Titolo originale | Ningen no jôken I |
Anno | 1960 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Giappone |
Durata | 208 minuti |
Regia di | Masaki Kobayashi |
Attori | Tatsuya Nakadai, Michiyo Aratama, Ineko Arima, Chikage Awashima, Keiji Sada So Yamamura, Akira Ishihama. |
Tag | Da vedere 1960 |
MYmonetro | 3,00 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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CONSIGLIATO SÌ
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Sommando le tre parti della trilogia di cui è composto, Ningen no Joken (La condizione umana) è il film più lungo di tutta la storia del cinema (579 minuti; cioè quasi 10 ore). È anche una grande opera il cui regista ha dichiarato: "Ho avuto durante la guerra le stesse esperienze del mio eroe Kaji. Ho voluto far rivivere il tragico destino degli uomini che sono stati costretti a far la guerra senza volerla. Kaji (Tatsuya Nakadai) è al tempo stesso oppressore e oppresso, e capisce che non può smettere d'esser oppressore senza diventare oppresso. Certo, ho voluto denunciare i delitti di guerra, ma anche mostrare come una società umana possa trasformarsi in un organismo inumano". L'azione si svolge nella Manciuria "colonizzata" dai Giapponesi tra il 1943 e 1945.
I. Kaji, ingegnere minerario, e sua moglie (Michiyo Aratama) si ribellano contro i maltrattamenti inflitti ad alcuni deportati cinesi: Kaji viene imprigionato, poi mobilitato. II. La guerra e la sconfitta del nord del paese. III. La disfatta nipponica e la vita in un campo di prigionia sovietico.
Questo immenso affresco antibellico, pieno di rivolta umanitaria, non esita a denunciare nel modo più diretto gli orrori e le crudeltà della guerra. Autore impegnato, Kobayashi vi si rivela come uno dei maggiori registi giapponesi del dopoguerra.
Da Dizionario dei film, Firenze, Sansoni, 1968
Keji, per evitare di andare in guerra, acconsente ad occuparsi di una miniera, dove i lavoratori, molti dei quali sono prigionieri, vivono in condizioni penose. Per migliorare il clima della miniera, Keji fa arrivare alcune prostitute, che ottengono il risultato sperato. Ma alcuni prigionieri evadono, con conseguente feroce repressione. Keji dovrà lasciare la miniera per il fronte.
In keeping with the grandeur of its title, “The Human Condition,” adapted by Masaki Kobayashi from Jumpei Gomikawa’s six-volume novel, is anything but modest in scope and ambition. First released in Japan, in three parts, between 1959 and 1961, the film is a sprawling, crowded 10-hour epic of love, war, heroism and cruelty. Shot in a wide-screen format called Grandscope and set mainly in Manchuria [...] Vai alla recensione »