VENEZIA 81, UN PROGRAMMA CHE VUOLE ANTICIPARE I CAMBIAMENTI. 5 GLI ITALIANI IN CONCORSO

Amelio, Almodóvar, Guadagnino, Larraín e tanti altri. Una competizione dai tanti ritorni e più di qualche scommessa. 

Paola Casella, martedì 23 luglio 2024 - Mostra di Venezia

Una rassegna che vuole “segnalare e anticipare i cambiamenti più significativi” del cinema internazionale”, come dice il Direttore del Settore Cinema Alberto Barbera, e che possa assumersi la “responsabilità civile poetica e politica della bellezza”, come annuncia il neo Presidente della Biennale di Venezia Pietrangelo Buttafuoco, che cita i suoi conterranei Sgalambro e Sciascia nella conferenza stampa di annuncio della 81esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia (28 agosto - 7 settembre).

Molti, in tutte le sezioni, i film tratti da saggi e romanzi, i coming of age, le opere che affrontano il tema della guerra, sia quella in corso fra Israele e Palestina e fra Russia e Ucraina che le due mondiali; molti i lungometraggi di durata che supera abbondantemente le due ore e le serie; molti i ritorni di autori già passati al Lido (e spesso già vincitori di importanti riconoscimenti), molte le coppie di registi – partner, amici, fratelli o sorelle – e molte le star internazionali che sfileranno sul tappeto rosso, fra cui tantissimi divi anglosassoni: Lady Gaga, Joaquin Phoenix, Tilda Swinton, Julianne Moore, Peter Sarsgaard, Nicole Kidman, George Clooney, Brad Pitt, Angelina Jolie, Adam Brody, Daniel Craig, Jude Law e via elencando. 
 

Molte infine le conferme dei film più attesi e annunciati, che sembravano correre il rischio di debuttare in anteprima mondiale a Toronto: a riprova che Venezia è ancora il leader internazionale della stagione cinematografica autunnale e che probabilmente visti i titoli in cartellone, sarà anche protagonista della prossima edizione degli Oscar.

Vi illustriamo il programma del concorso e qualche chicca dal Fuori concorso con i commenti di Barbera, che promette di anticipare la diffusione del calendario proiezioni per permettere ai partecipanti del festival di incastrare per bene i film più lunghi e le puntate, e avverte che alcuni dei più attesi verranno proiettati “nella seconda parte e verso la fine della Mostra”.

Queer di Luca Guadagnino è uno dei titoli in concorso. Basato sul romanzo di William S. Burroughs, il film è interpretato da Daniel Craig.

CONCORSO 

21 titoli - due in meno dell’anno scorso - e ben cinque italiani in gara: Campo di battaglia di Gianni Amelio, ambientato durante l’ultimo anno della Prima guerra mondiale e della diffusione dell’influenza spagnola “che ha fatto molti più morti del conflitto militare. I protagonisti sono due medici, interpretai da Alessandro Borghi e Gabriel Montesi, amici inseparabili ma divisi da due opposte concezioni del loro dovere di soldati”; Vermiglio di Maura Delpero, già regista di Maternal, “ambientato in un paesino sulle Dolomiti al confine estremo con l’Austria negli anni che precedono la fine della Seconda guerra mondiale. Un film il cui riferimento diretto ed esplicito in termini formali è L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi, di cui Delpero sembra la reincarnazione”; Iddu di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza al loro primo film in concorso a Venezia, che racconta “in chiave farsesca la vicenda di Matteo Messina Denaro, arrestato nel gennaio 2023 e scomparso per malattia pochi mesi dopo la cattura”, incarnato da Elio Germano.
 

E ancora Queer di Luca Guadagnino, tratto dal romanzo breve di William Burroughs pubblicato nel 1985 che “avrebbe sempre voluto portare sullo schermo. Daniel Craig ha accettato di mettersi in gioco, regalandoci l’interpretazione della sua vita, e il film è stato girato in inglese a Cinecittà, dove è stato ricostruito un intero quartiere di Città del Messico anni ’50”; e infine Diva futura di Giulia Steigerwalt, che secondo Barbera “conferma ciò che si poteva già vedere nel suo esordio alla regia, Settembre, ovvero “la ricerca di un linguaggio capace di parlare a tutti. Diva ricostruisce la vicenda di un personaggio che ha rivoluzionato storia del costume italiano: Riccardo Scicchi, interpretato da Pietro Castellitto. Intorno a lui molte pornodive dell’epoca, fra cui Cicciolina e Moana Pozzi”

Campo di battaglia racconta la storia di due ufficiali medici, amici d’infanzia lavorano nello stesso ospedale militare.

Fra i titoli internazionali più attesi troviamo The Room Next Door, primo film girato in inglese a New York da Pedro Almodóvar, con Tilda Swinton, Julianne Moore, John Turturro e Alessandro Nivola, “montato in gran fretta per essere a Venezia”; Maria di Pablo Larrain che “continua la serie dedicata a figure iconiche come Pablo Neruda, Jackie Onassis, la principessa Diana e Augusto Pinochet, nel raccontare gli ultimi giorni dell’esilio dorato a Parigi di Maria Callas, affidandosi a una performance straordinaria di Angelina Jolie nel ruolo del titolo, e ad Alba Rohrwacher e Pierfrancesco Favino in quelli dei fedeli servitori italiani rimasti accanto alla diva fino all’ultimo”; e naturalmente Joker: Folie à Deux di Todd Phillips, che narra “le vicende del Joker interpretato da Phoenix nel manicomio criminale dove è trattenuto in attesa del processo per i cinque omicidi commessi nel film precedente, dove incontrerà la Harley Queen di Lady Gaga”. 

Tre i titoli francesi in gara: And The Children After Them dei gemelli 32enni Ludovic e Zoran Boukherma al loro terzo film, tratto dal romanzo omonimo di Nicholas Mathieu, “un racconto corale fra adolescenti in una valle sperduta anni ’90, che parla di amore, amicizia, rivalità, dissidi con i genitori e illusioni nella provincia rurale”; The Quiet Son delle due sorelle Delphine e Muriel Coulin, anche loro alla terza regia e anche in questo caso tratto da un romanzo, in cui “un padre single 50enne, interpretato da Vincent Lindon, deve fare i conti con le strade imboccate dai due figli, uno equilibrato e studioso, l’altro affascinato da un gruppo di estremisti di destra”; e Three Friends di Emmanuel Mouret, autore molto amato dalla critica transalpina ma poco noto in Italia e mai stato a Venezia. “Una storia di tre donne e delle relazioni amorose che si intrecciano fra tre coppie, una ronde amorosa fra Rohmer e Woody Allen, ma che ricorda anche Marivaux e Diderot”. 

Joker: Folie à Deux è l'attesissimo sequel di Joker che proprio a Venezia vinse il Leone d'ORo. 

Fra i film d’autore più promettenti troviamo The Brutalist di Brady Corbet, già a Venezia con due film precedenti, “il suo lavoro più ambizioso girato in 70mm che verrà proiettato al Lido in quel formato. Una storia con protagonista un architetto ebreo ungherese visionario sopravvissuto all’Olocausto che emigra negli Usa e vive in estrema povertà finché non incontra un mecenate che gli affida un incarico gigantesco. Una trama che ricorda La fonte meravigliosa, in cui un architetto si batteva contro il conservatorismo dell’establishment”, con protagonista Adrien Brody: nel cast anche Guy Pearce, Felicity Jones e Alessandro Nivola.

C'è anche April di Dea Kulumbegashvili, regista georgiana che ha vinto a San Sebastian nel 2020 con Beginning, “il cui stile registico austero fatto di lunghi piani sequenza, soggettive e fuori campo è applicato ad un racconto di aborti clandestini in un Paese in cui l’aborto è illegale”; I’m Still Here, che segna il ritorno a Venezia del regista e produttore brasiliano Walter Salles, “tratto da un libro che racconta la vera storia della ricerca messa in atto dalla moglie di un ex deputato socialista fatto scomparire dalla dittatura brasiliana di inizio anni Settanta, e che ha una forte dimensione autobiografica perché Salles era amico delle figlie del deputato”; infine Youth – Homecoming di Wang Bing, “il più grande documentarista cinese al terzo capitolo di una trilogia, che segue il percorso a ritroso del gruppo di giovani opera tessili visti fin dal primo film, costretti a tornare nel villaggio di partenza per ritrovare le proprie radici”. 

Chiudono la selezione Love del regista e scrittore norvegese Dag Johan Hau, “ultimo capitolo della trilogia Sex, Dream and Love che comporta un’analisi dei comportamenti sessuali in contrasto con le norme e convenzioni sociali. In questo capitolo si parlerà della disparità nella libertà sessuale delle donne in confronto a quella degli uomini”; The Order di Justin Kurzel, regista australiano attivo nel cinema indipendente americano, “un thriller politico ispirato ad un libro ambientato fra i suprematisti bianchi anni ’80 che finanziavano con rapine il loro atti terroristici nel sogno di una rivoluzione conservatrice”. Jude Law indaga con l’aiuto del poliziotto locale Tye Sheridan, già vincitore a Venezia del Premio Mastroianni;  Kill The Jockey del regista argentino Luis Ortega, “storia surreale e grottesca di un grande fantino argentino che corre per un bosso mafioso ma beve troppo, viene incarcerato e alla fine cambia anche sesso: non vi racconto altro”.

Babygirl di Halina Reijin, regista olandese, “una produzione A24 con Nicole Kidman protagonista di un thriller erotico nei panni di una manager sposata e di successo sessualmente insoddisfatta che cerca la fuga in un rapporto sadomasochistico con un giovane apprendista per il quale rischia carriera e famiglia”; Harvest della regista greca Athina Rachel Tsangari al suo quarto lavoro, tratto da un romanzo di Jim Crace “ambientato in un remoto villaggio della campagna inglese di fine ‘500 alla vigilia della rivoluzione agricola”. Il protagonista è Caleb Landry Jones, che torna a Venezia dopo la memorabile interpretazione in Dogman, e il film è girato in 16 millimetri “con una grana evidentissima che contribuisce alla meticolosa ricostruzione d’epoca”.

Infine Stranger Eyes, primo film di Singapore in concorso diretto da Yeo Siew Hua dopo la vittoria a Locarno 2018 con il suo film d’esordio. “Un’opera a strati che si presta a più letture, un’escursione metalinguistica del cinema ma anche la denuncia di un Paese costantemente sotto l’occhio delle camere di sorveglianza”

Babygirl è la storia di una potente donna d'affari mette a repentaglio la sua vita professionale e personale quando intraprende una relazion con il suo giovane assistente.

FUORI CONCORSO

In apertua ci sarà il già annunciato Beetlejuice Beetlejuice di Tim Burton, secondo Barbera  “un’esplosione di ritmo, colori, invenzioni, e un tappeto rosso di grandi attori”, mentre in chiusura ecco L’orto americano di Pupi Avati, tratto dal suo romanzo omonimo, “un racconto gotico con rimandi storici all’immediato secondo dopoguerra ed elementi soprannaturali”, protagonista il Filippo Scotti di È stata la mano di Dio e Rita Tushingham, già interprete de Il Dottor Zivago

Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini secondo Barbera è “il suo film più personale e toccante, in quanto racconto autobiografico del rapporto con il padre Luigi, interpretato da Fabrizio Gifuni, con cui ha condiviso la passione per il cinema fin da piccola, sullo sfondo delle vicende drammatiche degli Anni di piombo, ma concentrato su rapporto esclusivo tra i due e sugli sforzi compiuti dal padre per strappare la figlia, interpretata da Romana Maggiora Vergano, dall’inferno della dipendenza dalle droghe”.

Il tempo che ci vuole è il racconto molto personale di momenti della regista con il padre emersi dai ricordi e rimasti vividi e intatti nella sua mente.

Grande attesa per Wolfs di Jon Watts, uno dei registi di Spiderman, con Brad Pitt e George Clooney, “costretti a lavorare insieme anche se si detestano per far sparire le tracce di un crimine altolocato. Tanta ironia e adrenalina, con una strizzata d’occhio al film del passato”.

A sorpresa arriva anche Broken Rage di Takeshi Kitano, protagonista il regista giapponese a la star d’Oriente Tadanobu Asano in “un dispositivo narrativo senza precedenti, nonché un esercizio di metacinema molto intelligente e divertente, soprattutto per chi ama e conosce film precedenti di Kitano”; ma anche per  Baby Invasion di Harmoy Korine, il cui precedente fim a Venezia, Agrodrift, era stato girato con una camera a raggi infrarossi. “Anche questo film ha imboccato la strada impervia dell’esplorazione dei limiti estremi del linguaggio audiovisivo, e deve tutto all’estetica dei videogame violentissimi, con risultati disturbanti”. Finalement... ou La Folie des Sentiments di Claude Lelouch, regista mai stato al Lido, è una “summa di tutto il suo cinema in un film divertente, commovente, ammiccante, emozionante e vivacissimo”

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