Sweet Sixteen |
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Un film di Ken Loach.
Con Michelle Abercrombie, Martin Compston, William Ruane, Annmarie Fulton
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 106 min.
- Gran Bretagna 2002.
- Bim Distribuzione
MYMONETRO
Sweet Sixteen
valutazione media:
3,13
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Roberto Nepoti
La Repubblica
Prima o poi, i registi migliori raccontano storie d'amore. Con Sweet Sixteen Loach, che altrove ( La canzone di Carla, My Name Is Joe) aveva narrato la love-story tra un uomo e una donna, mette in scena l'amore di Liam, sedicenne scozzese, per la madre. La sceneggiatura - premiata a Cannes - s'incentra sugli sforzi compiuti dal ragazzo nella speranza di salvare l'amatissima e autodistruttiva mamma dalla droga e dall'attrazione per uomini indegni. In attesa che lei esca di prigione (l'evento dovrebbe coincidere col suo sedicesimo compleanno), Liam intende comprare a ogni costo una casa che serva a riunire e proteggere la famiglia, di cui fanno parte anche sua sorella Chantelle, ragazza-madre di diciassette anni, e il nipotino. Ma il rimedio all'emarginazione è atrocemente omeopatico. Manipolato da mascalzoni che approfittano del suo disperato ottimismo, Liam si fa dealer pagandone le conseguenze con dolori fisici e morali, fino a subire il ricatto di dovere eliminare l'amico fraterno: Pinball, il ragazzo "palla da ping-pong" che in lui identifica tutta la propria famiglia. L'amico Loach non rinuncia all'inflessibile sguardo politico di sempre; né fa mistero del fatto che gli spacciatori, nella ricerca del massimo profitto, obbediscano alle stesse leggi su cui si regge l'ordine (il disordine) sociale. Ancora una volta, però, il suo talento lo preserva sia dal determinismo meccanico, sia dalla tentazione d'impartire una lezioncina sui disastri che la società provoca nelle vite degli umiliati e offesi. Sweet Sixteen non è né un film sugli adolescenti scozzesi emarginati, né tantomeno un film sulla droga o sulle carceri femminili. A ben guardare, anzi, la storia del piccolo delinquente per amore è raccontata secondo il tracciato ascesa-e-caduta che caratterizzava il classico "gangster movie". Focalizzando la vicenda su Liam e il suo piccolo mondo senza pietà, il regista evita agilmente le trappole del cinema a tesi e dedica agli sfortunati personaggi tutta la simpatia umana di cui è capace; ne fa creature di carne e di sangue, per le quali è istintivo provare solidarietà. A tutto ciò si aggiunga l'eccezionale interpretazione di Martin Compston, debuttante trovato in un liceo: una sintesi di durezza e tenerezza, risolutezza e fragilità, aggressività e trepidazione che fa di Liam un piccolo eroe di periferia, una sorta di angelo caduto proletario difficile da dimenticare.
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