
Anno | 1981 |
Genere | Avventura, |
Produzione | Germania |
Durata | 158 minuti |
Al cinema | 2 sale cinematografiche |
Regia di | Werner Herzog |
Attori | Klaus Kinski, Claudia Cardinale, José Lewgoy, Peter Berling, Salvador Godínez Miguel Ángel Fuentes, Paul Hittscher, Huerequeque Enrique Bohorquez, Grande Otelo, David Pérez Espinosa, Milton Nascimento, Ruy Polanah, Dieter Milz, William Rose, Leoncio Bueno, Campas del Rio Tambo, Machiguengas del Rio Camisea. |
Uscita | lunedì 8 settembre 2025 |
Tag | Da vedere 1981 |
Distribuzione | Cineteca di Bologna |
MYmonetro | 3,92 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento lunedì 8 settembre 2025
Brian Sweene Fitzgerald, detto Fitzcarraldo, è un curioso personaggio che ha le sembianze allucinate di Klaus Kinski. Il film è stato premiato al Festival di Cannes, ha ottenuto 1 candidatura a Golden Globes, Fitzcarraldo è 45° in classifica al Box Office, ieri ha incassato € 723,00 e registrato 5.302 presenze.
ASSOLUTAMENTE SÌ
|
Nei primi anni del XX secolo il melomane Brian Sweeney Fitzgerald, detto Fitzcarraldo, proprietario di una linea ferroviaria incompiuta, vuole convincere la compagna Molly, tenutaria di un bordello, e il mercante di gomma Don Aquilino a finanziare il suo sogno: costruire un teatro a Iquitos, in Perù, inaugurandolo con un'esibizione del tenore Enrico Caruso. Senza rivelare al suo equipaggio il reale intento della spedizione, Fitzgerald risale la corrente del Rio delle Amazzoni per recarsi nella regione selvaggia e inesplorata di Pachitea e raggiungere via terra l'Uyacali, aggirando delle rapide letali. Dopo una diserzione quasi totale della ciurma e l'approdo nei territori di indios ostili, tutto sembra perduto, ma la forza di volontà di Fitzcarraldo e la musica di Caruso sembrano poter compiere il miracolo di persuadere i selvaggi.
Quasi come fosse il compimento di un folle vaticinio, Werner Herzog si ritrova con Klaus Kinski sulle rive del Rio Uyacali, là dove aveva girato Aguirre, furore di Dio.
Il piano iniziale non doveva essere questo: il protagonista doveva essere Jason Robards e un ruolo minore era affidato a Mick Jagger, ma il destino ha gradualmente trasformato Fitzcarraldo in una sorta di compimento dell'impresa di dieci anni prima e di riflessione autoreferenziale di Herzog sul suo cinema. La poetica dell'ossessione si perpetua, nonostante le molte differenze tra Brian Sweeney Fitzgerald, sognatore innamorato dell'opera lirica, e Aguirre, empio ufficiale dei conquistadores, incarnati dalla medesima maschera di esasperata vitalità di Klaus Kinski.
Ancor più che in Aguirre, in Fitzcarraldo si addensano le nubi di una produzione catastrofica: incendi negli accampamenti, scontri con gli indios e ritardi di lavorazione rispecchiano fuori dal set i problemi affrontati nel racconto di finzione da Fitzgerald, che intende spostare una nave via terra pur di portare a termine un grandioso progetto.
Ma anche nei suoi difetti, e nella sua macchinosità che guarda a certo cinema classico, prevale il respiro epico di una impresa larger than life, in cui nulla è lasciato al caso o al trucco cinematografico: l'esito, a partire dalla sequenza in cui il vascello è trasportato su una montagna e poi di nuovo sul fiume, è una strabiliante dimostrazione di cosa possa realizzare una volontà incrollabile applicata alla finzione cinematografica. Ancor più che in Aguirre si percepisce il contrasto tra l'artificiosità occidentale e lo stato di natura degli indios, con l'elemento operistico a incarnare il potere sacrale dell'arte, capace di comunicare e unire anche nei luoghi più remoti della Terra (letteralmente per gli indios Cayahuariyacu, "la terra in cui Dio non portò a termine la creazione").
Come per Aguirre l'oro dell'El Dorado era un pretesto, così in Fitzcarraldo gli interessi nel caucciù dello sponsor di Fitzgerald sono solo uno spregevole strumento per un folle volo autolesionistico, guidato dalla superiorità dell'arte sul profitto economico. Un inno alla forza di volontà e alla sua capacità di spingere l'uomo a compiere imprese apparentemente impossibili.
Brian Sweene Fitzgerald, detto Fitzcarraldo, è un curioso personaggio che ha le sembianze allucinate di Klaus Kinski: vive nella foresta amazzonica, dove sogna di costruire il più grande teatro d'opera del mondo e di farlo inaugurare addirittura da Caruso. Dopo essere stato scambiato per un Dio dagli indios della foresta, il nostro folle eroe riuscirà a realizzare almeno in parte il suo sogno, portando in Amazzonia un gruppo di musicisti e di cantanti d'opera. Werner Herzog è capace di compiere azioni inaudite in nome di una sua concezione titanica e assoluta del cinema. Fra le sue imprese più incredibili c'è proprio Fitzcarraldo la cui vicenda è emblematica del cinema di questo autore. Fitzcarraldo è un film caotico e poco compatto, un film in cui ci sono ingenuità clamorose e cadute di tono seccanti. Ma è un film che riesce ad allargare i confini del visibile, una specie di viaggio lungo i confini del cinema. Un film d'amore e di follia. Un film assurdo che ha un metodo e una logica rigorosa. Quando, dopo avere tanto sofferto con Kinski e con Herzog, vediamo entrare in porto la nave di Brian Sweeny Fitzgerald, con le note di Bellini sparate a tutto volume da un grammofono, perdente di fronte alla tirannia del capitale, vincitore nell'ottica degli uomini e del destino, ogni resistenza cade e gli occhi si riempiono di gratitudine.
L’impresario Brian Sweeny Fitzgerald (Kinski), detto Fitzcarraldo, ha un sogno: costruire il più grande Teatro dell’Opera del mondo nel mezzo della foresta amazzonica, a Iquitos, e farlo inaugurare dal suo tenore preferito, Caruso, che ha visto una sola esibirsi a Manaus. Non ha tuttavia il denaro necessario per effettuare un’opera del genere e decide perciò di [...] Vai alla recensione »
Brian Sweeney Fitzgerald, barone irlandese che gestisce la produzione di caucciù, vuole costruire nel cuore dell'Amazzonia peruviana, il più grande teatro d'opera di tutti i tempi dove si terrebbero le opere del suo lirico preferito: Enrico Caruso. Troverà negli indigeni della zona un insperato aiuto, sebbene alquanto ambiguo e sempre sospetto.
In una intervista rilasciata una ventina d'anni dopo l'uscita del film, Herzog non nasconde che Fitzcarraldo è la rappresentazione di sé stesso, tanto che ha trasformato il sogno del protagonista nel proprio sogno e confessa che se Kinski avesse rifiutato la parte, piuttosto che rinunciare al film avrebbe interpretato lui stesso quel ruolo.
Si tratta di uno dei più arditi prodotti cinematografici e uno dei migliori film d’avventura in assoluto. Malgrado il suo esotismo è di pura marca tedesca, confermando la fantasia di un popolo ingiustamente considerato asettico e freddo. Tutto, in Fitzcarraldo, combacia con la cultura nazionale, quella Germania titanica e romantica che all’epoca costituiva anche il cuore della [...] Vai alla recensione »
Il termine "metafora" è spesso abusato nel commentare un film, anche il più banale. Nel caso di Fitzcarraldo si può invece parlare di metafora dell'impossibile, la rappresentazione di un sogno visionario che diventa realtà contro ogni aspettativa. La parte nella giungla è la migliore, non ci sono forzature spettacolistiche, la natura viene [...] Vai alla recensione »
Dopo l'ingiusto insuccesso di woyzek,Herzog(aguirre,cuore di vetro,nosferatu)dirige forse la sua pellicola piu' impegnativa e complessa :FITZCARRALDO.Un uomo che si fa' chiamare fitzcarraldo,vive in sudamerica ed adora l'opera ,in particolar modo Caruso.Spinto dal suo folle sogno di creare un teatro dell'opera in mezzo alla giungla ,non esita di partire per una spedizione alla ricerca [...] Vai alla recensione »
In the summer of 1979, the director Werner Herzog found himself in the Peruvian river-port city of Iquitos preparing for “Fitzcarraldo,” a period epic starring Jason Robards and Mick Jagger that he planned to shoot in the rain forest. Two and a half years later, he was still there, struggling to finish. Robards and Jagger had long since quit, rendering their footage unusable.
C'era un irlandese pazzo in Amazzonia nei primi anni del secolo. Non è sicuro, ma si presume. Aveva un nome impronunciabile da quelle parti, Brian Sweeney Fitzgerald, si faceva chiamare Fitzcarraldo, sognava di costruire un grande teatro d'opera a Iquitos e di portarvi Enrico Caruso. Sognava anche altre cose: una ferrovia transamazzonica, una grande impresa per commerciare il caucciù.