rongiu
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domenica 21 novembre 2010
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sterminate i maschi adulti!
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Najla (Morjana Alaoui) irachena araba, ha studiato in Italia ed è laureata in medicina. La sua permanenza nel nostro Paese l’ha un po’ europeizzata. Infatti, il suo modo di pensare, di vestire, crea non pochi “scandali” presso la sua comunità di provenienza. Non mi soffermo su questo aspetto femminista della protagonista; è, per il momento, trascurabile, perché la trama principale porta i miei pensieri sulle tracce di Kirkuk.
Najla raggiunge Kirkuk per cercare Sherko \Ertem Eser/, medico curdo, impegnato nella resistenza contro il regime dittatoriale dell’epoca (anni Ottanta – Saddam Hussein).
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Najla (Morjana Alaoui) irachena araba, ha studiato in Italia ed è laureata in medicina. La sua permanenza nel nostro Paese l’ha un po’ europeizzata. Infatti, il suo modo di pensare, di vestire, crea non pochi “scandali” presso la sua comunità di provenienza. Non mi soffermo su questo aspetto femminista della protagonista; è, per il momento, trascurabile, perché la trama principale porta i miei pensieri sulle tracce di Kirkuk.
Najla raggiunge Kirkuk per cercare Sherko \Ertem Eser/, medico curdo, impegnato nella resistenza contro il regime dittatoriale dell’epoca (anni Ottanta – Saddam Hussein). Kirkuk in territorio curdo è ricchissima di risorse naturali. E’ la città che il Popolo Curdo desidera un giorno essere la capitale del proprio Stato. Io credo. Il regime tenta di arabizzarla, Kirkuk.
Sulla strada di Najla, non c’è solo Sherko. Un alto ufficiale irakeno, Mokhtar \Mohamed Zouaoui/, tenta in tutti i “modi” di sposarla. Un’altra persona merita una menzione speciale; una mamma. Una mamma che dona a Najla una vita, un fagotto piccolo e piangente; che un giorno diventato adulto si chiede e chiede all'intero mondo…. Quale sarà la risposta alla sua domanda e da chi sarà data?
Il lavoro del regista Fariborz Kamkari, è discreto e dignitoso. E’, a mio parere, un sicuro trampolino di lancio per i tanti, giovani e meno giovani, che hanno voglia di avvicinarsi alla conoscenza di un Popolo, con una storia millenaria alle spalle ed in perenne diaspora. Questo Popolo, per tanti anni, ha visto i corpi dei propri figli, appartenenti al programma irakeno Al Anfal, trasportati a valle da un fiume, il Tigri. I bambini occidentali lo conoscono bene, il Tigri.
E noi Occidentali adulti, ricchi, potenti, armati fino ai denti, istruiti e colmi zeppi di biblioteche, distributori di democrazia a desta e a manca; dobbiamo ritenerci estranei al programma Al Anfal? Cosa abbiamo fatto per evitare a Najla di esplorare le 7 valli della conoscenza? Siamo, ognuno per le proprie competenze e responsabilità, correi. Io credo.
Good Ciak!
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melishocking
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sabato 20 novembre 2010
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il coraggio delle scelte
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Difficile scostarsi dall’impatto emotivo, sconvolgente, con la Storia, che impone questo film. Difficile non emozionarsi di fronte alla rappresentazione di un genocidio che ha l’insensatezza e la ferocia di tutti i massacri di cui siamo capaci.
L’amore tra Najla e Sherko è un pretesto narrativo funzionale alla messa in scena ,complessa ed articolata, di una realtà sociale che ha risolto(o tentato di risolvere)nel sangue i suoi conflitti.
Seguendo un percorso d'amore per il curdo Sherko, il film ci porta con la dottoressa araba Najla, di ritorno nel suo paese d’origine, nell’Iraq della fine degi anni 80. Un paese in cui un dittatore sta compiendo un genocidio del quale il resto del mondo ignorava, o faceva finta di ignorare, all’epoca, la portata.
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Difficile scostarsi dall’impatto emotivo, sconvolgente, con la Storia, che impone questo film. Difficile non emozionarsi di fronte alla rappresentazione di un genocidio che ha l’insensatezza e la ferocia di tutti i massacri di cui siamo capaci.
L’amore tra Najla e Sherko è un pretesto narrativo funzionale alla messa in scena ,complessa ed articolata, di una realtà sociale che ha risolto(o tentato di risolvere)nel sangue i suoi conflitti.
Seguendo un percorso d'amore per il curdo Sherko, il film ci porta con la dottoressa araba Najla, di ritorno nel suo paese d’origine, nell’Iraq della fine degi anni 80. Un paese in cui un dittatore sta compiendo un genocidio del quale il resto del mondo ignorava, o faceva finta di ignorare, all’epoca, la portata. E così attraverso i suoi occhi scopriamo le contraddizioni che ne lacerano la società , che ne dividono la popolazione, e che non consentono a Najla stessa di non prendere una posizione.
La scelta radicale di Najla è quella di schierarsi con le vittime, di diventare vittima essa stessa sacrificando anche il motivo che l’ha spinta ad agire, in nome non più solo dell’amore, ma della dignità e della compassione , per il senso di giustizia che vince su tutto.
E questo mi sembra alla fine il messaggio del film. Le azioni del singolo cambiano la Storia. Noi siamo la Storia e le nostre scelte hanno sempre il valore ed il peso delle scelte Universali.
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renato volpone
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mercoledì 24 novembre 2010
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il vero amore
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Cinque stelle a questo film che riesce a ridare vita a valori forti come l'amore (quello vero, in cui sacrifichi te stesso per l'altro), l'amicizia,la giustizia, anche in situazioni difficili come la persecuzione dei curdi in Iraq. Il film narra la storia di una giovane donna irachena che ha studiato medicina in Italia e ritorna a Bagdad per rityrovare un ragazzo curdo col quale aveva studiato e di cui si era innamorata. Il loro amore affronta la drammatica realtà di un regime crudele. Di lei si innamora anche un soldato iracheno.... e chi non si innamorerebbe di un personaggio così meraviglioso. Splendide le poesie, le parole, i gesti. Bravissimi gli attori. La storia viene raccontata con grande dolore e commozione, ma mai esagera nelle scene delle torture e delle pertsecuzioni, mantenendo il giusto grado di angosciosa attesa.
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Cinque stelle a questo film che riesce a ridare vita a valori forti come l'amore (quello vero, in cui sacrifichi te stesso per l'altro), l'amicizia,la giustizia, anche in situazioni difficili come la persecuzione dei curdi in Iraq. Il film narra la storia di una giovane donna irachena che ha studiato medicina in Italia e ritorna a Bagdad per rityrovare un ragazzo curdo col quale aveva studiato e di cui si era innamorata. Il loro amore affronta la drammatica realtà di un regime crudele. Di lei si innamora anche un soldato iracheno.... e chi non si innamorerebbe di un personaggio così meraviglioso. Splendide le poesie, le parole, i gesti. Bravissimi gli attori. La storia viene raccontata con grande dolore e commozione, ma mai esagera nelle scene delle torture e delle pertsecuzioni, mantenendo il giusto grado di angosciosa attesa. Straziante la scena della fucilazione.
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giulinet
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giovedì 18 novembre 2010
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dalla morte un inno alla vita
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Questo film, pur con alcuni limiti nella semplicistica narrazione degli eventi tragici che hanno martoriato l'Irak durante la dittatura di Saddam, non è una passeggiata, All'orrore perpetrato verso i Curdi non fa sconti. Ma alla fine non è importante chi sono i buoni o i cattivi, perchè si rivela per quello che è: una storia d'amore con tutte le sue componenti drammaturgiche. All'inizio del film Sherko chiede a Najila, che testarda non vuole lasciarlo solo nella sua battaglia per tornare al sicuro in Europa, se Kirkur le sembra un luogo per l'amore. Il film lascia a noi la risposta.
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luca scialò
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venerdì 19 novembre 2010
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la storia di najla, un fiore nel deserto iracheno
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Siamo nell'Iraq di fine anni '80, alla vigilia della Prima Guerra del Golfo, quando il Regime di Saddam Hussein compiva varie nefandezze e ingiustizie, tra cui il genocidio del popolo curdo. In questo tetro scenario si muove Najla, irachena tornata dall'Italia dove si è laureata in Medicina, con l'intento di ritrovare un amore perso: Sherko, medico curdo rientrato in Patria per dare il proprio contributo nella drammatica guerra civile ed etnica in corso.
Najla però deve affrontare molti ostacoli, dovuti soprattutto ad una società culturalmente arretrata e maschilista. Decide così di diventare guardia medica dell'esercito per poter raggiungere un duplice obiettivo: da un lato sostenere le forze ribelli curde tramite il proprio sostegno medico e dall'altro poter ritrovare Sherko, impegnato a Kirkuk.
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Siamo nell'Iraq di fine anni '80, alla vigilia della Prima Guerra del Golfo, quando il Regime di Saddam Hussein compiva varie nefandezze e ingiustizie, tra cui il genocidio del popolo curdo. In questo tetro scenario si muove Najla, irachena tornata dall'Italia dove si è laureata in Medicina, con l'intento di ritrovare un amore perso: Sherko, medico curdo rientrato in Patria per dare il proprio contributo nella drammatica guerra civile ed etnica in corso.
Najla però deve affrontare molti ostacoli, dovuti soprattutto ad una società culturalmente arretrata e maschilista. Decide così di diventare guardia medica dell'esercito per poter raggiungere un duplice obiettivo: da un lato sostenere le forze ribelli curde tramite il proprio sostegno medico e dall'altro poter ritrovare Sherko, impegnato a Kirkuk.
Il film regge su un impianto spesso utilizzato per raccontare gli svariati drammi offerti dalla storia dell'uomo, siano essi dovuti a guerre o a epidemie. Ovvero pone al centro della storia una giovane donna carica di ideali e voglia di cambiare il contesto sociale in cui vive, mossa dall'amore per il proprio popolo ma anche dall'amore per un uomo. Per queste caratteristiche, ma anche per il contesto mediorientale, la storia ricorda quella del film "Miral", dove invece si racconta di una giovane afgana. Un lavoro quasi auto-biografico quello di Fariborz Kamkari, iraniano di etnia curda, al suo secondo lungometraggio avendo lavorato principalmente a corti o lavori per la Tv. Il regista che si è formato e lavora in Italia, con questo film vuole infatti far conoscere al Mondo ciò che la sua gente ha subito in Iraq durante il Regime di Saddam.
Non a caso, il film si apre con le immagini dei soldati americani che abbattono la statua del Rais. Soldati, agli occhi dei curdi (e forse solo ai loro occhi per motivi comunque comprensibili) veri eroi portatori di libertà.
Le intenzioni originarie di Kamkari però vengono messe in secondo piano dalla figura ingombrante di Najla. Il prodotto finale dunque è un film che narra le gesta di una giovane donna coraggiosa e testarda, e non un lungometraggio che rende giustizia al popolo curdo.
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ipno74
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mercoledì 4 maggio 2011
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un amore duro da vivere
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Veramente un ottimo film, con riferimenti alle stragi dei curdi nel periodo du Saddam Hussein.
La regia è delicata e ben diretta, sceneggiatura essenziale.
Questa è anche la storia di una ragazza molto forte, che deve combattere contro la legge islamica e le sue idee.
Alcune scene sono molto crude, perchè descrivono in modo duro la violenza che i curdi subisco dalle truppe di Saddam, con bombe chimiche, torture, stupri.
Ma in mezzo a tanta violenza, abbiamo la descrizione stupenda e poetica di un grande amore, perchè, alla fine, quello che questo film trasmette, è il grande amore tra i due giovani mettendo in secondo piano l'odio e la guerra.
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Veramente un ottimo film, con riferimenti alle stragi dei curdi nel periodo du Saddam Hussein.
La regia è delicata e ben diretta, sceneggiatura essenziale.
Questa è anche la storia di una ragazza molto forte, che deve combattere contro la legge islamica e le sue idee.
Alcune scene sono molto crude, perchè descrivono in modo duro la violenza che i curdi subisco dalle truppe di Saddam, con bombe chimiche, torture, stupri.
Ma in mezzo a tanta violenza, abbiamo la descrizione stupenda e poetica di un grande amore, perchè, alla fine, quello che questo film trasmette, è il grande amore tra i due giovani mettendo in secondo piano l'odio e la guerra.
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algernon
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venerdì 19 novembre 2010
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viaggio fra le atrocità del regime di saddam
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film molto duro e coinvolgente. una storia d'amore fra una giovane medica tornata in iraq dopo gli studi in Italia e un medico curdo affiliato alla resistenza contro il regime sono lo spunto per farci vedere le feroci torture e le pulizie etniche operate da Saddam. ed anche l'arretratezza culturale della famiglia di lei, con la piaga dei matrimoni combinati e con l'assoggettamento delle donne da parte dei membri maschi della famiglia. bella e brava l'attrice. un po' rocambolesca e poco verosimile la fuga, necessaria però per portare a termine la narrazione
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francesco2
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venerdì 19 novembre 2010
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racconti di bagdad
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Sullo sfondo della caduta di Saddam(2003), un uomo pensa ad un suo (O AL suo?) travagliato amore che risale a oltre quindici anni prima. Oggetto di tale sentimento era una giovane indipendente (Anche "mentalmente", perché fumava ed offriva sigarette pur volendo intraprendere la professione di medico), che aveva scelto l'Occidente non per motivi ideologici ma in quanto voleva, ovviamente, dedicarsi a curare il prossimo. Se si aggiunge come, senza reminiscenze marxiste, scegliesse di disinteressarsi alla sua quota in una famiglia di capitalisti, si (dovrebbe) coglie(re) come Najla sia alternativa, come lo era un'altra mediorientale arrabbiata, una delle protagoniste del generoso ma bruttino "Racconti di Stoccolma"( peraltro, anche le voci mi paiono simili).
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Sullo sfondo della caduta di Saddam(2003), un uomo pensa ad un suo (O AL suo?) travagliato amore che risale a oltre quindici anni prima. Oggetto di tale sentimento era una giovane indipendente (Anche "mentalmente", perché fumava ed offriva sigarette pur volendo intraprendere la professione di medico), che aveva scelto l'Occidente non per motivi ideologici ma in quanto voleva, ovviamente, dedicarsi a curare il prossimo. Se si aggiunge come, senza reminiscenze marxiste, scegliesse di disinteressarsi alla sua quota in una famiglia di capitalisti, si (dovrebbe) coglie(re) come Najla sia alternativa, come lo era un'altra mediorientale arrabbiata, una delle protagoniste del generoso ma bruttino "Racconti di Stoccolma"( peraltro, anche le voci mi paiono simili). Una figura interessante, quindi, solo che queste ragazze "diverse" in queste società disgraziate cominciano amostrare la corda, meno la (mancata?) protagonista di "About Elly" che si distingueva per la sua assenza nel chiaccherare degli altri. Anche Najla rompe con gli schemi (Gli interessi della famiglia, nel piccolo, e quelli etnici, in grande, a maggior ragione nell'88) in un cinema che però non rompe con le forme consuete, specie nei primi venti minuti-mezz'ora. I personaggi sono assurdi, credo che nessuna persona di buon senso potrebbe prendere sul serio la sorella e lo zio, un pò meglio la madre), l'unica cosa che si eleva rispetto ad una cornice pre-fabbricata (Gli uomini esercitano la lro violenza, fisica e psicologica, o sono pure macchiette, come il guardiano, le donne o subiscono o si ribellano) sono i versi recitati da Lajla. Non mancano, certo, sferzate alla società dell'epoca: è più immorale la relazione della ragazza o il fatto che la sorella fumi piuttosto che la vendita, da parte del fratello, di medicinali scaduti). Tuttavia il film cerca di introdurci in una cornice più globale, mostrandoci la giovane più incline ai compromessi, disposta a collaborare col governo, e ci mostra un terzo personaggio che non aggiunge praticamente nulla, un pretendente della ragazza che non riesce a non innamorarsi di lei, e che fino alla fine cercherà di non perderla. Iniziano esperienze dirette col nero della prigione (Quel guardiano che le si avvicina, in una delle migliori s quenze come regia, evoca "Il padre" freudiano o il sistema di Foucault). In realtà Lajla entra in una dimensione "oscura" non solo sotto l'aspetto cromatico: ora conosce il COMPROMESSO, è usciya dalla dimensione della purezza legata al BIANCO dell'infermiera, ed a una semplice lotta per l'amore(personale) e per ideali(generali). Del resto, ciò si legava d un ulteriore compromesso, fatto dalla famiglia: cedere le sue quote affinché il regime non infierisse su chi era innamorata di un curdo. E poi utilizza la menzogna sempre di più , al punto che non sappiamo alla fine se fosse vero che le ragazzine soffrivano di colera o se volesse solo che non fossero vendute( E' troppo immaginare che non volesse anche per loro un futuro di amore infelice, come rischiava di essere il suo?).
Pur con alcuni limiti, è questa la parte migliore del film, anche perché pone quesiti interessanti sul concetto di "Morale". Ma il regista ritorna a mostrarci suoi limiti nel raccontarci la fuga d'amore di Najla e Sherko, chiudendo poi con un finale che mi pare contraddica molte delle cose dette: se la ragazza era "indipendente", sarebbe andata via solo per coltivare un desiderio di maternità, oltretutto con un figlio non suo? Bisognerebbe chiedere a molte donne, forse. E poi, che senso ha elogiare il ruolo della "Donna-madre" quando si è costruita una figura femminile così alternativa?
Finale didascalico, che non ci risparmia una carneficina con una brutta sceneggiatura, tra i principali limiti della plellicola, e dei semi (Credo) gettati nel cimitero, nella consapevolezza che "Najla, comunque, si trovava lì".
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[+] io sono curdo...
(di darsuh serwan)
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pepito1948
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giovedì 2 dicembre 2010
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un'occasione sprecata
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C'è tanto, forse troppo, in questo film, che appartiene al filone "nobile" della cinematografia internazionale. C'è l'Iraq di Saddam Hussein, con le sue brutalità, le sale di tortura insozzate di sangue, le deportazioni di giovani donne verso i Paesi del Golfo, la ferocia dei militari che propugnano una "soluzione finale" nei confronti delle minoranze. C'è una storia d'amore tra una ragazza irachena, fresca di studi in medicina in Italia, ed un ragazzo curdo (troppo facile il riferimento al tema di Giulietta e Romeo trasposto in ambito orientale, con Giulietta che rinuncia ad una comoda carriera per assistere i curdi perseguitati).
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C'è tanto, forse troppo, in questo film, che appartiene al filone "nobile" della cinematografia internazionale. C'è l'Iraq di Saddam Hussein, con le sue brutalità, le sale di tortura insozzate di sangue, le deportazioni di giovani donne verso i Paesi del Golfo, la ferocia dei militari che propugnano una "soluzione finale" nei confronti delle minoranze. C'è una storia d'amore tra una ragazza irachena, fresca di studi in medicina in Italia, ed un ragazzo curdo (troppo facile il riferimento al tema di Giulietta e Romeo trasposto in ambito orientale, con Giulietta che rinuncia ad una comoda carriera per assistere i curdi perseguitati). C'è un terzo incomodo, un tenentino in crisi di coscienza che per gelosia cerca di intralciare i piani dei due amanti. Ci sono gli echi dell'estenuante guerra, ormai alla fine, con l'Iran (siamo a fine anni '80). Ci sono le tracce devastanti delle ferite sui corpi dei curdi causate dalle armi chimiche usate da Saddam e fornite (così viene riferito nella narrazione) dagli USA. C'è un bambino in fasce affidato alla ragazza da una madre avviata a morte sicura ad Abu Grahib. C'è la fuga notturna degli amanti con il fagottino per sfuggire agli inseguitori (anche qui chiaro il riferimento alla sacra famiglia in fuga da Erode). Ci sono i ripetuti atti di coraggio e di eroismo di lei, fino all'estremo sacrificio. Il tutto raccontato come un lungo flash-back da lui che, ormai invecchiato, medita sul luogo di sepoltura dell'amata, insensibile ai fremiti popolari suscitati dalla caduta del Rais.
La cosa migliore di questo film, del cui regista non so nulla se non che opera e vive in Italia, è il protagonismo attivo o comunque positivo delle donne, che cercano con risultati alterni e con varie modalità di contrapporsi alla protervia maschilista di chi pretende sempre di decidere per (o contro di) loro, e che si sottraggono ad hijab e chador pur non rinunciando agli abiti tradizionali. Ma per il resto la regia è piatta, le immagini stereotipate e senza guizzi, sceneggiatura e dialoghi tutt'altro che di spessore (abbiamo visto ben altro sulla cultura islamica, sui suoi pregi e difetti, oltre che sul diffuso antifemminismo), la recitazione non è indimenticabile, non mancano ingenuità narrative. Di conseguenza il coinvolgimento emotivo, almeno per me, è risultato pressochè nullo. Insomma, nonostante il tema che richiama un pezzo di storia le cui ferite sono ancora aperte e che evidenzia risvolti interessanti, mi sembra un'occasione sprecata.
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