A History of Violence |
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Un film di David Cronenberg.
Con Viggo Mortensen, Maria Bello, Ed Harris, William Hurt, Heidi Hayes.
continua»
Drammatico,
durata 96 min.
- USA 2005.
- 01 Distribution
uscita venerdì 16 dicembre 2005.
MYMONETRO
A History of Violence
valutazione media:
3,35
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Dal fumetto al cinema, piace senza dare il meglio.di Oblivion7isFeedback: 2023 | altri commenti e recensioni di Oblivion7is |
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mercoledì 28 settembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Cronenberg è assolutamente uno dei registi visivamente più disturbanti di sempre. Geniale, provocante, sempre (o quasi) violento. Sicuramente originale, benché pochi suoi film vengano da suoi soggetti, ed innovativo. Quanto a talento visivo, secondo me è secondo solo a Lynch. Ma dopo aver dato il suo meglio, si fa una piccola pausa, creando film meno impegnativi per costruzione ma in cui lui comunque ci mette anima e cuore sperando che vengano apprezzati dalla critica. Sceglie come attore-feticcio, che sostituisca Jeremy Irons, quel Viggo Mortensen che prima di questa pellicola aveva alle spalle quasi solo piccoli ruoli, tra "Carlito's Way" e "Psycho" di Van Sant, ma anche un ruolo quasi da protagonista nella trilogia de "Il Signore degli Anelli", e con lui decide sin da subito di fare almeno due film. Visto il successo straordinario sia di questo che del successivo (e superiore) "La Promessa dell'Assassino", l'idea di farne un terzo, che uscirà dopodomani (mentre scrivo questa recensione è il 28 settembre 2011), un "A Dangerous Method" già visto a vari festival da qualcuno, un film le cui recensioni sono già uscite, con pareri contrastanti, da chi urla al capolavoro a chi preferisce essere crudamente negativo nei confronti della pellicola. Beh, ma "A History of Violence", a detta dei critici, è un capolavoro. Per quale motivo? Per la metafora della violenza che è tema del film, la violenza che ti rende eroe in alcuni casi e malvagio in altri, la violenza che anche se nascosta ritorna, la violenza che ti spinge a inveire contro i tuoi cari, la violenza che spinge i tuoi cari a non parlarti più. Certo, è un bel messaggio, una bell'idea... ma è tale da creare un capolavoro? Sicuramente no. Non certo un brutto film, anzi... ma non basta l'idea per creare un ottimo film. Ci devono essere anche la tecnica, l'anima, il sentimento, lo svolgimento e l'emozione che suscita nello spettatore. Questo film li ha? Non tutti. C'è la tecnica, ci sono un pizzico di emozione e un pizzico di svolgimento, ma anche l'anima, poiché Cronenberg si dedica sempre totalmente ad un film, ma non c'è il resto. Comunque non voglio criticare i critici, bensì il film: "A History of Violence" è una metafora sulla creazione della violenza, su come essa nasca dall'autodifesa e quindi da altra violenza, determinando quindi che la violenza esiste da sempre, non è nata e non morirà. Tom Stall tiene una caffetteria: un giorno riceve la visita di due delinquenti che lo vogliono rapinare, forse anche con intenti di stupro e/o omicidio verso i camerieri e le cameriere. Lui, per pura autodifesa, li uccide. Diventa eroe nazionale, appare in TV, la sua caffetteria diventa ultravisitata, anche da dei mafiosi che sembrano riconoscere in lui un vecchio amico, o forse un vecchio rivale. Hanno o no ragione? Cronenberg non ha abbandonato il tema della mutazione, come può sembrare, e a farcelo capire sono tutte le cicatrici dei vari personaggi ma soprattutto il personaggio stesso del protagonista, che muta totalmente quando passa dalla personalità di Stall a quella dell'assassino. Le scene di violenza sono esagerate, alcune inquadrature sono inutili (la visione della patata della Bello non è certo spiacevole però nemmeno utile), ma i pochi minuti che vedono come protagonista Hurt si godono. La regia è straordinaria, il cast pure (spuntano soprattutto la Bello, Hurt ed Harris, ma anche Mortensen dà del suo meglio, benché lui non sia mai stato il meglio in espressività), ma il tutto sembra che abbia qualcosa che manca, anche se non si capisce cosa. Forse è troppo lento nelle scene non di violenza? Forse le scene di violenza sono troppo cariche e troppo corte ed essendo tali la mente ne richiede di più? O forse semplicemente chi è abituato alle pellicole di Cronenberg nota che qui di Cronenberghiano non c'è quasi nulla e quindi considera questo film come qualcosa a parte, fuori dalla filmografia del regista canadese. Bisogna considerarlo come un passo avanti, un passo indietro o una corsetta sul posto? Detto questo non posso che continuare a non capire l'opinione dei critici, anche se non mi faccio troppi problemi. Godibile ma difficile da vedere più di una volta.
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