luca alvino
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lunedì 8 febbraio 2010
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il silenzio pneumatico delle altezze siderali
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Immaginate di essere una creatura alata, un uccello, un nobile rapace solitario, e di sorvolare le città degli uomini osservandole dall'alto. Non vedrete case, famiglie, persone; ma linee geometriche, forme spersonalizzate, pure astrazioni. Immaginate poi di calare dall'alto precipitandovi - appunto, come un falco - su un essere umano, sulla sua esistenza concreta, per sconvolgerlo, per privarlo delle sue certezze, scombussolare le sue abitudini, scardinare le sue sicurezze. Costui vi osserverà con gli occhi sgranati, cercando di affibbiarvi una connotazione, di comprendere chi siate per fargli questo, e con quale diritto lo facciate; e - non riuscendovi - vi chiederà rabbiosamente, guardandovi dritto negli occhi: «ma tu, chi cazzo sei?» È proprio questa, a ben vedere, la domanda centrale intorno a cui si impernia questa commedia intelligente, divertente e in grado di farci riflettere.
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Immaginate di essere una creatura alata, un uccello, un nobile rapace solitario, e di sorvolare le città degli uomini osservandole dall'alto. Non vedrete case, famiglie, persone; ma linee geometriche, forme spersonalizzate, pure astrazioni. Immaginate poi di calare dall'alto precipitandovi - appunto, come un falco - su un essere umano, sulla sua esistenza concreta, per sconvolgerlo, per privarlo delle sue certezze, scombussolare le sue abitudini, scardinare le sue sicurezze. Costui vi osserverà con gli occhi sgranati, cercando di affibbiarvi una connotazione, di comprendere chi siate per fargli questo, e con quale diritto lo facciate; e - non riuscendovi - vi chiederà rabbiosamente, guardandovi dritto negli occhi: «ma tu, chi cazzo sei?» È proprio questa, a ben vedere, la domanda centrale intorno a cui si impernia questa commedia intelligente, divertente e in grado di farci riflettere. L'inquietante interrogativo rivolto a Ryan Bingham - il tagliatore di teste interpretato da un George Clooney in forma strepitosa - non riguarda semplicemente la definizione di un'identità specifica. Egli si chiede, più radicalmente, se sia conveniente accollarsi il peso di un'identità tout court. A Ryan è connaturato il decollo, e vive l'atterraggio come una sconfitta. I disagi del viaggio che normalmente spaventano la gente comune (l'aria riciclata, l'illuminazione artificiale, i distributori automatici di succhi di frutta, il sushi scadente) costituiscono per lui l'ambientazione ideale in cui trascorrere il proprio tempo. Ama il silenzio pneumatico delle altezze siderali, gli spazi pressurizzati dai quali sembra essere stato aspirato tutto ciò che crea turbamento. È un paradiso fragile, inconsistente, ma che basta a Ryan per affrontare l'esistenza con contagiosa sprezzatura. Tutte le sue necessità sono rinchiuse nello spazio esiguo di un trolley, che manipola con circense dimestichezza. I rumori sono attutiti dalla moquette degli hotel, dai dispositivi meccanici che scattano con silenziosa precisione. Non è obbligato a rispettare le code, esonerato dal privilegio concesso dalle fidelity card. Non usa volgari chiavi di metallo, ma leggeri passepartout plastificati. Non si serve di banconote stropicciate, ma di carte di credito universalmente accettate.
Se possedere un'identità significa occupare uno spazio definito, avere un indirizzo individuato da una via e da un numero civico, in una città e in un quartiere specifico, possiamo dire che Ryan Bingham, in sostanza, non esista. Egli ha rinunciato a occupare uno spazio limitato, e desidera invece occuparlo nella sua massima estensione. Ha un'ambizione suprema: raggiungere i dieci milioni di miglia percorse in aereo. Una distanza pazzesca: un limite a cui tendere, più che un obiettivo umanamente raggiungibile. Un traguardo in grado di ottenergli uno speciale paradiso riservato a pochissimi eletti, simboleggiato da una speciale carta fedeltà delle linee aeree consegnata da un capitano sorridente, con dei baffi bianchi davvero incredibili, allucinata rappresentazione di un surreale dio aviatorio. La rinuncia a un'identità è dunque il prezzo da pagare per svolgere la sua funzione di tagliatore di teste, per calare a sorpresa nella vita delle persone a ingarbugliare le direzioni. Come un'antica, oscura divinità infernale, con apparizioni rapide e terrifiche, con il suo formulario paradossalmente convincente, la sua lucida, demonica misericordia.
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cantastorie
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sabato 16 gennaio 2010
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"i stereotype. it's faster.""
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Ryan Bingham (G. Clooney) lavora per una compagnia che lo "affitta" ad altre compagnie per licenziare i loro dipendenti; egli è uno dei migliori: anni di esperienza, capacità di cogliere al volo ciò che è necessario fare per limare la reazione del licenziato. Vive in volo, ha una casa asettica, è il promotore di una filosofia di vita secondo la quale tutto ciò di cui si ha bisogno per vivere deve entrare in un bagaglio a mano, non ha famiglia né strette relazioni interpersonali ed ha un sogno: raggiungere i dieci miglioni di miglia in volo. Due elementi portano scompiglio in questa vita ordinata e dai colori "da giacca e cravatta": Natalie Keener (Anna Kendrick), giovane assistente che propone il licenziamento tramite videoconferenza, il che sconvolgerebbe i piani di Ryan, e Alex Goran (Vera Farmiga), altra viaggiatrice per lavoro.
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Ryan Bingham (G. Clooney) lavora per una compagnia che lo "affitta" ad altre compagnie per licenziare i loro dipendenti; egli è uno dei migliori: anni di esperienza, capacità di cogliere al volo ciò che è necessario fare per limare la reazione del licenziato. Vive in volo, ha una casa asettica, è il promotore di una filosofia di vita secondo la quale tutto ciò di cui si ha bisogno per vivere deve entrare in un bagaglio a mano, non ha famiglia né strette relazioni interpersonali ed ha un sogno: raggiungere i dieci miglioni di miglia in volo. Due elementi portano scompiglio in questa vita ordinata e dai colori "da giacca e cravatta": Natalie Keener (Anna Kendrick), giovane assistente che propone il licenziamento tramite videoconferenza, il che sconvolgerebbe i piani di Ryan, e Alex Goran (Vera Farmiga), altra viaggiatrice per lavoro.. e da cosa nasce cosa. Reitman ci propone un terzo film con personaggi particolarissimi eppure richiamanti il banale quotidiano. Bingham non è piatto, banale né irrigidito nella sua vita: è pronto a cambiare, è tentato di abbandonare persino il suo sogno.. Un altro piccolo gioiello alla Reitman, una regia magistrale, una scelta di musiche favolose (da 'This Land Is Your Land' che ci catapulta all'attualità dai titoli di testa a "Up in the air" dei titoli di coda), fotografia limpida.. il nostro regista si conferma come uno dallo sguardo 'puro' sulla realtà: si inserisce nel contesto attuale della crisi, non solo economica ma anche relazionale (ipertecnologia irriflessiva). Insomma, dalle 4 alle 5 stelle per un film da vedere in lingua originale: alcuni giochi di parole necessitano di veri esperti di traduzione (ad esempio la capacità di Calvino di tradurre Queneau).
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fabrizio cirnigliaro
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lunedì 25 gennaio 2010
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2 piccioni con un trolley
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Per Ryan accontentarsi vuol dire fallire, non crede nel rapporto stabile, nel matrimonio, non vuole avere figli, ha scelto il trolley come compagno di vita, e crede che le foto ricordo servano solamente a chi non ha memoria.
I protagonisti delle pellicole di Jason Reitman sono dei cinici dalla forte personalità, con dei comportamenti moralmente discutibili e il personaggio interpretato da Clooney in “Tra le nuvole” non è da meno se paragonato al lobbysta Aaron Eckhart (Thank you for smoking) e alla teenager Ellan Page (Juno). Attraverso lo strumento della commedia Reitman riesce ad affrontare argomenti scottanti, di stretta attualità, senza però mettersi su un piedistallo per emettere sentenze o condanne.
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Per Ryan accontentarsi vuol dire fallire, non crede nel rapporto stabile, nel matrimonio, non vuole avere figli, ha scelto il trolley come compagno di vita, e crede che le foto ricordo servano solamente a chi non ha memoria.
I protagonisti delle pellicole di Jason Reitman sono dei cinici dalla forte personalità, con dei comportamenti moralmente discutibili e il personaggio interpretato da Clooney in “Tra le nuvole” non è da meno se paragonato al lobbysta Aaron Eckhart (Thank you for smoking) e alla teenager Ellan Page (Juno). Attraverso lo strumento della commedia Reitman riesce ad affrontare argomenti scottanti, di stretta attualità, senza però mettersi su un piedistallo per emettere sentenze o condanne. Nel cast la maggior parte dei personaggi che venivano licenziati dallo squalo Ryan non sono stati interpretati da attori professionisti, ma da persone che hanno perso il lavoro recentemente, a causa dell'ultima crisi che ha tanto sconvolto il mercato del lavoro negli States.
Stesso discorso per la canzone che si ascolta nei titoli di coda, scritta e interpretata da un ragazzo che ha recentemente perso il lavoro. “Tra le nuvole” è anche una commedia sentimentale, lontana anni luce da quei film tanto di voga alla fine del secolo scorso interpretati dalla coppia Hanks-Ryan, pellicole in cui si puntava a far commuovere lo spettatore senza preoccuparsi di rappresentare onestamente i piccoli drammi della quotidianità. Nel film di Raitman una persona che viene licenziata sa che deve immediatamente affrontare tante difficoltà, la perdita della copertura dell'assistenza sanitaria, il mutuo da pagare. Il difficile ricollocamento professionale nel mercato del lavoro. I tempi sono diversi, oggi si viene scaricati dal proprio ragazzo o licenziati dall'azienda con un sms, e la casa di proprietà per tutti è una promessa che il sogno americano non riesce più a mantenere.
Ryan si rifugia in un mondo tutto suo, fatto di check in, continui spostamenti, punti fidelizzazione, auto esiliandosi dalla società. Reitman affronta il problema della disoccupazione negli Usa, causato soprattutto dalla crisi dell'industria delle auto e del mercato immobiliare, facendo sorridere e allo stesso tempo riflettere, riesce a prendere due piccioni con una fava, anzi, con un trolley
Sto parlando con i miei coetanei,
ascoltandoli raccontare le loro paure interiori,
alcuni hanno una vita che non sta andando come avevano programmato,
e alcuni sono intrappolati in situazioni che non riescono a sopportare
Kevin Renick “Up in the Air”
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catinka
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sabato 13 febbraio 2010
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noioso e retorico
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Un film davvero deludente, contro tutte le aspettative e la critica che da un po' di tempo si sta ritarando su un livello decisamente basso. Definire questo film un capolavoro è quasi vergognoso. Mi viene da pensare. malignamente, la tendenza si quella di osannare un film che abbia come tema un problema sociale, solo per le sue intenzioni, e non per come esse sono raccontate. Errore madornale. Un film non si fa con le intenzioni, un film è prima di tutto un racconto, che può essere appassionante, convincente, coerente, originale, o meno. In questo caso decisamente meno.
Il film non va oltre le intenzioni, è terribilmente noioso, scontato, banale.
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Un film davvero deludente, contro tutte le aspettative e la critica che da un po' di tempo si sta ritarando su un livello decisamente basso. Definire questo film un capolavoro è quasi vergognoso. Mi viene da pensare. malignamente, la tendenza si quella di osannare un film che abbia come tema un problema sociale, solo per le sue intenzioni, e non per come esse sono raccontate. Errore madornale. Un film non si fa con le intenzioni, un film è prima di tutto un racconto, che può essere appassionante, convincente, coerente, originale, o meno. In questo caso decisamente meno.
Il film non va oltre le intenzioni, è terribilmente noioso, scontato, banale. I personaggi non sono credibili. E per fare un personaggio credibile non serve dargli verità, verosimiglianza, aderenza con la realtà (cosa che peraltro questo film si vanta di voler fare) ma coerenza sì, quella è doverosa. E a questo gli sceneggiatori non hanno pensato. Altro errore madornale.
Ditemi voi perchè una donna sposata con figli, in cerca di un'avventura, una fuga dalla sua vita quotidiana, con un uomo attraente e per molti versi simile a lei, passa un intero weekend con la famiglia di lui, partecipando al matrimonio della sorella, e mostrando così di provare per lui qualcosa di profondo, un interesse vero, per poi andargli a dire, alla fine del film: ma io volevo solo una storiella. Manca coerenza. Io a questa storia non ci credo.
Ditemi voi perchè un uomo che sta per sposarsi e che, un attimo prima della cerimonia cade in crisi, e non sa più che cosa vuole, e teme che con il matrimonio andrà incontro a una vita infelice, terrorizzato da questa idea, cambia completamente prospettiva e supera ogni paura perchè un uomo che non ha mai visto prima e che non conosce gli fa il discorso più banale del mondo, ossia la solita vecchia solfa che invecchiare da soli non è poi una grande cosa... discorso in seguito al quale il futuro sposo, felice corre dalla sua sposa. Ditemi perchè si convince così facilmente e in maniera così cretina, perchè io a questa storia non ci credo.
E ditemi perchè battute tipo "bentornato a casa" con annessa pacca sulla spalla, da parte della sorella del protagonista, rivolte apputo al protagonista che ha appena fatto una buona azione (il sopra citato discorso banalissimo) dovrebbero convincermi. Battute come queste dovrebbero essere ammesse solo nelle soap o nei serial degli anni '80.
Basta giudicare il film dall'intento social che sbandiera. Onore alle buone intenzioni, ma merito a chi sa raccontarle poi bene.
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davidestanzione
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lunedì 1 febbraio 2010
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reitman riscrive la poesia dell'esistenzialismo
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Jason Reitman è ormai da considerarsi uno degli autori più emblematici della più recente "nouvelle vague" americana:dopo la dark comedy "Thank you for smoking" e il frizzante "Juno",Reitman torna alla carica:assolda la prima vera grande star(George Clooney),isola gli elementi base dal plot del libro di Walter Kirn(per parafrase il 31enne regista canadese il libro parla di "un uomo che licenzia la gente per vivere,uno che colleziona miglia religiosamente e che crede che la vita sia meglio senza nessuno")e ne tira fuori l'ennesima(anzi la terza, a essere onesti)superba,spumeggiante sceneggiatura,infarcita stavolta di un'aspra e tutt'altro che velata critica sociale contro i licenziamenti indiscriminati e selvaggi operati dalle grandi compagnie:la sequenze non proprio sparute,che tra l'altro aprono il film,in cui si susseguono in rapida successione i volti tutt'altro che anonimi(ognuno ha infatti una storia da raccontare o un'amara e stizzita riflessione da distillare) di coloro che sono stati appena licenziati dal tagliatore di teste provetto Clooney virano senz'altro in quella direzione.
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Jason Reitman è ormai da considerarsi uno degli autori più emblematici della più recente "nouvelle vague" americana:dopo la dark comedy "Thank you for smoking" e il frizzante "Juno",Reitman torna alla carica:assolda la prima vera grande star(George Clooney),isola gli elementi base dal plot del libro di Walter Kirn(per parafrase il 31enne regista canadese il libro parla di "un uomo che licenzia la gente per vivere,uno che colleziona miglia religiosamente e che crede che la vita sia meglio senza nessuno")e ne tira fuori l'ennesima(anzi la terza, a essere onesti)superba,spumeggiante sceneggiatura,infarcita stavolta di un'aspra e tutt'altro che velata critica sociale contro i licenziamenti indiscriminati e selvaggi operati dalle grandi compagnie:la sequenze non proprio sparute,che tra l'altro aprono il film,in cui si susseguono in rapida successione i volti tutt'altro che anonimi(ognuno ha infatti una storia da raccontare o un'amara e stizzita riflessione da distillare) di coloro che sono stati appena licenziati dal tagliatore di teste provetto Clooney virano senz'altro in quella direzione.Ma la centralità del film non risiede nella denuncia,la valenza socialmente impegnata della sceneggiatura,scritta a quattro mani da Reitman e Sheldon Turner,è quanto mai relativa e accessoria,seppur presente e innegabile."Tra le nuvole" è infatti un film apparentemente ammantato da una sostanziale leggerezza,come d'altronde lo sono anche i precedenti lavori di Reitman:tutto ruota intorno alla caratterizzazione di questo cinico,compiaciuto e irresistibile habituè di compagnie aeree,che vola da una città all'altra tagliando teste a più non posso per conto del suo capo,un Jason Bateman acido e mortalmente alieno da qualsivoglia logica non aziendale. Insegna alla gente come fare "a non impegnarsi" nella vita,a svuotare lo zaino (metafora suggestiva ed elemento originale che spicca nella sceneggiatura)di tutto ciò che condiziona e banalizza la vita quotidina dell'uomo medio soffocandone ogni ambizione e,per così dire,tappandone le ali. Ma la leggerezza e il disimpegno sono passeggeri(manco a dirlo)e ben presto il cinismo è messo a durissima prova dai solchi profondi tracciati nell'anima e nello sguardo di Ryan Bingham (il protagonista appunto) dalle parole e dai gesti spesso impossibili da ignorare dei lavoratori licenziati (dall'incazzoso Zach Galifianakis all'onnipresente J.K.Simmons)e dal fragile risentimento,sempre crescente, della propria compagna di lavoto Natalie(un'ottima Anne Kendrick);mentre il netto rifiuto delle relazioni stabili va a farsi benedire quando Ryan conosce Alex(Vera Farmiga, della quale Reitman ci mostra integralmente il lato B),una fascinosa donna in carriera che sembra il suo alter ego:lei vorrebbe solo scopare occasionalmente viaggi di lavoro permettendo, lui finisce con l'innamorarsi, purtroppo assai poco ricambiato. E adesso lo zaino è davvero vuoto, caro Ryan: cuore spezzato e sensi di colpa lancinanti per il lavoro svolto fino a quel momento, ed ecco a voi la redenzione del personaggio,che si trova perfino costretto a "sponsorizzare" il matrimonio per rindizzare verso l'altare l'incerto futuro cognato. Clooney non rinuncia al suo immancabile humour denso e autoironico (a tratti perfino esilarante)e finisce col confezionare il suo personaggio più autentico,maturo,fragile e poetico.E le battute finali, pronunciate da un Ryan che fissa mestamente il tabellone dei voli in partenza, sono davvero un tripudio di poesia esistenzialista.
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eddie '85
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mercoledì 29 dicembre 2010
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tra le nuvole ci si accorge di aver sbagliato
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voto: 8 Reitman, dopo i brillanti "Thank you for smoking" e "Juno", prova il difficile salto da un cinema più indipendente ad un cinema condizionato dal divismo del protagonista e da più ferree logiche commerciali: il rischio di inciampare e perdere il proprio acume e le proprie caratteristiche era alto, ma il bravo regista ha saputo evitarlo, confermando il suo talento e presentandosi come uno dei cavalli vincenti della Hollywood del futuro. "Tra le nuvole" è una commedia sentimentale- almeno una spanna sopra la media delle commedie sentimentali americane dell'ultimo decennio- certamente brillante, ma, sopratutto, riflessiva e amara.
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voto: 8 Reitman, dopo i brillanti "Thank you for smoking" e "Juno", prova il difficile salto da un cinema più indipendente ad un cinema condizionato dal divismo del protagonista e da più ferree logiche commerciali: il rischio di inciampare e perdere il proprio acume e le proprie caratteristiche era alto, ma il bravo regista ha saputo evitarlo, confermando il suo talento e presentandosi come uno dei cavalli vincenti della Hollywood del futuro. "Tra le nuvole" è una commedia sentimentale- almeno una spanna sopra la media delle commedie sentimentali americane dell'ultimo decennio- certamente brillante, ma, sopratutto, riflessiva e amara. Abbastanza convenzionale nell'intreccio, almeno fino al finale in cui si è evitato un happy end che sarebbe risultato stonato con l'evolversi e la tematica del film, il film è retto da una sceneggiatura che fila liscia come l'olio e da una regia che non sbaglia un colpo: apparentemente invisibile (in realtà, spesso, la macchina si muove leggermente e lentamente per dare ritmo ai momenti più verbosi, e per sottolineare la centralità del personaggio che in un dato momento è più importante) lo stile di Reitman regala alcune finezze e momenti in cui la mano dell'autore è evidente nel voler dare un certo significato e una valenza simbolica a determinate scene. é anche, e sopratutto, un film perfettamente al passo con i tempi, con la crisi economica, e con il conseguente smarrimento sociale: quando tra qualche anno si vorrà fare una rassegna cinematografica sul cinema al tempo della crisi, "Tra le nuvole" sarà sicuramente tra le prime scelte. La vicenda del protagonista, un tagliatore di teste che trascorre più di 320 giorni all'anno in aereo, che inneggia alla solitudine perchè i rapporti sono " fardelli che rendono pesante il tuo zaino", e che si accorge di aver sbagliato tutto quando ormai è troppo tardi per ricominciare e rimediare, è allegorica degli stati Uniti che per venti anni hanno seguito una politica economica euforica e sbagliata e se ne sono accorti quando ormai c'era ben poco da fare. La rassegna delle reazioni della gente alla notizia del licenziamento toglie il fiato, così come lo toglie la corazza di cinismo del protagonista nell'atto di dare la notizia e proporre una nuova vita; quando però ci si rende conto di aver sbagliato tutto, ed è troppo tardi per cambiare vita e anche l'ultima tua speranza svanisce sotto la neve di Chicago, il cinismo non basta più; e persi si rimane minuscoli al confronto del tabellone delle partenze, e soli tra le nuvole, invitando la gente non più a pensare che i rapporti sono dei pesi, ma a pensare per un attimo che "quella stella un pò più luminosa, è l'ala del mio aereo". Film quindi con più chiavi di lettura, supportato perfettamente da una grande prova di Clooney, bravo nell'essere sempre al centro del film senza togliere nulla al suo potenziale e alla sua efficacia. Non sfigurano le due ottime protagoniste femminili. Dominano il grigio e il bianco, e, in generale, i colori non sono mai troppo brillanti. L'unico piccolo neo è il, a volte, troppo evidente product placement.
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(di desperate housewife)
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michelastd
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sabato 20 marzo 2010
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tra le nuvole
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Ryan Bingham ha il sorriso furbo e lo sguardo intrigante. Modi gentili e sicuri. E’ elegante. Affascinante. Cinico. Ironico. E’ un uomo di successo che ha scelto di vivere senza legami, ha voluto la libertà. Non ha bisogno di casa né di famiglia né di amici perché il suo mondo è tutto lì, nell’aria viziata degli aeroporti che conosce come le sue tasche, nelle stanze anonime dei migliori hotel, nei sorrisi delle hostess, nei salottini riservati per i frequent flyer dov’è servito e coccolato, nei rapporti occasionali che intreccia tra un decollo e l’altro. Passa la sua vita in volo, ogni giorno una nuova città, ogni giorno un nuovo aereo. Va sicuro: sa che tutta la vita puo’ stare in un trolley, sa che al check-in i passeggeri orientali scorrono più rapidi, sa quale compagnia conviene per noleggiare un’auto.
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Ryan Bingham ha il sorriso furbo e lo sguardo intrigante. Modi gentili e sicuri. E’ elegante. Affascinante. Cinico. Ironico. E’ un uomo di successo che ha scelto di vivere senza legami, ha voluto la libertà. Non ha bisogno di casa né di famiglia né di amici perché il suo mondo è tutto lì, nell’aria viziata degli aeroporti che conosce come le sue tasche, nelle stanze anonime dei migliori hotel, nei sorrisi delle hostess, nei salottini riservati per i frequent flyer dov’è servito e coccolato, nei rapporti occasionali che intreccia tra un decollo e l’altro. Passa la sua vita in volo, ogni giorno una nuova città, ogni giorno un nuovo aereo. Va sicuro: sa che tutta la vita puo’ stare in un trolley, sa che al check-in i passeggeri orientali scorrono più rapidi, sa quale compagnia conviene per noleggiare un’auto. Vola e guarda il mondo reale dall’alto, vola e accumula punti, così tanti da essere a un passo dall'ambito bonus del milione di miglia. Ma Bingham è anche un professionista e, tra un volo e l’altro, puntuale ed efficiente, fa il suo dovere. Licenzia. In un periodo di profonda crisi economica, quando le aziende dimezzano il personale, lui è un tagliatore di teste. Toglie lavoro, speranza, stipendio e futuro alle persone. E lo fa sempre con il sorriso furbo, lo sguardo affascinante e i modi gentili. E’ un professionista e il dolore che vede nei volti davanti a sé non tocca la sua coscienza. Tutta la prima parte del film scorre elegante e freddamente ripetitiva in linea con la sicurezza e la vita perfetta di Bingham. Ma la vita vera non è mai così sicura. Una ragazza determinata che crede nell’amore puo’ mostrare una visione del tutto diversa del mondo. Una donna affascinante e libera, anima gemella che vive d’hotel e aeroporti, puo’ travolgere una concezione intera. Un evento familiare puo’ risvegliare affetti e scuotere coscienze. E allora, la vita è davvero migliore senza legami? L’indipendenza assoluta porta alla realizzazione personale? Vivere godendo di ogni benefit possibile, sempre al top, è libertà? “TRA LE NUVOLE” è il racconto del percorso di un uomo di successo, realizzato nella sua concezione di felicità e della sua presa di coscienza mentre la vita continua patinata e organizzata. Un uomo che parte per raggiungere la libertà ma che forse tenta solo di volare via dalle responsabilità e dalla vita reale. Un uomo che ha paura di soffrire ma che soffrirà proprio come tutti quelli che vivono con i piedi per terra. Tratto dal romanzo di Walter Kirn del 2001, “TRA LE NUVOLE” è una commedia che fa sorridere e diverte, un ritratto intimo che fa pensare, un finale dal retrogusto amaro. E’ semplicemente il racconto di un uomo. Tutto ruota intorno a Bingham. La crisi economica e sociale degli Stati uniti è trattata superficialmente. Le protagoniste femminili sono fondamentali per il percorso di Bingham ma le loro storie non sono in primo piano. Le decine di lavoratori che siedono davanti al tagliatore di teste andando incontro al loro destino disperati, arrabbiati, rassegnati, combattivi, annientati, sono solo brevissime apparizioni. Tutto è solo sfondo, contesto drammatico, contorno per inquadrare una vicenda personale. Clooney, cinico e affascinante, è perfetto in un ruolo che sembra cucitogli addosso. Per lui una candidatura all’Oscar come Miglior Attore, oltre alle 5 come Miglior Film, Regia, Sceneggiatura non originale, Attrice non protagonista (sia Vera Farmiga che Anna Kendrick)
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orestepinziettoni
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mercoledì 17 febbraio 2010
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una sperimentazione riuscita male
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Vedendo "Tra le nuvole" ho avuto l'impressione che, almeno nelle intenzioni del regista, il film vorrebbe porsi come un'occasione per riflettere su un tema di grande attualità, ovvero l'illusoria pretesa di vivere in un mondo tecnologico e privo di vincoli tradizionali come casa e famiglia: un universo spersonalizzato e globalizzato come maschera di una disperata solitudine esistenziale che affligge il personaggio principale, Ryan Bingham.
Tuttavia le buone intenzioni (ed una storia potenzialmente originale e fuori dai canoni della commedia statunitense) si traducono in un opera cinematografica che resta in ogni caso superficiale e che lascia una sensazione di incompiutezza ed inconsistenza.
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Vedendo "Tra le nuvole" ho avuto l'impressione che, almeno nelle intenzioni del regista, il film vorrebbe porsi come un'occasione per riflettere su un tema di grande attualità, ovvero l'illusoria pretesa di vivere in un mondo tecnologico e privo di vincoli tradizionali come casa e famiglia: un universo spersonalizzato e globalizzato come maschera di una disperata solitudine esistenziale che affligge il personaggio principale, Ryan Bingham.
Tuttavia le buone intenzioni (ed una storia potenzialmente originale e fuori dai canoni della commedia statunitense) si traducono in un opera cinematografica che resta in ogni caso superficiale e che lascia una sensazione di incompiutezza ed inconsistenza. La trama scorre in modo consequenziale attraverso dialoghi anche pungenti ed ironici, tuttavia senza toccare mai lo spettatore nel vivo, nemmeno nel finale amaro in cui il personggio di Ryan Bingham "risolve" la propria paradossale condizione umana acquisendo piena coscienza della propria miseria. Se il profilo psicologico di Bingham viene efficacemente caratterizzato da Clooney - attore dal talento indiscusso - la psicologia degli altri personaggi non viene sviluppata ed in modo soddisfacente, soprattutto per quanto riguarda le due figure femminili principali del film.
Non vi è (volutamante credo) denuncia socio-economica, non vi è sufficiente introspezione, non vi è brillantezza nella sperimentazione. Ci sono alternative migliori nelle sale cinematografiche...
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audreyandgeorge
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martedì 24 agosto 2010
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tra le nuvole e un sandwich veloce
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C'è un giovane regista canadese che non è più una sorpresa: si tratta di Jason Reitman che nel 2009 con Tra le nuvole ha dato una prova convincente, come dimostrano le 6 candidature agli oscar. Questa opera tratta tematiche sociali di sicuro impatto ma con un'evoluzione rispetto ai già acclamati Juno e Thank you for smoking.
Merita una citazione anche la colonna sonora.
Il protagonista del film, tratto dal romanzo di Walter Kirn, è un affascinante 'tagliatore di teste', che con professionalità e faccia tosta viaggia per gli Stati Uniti per licenziare ignari dipendenti.
Il regista ha voluto rendere alcune scene più credibili coinvolgendo persone che realmente hanno perso il lavoro. Il film non si limita a questo, tratta più argomenti: da quello tremendamente attuale, la crisi economica, alla delocalizzazione del lavoro, dalla difficoltà di instaurare relazioni vere alla fuga dalla vita reale.
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C'è un giovane regista canadese che non è più una sorpresa: si tratta di Jason Reitman che nel 2009 con Tra le nuvole ha dato una prova convincente, come dimostrano le 6 candidature agli oscar. Questa opera tratta tematiche sociali di sicuro impatto ma con un'evoluzione rispetto ai già acclamati Juno e Thank you for smoking.
Merita una citazione anche la colonna sonora.
Il protagonista del film, tratto dal romanzo di Walter Kirn, è un affascinante 'tagliatore di teste', che con professionalità e faccia tosta viaggia per gli Stati Uniti per licenziare ignari dipendenti.
Il regista ha voluto rendere alcune scene più credibili coinvolgendo persone che realmente hanno perso il lavoro. Il film non si limita a questo, tratta più argomenti: da quello tremendamente attuale, la crisi economica, alla delocalizzazione del lavoro, dalla difficoltà di instaurare relazioni vere alla fuga dalla vita reale.
Ci facciamo un pò gli affari del regista Reitman e vediamo che oltre al sicuro talento e coraggio, c'è una vita passata nel cinema, con il padre Ivan che produce Animal House (ricordate il tormentone di Shout di Otis Day?) e lascia una traccia indelebile nei cult degli anni 80' con Ghostbusters - Gli Acchiappafantasmi.
Dopo tanti check-in e tanti aeroporti vi proponiamo un sandwich, scopritelo su www.nonsolopizzaecinema.com
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desperate housewife
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venerdì 11 marzo 2011
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tra le nuvole....un mondo più bello
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Film surreale, ma a tratti drammaticamente vero, che racconta la vita di un "tagliatore di teste", figura professionale che in epoca di crisi economica trova ampiamente spazio per esercitare, con adeguato cinismo, il compito di licenziare impiegati in esubero. La scelta del regista di mischiare ai volti degli attori anche dei licenziati "autentici", da maggiore realismo alle reazioni dei malcapitati, che bucano lo schermo con la forza della verità. A primo acchito è il cinismo del protagonista che emerge come tratto distintivo della commedia, ma la storia è costruita per mostrare in reatà la sua esigenza di staccarsi da un mondo che non ha più niente da offrirgli.
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Film surreale, ma a tratti drammaticamente vero, che racconta la vita di un "tagliatore di teste", figura professionale che in epoca di crisi economica trova ampiamente spazio per esercitare, con adeguato cinismo, il compito di licenziare impiegati in esubero. La scelta del regista di mischiare ai volti degli attori anche dei licenziati "autentici", da maggiore realismo alle reazioni dei malcapitati, che bucano lo schermo con la forza della verità. A primo acchito è il cinismo del protagonista che emerge come tratto distintivo della commedia, ma la storia è costruita per mostrare in reatà la sua esigenza di staccarsi da un mondo che non ha più niente da offrirgli. Vivere tra le nuvole, portandosi dietro solo un trolley, per più di 300 giorni l'anno, non avere una casa, dei legami, degli affetti, consente al protagonista di prendere le distanze da tutto ciò che lo circonda e allontanare da se le sofferenze proprie e degli altri. La terra, vista dal finestrino di un aereo, è lontana, variopinta, tranquilla, sicuramente più bella. E quando prova a scendere giù il fascino del mondo sembra rapirlo, ma è solo un attimo, il tempo necessario per rendersi conto che è tutto finto. Finta è la sagoma che immortala nelle foto promesse alla sorella, finte sono le parole che ripete (sempre uguali...) in giro per l'america, finto è il sentimento che pensa di ricevere da una donna di cui potrebbe innamorarsi....E allora è meglio tornare lassù, tra le nuvole, dove anche il mondo sembra più bello.... E il dolce sorriso di Clooney restituisce un pò di serenità allo spettatore......
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