muttley72
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mercoledì 8 maggio 2013
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roma, la "città eterna" descritta magistralmente
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"Roma" è un film poco noto di Fellini....tuttavia fu il primo (tra quelli del Maestro) da me visto e ciò a causa di un curioso "episodio familiare": alle 2 di notte (circa) fui svegliato dalle urla di mio padre e (con a mia madre) accorsi pensando ad un grave malore....lui stava invece ridendo irrefrenabilmente davanti ad Alvaro Vitali (che ne film interpretava uno sgangherato comico da avanspettacolo....), poichè la scena gli ricordava il vero avanspettacolo da lui visto (da giovane) prima che esso scomparisse dai cinema-teatro romani (e d'Italia). Mio padre dice "E vero...era così, è forte!!!"....Vi risparmi i commenti miei (e quelli di mia madre.
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"Roma" è un film poco noto di Fellini....tuttavia fu il primo (tra quelli del Maestro) da me visto e ciò a causa di un curioso "episodio familiare": alle 2 di notte (circa) fui svegliato dalle urla di mio padre e (con a mia madre) accorsi pensando ad un grave malore....lui stava invece ridendo irrefrenabilmente davanti ad Alvaro Vitali (che ne film interpretava uno sgangherato comico da avanspettacolo....), poichè la scena gli ricordava il vero avanspettacolo da lui visto (da giovane) prima che esso scomparisse dai cinema-teatro romani (e d'Italia). Mio padre dice "E vero...era così, è forte!!!"....Vi risparmi i commenti miei (e quelli di mia madre.... )
"Roma" descrive infatti (nel bene e nel male) i vari aspetti, vizi, tradizioni, contraddizioni della Capiitale.....partendo dal Fascismo ed arrrivando agli anni '70.....(all'epoca del film visti come l'epoca contemporanea)
Alcuni di questi aspetti descritti in modo "memorabile" sono: il bordello (o "casa chiusa" o "di tolleranza"), i preti, il Vaticano (ed il loro potere), l'avanspettacolo, i lavori dela metropolitana (che distruggono i beni archeologici della Roma imperiale), i "motociclisti" che di notte turbano le strade della "città eterna". E molte altre cose che lo spettatore scoprirà.....
Ogni episodio ha una sua chiave di lettura e mille sfumature al suo interno......
Film eccezionale, pur essendo forse il meno conosciuto (........si fa per dire) tra quelli di Fellini.
Naturalmente bisogna saper cogliere ciò che l'episodio narrato intende esprimere, ma ciò non è poi così difficile...o faticoso o noioso....come ci si potrebbe aspettare da un "film d'autore", anzi.....
Cinque le stelle
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nico da roma
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giovedì 23 agosto 2007
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vattene...t'ho detto d'annattene...
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Roma raccontata da Fellini. Uno giovane, forse un pò ingenuo ed educato. L'altro, che stride col primo sia per il personaggio sia per il contesto, interpretato da lui medesimo. Vi è una Roma, quella dei primissimi anni 70, dove ci sono i figli dei fiori spaparazzati sulle scalinate e le piazze, c'è l'amore libero, conseguenza degli anni della contestazione, il GRA intasato come un imbuto, conseguenza della mala gestione del denaro. E vi è la Roma del periodo bellico(seconda guerra mondiale naturalmente) dove la gente("i romani de roma")si riuniva per cenare tutta assieme, bevendo,scherzando e ruttando allegramente, con una bimba che intona "ali-mor-tacci-tu" ed i genitori che un pò si vergognano ma che subito dopo ridono vedendo l'ilarità generale suscitata dalla vivace ragazzina.
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Roma raccontata da Fellini. Uno giovane, forse un pò ingenuo ed educato. L'altro, che stride col primo sia per il personaggio sia per il contesto, interpretato da lui medesimo. Vi è una Roma, quella dei primissimi anni 70, dove ci sono i figli dei fiori spaparazzati sulle scalinate e le piazze, c'è l'amore libero, conseguenza degli anni della contestazione, il GRA intasato come un imbuto, conseguenza della mala gestione del denaro. E vi è la Roma del periodo bellico(seconda guerra mondiale naturalmente) dove la gente("i romani de roma")si riuniva per cenare tutta assieme, bevendo,scherzando e ruttando allegramente, con una bimba che intona "ali-mor-tacci-tu" ed i genitori che un pò si vergognano ma che subito dopo ridono vedendo l'ilarità generale suscitata dalla vivace ragazzina.
Varie sono le scene gustose, nella Roma del Fellini giovane, nonostante tutto sembra però che si rida di più(ed i problemi di certo non mancavano) con un romano che si rivolge a un comico dell'avanspettacolo che non faceva ridere dicendogli: "vattene"...to detto d'annattene"...ed un altro che caricava con un "aho, ma nun hai sentito che ha detto?...vattene!". Romani che tirano un gatto morto (ad Alvaro Vitali) ma accettano con un applauso la risposta azzeccata del comico alla prvocazione. Passato e futuro...prima e dopo. Il tempo passa...Fellini riflette e fa riflettere su questo. Ogni epoca sembra avere il suo male.
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caps88
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martedì 17 luglio 2012
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la roma di fellini
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Fellini attraverso un semi documentario folcloristico ritrae Roma nella sua bellezza,nella sua naturalezza,nelle sue usanze,nelle sue canzoni.Ma anche nel suo potere infinito a livello ecclesiastico che ormai ha preso campo anche nel mondo commerciale con una sfilata di capi ecclesiastici che ricorda Bunuel!Fellini riesce bene a descrivere Roma negli anni 70 cogliendo l integrazione particolare di un ragazzo del nord Italia in una famiglia romana,le cene in trattoria ,il caos del raccordo anulare,la cultura Hippie fortemente contrastata dal governo,l impossibilità di una metropolitana sotterranea funzionante al massimo per gli scavi sottostanti che compongono una seconda città(in cui peraltro scoprono delle catacombe sotterranee.
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Fellini attraverso un semi documentario folcloristico ritrae Roma nella sua bellezza,nella sua naturalezza,nelle sue usanze,nelle sue canzoni.Ma anche nel suo potere infinito a livello ecclesiastico che ormai ha preso campo anche nel mondo commerciale con una sfilata di capi ecclesiastici che ricorda Bunuel!Fellini riesce bene a descrivere Roma negli anni 70 cogliendo l integrazione particolare di un ragazzo del nord Italia in una famiglia romana,le cene in trattoria ,il caos del raccordo anulare,la cultura Hippie fortemente contrastata dal governo,l impossibilità di una metropolitana sotterranea funzionante al massimo per gli scavi sottostanti che compongono una seconda città(in cui peraltro scoprono delle catacombe sotterranee.Stupenda la sequenza dello spettacolo a teatro negli anni della guerra dove gli spettatori per ammazzare il tempo davano fastidio in tutti i modi agli intrattenitori!e anche il commercio di prostitute quasi come se fossero oggetti nelle case chiuse.Un fellini che non si limita a descrivere roma attraverso un semplice documentario,ma ne fa un ritratto più ampio ad episodi ambientato in due ere diverse anni della guerra e anni 70 ovvero gli anni delle rivoluzioni.
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parsifal
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mercoledì 17 gennaio 2018
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realtà e sogno
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IL Maestro Fellini, con la collaborazione di Zapponi, rende omaggio alla Città Eterna, con un film che tutt'oggi resta un indiscusso capolavoro. Naturalmente lo fa a modo suo, con i suoi canoni e metodi ormai consolidati. Visioni oniriche, ricordi che riaffiorano in modo più che vivido ed il modo di caratterizzare i personaggi incontrati durante l'ampia e frastagliata narrazione, tra il bonario ed il grottesco, con punte di inevitabile malinconia. Il primo ricordo che affiora nella mente del Maestro è la distanza indicata da una pietra miliare sita sulla via Emilia, indelebile gemma della sua infanzia. Di seguito, un giovane Federico ( Peter Gonzales) scende alla Stazione Termini ed incontra la vasta e variegata umanità dell' Urbe, ammantata di folclore e sarcasmo sottoproletario.
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IL Maestro Fellini, con la collaborazione di Zapponi, rende omaggio alla Città Eterna, con un film che tutt'oggi resta un indiscusso capolavoro. Naturalmente lo fa a modo suo, con i suoi canoni e metodi ormai consolidati. Visioni oniriche, ricordi che riaffiorano in modo più che vivido ed il modo di caratterizzare i personaggi incontrati durante l'ampia e frastagliata narrazione, tra il bonario ed il grottesco, con punte di inevitabile malinconia. Il primo ricordo che affiora nella mente del Maestro è la distanza indicata da una pietra miliare sita sulla via Emilia, indelebile gemma della sua infanzia. Di seguito, un giovane Federico ( Peter Gonzales) scende alla Stazione Termini ed incontra la vasta e variegata umanità dell' Urbe, ammantata di folclore e sarcasmo sottoproletario. Il giovane di belle speranze fa ingresso nella casa della famiglia che lo ospiterà e continua la carrellata di personaggi incontrati; attori , lavoratori, fantesche intraprendenti e madri di famiglia più simili a creature mitologiche che non ad altro. Vi è nella narrazione un continuo ondeggiare tra il presente ( dell'epoca) e i ricordi di gioventù, realizzato con estrema leggerezza e maestria , tanto da rendere ancora più fluido lo scorrere delle scene. Alcune delle quali sono davvero indimenticabili; il teatro di avanspettacolo con tutte le sue sfumature sarcastico-popolari, la cena in una trattoria tipica con personaggi della periferia urbana che comunicano pienamente lo spirito romanesco, durante un convivio popolare assai movimentato. La panoramica su Trastevere ( ad onor del vero la piazza venne interamente ricostruita) durante la quale incontriamo personaggi come Gore Vidal, Alberto Sordi, Marcello Mastroianni e poi il popolo che discorre, che urla, che ride , che si azzuffa, come sovente accade. E come dimenticare la scena in cui l'iconoclastia raffinata e surreale del Maestro prende corpo, dando vita ad una sfilata di moda ecclesiastica alla quale assistono gli esponenti della alto clero e dell'aristocrazia romana, supportata da una colonna sonora dirompente e drammatica,,ad opera del Maestro NIno Rota? IL film si conclude con un apparizione notturna dell' Attrice che incarnò appieno lo spirito della Città Eterna ossia Anna Magnani, con un dialogo fatto di lodi tessute da Fellini, alle quali Nannarella risponde con divertita ironia. Tutto ed il contrario di tutto, come accade davvero nell' Urbe.
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frdb82
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domenica 27 febbraio 2005
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l'ultima sequenza
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Cinema documentaristico e fantastico insieme, tutt'oggi uno dei Fellini più moderni per la prospettiva storico-impressionistica in cui ci viene presentata la capitale, quasi un museo antropologico e dell'immaginario (Roma antica imperiale, la grande madre-puttana, il Vaticano, la truculenza popolare, il traffico caotico, l'osteria, ecc.) cui poter fare ancora visita senza che l'incanto sia mutato.
Fra le molte sequenze da antologia vorrei ricordare il notturno finale, veramente folle.., con tutte quelle bande di motorini a girovagare vorticosamente intorno ai monumenti del centro storico, con la macchina da presa anch'essa impazzita e contagiata dal movimento. Banalmente si potrebbe leggere ancora una volta come contrapposizione vecchio-nuovo in una notte-futuro che avanza e che tutto avvolge, dai connotati (triviali: vedi la copiosità dei motorini e l'impressione grottesca di cafoneria esibita generale) di movimento meccanico e fagocitante (la strada, l'asfalto, la città bruciati, consumati dal motore e dalle ruote dei veicoli che li attraversano) e di spersonalizzazione (i volti dei motociclisti non affatto distinguibili), dove rimangono come interrogativi lanciati nel vuoto e poli arcani di richiamo, le statue lasciateci da tempi ignoti.
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Cinema documentaristico e fantastico insieme, tutt'oggi uno dei Fellini più moderni per la prospettiva storico-impressionistica in cui ci viene presentata la capitale, quasi un museo antropologico e dell'immaginario (Roma antica imperiale, la grande madre-puttana, il Vaticano, la truculenza popolare, il traffico caotico, l'osteria, ecc.) cui poter fare ancora visita senza che l'incanto sia mutato.
Fra le molte sequenze da antologia vorrei ricordare il notturno finale, veramente folle.., con tutte quelle bande di motorini a girovagare vorticosamente intorno ai monumenti del centro storico, con la macchina da presa anch'essa impazzita e contagiata dal movimento. Banalmente si potrebbe leggere ancora una volta come contrapposizione vecchio-nuovo in una notte-futuro che avanza e che tutto avvolge, dai connotati (triviali: vedi la copiosità dei motorini e l'impressione grottesca di cafoneria esibita generale) di movimento meccanico e fagocitante (la strada, l'asfalto, la città bruciati, consumati dal motore e dalle ruote dei veicoli che li attraversano) e di spersonalizzazione (i volti dei motociclisti non affatto distinguibili), dove rimangono come interrogativi lanciati nel vuoto e poli arcani di richiamo, le statue lasciateci da tempi ignoti. Pazzesco davvero, straniante e ammaliante questo connubio! Dunque la notte classicamente intesa come perdita di orientamento e incubo (futuribile) cui è impossibile resistere, ma anche notte come spunto per una dilatazione temporale sensoriale e immissione estatica nel fuori-tempo
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lucaguar
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lunedì 13 gennaio 2014
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fellini, il solito genio, ci racconta la sua roma
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"Roma" è un caposaldo nel percorso del cinema felliniano.
Questo film, pur discutibile su alcuni aspetti, coinvolge (soprattutto all'inizio e alla fine) ed è caratterizzato da alcuni soliti colpi di genio "alla Fellini" che elevano questa pellicola sopra la media, riuscendo a trasportare lo spettatore nella consueta atmosfera di "realtà sognante" che dona originalità, se non unicità, ad ogni opera dello straordinario regista riminese.
Il film è diviso, se non in episodi, sostanzialmente in lunghe sequenze, talvolta precedute da piccole introduzioni fatte dallo stesso Fellini sia come voce fuori campo che, più volte, come comparsa.
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"Roma" è un caposaldo nel percorso del cinema felliniano.
Questo film, pur discutibile su alcuni aspetti, coinvolge (soprattutto all'inizio e alla fine) ed è caratterizzato da alcuni soliti colpi di genio "alla Fellini" che elevano questa pellicola sopra la media, riuscendo a trasportare lo spettatore nella consueta atmosfera di "realtà sognante" che dona originalità, se non unicità, ad ogni opera dello straordinario regista riminese.
Il film è diviso, se non in episodi, sostanzialmente in lunghe sequenze, talvolta precedute da piccole introduzioni fatte dallo stesso Fellini sia come voce fuori campo che, più volte, come comparsa. Io ne ho individuate nove: la sequenza iniziale della scuola, la vita di una povera famiglia romana che ospita un giovane giornalista, il traffico assordante del raccordo anulare (in cui compare la trupe del film e anche Fellini), il "teatrino della barrafonda" ai tempi di un fascismo proto bellico, dove il proletariato romano passava il suo tempo libero tutt'altro che serenamente, gli scavi archeologici con la distruzione di alcuni affreschi storici, un bordello in cui i soldati passavano le loro ore libere, una rappresentazone onirica (e polemica) del Vaticano attraverso una stranissima sfilata, una tipica festa di quartiere molto confusionaria ed infine la scena del giro della città di tanti rumorossissimi motorini a rompere il silenzio della notte romana.
"Roma" è insomma un ritratto in tipico stile felliniano della vita nella città eterna, sempre sospeso tra sogno e realtà, cinema e meta-cinema, superficialità e profondità, bonarietà e rabbia istintiva, confusione e silenzi.
Ciò che personalmente mi ha più colpito è stato il piglio meta-filmico che Fellini ha dato all'opera, non temendo di immergersi in maniera totale (e concreta) in essa, opera che talvolta dà la sensazione di voler essere un documentario, ma un documentario atipico, non fatto di una freddezza veristica di fondo, neanche nelle scene più "crude", ma piuttosto un racconto in tono favolistico e molto autobiografico, come se il regista avesse dovuto raccontare la sua vita a Roma attraverso una fiaba.
La sequenza che ho preferito in assoluto è stata quella ritraente il clero al Vaticano, in cui si viene letteralmente immersi in modo emblematico nel cinema di Fellini, in cui il sogno (o meglio l'atmosfera sognante) serve per mostrare, anche polemicamente ed amaramente, la triste realtà, come quella dell'ipocrisia e dell'abuso di potere e di ricchezza di una Chiesa-sovrana lontana dalla gente.
Ciò che invece non è stato, a mio parere, all'altezza sono alcune sequenze troppo ridondanti e verbose, che finiscono, soprattutto nella parte centrale della pellicola, per far perdere quel tocco entusiasmante al film e, a mio avviso, sono proprio queste parti che mettono "Roma" al di sotto dei migliori tre o quattro film di Fellini.
Nel complesso però questo è un film da vedere, una tappa fondamentale per chi volesse capire a fondo la poetica del nostro grande regista. Fellini resta un patrimonio inestimabile per il cinema mondiale di tutti tempi, e anche in film come questo, nonostante non ineccepibile, traspare il suo solito genio visionario.
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e. hyde
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giovedì 16 giugno 2016
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la città del sole (parte prima)
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E nel sonno del '600 - secolo in cui vide luce l'importante opera filosofica di Tommaso Campanella, espressione dei fermenti culturali, politici e sociali dell'epoca, delle ambizioni delle menti più pronte, dell'aspirazione al cambiamento, al rinnovamento, al contrasto del degrado politico e religioso e alla corruzione delle istituzioni - sono ancora immersi secondo Fellini gli abitanti di Roma, città eterna su cui egli ha realizzato questa sinfonia: un lungo sogno, un viaggio nel tempo e nello spazio in cui l'autore fonde e gioca coi registri narrativi e mostra che Roma può essere quella che ciascuno vuole, che ciascuno proietta dalla sua mente, frutto della storia personale e della sua esperienza.
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E nel sonno del '600 - secolo in cui vide luce l'importante opera filosofica di Tommaso Campanella, espressione dei fermenti culturali, politici e sociali dell'epoca, delle ambizioni delle menti più pronte, dell'aspirazione al cambiamento, al rinnovamento, al contrasto del degrado politico e religioso e alla corruzione delle istituzioni - sono ancora immersi secondo Fellini gli abitanti di Roma, città eterna su cui egli ha realizzato questa sinfonia: un lungo sogno, un viaggio nel tempo e nello spazio in cui l'autore fonde e gioca coi registri narrativi e mostra che Roma può essere quella che ciascuno vuole, che ciascuno proietta dalla sua mente, frutto della storia personale e della sua esperienza. Fellini ci mette le sue Rome: da “Lo sceicco bianco”, sui miti grandi e piccoli di un'Italia all'indomani dell'Anno Santo del 1950 alle borgate, le periferie e le zone monumentali "profanate" dalla prostituzione de “Le notti di Cabiria”, da quella della “La dolce vita” al viaggio nel profondo e all'indietro del “Satyricon”. Da quella fraintesa e sognata da ragazzo a quella sviscerata da adulto fino all'ultima in cui, in un cameo verso la fine del film, Gore Vidal brinda all'apocalisse. Un andirivieni tra ieri e oggi ora estatico ora atterrito, ora affettuoso ora risentito in un film che prepara “Amarcord”, di cui la eccezionale sequenza di apertura è una gustosa anticipazione. “Amarcord” concludeva dopo “Roma” un blocco narrativo, cominciato con “Satyricon” e proseguito con “I clowns”, funereo e ultraterreno. In suggestioni e allucinazioni su e giù per il tempo in tutto sottende la presenza della morte: come annuncia la falce nella prima inquadratura del film, questo è un film sulla morte. Già sfiorato dalle ombre della malattia e dalle prime paure sotterranee, Fellini, come in un film di fantascienza, comincia a immaginare e a disegnare un futuro di caos e distruzione anticipando i suoi ultimi, cupi, sgomenti e desolati film. Con squarci imprevisti egli viaggia nell'immaginario arrestandosi sul quasi conosciuto perché la trasgressione non faccia danno, come rappresentato nell'episodio più bello, la sequenza arcana della scoperta durante gli scavi della metropolitana di una casa romana, con gli affreschi della domus che si dissolvono una volta all'aria come vampiri. Una Roma arcana, sospesa tra antico e moderno. L'anno precedente quello dell'uscita del film lo sceneggiato capolavoro “Il segno del comando” tenne incollati al teleschermo 15 milioni di telespettatori paralizzando il paese come un grande evento sportivo o di cronaca; gli italiani si appassionarono, si impaurirono, si intrigarono con una storia di esoterismo, reincarnazioni e dame misteriose, che svelava che il mistero poteva essere dietro casa, l'abisso dietro la vita quotidiana. Fellini è affascinato dallo scontro tra antico e moderno, tra vecchio e nuovo, l'uno entra nell'altro. In sussulti continui il passato e il presente si prevaricano reciprocamente. Fellini usa la carnalità per rappresentare uno stato beato e viceversa. Fonde l'erotico e il pio come ravioli e formaggio. La rappresentazione non è completa, ma è chiara. C'è il grottesco e il bozzetto ma con profondità e acutezza Fellini, vede chiaramente, amareggiato e sconfortato, una crisi generale, di valori, anche se la rappresenta in modi fantasmagorici; una decadenza non solo italiana, ma della intera civiltà. Legato a questo, affiora, ossessivo, il tema della morte. Ma la morte, per i romani, è una parente anche lei.
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e. hyde
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giovedì 16 giugno 2016
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la città del sole (parte seconda)
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Come simbolo di Roma, sui manifesti, una monumentale prostituta, che si erge stanca, paziente, rassegnata, eterna, che nulla aspetta e che nulla spera. Il casino è il rientro al grembo materno, la voglia dell'uomo di rimanere attaccato a una figura materna che gli tolga dubbi e responsabilità, che non gli dia problemi; non è solo di Roma ma è tipicamente romano, cattolico, gesuitico, perché pieno di buone intenzioni (sfogare gli ardori giovanili che non diventino violenza politica, ribellione all'autorità o vandalismo; evitare l'omosessualità del clero e l'aggressione dei maschi alle donne “oneste”, che negli anni in cui Fellini era giovane non avevano la libertà di oggi). L'avanspettacolo è parente del casino, coi maschi assatanati che rivolgono osceni apprezzamenti alla sfilata di cosce e sederi, senza offesa per le soubrette di ieri e di oggi, ma era nota l'idea di Fellini circa l'esibizione del sesso, certe manifestazioni e parate come si vedono anche oggi in spettacoli popolari (in questo era d'accordo con Pasolini), come una forma di fascismo.
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Come simbolo di Roma, sui manifesti, una monumentale prostituta, che si erge stanca, paziente, rassegnata, eterna, che nulla aspetta e che nulla spera. Il casino è il rientro al grembo materno, la voglia dell'uomo di rimanere attaccato a una figura materna che gli tolga dubbi e responsabilità, che non gli dia problemi; non è solo di Roma ma è tipicamente romano, cattolico, gesuitico, perché pieno di buone intenzioni (sfogare gli ardori giovanili che non diventino violenza politica, ribellione all'autorità o vandalismo; evitare l'omosessualità del clero e l'aggressione dei maschi alle donne “oneste”, che negli anni in cui Fellini era giovane non avevano la libertà di oggi). L'avanspettacolo è parente del casino, coi maschi assatanati che rivolgono osceni apprezzamenti alla sfilata di cosce e sederi, senza offesa per le soubrette di ieri e di oggi, ma era nota l'idea di Fellini circa l'esibizione del sesso, certe manifestazioni e parate come si vedono anche oggi in spettacoli popolari (in questo era d'accordo con Pasolini), come una forma di fascismo. Dietro la sbruffoneria, l'apatia, la goffaggine pigra e infantile di chi si sente protetto dagli dei e dai papi. La scena, fuori dalla storia, è interrotta da un richiamo della Storia, alla realtà esterna in cui a quel punto si opera una sintesi violentissima con le figure di morte rappresentate dagli attori e in cui il clima dell'epoca è restituito in pieno. Il giovane Fellini, arrivato a Roma immaginandosi una città imperiale come nella propaganda del fascismo, mitizzata da Mussolini che era una specie di regista di fantasmi anche lui, ne trovò una sbracata, dal clima mediorentale, africana (e perciò anche con una saggezza antichissima, preistorica, primordiale). La casa dove va ad abitare il protagonista è sui ricordi delle case umbertine dei piemontesi entrati nella breccia di Porta Pia, che si illudevano di fare di Roma una grande Torino: grandi casamenti con scale vastissime, ascensori di ferro, facciate di bugnato. La sequenza della mangiata all'aperto, ricostruita a Cinecittà con tanto di passaggio di tram, mette a fuoco una Roma cordiale e robusta, grossolana, selvaggia, cruenta, cui piace mangiare le parti più intime e segrete della bestia (coratella, trippa, cervello, animelle, occhi): con rimpianto Fellini dovette lasciar fuori una vecchia filastrocca sui 7 bocconi buoni... Roma è come un grande organismo in cui tutto appartiene al ventre, tutto fa ventre. L'allucinante sequenza del raccordo anulare, anch'esso interamente ricostruito a Cinecittà, è una rappresentazione, con lugubri cartelli ai lati, del caos, una strada verso la babele, che una pioggia accecante trasforma in un inferno. Cos'è questa Roma se non un un girone infernale di dannati e ignavi? Dappertutto assatanati, primitivi, mentecatti, sepolcri viventi, turpidutine, complicità, abiezione, vizio, crimine e putrefazione. Il finale, ispirato a Fellini da un gruppo di motociclisti che una volta gli fece da scorta spontanea è uno dei migliori che egli abbia girato, con un improvviso cambio di prospettiva in cui la macchina da presa assume il punto di vista del corteo, una sorta di trionfo e passerella della città, di cui vediamo i monumenti più celebri, anche se enigmatico e minaccioso (i motociclisti come angeli della morte). Fellini pare aver assorbito le energie di questi giovani, trasformandole in atto creativo. Fellini utilizza Roma come fondale per dimostrare che l'arte è l'ultima e definitiva forma di libertà.
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e. hyde
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giovedì 16 giugno 2016
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la città del sole (parte terza)
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Diretto con un virtuosismo stilistico irresistibile, scritto con Bernardino Zapponi, estremamente intonato a Fellini per il senso dell'apologo, il fascino del fantastico e dell'arcano e soprattutto per la chiosatura ironica, meravigliosamente fotografato da Giuseppe Rotunno, con le ottime scenografie e costumi di Danilo Donati e l'altrettanto buono montaggio di Ruggero Mastroianni che contribuisce al suo carattere non convenzionale, il film è sottolineato dalla musica di Nino Rota nei suo caratteri misteriosi, magici ma anche popolareschi. Nei salti tra il 1939-40 e il 1972 emerge una certa nostalgia per la vecchia Roma e un'ansia per quella moderna, che non comprende i giovani, incapace di mantenere il passato, triste pure nelle sue feste.
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Diretto con un virtuosismo stilistico irresistibile, scritto con Bernardino Zapponi, estremamente intonato a Fellini per il senso dell'apologo, il fascino del fantastico e dell'arcano e soprattutto per la chiosatura ironica, meravigliosamente fotografato da Giuseppe Rotunno, con le ottime scenografie e costumi di Danilo Donati e l'altrettanto buono montaggio di Ruggero Mastroianni che contribuisce al suo carattere non convenzionale, il film è sottolineato dalla musica di Nino Rota nei suo caratteri misteriosi, magici ma anche popolareschi. Nei salti tra il 1939-40 e il 1972 emerge una certa nostalgia per la vecchia Roma e un'ansia per quella moderna, che non comprende i giovani, incapace di mantenere il passato, triste pure nelle sue feste. Certi episodi del passato sono ambigui, c'è disturbo, eccesso, qualcosa di rivoltante ma anche apertura, familiarietà, solidarietà che non si riscontrano nel presente, nei politici benpensanti che vedono con soddisfazione la celere manganellare i capelloni mentre i vecchi liberali si scagliano contro la polizia per difenderli. Al contrario nella Roma di ieri la connotazione storica fascista sfuma in una vitalità a prescindere dal regime: la figura della padrona di casa emerge dalla notte dei tempi, primordiale, potente, massa circolare che lega e chiude, legge di natura trascritta carne. Un sarcofago vivente temporaneamente deposto, come in museo, in un appartamento piccolo borghese di quegli anni. La dea Terra. Fellini confronta il sesso di ieri con la libertà di oggi, dopo la beat generation, gli hippie, la pillola. La prostituta con il quale si incontra il giovane protagonista è una napoletana che rappresenta la sensualità e l'antica saggezza di un popolo in cui si incrociano le più disparate razze mediterranee. Il passaggio dalla casa chiusa di lusso e l'antica aristocrazia romana papalina avviene senza transizione, appena una dissolvenza. L'entrata nel palazzo dà il senso del di sacro, di un'atmosfera preparatoria, rituale. I quadri raffigurano cardinali dalle facce orrende, viziose: lussuria, avidità, crudeltà, ecc. Nel salone si svolge una parata funebre che apre un prefinale nelle organze piegate, fluttuanti e virginali, della morte beatificata prima dell'apparizione, in un barocco delirante, ipnotico tripudio di ori e luci, del Papa. L'ultima aria recitata dalla morte, che chiudeva più di un episodio, e il cerchio si chiude. Fellini dovette con rammarico lasciar fuori dal film cose come la circolare notturna, la partita Roma-Lazio, una sequenza al cimitero Verano, nella quale voleva rappresentare il senso di pace e di conforto che danno i camposanti, una sul ponentino e sulle nuvole, su quell'aspetto magico in cui appare all'improvviso una strada, l'azzurro del cielo, quel che di africano che ha la città col senso di quiete e di serenità che comunica, una sequenza vera sui sotterranei del palazzo di Giustizia invaso dai topi. Mantenne però Anna Magnani, che dopo aver visto il girato gli disse che aveva proprio capito Roma. Questa Roma insieme pagana e papale (per Fellini la Chiesa aveva il merito, colle sue rappresentazioni ipnotiche, con il suo grandioso apparato e le sue preziose messe in scena, la sua coreografia, di proteggere dal magma dell'inconscio), gioiosa, solare e misteriosa, uno dei film di Fellini più ammirato da intellettuali e artisti, è più per felliniani che per un largo pubblico; infatti non ebbe un grande successo che arriderà al regista invece col successivo "Amarcord".
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stefano capasso
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giovedì 22 luglio 2021
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la città delle illusioni
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Roma vista in momenti diversi da Federico Fellini: dalle descrizioni mitiche conosciute durante la sua infanzia, all’esperienza vissuta personalmente quando negli anni della seconda guerra mondiale vi si trasferisce per finire alla descrizione contemporanea alle riprese del film. Un lavoro che procede per quadri che si alterna in tre fasi temporali, dove Roma tutto sommato conserva quelle caratteristiche reali e immaginifiche prodotte dalla fantasia del regista. Sin dalle prime immagini Fellini mette in chiaro che quello che vedremo è tutto messa in scena, usando ricostruzioni evidentemente poco credibili e personaggi che sembrano maschere. Il ritratto prodotto di Roma è complesso, colmo di contraddizioni, in un coacervo di confusione, personaggi tronfi che popolano la città che convivono con tanti personaggi che vengono da fuori.
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Roma vista in momenti diversi da Federico Fellini: dalle descrizioni mitiche conosciute durante la sua infanzia, all’esperienza vissuta personalmente quando negli anni della seconda guerra mondiale vi si trasferisce per finire alla descrizione contemporanea alle riprese del film. Un lavoro che procede per quadri che si alterna in tre fasi temporali, dove Roma tutto sommato conserva quelle caratteristiche reali e immaginifiche prodotte dalla fantasia del regista. Sin dalle prime immagini Fellini mette in chiaro che quello che vedremo è tutto messa in scena, usando ricostruzioni evidentemente poco credibili e personaggi che sembrano maschere. Il ritratto prodotto di Roma è complesso, colmo di contraddizioni, in un coacervo di confusione, personaggi tronfi che popolano la città che convivono con tanti personaggi che vengono da fuori. Ne risulta una certa coerenza nella descrizione della città che conserva determinate caratteristiche nel tempo, pur cambiando totalmente nei suoi elementi. Roma è certamente un lavoro complesso, un racconto fantastico e grottesco ricco di diversi elementi, tra i quali spicca il dispositivo cinematografico, messo ripetutamente a nudo, nella città che è evidentemente sede del cinema, e in particolar modo del cinema di Fellini.
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