Il nastro bianco |
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Un film di Michael Haneke.
Con Christian Friedel, Leonie Benesch, Ulrich Tukur, Ursina Lardi, Burghart Klaußner.
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Titolo originale Das Weiße Band.
Drammatico,
b/n
durata 144 min.
- Austria, Francia, Germania 2009.
- Lucky Red
uscita venerdì 30 ottobre 2009.
MYMONETRO
Il nastro bianco ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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La perdita dell'innocenza secondo Haneke
di M.D.CFeedback: 5834 | altri commenti e recensioni di M.D.C |
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mercoledì 21 aprile 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Un piccolo villaggio tedesco senza nome, una serie di episodi apparentemente inspiegabili (ferimenti,incendi,torture, sparizioni), la ricerca senza sbocco di uno o più colpevoli, l'invito più o meno consapevole al sospetto, alla delazione, infine l'irrompere della guerra (fatto che rimane sullo sfondo, quasi a sottolinearne l'inevitabilità per un'umanità così distorta). Questa, sommariamente, la cronologia degli eventi ne Il Nastro Bianco, ultimo film di M. Haneke, autore celebrato e detestato de La Pianista e Niente da nascondere. Che il regista austriaco avesse una personale, ossessiva, visione del male risultava evidente dai suoi precedenti film,anch'essi segnati da violenze fisiche e psicologiche(spesso, ed in modo opportuno, solo suggerite). Quello che sembrava mancare invece ad Haneke era una capacità di rappresentazione che non si limitasse ad essere solo, semplicisticamente, descrittiva, ma che riuscisse a dare ai suoi personaggi una dimensione psicologica credibile. Se questo limite ne Il Nastro Bianco è parzialmente riscattato lo si deve in gran parte all'ambientazione (l'inizio del 900), che rende lo sguardo freddo, oggettivizzante e spesso calcolatore del regista più funzionale alla narrazione. In una società patriarcale, arcaica e isolata infatti certe reticenze, imposizioni familiari e forzature comportamentali risultano naturali, e senz'altro molto più credibili di quando (ad esempio)vengono calate nella Parigi contemporanea. Ecco quindi che certi personaggi paradigmatici, il pastore, il barone, il dottore (tutti nominati per titolo come nel Salò di Pasolini)divengono realisticamente portatori di un male contagioso che nasce dalla tradizione, dalla differenza di classe o dall'edonismo. Inoltre,lo stesso Haneke inserisce almeno un paio di scene da ricordare(come il dialogo fra il bambino e la sorella sulla morte) che servono a caratterizzare meglio quella perdita dell'innocenza fatta di rivelazioni che spingono l'infanzia nell'abisso della consapevolezza. In fondo anche per il Nastro Bianco vale il vecchio adagio:"il sonno della ragione genera mostri". Basta per una palma d'oro?
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