stenoir
|
martedì 31 dicembre 2019
|
harvey milk abbattè un muro
|
|
|
|
Sean Penn vinse, meritatamente, il suo secondo oscar, dopo quello per Mystic River, interpretando Harvey Milk, il primo omosessuale dichiarato ad avere una carica politica nell’America degli anni 70, in California. Trasferitosi da New York a San Francisco, con il proprio compagno, all’inizio del decennio, aprì un negozio di fotografia nel quartiere gay e grazie alla sua intelligenza e ai suoi modi educati ma decisi, riuscì a diventare leader della comunità. Ovviamente, non tutti i cittadini gradivano questa situazione, cioè che una persona con orientamenti sessuali differenti, potesse essere considerata alla pari, o al di sopra di loro. Gus Van Sant non è nuovo a dirigere film basati su temi ‘spinosi’, (basti pensare a Elephant) e in Milk, decide di attuare varie tecniche di ripresa, come il super 8, per le riprese nelle quali furono coinvolti manifestanti o quelle relative alle contestazioni del tempo.
[+]
Sean Penn vinse, meritatamente, il suo secondo oscar, dopo quello per Mystic River, interpretando Harvey Milk, il primo omosessuale dichiarato ad avere una carica politica nell’America degli anni 70, in California. Trasferitosi da New York a San Francisco, con il proprio compagno, all’inizio del decennio, aprì un negozio di fotografia nel quartiere gay e grazie alla sua intelligenza e ai suoi modi educati ma decisi, riuscì a diventare leader della comunità. Ovviamente, non tutti i cittadini gradivano questa situazione, cioè che una persona con orientamenti sessuali differenti, potesse essere considerata alla pari, o al di sopra di loro. Gus Van Sant non è nuovo a dirigere film basati su temi ‘spinosi’, (basti pensare a Elephant) e in Milk, decide di attuare varie tecniche di ripresa, come il super 8, per le riprese nelle quali furono coinvolti manifestanti o quelle relative alle contestazioni del tempo. Oltre all’oscar a Sean Penn, il film vinse la statuetta per la sceneggiatura (Lance Black), segno dell’ottima qualità del prodotto.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a stenoir »
[ - ] lascia un commento a stenoir »
|
|
d'accordo? |
|
sir branco
|
martedì 18 ottobre 2016
|
la poetica degli attimi
|
|
|
|
Non solo un film lgbt, non solo un film biografico ma una celebrazione degli attimi.
Io sono vittima facile quando si parla di film e documentari riguardanti i diritti civili.
[+]
Non solo un film lgbt, non solo un film biografico ma una celebrazione degli attimi.
Io sono vittima facile quando si parla di film e documentari riguardanti i diritti civili. Alla fin fine secondo me c'è solo una regola che bisogna rispettare: dare dignità agli attivisti senza idolatrarli, semplicemente raccontarli come uomini. Solo così puoi emozionare raccontando, solo così puoi rendere un film di questo tipo necessario. E Dustin Lance Black ci riesce. Il film emoziona perché si percepisce quanto sia sentito e voluto da Van Sant e Lance Black, entrambi omosessuali dichiarati e quindi sinceramente coinvolti. Si respira onestà e sincerità nella narrazione. E sono sicuro che neppure Sean Penn avrebbe potuto regalare una tale interpretazione se non fosse stato sinceramente coinvolto emotivamente.
Ma Milk non è solo un film lgbt, non è solo un film biografico, sarebbe riduttivo. E' un film con cui Van Sant celebra gli attimi raccontandoli, sviluppando più efficacemente quella poetica già introdotta nell’opera prima Mala Noche. La narrazione si piega a questa poetica con un proseguo non lineare, fatto di continui salti temporali collegati unicamente da una dichiarazione testamento del protagonista.
L'interpretazione di Penn, la fotografia di Harris Savides, la scenografia, i costumi, la decisione di girare molte delle scene nei luoghi originali e le immagini di repertorio riescono a dare una dimensione di realtà e verosimiglianza al tutto, immergendoti nell'esperienza e non facendoti pesare due ore di film. La regia di Van Sant riesce a risultare personale ma non invasiva nella sua eleganza e delicatezza. Pecca maggiore del film secondo me sono due momenti eccessivamente drammatici che cozzano con lo stile del regista.
P.S.: Sto sperimentando con Youtube, se volete supportarmi in questo esperimento visitate cliccate youtube.com/watch?v=HqJ8-r0-Ay0 per vedere il video dedicato a Milk aiutandomi con un "mi piace", un’iscrizione o anche solo con una visualizzazione e se possibile fatemi sapere cosa ne pensate. Vi ringrazio :)
[-]
|
|
[+] lascia un commento a sir branco »
[ - ] lascia un commento a sir branco »
|
|
d'accordo? |
|
iuriv
|
venerdì 10 giugno 2016
|
la forza della passione politica.
|
|
|
|
Biopic incentrato sulla figura di Harvey Milk, il consigliere comunale di San Francisco e attivista per i diritti gay, che con le sue battaglie è stato in grado di ottenere notevoli risultati in un periodo non facile per la comunità LGBT.
Trattandosi di un racconto biografico, il lungometraggio di Van Sant non riesce ad evitare uno dei problemi più frequenti per il genere: il protagonista è disegnato come un monolite di purezza, circondato da figure adoranti, e raffrontato ad avversari ottusamente malvagi.
Tuttavia il regista è in grado di far passare in secondo piano questo stereotipo, girando con brio un'opera ambientata negli anni 70, senza che questo porti a una costruzione caricaturale del contesto (cosa frequente quando si parla di quel decennio).
[+]
Biopic incentrato sulla figura di Harvey Milk, il consigliere comunale di San Francisco e attivista per i diritti gay, che con le sue battaglie è stato in grado di ottenere notevoli risultati in un periodo non facile per la comunità LGBT.
Trattandosi di un racconto biografico, il lungometraggio di Van Sant non riesce ad evitare uno dei problemi più frequenti per il genere: il protagonista è disegnato come un monolite di purezza, circondato da figure adoranti, e raffrontato ad avversari ottusamente malvagi.
Tuttavia il regista è in grado di far passare in secondo piano questo stereotipo, girando con brio un'opera ambientata negli anni 70, senza che questo porti a una costruzione caricaturale del contesto (cosa frequente quando si parla di quel decennio). Van Sant inserisce dei filmati d'epoca e sgrana alcuni momenti del suo girato per integrare meglio il tutto. Inoltre si fa forte dei dettagli, come gli arredamenti di alcuni set o i costumi, per dare un forte senso di solidità alla visione. Il risultato è un film che sembra girato a quei tempi, magari rimasterizzato e invecchiato bene.
Il regista offre una immagine forse ingenua della politica, ma è comunque un'attitudine che gli consente di veicolare a dovere il suo messaggio: se un uomo è deciso nella lotta e forte nelle proprie idee è in grado di ottenere qualsiasi risultato.
Dal punto di vista della trama, Van Sant sembra giocare con chi non conosce a fondo la vicenda di Milk. Partendo dalla fine, il regista fa credere che l'esito della storia possa essere determinato dalle battaglie del consigliere, sorprendendo poi il pubblico quando svela che a decidere il destino di Milk è un personaggio tutto sommato laterale nella sua vicenda.
Chiaramente la riuscita del complesso non può prescindere dalle interpretazioni di una schiera di attori di prim'ordine. Sean Penn ovviamente, che non scopriamo certo qui, ma anche James Franco, in un ruolo discretamente pacato che riesce a indossare bene. Però direi soprattutto Josh Brolin, all'ennesima grande prova, nei panni del vittimistico e indecifrabile consigliere White.
Milk è un buon film che, nonostante rischi seriamente di scivolare nella maniera, riesce a mantenere l'equilibrio grazie alla forza emotiva del suo messaggio. Probabilmente non l'opera più coraggiosa di Van Sant, ma comunque meritevole di una visione.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a iuriv »
[ - ] lascia un commento a iuriv »
|
|
d'accordo? |
|
denzelbani
|
martedì 7 aprile 2015
|
capolavoro, nel suo ambito
|
|
|
|
Un magnifico film diretto da Gus Van Saant, che dopo avermi stupito con Will Hunting e inorridito con Belli e Dannati (li avevo visti lo stesso giorno), ritorna con questo splendido film in cui un magistrale Sean Penn accompagnato dal sempre più malvagio Josh Brolin, che potremmo considerare un capolavoro appunto nel suo ambito
|
|
[+] lascia un commento a denzelbani »
[ - ] lascia un commento a denzelbani »
|
|
d'accordo? |
|
denzelbani
|
martedì 7 aprile 2015
|
capolavoro, nel suo ambito
|
|
|
|
Un magnifico film diretto da Gus Van Saant, che dopo avermi stupito con Will Hunting e inorridito con Belli e Dannati (li avevo visti lo stesso giorno), ritorna con questo splendido film in cui un magistrale Sean Penn accompagnato dal sempre più malvagio Josh Brolin, che potremmo considerare un capolavoro appunto nel suo ambito
|
|
[+] lascia un commento a denzelbani »
[ - ] lascia un commento a denzelbani »
|
|
d'accordo? |
|
fexy96
|
sabato 21 dicembre 2013
|
superbo
|
|
|
|
Signori, per quanto mi riguarda siamo davanti ad un capolavoro della storia del cinema, al quale si aggiunge un grande impegno nel sociale. Ce ne fossero di film così! Stra-meritati i due Oscar, soprattutto quello a Dustin Lance Black. Semplicemente uno dei miei film preferiti. Se non l'avete ancora visto, beh che aspettate, ne rimarrete folgorati.
|
|
[+] lascia un commento a fexy96 »
[ - ] lascia un commento a fexy96 »
|
|
d'accordo? |
|
marzaghetti
|
giovedì 3 gennaio 2013
|
sean penn intenso e meravigliosamente femminile
|
|
|
|
Vi dò due buoni motivi per guardare questo film, e altri due per non farlo... A favore: A) uno Sean Penn clamoroso, intenso e meravigliosamente femminile, e B) una storia bella e (purtroppo) vera di intolleranza, emancipazione, rabbia, amore e disperazione negli Stati Uniti di non troppo tempo fa. Di contro: C) due ore a questo ritmo sono una barba e D) baci, abbracci, e languide carezze gay sono ostentati al limite del fastidioso... Valutazione: 2,75.
|
|
[+] lascia un commento a marzaghetti »
[ - ] lascia un commento a marzaghetti »
|
|
d'accordo? |
|
maximilione
|
martedì 16 ottobre 2012
|
la potenza di un'ideale
|
|
|
|
"Milk" inizia dalla fine. Gus Van Sant scioglie sin dai primi fotogrammi la più comune e cinematografica tentazione alla suspense, annulla l’effetto sorpresa e, affidandosi a stralci di telegiornale dell’epoca Carter, spiazza di colpo lo spettatore predicendo la tragedia del suo protagonista, prima ancora che egli possa conoscerlo. Il gioco del regista statunitense non è però casuale o privo di se
nso. Ha, anzi, tutta la ferma e decisa volontà di una dichiarazione di poetica. Gus Van Sant stronca l’insistente e divorante “attesa del finale” al primo taglio di montaggio e trasla così su un piano secondario l’importanza di una trama consequenziale e trascinante, lasciando spazio aperto all’impareggiabile figura dell’Harvey Milk di Sean Penn.
[+]
"Milk" inizia dalla fine. Gus Van Sant scioglie sin dai primi fotogrammi la più comune e cinematografica tentazione alla suspense, annulla l’effetto sorpresa e, affidandosi a stralci di telegiornale dell’epoca Carter, spiazza di colpo lo spettatore predicendo la tragedia del suo protagonista, prima ancora che egli possa conoscerlo. Il gioco del regista statunitense non è però casuale o privo di se
nso. Ha, anzi, tutta la ferma e decisa volontà di una dichiarazione di poetica. Gus Van Sant stronca l’insistente e divorante “attesa del finale” al primo taglio di montaggio e trasla così su un piano secondario l’importanza di una trama consequenziale e trascinante, lasciando spazio aperto all’impareggiabile figura dell’Harvey Milk di Sean Penn. Evidenziare attraverso la celluloide l’assoluta eccezionalità di un individuo comune e incarnare attraverso di lui l’incrollabile assunto per cui ogni uomo può esser causa di cambiamento: ecco il principio filmico fissato dall’autore di “Drugstore cowboy”. In questo senso “Milk” si caratterizza come uno dei più compiuti film biografici dei nostri tempi, fermamente incatenato al suo protagonista e capace, più di molti altri biopic, di scavare fino in fondo alla sua quotidianità, dimostrando senza mezzi termini come dietro ad ogni natura straordinaria si celi in realtà il semplice, tormentato e comunissimo vicino della porta accanto. E proprio l’ascesa di Harvey Milk –che parte su una scatola del sapone e giunge ad essere testimonial politico su un palco di fronte alla folla gremita e festante di San Francisco, la prevalenza gerarchica della sua personalissima storia sui modi del racconto e la grande ricorrenza dei dialoghi testimoniano la volontà di Van Sant di diventare “invisibile”. Con “Milk” il regista statunitense abbandona, infatti, il tono lirico, contemplativo e decisamente autoriale dei suoi quattro film precedenti (dalla trilogia della morte a “Paranoid Park”). Ovviamente la sua maestria riesce comunque a emergere nella perfetta commistione tra immagini diegetiche e materiali di repertorio, come in alcune geniali trovate registiche: si pensi all’uso dello split-screen nella documentazione della strategia politica del passaparola, ai frequenti tagli ravvicinatissimi della macchina da presa, quasi tesi a invadere la più personale quotidianità dei protagonisti o alle stranianti inquadrature di superfici riflettenti –dagli specchi ai fischietti- per la resa di alcuni momenti topici. Eppure, anche tutto questo risponde alla logica di enfatizzazione della storia vera di un eroe contemporaneo. Vale a dire Harvey Milk: quarantenne appassionato di fotografia, attivista omosessuale (auto)ironico e cinico quanto basta per emergere in quella vasca di squali che è il mondo della politica statunitense; ma prima di tutto, icona , simbolo, rappresentante, incarnazione assoluta e potente di chi di potere non ne ha. Sean Penn, in quella che forse è la sua interpretazione migliore, riscopre con talento indiscusso la femminilità insita in ogni essere umano e plasma il suo Milk come un personaggio-massa, uomo-popolo, eroe capace di sacrificare la propria individualità –e l’amore, che di quell’individualità costituisce il segno più evidente- per un fine che è eterno, vasto e universale: il riconoscimento degli inalienabili diritti umani a una minoranza per secoli oppressa dall’oscurità. “Io non sono il candidato, io sono parte di un movimento, il movimento è il candidato”. E di fatto, il film si chiude su una scena corale: un lungo corteo di fiaccole, segno indelebile di una continuità, di un’incarnazione definitivamente avvenuta tra il protagonista e quel movimento. Tra l’eroe e il popolo da lui rappresentato. Tra l’ideale e la coscienza collettiva.
Eppure, al di là dell’evidente battaglia contro il razzismo omofobico che il film si propone primariamente di raccontare, è lo stesso tema della lotta a diventare pregnante e ad assorbire completamente la logica narrativa dalla pellicola (come quella puramente tecnica, basata sullo scontro palese tra immagini diegetiche e stralci di repertorio storico). Gus Van Sant mette in scena , prima di ogni altra cosa, l’umana e razionale necessità di resistere, combattere e non lasciarsi sopraffare da ogni autorità costituita, conservatrice, oscurantista e ipocrita. I due colpi più forti sono così indirizzati alle forze dell’ordine e alla Chiesa; organismi mossi da propositi di redenzione sociale ma, secondo il regista, inquinati a causa delle storture umane da un oscura brama di potere, vizio e razzismo. Tutto il senso di questa lotta eterna è riassunto magistralmente in una battuta del rappresentante del Partito Cattolico tradizionalista Anita Briant, e successivamente ripetuta più volte nel film, fino a trasformarsi in un leitmotiv ricorrente, motore di un discorso di critica sociale che costituisce, spesso e volentieri, la cifra dominante del cinema di Van Sant: “Questa sera le leggi di Dio sono state difese”, dichiara la donna, in relazione all’abrogazione della legge che tutelava i diritti civili degli omosessuali. Proprio in quell’affermazione, il regista cerca di evidenziare tutto lo scarto esistente tra il naturale e primigenio principio del primo Cristianesimo di fare del bene, sacrificando sé stessi per il prossimo (la via di Milk) e la deplorevole e prostituita “legge di Dio” (che ovviamente sta ad indicare la legge ecclesiastica, carica di inutili sovrastrutture e ipocrisie), disgraziato tentativo di riplasmare quel principio puro per imporre potere, controllare le coscienze e diffondere razzismo. Così, sebbene conservi un deismo di fondo, la fede mistica in uno sconosciuto principio ultraterreno, Gus Van Sant non s’intimorisce nel realizzare una velata ma feroce critica dell’autorità ecclesiastica che, esattamente nella propria pretesa di affermarsi come Dio in terra, finisce per confermare implicitamente la sua vera natura umana –e quindi viziata- di strumento di controllo.
E a ben guardare, tutta questa struttura tematica bipartita tra la necessità di un riconoscimento d’esistenza (“La politica è teatro, non è tanto una questione di vincere, tu ti presenti e dici –Sono qui-“) e l’obbligo morale alla lotta contro le forze che impediscono quel riconoscimento (“Dio non ci odia affatto!”), è assorbita perfettamente nell’indole del protagonista, eroe dei nostri tempi, simbolo di speranza e riscatto, di sacrificio e combattimento e comunque circondato da un’assortita galleria di personaggi indimenticabili (il Clive di Emile Hirsch e lo Scott di James Franco su tutti).
Ci fossero più Harvey Milk, il mondo sarebbe un posto migliore.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a maximilione »
[ - ] lascia un commento a maximilione »
|
|
d'accordo? |
|
tiamaster
|
lunedì 27 agosto 2012
|
sean penn mai così bravo!!!
|
|
|
|
La prima cosa che colpisce di "Milk",una delle tante perle di Van Sant, è sicuramente la straordinaria,sorprendente interpretazione di Sean Penn,vincitore di uno strameritato Oscar.Il film ricostruisce in modo quasi perfetto la San Francisco anni 60',non solo dal punto di vista sociale,ma la rende anche vivida e reale grazie ad ottime scenografie e buoni costumi.Il film è eccezionale sotto tutti gli aspetti, manca solo "quella cosa in più",e poi sarebbe certamente un capolavoro.Una pellicola eccezionale,ben diretta,interpretata e sceneggiata (anche l'oscar alla sceneggiatura è meritatissimo).Un giorno mi piacerebbe vedere Van Sant trionfatore agli oscar,perchè fino ad oggi è stato incredibilmente sottovalutato.
[+]
La prima cosa che colpisce di "Milk",una delle tante perle di Van Sant, è sicuramente la straordinaria,sorprendente interpretazione di Sean Penn,vincitore di uno strameritato Oscar.Il film ricostruisce in modo quasi perfetto la San Francisco anni 60',non solo dal punto di vista sociale,ma la rende anche vivida e reale grazie ad ottime scenografie e buoni costumi.Il film è eccezionale sotto tutti gli aspetti, manca solo "quella cosa in più",e poi sarebbe certamente un capolavoro.Una pellicola eccezionale,ben diretta,interpretata e sceneggiata (anche l'oscar alla sceneggiatura è meritatissimo).Un giorno mi piacerebbe vedere Van Sant trionfatore agli oscar,perchè fino ad oggi è stato incredibilmente sottovalutato......
[-]
|
|
[+] lascia un commento a tiamaster »
[ - ] lascia un commento a tiamaster »
|
|
d'accordo? |
|
lalli
|
sabato 4 febbraio 2012
|
"gli uomini son tutti uguali"
|
|
|
|
" Se un proiettile dovesse entrarmi nel cervello, lasciate che distrugga tutte le porte chiuse " x non dimenticare questo uomo coraggioso e tutte quelle persone che si battono x i diritti di chi,nel 2012, è ancora considerato diverso o peggio malato (!!!)...assurdo tutto ciò ...vergogna!!! e l'Italia è la prima a doversi vergognare!!! DIRITTI UGUALI X TUTTI!!!
|
|
[+] lascia un commento a lalli »
[ - ] lascia un commento a lalli »
|
|
d'accordo? |
|
|