Titolo originale | Nadie quiere la noche |
Anno | 2015 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Spagna, Bulgaria, Francia |
Durata | 118 minuti |
Regia di | Isabel Coixet |
Attori | Juliette Binoche, Rinko Kikuchi, Gabriel Byrne, Orto Ignatiussen, Matt Salinger Ben Temple, Reed Brody, Alberto Jo Lee, Clarence Smith, Velizar Binev. |
MYmonetro | 2,84 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 6 febbraio 2015
Il film, titolo d'apertura della 65a edizione della Berlinale, è una co-produzione tra Francia, Spagna e Bulgaria ed è tratto da un'incredibile storia vera.
CONSIGLIATO SÌ
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1908, Groenlandia. Josephine è la consorte dell'esploratore Robert Peary che sta cercando di compiere l'impresa della sua vita: raggiungere il Polo Nord per primo. Josephine vuole poterlo attendere nella regione artica e per fare ciò non tiene conto delle problematiche ambientali. Si troverà ad affrontare l'inverno con tutte le sue avversità ma lo farà insieme ad una giovane donna Inuit che ha molto da condividere con lei.
Isabel Coixet deve la sua notorietà ad opere al cui centro si trovano donne che debbono affrontare situazioni che richiedono coraggio e determinazione. In questo film, che ha aperto la Berlinale 2015, decide di prendere spunto da personaggi reali di cui ci racconta le imprese di esplorazione o letterarie, grazie alle didascalie finali. La vicenda però si impernia sul 'prima' e su una figura di donna da Park Avenue che finisce con lo specchiarsi con qualcuno che è distante anni luce dal suo mondo e dalla sua cultura.
Il tema è interessante e ricco di possibilità di sviluppo che però Coixet finisce con il banalizzare. Innanzitutto dal punto di vista delle riprese che pretendono spesso di offrire il senso della tensione avvalendosi semplicemente di un elementare ondeggiamento della macchina da presa. A questo si aggiunge una sorta di vocazione all'estremizzazione delle condizioni di sopravvivenza che fa pensare al cinema di Werner Herzog, Maestro che però si avvale di ben altro spessore culturale. È proprio su questo piano che il film finisce con il lasciare sul ghiaccio le sue opportunità migliori perché lo scontro tra le due diverse letture della femminilità finisce con il risolversi non solo nella progressiva consunzione fisica (che drammaturgicamente potrebbe essere funzionale) ma nella soglia della quasi follia da parte della donna occidentale mentre la giovane Inuit inanella massime di saggezza quasi filosofica.
Il rapporto essere umano/Natura, che la potenza di alcune immagini avrebbe potuto sostenere con efficacia, finisce così con il trasformarsi in un mélo pseudo-storico di interesse decisamente relativo (prestazione di Juliette Binoche a parte).