Gomorra |
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Un film di Matteo Garrone.
Con Toni Servillo, Gianfelice Imparato, Maria Nazionale, Salvatore Cantalupo, Gigio Morra.
continua»
Drammatico,
durata 135 min.
- Italia 2008.
- 01 Distribution
uscita venerdì 16 maggio 2008.
MYMONETRO
Gomorra
valutazione media:
4,02
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Gomorra, ecco il film sull'inferno di Scampia
di Paolo D'Agostini La Repubblica
Il libro di Roberto Saviano ci ha spiegato che la parola "camorra" è un ferro vecchio, non la usa più nessuno tra i diretti interessati e non significa niente. Ci ha fatto gelare il sangue parlandoci, con la competenza e la conoscenza di chi ha visto le cose da vicino, di qualcosa che è molto più che un gravissimo, esteso, radicato; impunito e duraturo fenomeno criminale, ma è un "sistema" aziendale che guida e governa l'economia e la vita di interi quartieri, intere città e province, intere regioni d'Italia. Il film di Matteo Garrone, anche se sceglie solo alcune tracce del libro e circoscrive il suo percorso a cinque storie, ricalca del libro l'andatura a quadri slegati e indipendenti gli uni dagli altri. Non una narrazione lineare, non una vicenda con inizio, sviluppo e fine. Sembra che però libro e film convergano nella conclusione: tutto questo si può forse osservare, conoscere, studiare e perfino denunciare se si ha il privilegio di guardare le cose da fuori, da zone salve, o la forza e il coraggio di farlo, ma le cose stanno così e in sostanza non c'è niente che si possa fare per cambiarle, recuperarle e guarirle. Il messaggio tanto cupo da indurre di pagina in pagina nella tentazione di girare la testa dall'altra parte ma coraggioso e temerario del libro diventa un messaggio di impotenza nel film.
Né in un caso come questo ci si può trincerare dietro l'affermazione che si tratta di "una storia", di "un racconto". Che storia, che racconto? Si è scelto di parlare della più terribile emergenza nazionale, presentissima e attualissima. Dunque, sebbene non sia in discussione che Garrone è oggi uno dei registi italiani (e non solo) più dotati, soffermarsi su luci e inquadrature, scelte musicali, montaggio e recitazione — tutto peraltro di pregio —appare esercizio sterile e tempo perso.
Il film, la sua potentissima ispirazione civile e il suo ancoraggio a una mostruosa realtà a invitarci in questo senso. A farsi la domanda: serve? A che serve? Aiuta a trovare soluzioni?
Viene la tentazione di pensare che romanzi e film e forse perfino inchieste giornalistiche e televisive non servono più e casomai amplificano un immaginario del terrore che inorgoglisce e fa sentire glorificati i boss; che sarebbe meglio tacere e lasciare il campo all'opera repressiva per un verso e per l'altro a un radicale e paziente lavoro di investimento sull'educazione, l'istruzione e il lavoro delle generazioni future, a lunga e lunghissima scadenza. Perché, allora, certi problemi abitualmente non ce li facciamo di fronte alla letteratura o al cinema americani dedicati alla malavita ma neanche davanti ad altri casi nostri come Romanzo criminale? Forse perché è proprio l'efferatezza senza spiragli esposta con puntiglio entomologico da Saviano, efferatezza che va molto al di là dei classici campi criminali ma permea tutto dall'alta moda al traffico di rifiuti, a dirci che questa è l'ultima spiaggia, a lanciare un allarme definitivo.
Il paesaggio infernale di luoghi chiamati Scampia, Secondigliano e Casal di Principe, se non è fotogenico folclore partenopeo (anche lo schifo estremo può essere fotogenico) soffermarsi su bambini e adolescenti la cui unica scuola è quella delle armi e la cui unica aspirazione è quella di essere affiliati ai clan, chiama a un esame di coscienza che va molto, ma molto al di là della disamina sulle qualità di uno spettacolo cinematografico. Due soli personaggi incarnano il debolissimo barlume di speranza che non tutto è perduto. Il sopraffino sarto Pasquale che smette di mettere la sua arte al servizio del lavoro nero finanziato dai clan e destinato all'alta moda gloria mondiale del "made in Italy". E il neolaureato Roberto che si ribella al datore di lavoro (Servillo) che tratta rifiuti tossici per conto di rispettabilissimi interlocutori del nord. Il film di Garrone inizia il suo viaggio e porta il suo agghiacciante spaccato italiano sotto i riflettori di una prestigiosa tribuna internazionale. Chissà che cosa capiranno, chissà che cosa penseranno?
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