Quei loro incontri

Un film di Danièle Huillet, Jean-Marie Straub. Con Angela Nugara, Vittorio Vigneri, Grazia Orsi Titolo originale QUEI LORO INCONTRI. Drammatico, durata 68 min. - Italia, Francia, Germania 2006. MYMONETRO Quei loro incontri * * - - - valutazione media: 2,00 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Dal mito alla storia, nei dintorni di Leucò Valutazione 4 stelle su cinque

di Paola Di Giuseppe


Feedback: 25409 | altri commenti e recensioni di Paola Di Giuseppe
lunedì 28 giugno 2010

Dal mito alla storia,gli Straub-Huillet tornano sui Dialoghi con Leucò, facendo recitare un gruppo di dieci attori. La cornice è il verde frusciante della macchia mediterranea (siamo nella campagna pisana) Colori e atmosfere da dramma pastorale, personaggi immobili che recitano i dialoghi,suggestioni pittoriche del naturalismo ottocentesco si fondono ad incursioni nella prospettiva "aerea" di certe tele di Manet. La macchina scruta la realtà con occhio incantato, il montaggio alterna con semplicità lineare il totale dell’ambiente e i due campi americani sugli attori,i dialoghi terminano con un lungo momento di silenzio, lo stesso che stacca ogni verso, anche in presenza di enjambements (con effetto indubbiamente straniante),le voci declamano,è teatro/cinema ed è,insieme,l’eco di un passato mitico. Gli oggetti della natura,compagni di vita quotidiana,diventano,in un attimo, oggetto di stupore, epifanie di immortalità. Il testo di Pavese si trasforma in linguaggio filmico e s’immerge in quella dimensione orale/aurale in cui il mito parlò all’uomo del dolore e della morte,del destino e delle leggi imperscrutabili del Fato. Il dramma di una società sconvolta dagli orrori delle due guerre e il doloroso senso di smarrimento,l’incapacità di radicarsi a certezze e valori irreparabilmente compromessi,la solitudine disperante dell’uomo che non trova risposte al perché della sua esistenza, l’angoscia del tragico non-senso delle cose,furono l’esperienza umana e letteraria di Pavese,“esemplare e cruciale di tutta una generazione” (I.Calvino). Nei Dialoghi, la sua opera più coraggiosa ed estrema, lo scrittore affrontò un discorso d’avanguardia sulla contemporaneità, che allora non fu capito (tra il 1945 e il 1947), anzi gli valse l’accusa di disimpegno da parte del mondo della cultura. Il realismo imperante del secondo dopoguerra marchiò l’autore di allontanamento dai problemi, di fuga dal mondo, mentre Pavese non faceva altro che parlare del mondo e del suo destino, della morte e della felicità dell’uomo, ma il suo linguaggio era una sfida al conformismo del proprio tempo. “L’Italia è il paese dove ogni scheletro si sistema nell’armadio, in cui tutto viene rimosso, in cui tutto cade nel pozzo dell’indifferenza e quel che c’è in comune tra Vittorini e Pavese è proprio invece il fatto che erano spiriti che non facevano questi giochini.” aggiunge Jean-Marie Straub, rendendoci ancor meglio conto delle sue scelte letterarie. Nasce così un film rigoroso, innovativo, coerente con il lungo impegno della coppia franco-tedesca di minare le estetiche tradizionali, muovendosi contro le vecchie strutture narrative. Il percorso fra i Dialoghi va dal momento in cui gli dei cominciarono ad invidiare gli uomini a quando gli uomini ricordarono che una volta si incontravano con gli dei.
 L’oggetto del dialogo tra gli immortali è l’incapacità umana di trovare soddisfazione alla vita: "loro che hanno istanti unici non ne capiscono il valore e vogliono l’immortalità". Il destino dell’uomo è ineluttabile e la morte necessaria, ma egli non trova in ciò che già possiede la propria felicità. Il film di Straub-Huillet rivela una comprensione intima, quasi viscerale, della poetica di Pavese, è profondamente consapevole della tensione etica di quella grande voce del’900.Le polemiche nate intorno al film,ma soprattutto l’alone di ignoranza ancora esistente intorno alla filmografia dei due registi, rivelano una fatale convergenza con il destino di Pavese, e non solo.

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