Ultimi giorni da noi |
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Un film di Gillian Armstrong.
Con Bruno Ganz, Lisa Harrow, Henry Fox, Kerry Fox
Titolo originale The Last Days of Chez Nous.
Drammatico,
durata 92 min.
- Australia 1990.
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Ultimi giorni di una coppia in crisidi M.D.CFeedback: 5834 | altri commenti e recensioni di M.D.C |
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mercoledì 29 agosto 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Un altro titolo da recuperare di quell'onda australiana(aperta da Wier e transitata attraverso Jane Campion) che sottotraccia ha attraversato gli anni novanta esaurendosi poco dopo, ma questo Ultimi giorni da noi(finalmente un titolo non mortificante per l'edizione nostrana) ha diverse virtù e persino il coraggio dei propri difetti. Il microcosmo familiare esplorato con essenzialita dal plot, con cadenze che oscillano tra il dramma e il riso, ha infatti luminosi accenti malinconici che non hanno nulla da invidiare a storie simili passate con miglior esito sui nostri schermi, mentre i chiaroscuri drammaturgici imprimono alle svolte esistenziali del copione degli accenti di innegabile intensità. Nel precario equilibrio matrimoniale tra la scrittrice quarantenne L. Harrow e l'inaffidabile marito francese Bruno Ganz irrompe come un elemento perturbante Kerry Fox ( allora appena glorificata dal ruolo di Janet Frame in Un angelo alla mia tavola), scapestrata sorella della scrittrice di ritorno a casa. Complice un viaggio della protagonista con l'anziano genitore per recuperare un dialogo forse davvero mai instaurato, tra il marito insoddisfatto e la giovane cognata si consuma un'attrazione che sfocia in dramma al ritorno della legittima consorte. La disgregazione dell'unità familiare,al di là della prevedibile svolta del tradimento, va in scena con una credibilissima messinscena nell'arduo confronto tra le due sorelle che danno vita a un duetto destinato a coinvolgere anche il più distaccato degli spettatori. Gran merito del felice esito della rappresentazione va alla regista G. Armstrong, autrice del sottovalutato Fuga d'inverno, qui capace di affondare il bisturi della tensione nei logori rapporti di coppia messi alla prova dalla quotidianità, mostrando un felicissima misura che le permette di esorcizzare le ombre del sentimentalismo. Gli interpreti, tutti in parte (con Ganz che forse eccede con troppa disinvoltura nel suo ruolo d'insoddisfatto bohemien), assecondano con visibile attaccamento questa discesa nel cuore delle nevrosi familiari che anziché sfociare nel mostruoso vira nello struggente accenno conclusivo, con la protagonista che rialzandosi dal dolore insegue un motivo musicale in lontananza, una scelta simbolica per riaffermare la forza indomabile degli sconfitti. Matteo De Chiara
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