio ad uno spietato e crudele rastrellamento, una terribile retata ( “La rafle”, titolo originale del film) che porterà alla cattura e alla carcerazione nel Velodrome d’Hiver di 13000 ebrei francesi, rinchiusi per diversi giorni in condizioni igieniche tremende e disumane, senza acqua né cibo. Come negli altri Stati dominati o sotto l’influenza nazista la deportazione degli ebrei francesi non fu improvvisa né inaspettata. Anche in Francia, come in Italia, la persecuzione della comunità ebraica fu lucidamente pianificata : prima gli ebrei furono costretti a portare la stella gialla per essere riconosciuti, poi progressivamente emarginati e privati dei più elementari diritti come l’istruzione per i bambini e il lavoro per gli adulti. Se con il rastrellamento del 16 luglio viene definitivamente sconvolta la serena vita quotidiana della comunità ebraica del quartiere di Montmartre i sintomi erano già chiaramente visibili, il delirio nazista dell’odio razziale era già stato seminato da tempo. Dall’incubo del velodromo gli ebrei furono trasferiti nel campo di transito a Beaune la Rolande nella provincia della Loira per poi partire per l’ultimo viaggio senza ritorno verso Auschwitz o gli altri campi di sterminio. Dei 13000 ebrei arrestati nel rastrellamento del 16 luglio, di cui 4051 bambini, tornarono vivi dalla Polonia solo in 25, nessun bambino. Di fronte alle atrocità narrate da Vento di primavera si resta smarriti, increduli e senza parole, anche perché all’inizio del film lo spettatore è avvertito che tutti i personaggi sono realmente esistiti e gli eventi sono accaduti esattamente come sono stati ricostruiti.
La regista Rose Bosch con uno straordinario lavoro di ricerca e di documentazione durato alcuni anni ha voluto riportare alla luce una vicenda terribile quanto dimenticata, della quale la Francia per moltissimi anni ha negato le proprie responsabilità cercando di rimuovere una delle pagine più deplorevoli della sua storia.
Il pregio maggiore del film è quello di riuscire a trasmettere la tragedia e l’orrore della “retata dimenticata” con estrema sensibilità, attraverso diversi punti di vista e con gli stati d’animo dei protagonisti che l’hanno vissuta.
Innanzitutto con lo sguardo ingenuo e innocente dell’undicenne Joseph Weismann (oggi ottantenne, vive a New York) e degli altri bambini che nel velodromo non si rendono conto della gravità di quello che sta succedendo, di fronte ad avvenimenti che non possono capire si rifugiano nel gioco e negli scherzi in un clima surreale. Non meno significativo del punto di vista dei bambini è quello dei due “eroi” della storia, la combattiva infermiera Annette (la solita straordinaria Melanie Laurent, già vista lo scorso anno nel Concerto) e il dottor David Sheinbaum (Jean Reno nell’inedita parte del “buono”).
Con la loro umanità e un altruismo commovente cercano di aiutare in tutti i modi le disperate famiglie ebree, e non solo con l’assistenza medica, senza rassegnarsi cercano anche di ribellarsi e di disobbedire a quella follia. Anche i pompieri non si piegano agli ordini dei militari e simulano un incendio per poter aprire gli idranti e dissetare le migliaia di persone rimaste senz’acqua.
A parte la bravura della regista, sono soprattutto la tensione emotiva e l’intensità degli avvenimenti a mettere al centro della scena lo sguardo dello spettatore, sguardo che si incrocia con gli occhi smarriti dei deportati.
Sono molti gli episodi e i particolari che emozionano e commuovono, basti ricordare il bambino con l’orsacchiotto che corre da solo verso il camion convinto che lo porterà dai genitori. La scelta di inserire nel film alcune scene sulla vita familiare di Hitler nel suo ritiro sulle Alpi o le riunioni del comando del generale Petain può non apparire del tutto convincente. Ritengo, però, che il contrasto tra il cinismo di Hitler che gioca con i bambini quando nello stesso tempo ne sta mandando a morire migliaia evidenzi ancora di più il delirio del suo disegno criminale.
Vento di primavera, inserito in rassegna nella settimana del Giorno della Memoria, si affianca ad altri film che hanno cercato di raccontare la Shoah e la persecuzione degli ebrei dal punto di vista dei bambini; tra i più significativi ricordiamo Arrivederci ragazzi di Louis Malle o Il bambino con il pigiama a righe di Mark Hermann. Sono film importanti perché, probabilmente, non potendo del tutto comprendere e spiegare l’orrore dell’Olocausto ma dovendo necessariamente ricordarlo, possiamo solo affidarci alla purezza e l’innocenza del loro sguardo per non dimenticare fino a dove può arrivare l’essere umano guidato da ideologie fanatiche e razziste, continuando a porci le stesse domande pur sapendo che la risposta è dispersa nel vento.
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