luca g
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domenica 22 settembre 2024
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il mondo delle donne
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FF è stato il più grande regista del cinema mai esistito, l'unico il cui nome appariva sopra il titolo ma senza scrivere 'un film di...', l'unico il cui nome s'incorporava nel titolo;
inutile mettersi a dire questo film non è come gli altri, F era sé stesso in tutto quel che faceva;
era credo marzo dell'80, al jolly di Bologna, quando lo vidi,
che orrore di tempo era allora, nel 79 c'era stato un omicidio virgola sette al giorno, a Bologna si pigliava la laurea in economia senza sostenere statistica, matematica finanziaria, scienza delle finanze, politica economica...laurea in economia senza dare un esame di economia;
nel 79 la prof.
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FF è stato il più grande regista del cinema mai esistito, l'unico il cui nome appariva sopra il titolo ma senza scrivere 'un film di...', l'unico il cui nome s'incorporava nel titolo;
inutile mettersi a dire questo film non è come gli altri, F era sé stesso in tutto quel che faceva;
era credo marzo dell'80, al jolly di Bologna, quando lo vidi,
che orrore di tempo era allora, nel 79 c'era stato un omicidio virgola sette al giorno, a Bologna si pigliava la laurea in economia senza sostenere statistica, matematica finanziaria, scienza delle finanze, politica economica...laurea in economia senza dare un esame di economia;
nel 79 la prof.ssa Linda Hamiton aveva scritto 'Gender' di cui lessi qualche pagina prima di mandare libro e autrice all'inferno;
... la città delle donne ... ma è il mondo che stiamo vivendo, le donne si sono impadronite del mondo, venerdì mattina ero in banca ... erano tutte donne dalla direttrice all'impiegata appena assunta, spa_ven_to_so !!! poi sono andato in farmacia ...tutte donne e un uomo ...arriva una donnetta le si avvicina il farmacista e lei...no, no, no, voglio una donna...,
in ospedale ...tutte donne...; ho un processo in procura tutti i magistrati son donne, dovevo essere interrogato hanno delegato dieci volte polizia carabinieri loro i maschi non s'abbassano a parlarci ...l'avvocato mi ha detto si prepari pm e giudice son donne ...;
in ufficio da me i funzionari tutte donne tranne il sottoscritto, per anzianità per fascia il posto di capo ufficio spettava a me lo hanno dato a una di due fascie meno di me, più giovane di me di quindic'anni;
per me che ho quasi settant'anni poco importa, le donne ormai mi fan solo schifo;
ah dimenticavo la dott.ssa di base ... lasciamo perdere è meglio;
a metà del 79 F girava questo film ma esasperava un pò tutti quanti, seguo il decreto del giudice istruttore che proscioglieva F dall'indagine istruttoria,
Manni era stato trovato nella sua villa come hemingway ...morto e un fucile da caccia a fianco, cosa poteva essere successo?
il pubblico ministero di Roma chiese il rinvìo a giudizio del regista, imputato di istigazione al suicidio, delitto da corte d'assise come l'omicidio, nessun giornale nes-su-no scrisse una sillaba nessuno disse qualcosa alla tivù, Kezich nel suo libro muto come un pesce;
Renzo Rosselini si prese paura e liquidò la troupe, scaricando il regista;
come dicevo il giudice istruttore 'assolse' il regista osservando che la condotta di F poteva essere stata causa della morte di M. poiché le continue soperchierie verbali di F lo avevano condotto a uno stato di disperazione epperò non era dimostrato che F l'avesse fatto allo scopo anche solo eventuale di cagionare la morte dell'attore; se c'ero io o un altro de rinvii a giudizio me ne davano dieci non uno;
la Prucnal disse al giudice che per un'attrice era troppo importante una parte con F ma che sul set si sentiva esasperata dal comportamento di F e non avrebbe più fatto un film con lui e anche Mastroianni che doveva tutto a F ammise che il regista aveva superato ogni limite;
ma Rossellini richiamò tutti quanti e le riprese ripresero;
senonché la morte di M. avvenne neanche a metà della lavorazione e così nel film a un certo punto katzone sparisce; è chiaro che il film era fondamentalmente compromesso e che niente lo poteva risollevare, la città delle donne è come que viva mexico la parvenza del capolavoro che avrebbe potuto essere;
F usciva dal disastro di Casanova, forse fu questo, o forse delirio di onnipotenza, quattro premi oscar, universalmente conosciuto; ormai anche per F era iniziata la decadenza, i suoi film non vennero più visti, 'e la nave va' fu un altro disastro; troppo successo, troppa fama, troppo genio ...
la pantomina del marito che torna con le sembianze del mostro di frankestein e copula la moglie con i bigodini da tergo mentre lei sta rimestolando ai fornelli, Mastroianni processato dalle donne che blaterano le stesse stupide frasi...
che schifo allucinante il mondo di oggi, che desolazione sentire le ragazze sedute al bar che dicono 'ho preso solo 29...' parlano solo di esami, ve ne pentirete ragazze si è giovani una volta sola peggio per voi, andrete a far fare soldi a un'accattona di psicoterapeuta ...;
... ho amato F più di ogni altra cosa, la strada fu un film meraviglioso...
morì a Ostia dopo un ictus ... e due giorni morì anche la Masina, lei sì era una vera donna, che aveva amato una volta sola, non come gli schifi di oggi che solo per comodità continuiamo a chiamare donne..,
shame shame shame on you vedremo chi vincerà alla fine.
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onufrio
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venerdì 10 luglio 2020
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viaggio sul pianeta donna
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Un viaggio verso l'ignoto, verso il complesso pianeta chiamato Donna, nel quale Snaporaz ci si ritrova avvolto, incapace di fuggire via, impressionato ma al tempo stesso attratto da quel "triangolo" delle Bermuda, in grado di anestetizzare e risucchiare qualsivoglia essere umano. L'esaltazione delle immagini, e la costruzione di scene simboliche dal significato più che evidente non bastano a collocare la pellicola di Fellini tra le sue migliori. Il regista si diverte a briglia sciolta nel fantasticare il suo mondo femminile, collocando anche ricordi personali, ma la trama praticamente non esiste, e può sembrare riduttivo cercare la trama in un cinema d'autore, ma a volte risulta necessaria.
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Un viaggio verso l'ignoto, verso il complesso pianeta chiamato Donna, nel quale Snaporaz ci si ritrova avvolto, incapace di fuggire via, impressionato ma al tempo stesso attratto da quel "triangolo" delle Bermuda, in grado di anestetizzare e risucchiare qualsivoglia essere umano. L'esaltazione delle immagini, e la costruzione di scene simboliche dal significato più che evidente non bastano a collocare la pellicola di Fellini tra le sue migliori. Il regista si diverte a briglia sciolta nel fantasticare il suo mondo femminile, collocando anche ricordi personali, ma la trama praticamente non esiste, e può sembrare riduttivo cercare la trama in un cinema d'autore, ma a volte risulta necessaria.
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giulio andreetta
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venerdì 12 giugno 2020
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ottimo film introspettivo di fellini
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Bel film di Fellini, che con acume, e con la consueta ma amabilissima vena onirica, ironica, e circense, crea un vero e proprio ritratto della 'città delle donne', con infinita dolcezza, e soprattutto con coraggio e sincerità. Il film fu attaccato, alla sua uscita, dai movimenti femministi, che evidentemente non perdonavano alla pellicola il modo in cui venivano descritti i riti assembleari dei vari collettivi. Ma si sbaglierebbe chi considerasse questo film come un attacco polemico, o ideologicamente orientato, nei confronti di qualche bersaglio istituzionale o politico, di qualunque genere esso sia.
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Bel film di Fellini, che con acume, e con la consueta ma amabilissima vena onirica, ironica, e circense, crea un vero e proprio ritratto della 'città delle donne', con infinita dolcezza, e soprattutto con coraggio e sincerità. Il film fu attaccato, alla sua uscita, dai movimenti femministi, che evidentemente non perdonavano alla pellicola il modo in cui venivano descritti i riti assembleari dei vari collettivi. Ma si sbaglierebbe chi considerasse questo film come un attacco polemico, o ideologicamente orientato, nei confronti di qualche bersaglio istituzionale o politico, di qualunque genere esso sia. La chiave interpretativa più aderente, forse, al pensiero di Fellini, è ancora una volta quella biografica, che rimanda alle esperienze private e personali del regista. Non c'è nulla che trascenda questa dimensione psicologica individuale, e che ancora una volta può essere sottolineata dal completo processo di identificazione tra l'animo del regista e il protagonista della pellicola, splendidamente interpretato da Mastroianni.
La predilezione per l'utilizzo dello studio cinematografico, anche per le riprese di scene ambientate all'aperto, indica che all'autore non interessa dipingere la realtà fenomenica così come essa appare, quanto piuttosto creare una dimensione prettamente individuale di descrizione di una realtà onirica e fortemente introspettiva. Tutti questi elementi dovrebbero dunque far riflettere sulla natura assolutamente intima e autobiografica del cinema di Fellini, lontanissima dunque da una qualsiasi ostentazione di impegno sul fronte sociale, o politico.
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e. hyde
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martedì 7 giugno 2016
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l'atlantide donna secondo il maschio latino
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Scritto con Bernardino Zapponi e Brunello Rondi, il film é un sogno, una sequenza di visioni che costituiscono un catalogo che, dalla verità alla farsa, dal soave al dolente, dal lirico al satirico, dal surreale al grottesco raccoglie moltissimi motivi delle opere precedenti felliniane. Il film ha la caratteristica di essere stato realizzato proprio durante l'esplosione del femminismo, che lo ha fatto sbandare, assumere un particolare carattere ibrido oltre a una certa cupezza che risente della violenza politica di quegli anni; così come è diseguale sul piano qualitativo ma è altissimo in più di un momento come nelle sequenze del Luna Park, del gran letto davanti allo schermo cinematografico o delle ragazzine punk.
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Scritto con Bernardino Zapponi e Brunello Rondi, il film é un sogno, una sequenza di visioni che costituiscono un catalogo che, dalla verità alla farsa, dal soave al dolente, dal lirico al satirico, dal surreale al grottesco raccoglie moltissimi motivi delle opere precedenti felliniane. Il film ha la caratteristica di essere stato realizzato proprio durante l'esplosione del femminismo, che lo ha fatto sbandare, assumere un particolare carattere ibrido oltre a una certa cupezza che risente della violenza politica di quegli anni; così come è diseguale sul piano qualitativo ma è altissimo in più di un momento come nelle sequenze del Luna Park, del gran letto davanti allo schermo cinematografico o delle ragazzine punk. Brani di folgorante invenzione visiva, di grande intensità, di stupefacente visionarietà, di genialità davvero sconfinata si alternano a una volgarità perfino pornografica nell'intento di citare qualunque tipo di spettacolo. Il maschio latino si arrende, riconosce comunque nella donna una forza superiore (visione che Fellini aveva già espresso ne “La dolce vita”), in tutte le sue mille forme, e quindi appare ingiusta, un eccesso del femminismo più estremo (nonostante Fellini abbia sottoposto il copione a una supervisione di alcune femministe storiche), in quegli anni davvero furibondo, la condanna del film da parte di quelle femministe che affermarono che per Fellini le donne non erano più che mortadelle. Il regista aveva girato il film frastornato, spesso turbato o angosciato dagli eventi, da una serie di guai, di incidenti di vario genere, fino alla tragedia del suicidio (?) di Ettore Manni, che interpreta “Katzone” (scritto nel copione originale come “Cazzone”). Partito come una produzione di Bob Guccione, l'editore di Penthouse, dopo il solito valzer dei produttori finì con l'essere rilevato da Renzo Rossellini.
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fabio57
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giovedì 3 settembre 2015
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il peggiore di fellini
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Farneticazione delirante di un autore celeberrimo e osannato a giusta ragione, ma che qui compie un passo falso,lasciandosi andare ad elucubrazioi cervellotiche e contorte.Non è certo il miglior Fellini,d'altronde non tutte le ciambelle vengono col buco.
C'è di meglio
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(di luca g)
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lucaguar
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mercoledì 24 dicembre 2014
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un quasi-capolavoro stile fellini
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"La città delle donne" è un film su cui ci sarebbe da dire tantissimo, come del resto tutti i film del grande maestro Fellini. Mi limiterò qui a qualche osservazione impressionistica che salta all'occhio dopo la visione di questo film.
Innanzitutto c'è da osservare che, per quanto riguarda l'aspetto contenutistico, è un film ricco ma non come i precedenti di Fellini, e qui sta la sua debolezza; il titolo della mia recensione prende le mosse proprio da questo difetto: il tema principale della pellicola, cioè il femminismo e in generale dell'universo femminile, è trattato a mio avviso con un po' di superficialità ed è troppo basato sull'aspetto sensitivo-emozionale, talvolta sembra quasi un pretesto per Fellini per sfoggiare il grande stile espressivo e la straordinaria (anzi forse unica) sua dote onirica e visionaria.
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"La città delle donne" è un film su cui ci sarebbe da dire tantissimo, come del resto tutti i film del grande maestro Fellini. Mi limiterò qui a qualche osservazione impressionistica che salta all'occhio dopo la visione di questo film.
Innanzitutto c'è da osservare che, per quanto riguarda l'aspetto contenutistico, è un film ricco ma non come i precedenti di Fellini, e qui sta la sua debolezza; il titolo della mia recensione prende le mosse proprio da questo difetto: il tema principale della pellicola, cioè il femminismo e in generale dell'universo femminile, è trattato a mio avviso con un po' di superficialità ed è troppo basato sull'aspetto sensitivo-emozionale, talvolta sembra quasi un pretesto per Fellini per sfoggiare il grande stile espressivo e la straordinaria (anzi forse unica) sua dote onirica e visionaria.
L'esasperata emancipazione femminile del XX secolo è vista da Fellini come un'"egemonia" che rende schiavo l'uomo e lo mette in una situazione sempre più contraddittoria e disperata nei confronti della vita: Snaporaz (anche qui alter-ego del regista) si trova schiavo della passione di una donna in treno, e se in un primo momento pensa di essere lui a condurre le danze, procedendo nel suo incredibile viaggio immaginifico le cose muteranno profondamente e si troverà, quasi senza rendersene conto, in una situazione di ingenuità quai bambinesca, catapultato in un vortice di passione sessuale-onirica (scena del parco giochi) e nella ricerca della donna ideale (scena della mongolfiera).
Fellini ci presenta donne aggressive, risentite, sopra le righe, di una freddezza ben lontana dal senso di maternità che secondo me è, secondo Fellini, il senso più vero della donna al di là di tutte e fantasie e i sogni erotici di un uomo; sono in particolare due le scene che rivelano questo aspetto: il bambino che sotto il tavolo gioca con le gambe della massaia che sta stirando e il dott. Katzone che bacia la statua della mamma nonostante la sua folle festa per festeggiare le "sue" 10mila donne.
Ovviamente, come nella maggior parte dei film di Fellini, la forza dirompente del film sta nello stile: la potenza espressiva e la fotografia sono straordinarie, il limite tra il sogno e la realtà è, come al solito, molto sottile e la disinvoltura con cui il maestro riesce ad utilizzare scene verosimili per mostrare situazioni oniriche e non verosimili è unica e inimitabile. Questa è la grandezza di Fellini: sopperire a contenuti forse un po' troppo infantili ed autobiografici con uno stile onirico inarrivabile.
In conclusione si può dire che questo film, arrivato nella maturità artistica del maestro, è un quasi-capolavoro, ed è comunque un film che resta dentro, che dà l'impressione di essere merce rara rispetto alla maggior parte del cinema di oggi. Ancora una volta qualche piccola pecca Fellini se la fa perdonare,eccome...
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antonio tramontano
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sabato 13 dicembre 2014
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psiche, sogno e bisogno d'amore
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Nell’ambito della filmografia felliniana,“La città delle donne” è sicuramente l’opera in cui la piacevole ossessione del “Maestro” per i molteplici aspetti del femminile trova la sua massima e diretta espressione.
Il vecchio Snaporaz nel seguire una signora da cui è irresistibilmente attratto si ritrova ad un congresso di femministe dove assiste, prima con ingenua simpatia poi con angoscia e spavento, ad estreme rivendicazioni di libertà.
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Nell’ambito della filmografia felliniana,“La città delle donne” è sicuramente l’opera in cui la piacevole ossessione del “Maestro” per i molteplici aspetti del femminile trova la sua massima e diretta espressione.
Il vecchio Snaporaz nel seguire una signora da cui è irresistibilmente attratto si ritrova ad un congresso di femministe dove assiste, prima con ingenua simpatia poi con angoscia e spavento, ad estreme rivendicazioni di libertà. Qui il tema del femminismo viene ripreso da Fellini sotto un aspetto più relativo al suo personaggio, il suo alter-ego interpretato impeccabilmente dal solito Mastroianni è un uomo maturo rimasto fanciullo che al piacere di un erotismo istintivo associa la ricerca di dolcezza e sicurezza materna, due aspetti che difficilmente si coniugano con la degenerazione di alcune teorie della filosofia femminista, esasperate qui in tono surreale e grottesco proprio per mettere in risalto la difficoltà del personaggio di rapportarsi ad un’ideale di donna diverso da come egli desidera. Nell’intero svolgersi delle sequenze narrative infatti, l’intenzione di Fellini è quella di mostrare quel che rappresenta per lui la donna e l’importanza che ha su di un uomo dipendente dall’amore femminile sotto qualunque forma gli si presenti. Interessante, è l’incontro con Katzone, decadente santone dell’eros rinchiuso in un castello e che ha dedicato la sua vita alla divinizzazione del piacere sessuale e della donna quale suo oggetto.
C’è anche spazio per il tema della colpa, la semplice colpa di esistere come uomo e la conseguente condanna di un immaginario tribunale femminista, segno di un inaridimento dei valori a cui l’innocente vittima, però, non vuole rassegnarsi.La possibile ancora di salvezza di Snaporaz è Donatella, bellissima e procace ragazza dotata di una dolcezza sconosciuta alle altre e che egli ritrova più volte nel suo viaggio onirico. Ella è quel che si avvicina di più al suo bisogno d’amore, di più rassicurante gli resta solo un bellissimo pallone volante in fuga verso un mondo ideale. Poi sarà tempo di ritornare alla realtà.
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celluloide
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venerdì 21 settembre 2012
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delusione al cubo
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L'avevo visto trent'anni fa, mi era piaciuto poco,rivisto oggi mi e' piaciuto molto poco.
Per dirla tutta mi sono addormentato.
Quando un film invecchia come questo vuol dire che non ci sono contenuti validi.
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dandy
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lunedì 16 gennaio 2012
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una città da visitare!o forse no?
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Sull'onda dei movimenti femministi dell'epoca,il duo Fellini-Mastroianni,alle soglie della terza età,ripercorre la storia del rapporto con l'altro sesso(rapporto tanto dell'uomo quanto loro personale)adattandoci i pezzi del repertorio abituale del regista:estetica circense,caratterizzazioni iperboliche,divagazioni stranianti e ovviamente la nostalgia dei tempi andati.Andrebbe paragonato con "Fellini Satyricon".Come sempre c'è il fascino visivo e poetico(i quadri "parlanti",lo scivolo dei ricordi),il tema è intrigante, ma la confusione è molta e il ritmo diseguale.Il finale è sottotono.Notevole l'ambientazione,a tratti da incubo.
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Sull'onda dei movimenti femministi dell'epoca,il duo Fellini-Mastroianni,alle soglie della terza età,ripercorre la storia del rapporto con l'altro sesso(rapporto tanto dell'uomo quanto loro personale)adattandoci i pezzi del repertorio abituale del regista:estetica circense,caratterizzazioni iperboliche,divagazioni stranianti e ovviamente la nostalgia dei tempi andati.Andrebbe paragonato con "Fellini Satyricon".Come sempre c'è il fascino visivo e poetico(i quadri "parlanti",lo scivolo dei ricordi),il tema è intrigante, ma la confusione è molta e il ritmo diseguale.Il finale è sottotono.Notevole l'ambientazione,a tratti da incubo.Mastroianni gioca allegramente con la sua ossessione da latin lover.Anna Prucnal è doppiata da Valeria Moriconi.Ettore manni sarebbe morto alla fine delle riprese in circostanze poco chiare:chi dice che si sia suicidato,chi che pulendo un'arma si sia sparato accidentalmente.Da guardare e anche comprare se si vuole,ma è meno raffinato di quanto si pensi.
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pisciulino
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venerdì 21 ottobre 2011
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un film come lo poteva fare solo fellini
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Fellini è uno di quei registi che ha sempre avuto il merito di dire le cose sotto forma di spettacolo, coloratissimo (nel senso più ampio) e, almeno nei suoi film migliori, per qualsiasi tipo di spettatore. In questo, che è una specie di rivolto del capolavoro "Casanova", egli rivela la struttura di fondo del suo cinema, cioè il procedere per visioni, che si andò sempre più accentuando nell'ultima parte della sua carriera. "La città delle donne" non è coeso come, ad esempio, "Amarcord", e la sua debordante fantasia non trova sempre il tono giusto (anche perchè ebbe una lavorazione travagliata) ma i suoi episodi, i suoi blocchi narrativi sono spesso di una potenza espressiva sconcertante.
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Fellini è uno di quei registi che ha sempre avuto il merito di dire le cose sotto forma di spettacolo, coloratissimo (nel senso più ampio) e, almeno nei suoi film migliori, per qualsiasi tipo di spettatore. In questo, che è una specie di rivolto del capolavoro "Casanova", egli rivela la struttura di fondo del suo cinema, cioè il procedere per visioni, che si andò sempre più accentuando nell'ultima parte della sua carriera. "La città delle donne" non è coeso come, ad esempio, "Amarcord", e la sua debordante fantasia non trova sempre il tono giusto (anche perchè ebbe una lavorazione travagliata) ma i suoi episodi, i suoi blocchi narrativi sono spesso di una potenza espressiva sconcertante. Come sempre, Fellini sublima la realtà in lievito di favola, anche quando apre squarci sul presente violento e angoscioso di quegli anni. Il linguaggio onirico consente al regista una rappresentazione slegata dalla drammaturgia tradizionale. Forse non tutte le sequenze sono allo stesso livello, con sketch di gusto rivistaiolo alternate a sequenze splendide e inquietanti, come quella delle ragazzine punk, ma la genialità di Fellini anche qui si rivela in molti luoghi.
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