Dover reprimere i propri sentimenti per volontà altrui è quanto di peggio possa capitarci ed a tutte le latitudini; in particolare, poi, quando questo avviene nei paesi cosiddetti “civili”, “democratici”, dove l’uomo se non vive in un certo modo è bollato come “diversamente orientato”, significa che in questi paesi, il cammino della civiltà è lento, molto lento. Perché? Perché è molto più facile interconnettere macchine pensanti che esseri umani.
Qual è la base emotiva di questo film? La pulizia,ovviamente emotiva.
Nel senso che…
Nel senso che… la cartella (Kiron da piccolo), lo zaino (Kiron adolescente), la bisaccia (Kiron adulto) che costituiscono, la sua memoria emotiva… sono svuotati dell’intera dannosa zavorra; ovvero (insoddisfazioni, frustrazioni, mortificazioni, insolenze, attacchi, oltraggi, umiliazioni, insulti, rancori, acredini, odio, dolore…) insomma tutti i parassiti che l’umano amore malato, inietta, poco per volta e silenziosamente, giorno dopo giorno, nella vittima scelta dal branco. Il piacere di dominare, il piacere di far soffrire, l’invidia, l’intolleranza, gli stili educativi… sono la miscela esplosiva di uno o più capi del branco.
Si, sono svuotati, ma come? attraverso cosa? Il Perdono ed Il ritrovarsi.
“Moonlight”, a mio parere, non è stato ben esplorato, assaporato; né nella sua eloquenza né nella sua bellezza straziante. Barry Jenkins (regia – co-sceneggiatura) e Tarell McCraney (sceneggiatura) offrono un piatto non da Sublimotion, Ibiza, Spagna – ma da trattoria, con “piatto unico cubano”, ovvero il meglio dello chef (André Holland ) accompagnato con degustazione di rossi, probabilmente non dei migliori.
Pur trattandosi di temi universali, identità, sessualità, famiglia e compagnia bella non vuole, a mio parere dare pareri morali. La profondità dei temi, comunque si focalizza tutta sui personaggi e sul loro carattere. Le musiche (Nicholas Britell), le performance Alex Hibbert (Chiron da piccolo) – Ashton Sanders (Chiron adolescente) – Trevante Rhodes (Chiron adulto) ed ancora Mahershala Ali (Juan) – Naomie Harris (Paula) – Janelle Monáe (Teresa); le ambientazioni, i dialoghi sono tutti piccoli pezzi di significativa non violenza.
Il film ha inizio con Chiron da ragazzo, definito dal branco “Little” che corre, cercando riparo in un appartamento chiuso perché altri bimbi branco vogliono picchiarlo. Di lì a poco si accorge di lui un trafficante di droga locale. Juan porta prima a pranzo il bambino e poi a casa sua, dove incontra la sua compagna Teresa.Viene, così a formarsi, una famiglia tutta improvvisata. Ma proprio perché improvvisata, cosa potrà fare? Il padre naturale di Chiron si è volatilizzato e sua madre sembra proprio essere uno dei migliori clientei di Juan. Ma può un “tipo” come Juan aiutare questo silenzioso bimbo dagli occhi grandi come la Luna piena? Proprio lui che “traffica” con materiale rovina famiglie?
“Moonlight” continua con altre tappe della vita di Chiron; adolescente prima ed adulto poi. Che ne sarà di lui? E la mamma, la famiglia “adottiva” e l’amico Kevin?
Dover reprimere i propri sentimenti per volontà altrui è quanto di peggio possa capitarci ed a tutte le latitudini; in particolare, poi, quando questo avviene nei paesi cosiddetti “civili”, “democratici”,dove l’uomo se non vive in un certo modo è bollato come “diversamente orientato”, significa che in questi paesi, il cammino della civiltà è lento, molto lento. Perché? Perché è molto più facile interconnettere macchine pensanti che esseri umani.
Mettetevi comodi e buona visione; durante la pausa leggete la massima che segue, se vi va.
“Avere sempre ragione, farsi sempre strada, calpestare tutto, non avere mai dubbi: non sono forse queste le grandi qualità con le quali la stoltezza governa il mondo?”
WILLIAM MAKEPEACE THACKERAY
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