Au poste!

Film 2018 | Commedia 73 min.

Regia di Quentin Dupieux. Un film Da vedere 2018 con Benoît Poelvoorde, Grégoire Ludig, Marc Fraize, Anaïs Demoustier, Orelsan. Cast completo Titolo internazionale: Keep an Eye Out. Genere Commedia - Francia, 2018, durata 73 minuti. - MYmonetro 3,17 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento mercoledì 23 gennaio 2019

C'è un caso di omicidio da risolvere ma il gruppo di poliziotti che deve scovare l'assassino non sa da che parte cominciare.

Consigliato sì!
3,17/5
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO 2,84
CONSIGLIATO SÌ
Un film che coglie tutta la disperazione dei tempi ma niente panico, nel cinema di Dupieux la disperazione ha il senso dell'umorismo.
Recensione di Marzia Gandolfi
mercoledì 23 gennaio 2019
Recensione di Marzia Gandolfi
mercoledì 23 gennaio 2019

Una notte, in una centrale di polizia delle banlieue, Buron, un commissario malfidato e nervoso, interroga Louis Fugain intorno a un cadavere rinvenuto ai piedi del suo palazzo. L'interrogatorio è costantemente interrotto da un assistente guercio, stupido e molto zelante. Tra pause caffè interminabili e flashback, che ritornano sul luogo del crimine per illustrare le dichiarazioni dei testimoni e la testimonianza del sospetto, Fugain vivrà la notte più lunga della sua vita. Perché Buron non gli crede è ha deciso di fargli sputare il rospo.

Con Reality, il suo film precedente realizzato durante l'esilio cinematografico a Los Angeles, Quentin Dupieux era arrivato alla fine di un ciclo. Il suo periodo americano era stato marcato da sperimentazioni plastiche, astrazione, gag estreme.

La barriera della lingua gli aveva permesso di esplorare altre forme comiche, visive, mute, esagerando l'assurdità formale e riducendo al minimo, fino a rendere volontariamente incomprensibile, la narrazione. Per ritrovare la parola e la libertà di giocare con le parole, l'autore rientra alla base. Au poste! inaugura una nuova (e francese) stagione della sua filmografia, affidando al linguaggio verbale la parte laboriosa di un plot altrimenti minimale. Perché Au poste! è la dilatazione da incubo di una situazione mille volte vista nei film di Maigret: un interrogatorio che non finisce mai di finire, cucinato a fuoco lento dalla fatica di una notte che si annuncia interminabile. E come in ogni interrogatorio che si rispetti, le domande vengono ripetute all'infinito e le risposte mancano di coerenza, il commissario di turno si impunta su una parola, il sospettato cerca un sinonimo, lo spettatore si snerva.

A ragione del suo sproloquio e del nonsense, Au poste! provoca vertigini e reazioni forti, insofferenza o entusiasmo, tertium non datur. Avanzando nella notte, il film divora il sentimento di familiarità e la logica, lasciando lo spettatore alle prese con le parole, i cliché e la volubilità degli attori disposti in un ordine che non ne è ha più uno.

La nevrosi puntigliosa di Benoît Poelvoorde, lo stupore smarrito di Grégoire Ludig, l'incompetenza senza fondo di Marc Fraize, il suo poliziotto riscrive senza fine una lettera motivazionale per un posto già ottenuto, l'entusiasmo stonato di Anaïs Demoustier contribuiscono a disintegrare tutta la logica, innervosendo o facendo ridere a seconda della disposizione di ciascuno. Ma tranquilli, l'interrogatorio kafkiano dell'uomo sbagliato nel posto sbagliato al momento sbagliato dura poco più di un'ora. La durata ideale, certo, se non fosse un film di Dupieux. Perché i suoi film sono in primis una prova, la pazienza il solo modo di accedervi. Non è fortuita la presenza 'in centrale' di Marc Fraize, umorista che regola la performance comica sull'attesa e il silenzio. Condizioni che sposano alla perfezione Au poste!, a cui l'attore applica la sua poetica del Tempo.

Il delirio verbale dell'inchiesta, in cui le parole scorrono a cascata infilando un corso imprevedibile, trova una traduzione visiva nei flashback dove sono gli edifici residenziali, l'esplanade deserta e gli scacchi architettonici a sottolineare la mancanza di senso dell'esistenza. Nel gran finale, che 'mette in scena' e riformula l'intrigo, il film cattura il vuoto di un presente che partorisce i suoi incubi, che passa a rapporto ogni singola intenzione, che proietta sul palcoscenico di un teatro e nel bel mezzo di una pièce di cui non conosciamo le battute. Dietro la nonchalance e la realtà distorta, marchio di fabbrica dell'autore, Au poste! coglie l'angoscia contemporanea provocata da una società dove tutti sono sorvegliati e perennemente intimati a giustificarsi. Coglie tutta la disperazione dei tempi ma niente panico, nel cinema di Dupieux la disperazione ha il senso dell'umorismo.

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