no_data
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martedì 26 luglio 2016
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merita di essere visto
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Ci vuole pazienza a seguire la trama, il ritmo è lento, sembra che non succeda nulla, ma succede tanto. Un'altra cultura.
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martino76
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lunedì 18 giugno 2012
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la vita in una poesia
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Film lento, ma molto dolce....
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nigel mansell
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venerdì 9 marzo 2012
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troppo lungo
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Sarò il figlio dei questa cultura mordi e fuggi ecc. ecc. ma la durata di due ore per un film del genere è veramente troppo. Pur avendolo visto nell'ambito di una rassegna da cineforum, quindi con spettatori dal palato raffinato, gli sbuffi e l'insofferenza in sala erano molti, ed alla fine del primo tempo se ne sono andati molti. Facendo finta che il film fosse durato i canonici 90 minuti direi che è molto interessante, grazioso e ben girato. Molto poetico e l'ottima fotografia ci fa apprezzare i paesaggi verdissimi della Corea del Sud. Brava la protagonista ma ho apprezzato molto l'insofferenza del giovane nipote.
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eugenio
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mercoledì 16 novembre 2011
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i fiori del male
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“Non tutti nella capitale sbocciano i fiori del male,
qualche assassinio senza pretese
lo abbiamo anche noi in paese”
Corea del Sud, giorni nostri. Il giovane corpo senza vita di una studentessa liceale viene ritrovato in un fiume.
Le cause sono presto note: suicidio indotto dalla vergogna subita a seguito di una violenza di gruppo operata da compagni di corso. Uno di questi è il nipote di Mija, la protagonista della pellicola, un’arzilla quanto smemorata vecchina con un incipiente alzheimer, dalla spiccata passione verso la poesia, la natura, la bellezza, la gioia di vivere. Il colpo subito è doloroso per l’anziana donna che nei confronti del nipote aveva sempre assunto il ruolo di madre e di tutrice protettiva preservandolo, spesso inutilmente, da cattive compagnie.
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“Non tutti nella capitale sbocciano i fiori del male,
qualche assassinio senza pretese
lo abbiamo anche noi in paese”
Corea del Sud, giorni nostri. Il giovane corpo senza vita di una studentessa liceale viene ritrovato in un fiume.
Le cause sono presto note: suicidio indotto dalla vergogna subita a seguito di una violenza di gruppo operata da compagni di corso. Uno di questi è il nipote di Mija, la protagonista della pellicola, un’arzilla quanto smemorata vecchina con un incipiente alzheimer, dalla spiccata passione verso la poesia, la natura, la bellezza, la gioia di vivere. Il colpo subito è doloroso per l’anziana donna che nei confronti del nipote aveva sempre assunto il ruolo di madre e di tutrice protettiva preservandolo, spesso inutilmente, da cattive compagnie. L’animo di Mija fragile e sognatore nel suo microcosmo fantastico e avulso dal tempo, viene ulteriormente sconvolto da un tentativo di corruzione che il padre di uno dei ragazzi coinvolti nella sporca vicenda vorrebbe intraprendere verso la distrutta madre della vittima per insabbiare il tutto fingendo che nulla sia successo. Del resto i panni sporchi si lavano in famiglia e poco importa se si è indigenti al punto da non potersi permettere il pagamento della relativa parte: la società di provincia esige il suo debito di denaro per preservare il perbenismo di facciata cancellando ogni empia azione. Ma Mija sembra distante, non bada ai materialismi, i suoi occhi trasognati sono intrisi di determinazione e speranza verso una poesia primigenia e pura che necessita inevitabilmente di una rinuncia ad una visione del mondo così cinica e crudele, un mondo di illusioni che le permetta di guardare oltre l’immaginifica siepe. Non sarà facile: la composizione di un testo poetico richiede tempo ma soprattutto ispirazione, qualità di cui Mija sembra non disporre anche a causa del difficile contesto quotidiano che è costretta a vivere racimolando la somma necessaria per riscattare il nipote talvolta in modo non strettamente “pulito” (la scena dell’assistenza ad una persona malata è amara e crudele). Un nipote muto, sordo ad ogni attenzione e troppo interessato a badare al suo club di amici senza comprendere il lento disfacimento psichico della nonna ora impegnata a comporre la sua poesia assistendo con partecipe commozione a incontri organizzati dal circolo, ora costretta ad usare la sua arte di persuasione (?) nel convincere la madre della vittima ad accettare la proposta in denaro.
Tra ellissi e omissioni dettate dalla memoria labile della protagonista, utilizzando frequenti rappresentazioni paesaggistiche e lunghe pause di riflessione, la regista Lee Changdong realizza una pellicola asciutta, satura di immagini e sospiri lasciando la possibilità di far decidere al suo pubblico se possa esistere, in questo mondo materialistico, lo spazio per affrontare in modo sereno quel lungo film poetico che è la nostra vita nella quale solo la liberazione, a volte necessaria e dolorosa da un pesanti fardelli che risiedono nelle pieghe della nostra anima, potranno permettere una catarsi e quindi una totale risoluzione.
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katamovies
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martedì 18 ottobre 2011
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sono combattuta
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non esprimo un giudizio perché, stranamente, non so se questo film mi ha colpito o terribilmente annoiato.
ho trovato sciatta la fotografia (forse era voluto?); ripetitiva la sceneggiatura; terribili i momenti con le declamazioni di poesie, di una noia mortale.,
solitamente mi piacciono gli autori coreani, ma questo non lo conoscevo, e potevo pure fare senza.
una cosa mi è rimasta: mi ha messo una terribile voglia di mangiare spaghetti alla soia, riso e verdure al vapore.
:)))
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shining
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martedì 13 settembre 2011
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poesia
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Una storia bellissima raccontata con un'umanità disarmante. D'altro canto la Corea non ha bisogno di trovate facili per realizzare un dramma. Un ultimo applauso alla protagonista, tanto brava quanto bella. Meritava certamente più attenzione!
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gabriella
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venerdì 26 agosto 2011
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tu puoi contribuire con un verso.....
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La poesia non va misurata, ma vissuta, assaporata, insegnava il professor Keating ai suoi studenti nel bellissimo film "L'attimo fuggente", e per Mija, donna sessantaseienne di un paese vicino Seul, che frequenta un corso di poesia con il cruccio di non trovare l'ispirazione, ecco che questa le appare con il volto duro del dolore ( il suicidio di una ragazza) e il sapore amaro di una tremenda verità( il coinvolgimento del nipote allo stupro della giovane insieme ad altri coetanei). Non deve cercare Mija nel profumo e nei colori dei fiori e dei frutti, nel cinguettio degli uccelli l'estro poetico, ma nella realtà, quando il cielo assume veramente " il colore di un gatto morto da una settimana".
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La poesia non va misurata, ma vissuta, assaporata, insegnava il professor Keating ai suoi studenti nel bellissimo film "L'attimo fuggente", e per Mija, donna sessantaseienne di un paese vicino Seul, che frequenta un corso di poesia con il cruccio di non trovare l'ispirazione, ecco che questa le appare con il volto duro del dolore ( il suicidio di una ragazza) e il sapore amaro di una tremenda verità( il coinvolgimento del nipote allo stupro della giovane insieme ad altri coetanei). Non deve cercare Mija nel profumo e nei colori dei fiori e dei frutti, nel cinguettio degli uccelli l'estro poetico, ma nella realtà, quando il cielo assume veramente " il colore di un gatto morto da una settimana". Così seguiamo passo dopo passo questa signora, disarmante nel suo modo di essere, nei suoi gesti, con i suoi vestiti leggeri, colorati, i suoi vezzosi cappellini che la fanno sembrare quasi staccata dal mondo che la circonda; e lontana lo sta diventando veramente, in quanto le viene diagnosticato un principio di Alzheimer, anche se lei sembra quasi non curarsene, continuando a svolgere il suo lavoro part time come badante a un uomo semi infermo e ad accudire il nipote, uno smidollato che sembra non rendersi conto della gravità delle sue azioni. Mija si vedrà costretta a collaborare con gli altri genitori dei figli implicati nella faccenda, desiderosi solo di toglierli dai pasticci pagando ognuno la somma di 5 milioni di yen; dovrà anche cercare di mediare con la mamma della ragazza suicida affinchè non ci siano problemi, ma l'incontro tra le due donne non avviene nel modo sperato ; Mija sembra scordarsi il motivo per cui si reca da questa madre, ma non è la malattia a intervenire, semplicemente solidarietà ( c'è una tacita intesa tra le due donne nell'incontro decisivo del risarcimento). Riuscirà a procurarsi il denaro necessario dall'uomo che assiste ( eppure non sembra esserci premeditazione quando Mija decide di esaudire il desiderio di" sentirsi ancora una volta uomo", del malato..... scena durissima da digerire, per la crudezza e l'autenticità della vita stessa), sistemerà tutto le cose, farà arrivare la figlia a occuparsi finalmente del ruolo di madre, farà fare un bagno al nipote ( un corpo pulito mantiene pulita la mente), prima di consegnarlo alla polizia affinchè Aguanes abbia giustizia e scriverà una poesia per la ragazza, prima di scomparire dalla scena. Ed è vera poesia la sua canzone per Aguanes, diverrà la voce, i ricordi, le speranze, i sogni rimasti intrappolati dentro un giovane corpo che non ha potuto sbocciare.. e le parole corrono, come un torrente che scende dalla montagna, con i suoni impetuosi, chiari e freschi, fino a congiungersi al fiume.. e qui le voci s'incontrano, quella di Mija e quella di Aguanes, diventano una, in uno spazio infinito, oltre le barriere del tempo.. è il fiore che schiude la sua corolla al sole della poesia.
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zoom e controzoom
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martedì 3 maggio 2011
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nulla di trascendentale
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Solo alla fine del film si riesce a cogliere il linguaggio espressivo di tutto il lavoro.
Non c'è niente di trascendentale in questo film ed è questa la sua capacità di essere un grande film.
Perfino Mija è insignificante come lo sono le persone reali, tanto quanto sono odiosi realmente senza meschina sbruffoneria, i genitori dei ragazzi violentatori.
E' un film reale, di una realtà che non ci appartiene eppure è un film dei grandi spazi, dei momenti silenziosi delle attese del silenzio che lascia spazio alle parole dello sguardo.
Tecnicamente perfetto fin dalla scena iniziale che già annuncia l'orizzontalità dell' approssimarsi del racconto che si srotola nell'attesa che succeda qualche cosa che corrisponde alle nostre aspettative.
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Solo alla fine del film si riesce a cogliere il linguaggio espressivo di tutto il lavoro.
Non c'è niente di trascendentale in questo film ed è questa la sua capacità di essere un grande film.
Perfino Mija è insignificante come lo sono le persone reali, tanto quanto sono odiosi realmente senza meschina sbruffoneria, i genitori dei ragazzi violentatori.
E' un film reale, di una realtà che non ci appartiene eppure è un film dei grandi spazi, dei momenti silenziosi delle attese del silenzio che lascia spazio alle parole dello sguardo.
Tecnicamente perfetto fin dalla scena iniziale che già annuncia l'orizzontalità dell' approssimarsi del racconto che si srotola nell'attesa che succeda qualche cosa che corrisponde alle nostre aspettative. Le nostre aspettative sono viziate dall'abitudine a vedere tutto, qui si scende negli sguardi.
Qui la "terzanità" - da Terzani - è un'altra cosa, qui c'è la trasparenza di un vissuto locale, non comprensibile se si indossano gli occhiali del turista al cinema
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paperino
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lunedì 2 maggio 2011
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la vera poesia è il volto di mija...
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So di andare controcorrente con la mia recensione ma non riesco a considerare questo film un capolavoro come la critica e il pubblico continuano a ripetere.
Ritengo che il viso di Yoon Hee-Jeong sia davvero indimenticabile: mutevole nelle sue espressioni riesce ad apparire vecchia e giovane , affranta ed entusiasta e, specialmente nel rapporto con la natura, addirittura a trasformarsi in una fanciulla con il suo sorriso candido e i grandi occhi aperti a contemplare sorpresa e incantata le meraviglie del creato.
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So di andare controcorrente con la mia recensione ma non riesco a considerare questo film un capolavoro come la critica e il pubblico continuano a ripetere.
Ritengo che il viso di Yoon Hee-Jeong sia davvero indimenticabile: mutevole nelle sue espressioni riesce ad apparire vecchia e giovane , affranta ed entusiasta e, specialmente nel rapporto con la natura, addirittura a trasformarsi in una fanciulla con il suo sorriso candido e i grandi occhi aperti a contemplare sorpresa e incantata le meraviglie del creato.
Pur considerando la profondità dei molteplici argomenti trattati non posso che affermare che ho trovato il film eccessivamente lungo e lento anche se molto denso di significati.
Premesso che non ho visto le precedenti opere di Lee Changdong ritengo che questo film metta in gioco fin troppe problematiche su ognuna delle quali ci si potrebbe soffermare a lungo.
Sorvolando sull'argomento Poems e Poetry su cui è già stato detto tutto il possibile ci sarebbe da affrontare il grave problema morale che sembrano non porsi i genitori del gruppo che ha approfittato della ragazza. Non so se Mija abbia pensato che fosse giusto che il nipote pagasse per quello che aveva fatto o si ritenesse almeno in parte responsabile di quanto avvenuto, ma sicuramente almeno tenta di risvegliargli la coscienza nella scena struggente in cui lo interroga lottando con lui per strappargli la coperta sotto la quale nasconde se stesso e la propria coscienza.
Personalmente la trovo una scena carica di significato : pur chiedendogli ripetutamente “perchè l'hai fatto?” Mija si arrende dopo qualche tentativo e non riesce ad entrare in contatto con il ragazzo neppure quando gli mette davanti la fotografia dell'adolescente vittima del “branco”.
Ci sarebbe da chiedersi fin a che punto la nonna si possa ritenere responsabile considerato il tipo di educazione che ha dato al nipote, trattato ancora come un bambino, basato solo sull'accudimento fisico . Del resto le è stato “ consegnato” dalla figlia che sembra non se ne curi molto.
Viene poi appena accennato il problema del presunto Alzeimher che potrebbe essere semplicemente scambiato con la sua tendenza ad estraniarsi dalla realtà e a fantasticare.
Un'altra scena su cui soffermarsi è quella durante la quale Mija si concede ad un rapporto sessuale, trattato con estrema delicatezza e pudore, dopo un iniziale rifiuto,proprio perchè capisce il valore di poter donare un momento di illusione al vecchio invalido.
C'è poi la figura del Poeta che fa “ battutacce “, controversa e che ci dovrebbe portare a riflettere su come la poesia non è sia solamente “trovare la bellezza in tutte le cose “ ma possa essere anche irriverente e provocatoria.
Infatti sarà proprio quest'uomo a cercare di distrarre Muji cercando di farle vivere il meno drammaticamente possibile il momento in cui il nipote verrà comunque arrestato.
E' proprio davanti ad una serie di situazioni moralmente inaccettabili che manderebbero in crisi chiunque che lo sguardo della protagonista più che aprirsi sulla bellezza si apre sulla banalità del male che la circonda e, come la susina che deve essere calpestata per dare nuova vita, Mija decide di rinunciare alla sua e proprio in quel momento e riesce a comporre una vera poesia.
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[+] perchè controcorrente...?
(di hollyver07)
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pepito1948
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venerdì 29 aprile 2011
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poesia o la sublimazione dell'essere
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POETRY
Il fiume scorre freddo, incessante ed implacabilmente uguale, portando con sé un virgulto privo di vita.
Che cos’è la poesia, se non la ricerca della bellezza? chiede l’insegnante di un corso di composizione poetica a cui decide di iscriversi l’anziana ma dinamica Mija. E’ una definizione tra tante, ma risponde alla sua domanda di sublimazione, di elevazione oltre le brutture della realtà, almeno della sua realtà personale e circostante, fatta di malattie incombenti, di familiari lontani fisicamente o affettivamente, di segreti che celano orrori compiuti e rimasti impuniti, di suicidi di giovani, di cinismo, insinuate e radicate come gramigna infestante nel perbenismo generale.
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POETRY
Il fiume scorre freddo, incessante ed implacabilmente uguale, portando con sé un virgulto privo di vita.
Che cos’è la poesia, se non la ricerca della bellezza? chiede l’insegnante di un corso di composizione poetica a cui decide di iscriversi l’anziana ma dinamica Mija. E’ una definizione tra tante, ma risponde alla sua domanda di sublimazione, di elevazione oltre le brutture della realtà, almeno della sua realtà personale e circostante, fatta di malattie incombenti, di familiari lontani fisicamente o affettivamente, di segreti che celano orrori compiuti e rimasti impuniti, di suicidi di giovani, di cinismo, insinuate e radicate come gramigna infestante nel perbenismo generale. Mija, avviata verso l’oscurità della mente, spesso non ricorda le parole, i verbi ma soprattutto i nomi, che connotano e dànno consistenza alle cose, ma non si perde d’animo, ha bisogno di un’arma innocua e risolutiva che la aiuti a combattere, che le consenta di filtrare il mondo esaltando il positivo e smorzando il negativo, di assicurare sprazzi di colore ad una prospettiva che si annuncia progressivamente sempre più buia. Mija non ha che scarsi mezzi di sussistenza, vive di ciò che ricava dall’assistenza giornaliera ad un anziano disabile, che, al contrario del suo destino, è fiaccato nel corpo ma padrone della sua mente, determinato a mantenere intatta la sua identità umana, compreso ciò che ne è il cardine vitale: la sua virilità. Mija vive circondata dall’indifferenza di chi, coabitando con lei e fruendo delle sue attenzioni, preferisce la televisione, il rifugio solitario della stanza e le bravate con gli amici al dialogo, al rispetto, alla riconoscenza. Mija si trova coinvolta in un terribile compromesso, al quale non può sottrarsi e che tuttavia pesa come un macigno. Quale arma migliore della poesia, per dare un senso ad un persorso così accidentato e dispensatore di insidie? Mija ha appreso che la poesia, merce ormai rara e sempre più agonizzante, necessita di “vedere” le cose, di andare oltre le apparenze, di penetrarne l’essenza profonda, per poter estrarre dal nostro intimo l’ispirazione poetica come una statua dal suo blocco di marmo. Pertanto Mija -che ama il bello, ama i fiori nel loro multiforme significato simbolico e si veste come se li indossasse, ama gli uccelli che svolazzano liberi- gira con occhio attento e pronto a raccogliere spunti, prendendo appunti, soffermandosi su ogni particolare che possa schiudere la porta della sua cercata creatività. A fine corso dovrà, come tutti gli allievi, comporre una poesia, e questo diventa l’obiettivo primario della sua vita. Mija ha bisogno di soldi, di tanti soldi per risolvere un problema per lei vitale; li troverà sia pure attraverso modalità anomale, e, grazie al potere purificatore ed energizzante che la sua ricerca le ha fornito, ricomporrà il mosaico della sua vita svelandone i significati più reconditi, capaci di andare oltre quelli delle parole, fallaci perchè si possono dimenticare. Attraverso il processo di identificazione con chi con lei ha avuto in comune i tratti indelebili della sofferenza, potrà adottare le decisioni necessarie nell’altrui interesse ed orientare con determinata convinzione il suo destino. La lettura della sua poesia, compendio di una tormentata ma limpida metamorfosi, sarà seguita nel silenzio generale dagli allievi del corso, ed assumerà il senso di una corale testimonianza dell’umana sofferenza.
Il fiume scorre freddo, incessante ed implacabilmente uguale, portando con sé cristalli invisibili di incontaminata purezza.
Prodotto tipicamente orientale nei tempi, nei gesti, nelle atmosfere, Poetry, del regista Lee Chang-dong, accreditato come uno dei massimi cineasti coreani, è ciò che una volta tanto bene esprime il titolo con una sola parola, che, a differenza di quanto succede alla protagonista, non si dimentica: Poetry, poesia, ed è appunto questa la chiave della catarsi di Mija in un mondo in cui, dietro apparenze di normale vita quotidiana, si assiste ad una perdita collettiva della memoria dei valori più autentici delle società opulente, ed al conseguente, dilagante inaridirsi della realtà umana. Un film che, lungi da ogni enfatizzazione di una delle malattie più terribili, quella che obnubila il pensiero, si concentra sul suo antidoto, esaltando la dimensione trasfigurante e sublimante del potere della fantasia e delle emozioni. Al di là di un certo senso di angoscia che emerge dalle prime immagini, il film si fa esso stesso poesia, sfociando in un finale emotivamente travolgente man mano che scorrono i versi di un grande, anonimo poeta.
CLAUDIO
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