Titolo originale | Nan bei Shao Lin |
Anno | 1986 |
Genere | Azione |
Produzione | Cina, Hong Kong |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Chia Liang-Liu |
Attori | Jet Li, Hai Yu, Chuen Hua-Chi, Yu Cheng-Hui, Qingfu Pan, Hu Jian Qiang . |
MYmonetro | 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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A seguito del successo dei primi due Shaolin Temple, entrambi produzioni esclusivamente cinesi, eccone un terzo, co-produzione Cina/HongKong. Shaolin Temple 3,
CONSIGLIATO NÌ
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A seguito del successo dei primi due Shaolin Temple, entrambi produzioni esclusivamente cinesi, eccone un terzo, co-produzione Cina/HongKong. Shaolin Temple 3, più remake che sequel rispetto al primo episodio e quasi del tutto estraneo al secondo (se non per il cast), segna dunque l'ultimo capitolo di una sconclusionata trilogia. In seguito alla morte del padre per mano di un tiranno, Zhi Ming si è rifugiato nel tempio Shaolin del Nord, diventando un monaco. Nonostante i divieti, fuggirà dal tempio per uccidere il tiranno assassino del padre, ma l'attentato fallirà. Il giovane, riuscito a fuggire, incontrerà altri due attentatori provenienti dal tempio Shaolin del Sud ai quali si unirà nel comune intento. La presenza nel cast e nella troupe di membri sia della Cina continentale che di Hong Kong (al tempo indipendente) generò un'atmosfera tesissima nel backstage, dovuta ai frenetici ritmi imposti dall'industria di HK e alle diverse retribuzioni percepite a seconda della nazionalità. In un'ottica socialista ciascun membro cinese del cast percepiva la stessa somma; somma infinitamente inferiore a quella ricevuta da un qualsiasi stuntman di Hong Kong. Jet Li, ad esempio, protagonista e interprete di tutte le proprie scene di lotta, si ritrovò così a guadagnare molto meno della propria controfigura per i campi larghi. Il contributo da parte di Hong Kong si fa comunque sentire in quanto a qualità tecnica e registica, con un plot più quadrato rispetto ai precedenti episodi: ciò fa sicuramente di Shaolin Temple 3 il più curato e 'seguibile' della trilogia, grazie anche all'epurazione dei numerosi picchi di ingenuo squallore e comicità involontaria presenti nei prequel. L'impronta di Chia-Liang Liu, regista e coreografo già famoso all'epoca, si distingue anche nelle sequenze di lotta, con ritmi e movimenti di scena raramente lasciati al caso. I combattimenti in sé offrono un panorama ricchissimo a livello di showcase marziale, con l'interessante accostamento tra stile Shaolin-Nord/Shaolin-Sud, o gli spettacolari stili mantide religiosa, drunken-boxing e drunken-sword. Se sul versante wushu non c'è di che lamentarsi, da quello recitativo, al contrario, c'è da disperarsi: il cast è composto quasi interamente da atleti, e si vede, nel bene e nel male. Lo stesso Jet Li regala clamorose perle di inesperienza/imperizia, per poi farsi perdonare in parte grazie a qualche scena azzeccata (imperdibile il travestimento da pastorella) e alle proprie sublimi qualità atletiche e tecnico-marziali.