laurence316
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mercoledì 5 luglio 2017
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nulla di speciale, film deludente e sopravvalutato
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Esageratamente acclamato dalla critica d'oltreoceano, Moonlight arriva in Italia con qualche mese di ritardo quando l’hype è stato ormai alimentato a dismisura e quando è già giunta la notizia della candidatura del film a ben 8 premi Oscar. Tutto ciò ha contribuito ad alimentare le aspettative che, inevitabilmente, date le promesse, finiranno per venir almeno in parte deluse al momento della visione.
Moonlight è infatti un film appena discreto scambiato per un quasi capolavoro da molti critici, e l’esagerato numero di candidature agli Oscar più che un reale apprezzamento nei confronti del film appare più che altro come un tentativo da parte dei soci dell’Academy di smarcarsi dalle accuse di scarsa rappresentanza di minoranze etniche all’interno della cerimonia che gli avevano colpiti durante la precedente edizione.
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Esageratamente acclamato dalla critica d'oltreoceano, Moonlight arriva in Italia con qualche mese di ritardo quando l’hype è stato ormai alimentato a dismisura e quando è già giunta la notizia della candidatura del film a ben 8 premi Oscar. Tutto ciò ha contribuito ad alimentare le aspettative che, inevitabilmente, date le promesse, finiranno per venir almeno in parte deluse al momento della visione.
Moonlight è infatti un film appena discreto scambiato per un quasi capolavoro da molti critici, e l’esagerato numero di candidature agli Oscar più che un reale apprezzamento nei confronti del film appare più che altro come un tentativo da parte dei soci dell’Academy di smarcarsi dalle accuse di scarsa rappresentanza di minoranze etniche all’interno della cerimonia che gli avevano colpiti durante la precedente edizione. L’effetto di ciò è che un film non particolarmente eclatante come quest’opera seconda di Jenkins ha finito per ottenere una visibilità e un riconoscimento che non si merita.
Non fosse per il fatto che è narrata dal punto di vista di una comunità di emarginati, la storia è una di quelle che si sono già viste un centinaio, un migliaio di volte. E Moonlight è un film estremamente semplice, fin troppo talvolta, fino ad arrivare a sfiorare il semplicismo, che non è mai una cosa raccomandabile in questi casi. Non succede molto di realmente stimolante o che porti effettivamente a riflettere circa le tematiche trattate. Il film, e dispiace dirlo, è uno di quelli che, fondamentalmente, si trascinano stancamente (soprattutto nell’ultima parte, la peggiore) fino ai titoli di coda, dilatando inutilmente una storia che, probabilmente, sarebbe stata più adatta e sarebbe risultata più efficace sotto forma di cortometraggio. Infatti, dopo una buona prima parte (che però si conclude troppo in fretta e a seguito della quale uno dei personaggi più interessanti scompare) il film va progressivamente in calando, fino ad arrivare ad un finale deludente e sottotono.
Moonlight non è un film particolarmente innovativo o coinvolgente ed anzi procede linearmente attraverso diversi cliché (il ragazzino emarginato vittima di bullismo, la situazione famigliare difficile con una madre dipendente dal crack, l’arresto e la trasformazione in carcere da timido ragazzino pelle e ossa a robusto e muscolo spacciatore con tanto di collane, anelli e denti d’oro, l’amico in libertà vigliata che ha finito per redimersi e ritrovare la “retta via”, e via di questo passo).
Se poi l’intento dell’opera era mostrare come l’atteggiamento da “gangsta” carico di stereotipi e testosterone non sia spesso altro che una maschera per celare debolezze o istinti sessuali repressi, il tutto è molto meglio raccontato, ad esempio, in una serie TV come The Wire.
Certo, le interpretazioni degli attori sono spesso ottime (in testa Ali e la Harris) ma questo e la buona fotografia di Laxton non bastano a risollevare le sorti di un film che ottiene comunque un ottimo successo di pubblico e si guadagna due immeritati Oscar al miglior film e alla miglior sceneggiatura non originale, mentre assolutamente meritato è il premio al miglior attore non protagonista ad Ali.
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nanni
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lunedì 20 febbraio 2017
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moonlight
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Chiron è un ragazzino schivo e riservato, timido e delicato. Incapace a conformarsi al modello sociale virile dominante della sua comunità sarà costretto a fare i conti con le persecuzioni dei suoi compagni. Chiron pagherà sulla sua carne viva che disattendere il conformismo produce rifiuto, aggressivtà, violenza ed emarginazione. Sarà il mimetismo sociale a garantirgli la sopravvivenza prima ed una posizione di "rigurdo" nella sua comunità poi, al prezzo, però, della frantumazione dell'io più intimo, fino a che un giorno...........................................Vale la pena per un momemnto scomodare il più grande drammaturgo Italiano: ".
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Chiron è un ragazzino schivo e riservato, timido e delicato. Incapace a conformarsi al modello sociale virile dominante della sua comunità sarà costretto a fare i conti con le persecuzioni dei suoi compagni. Chiron pagherà sulla sua carne viva che disattendere il conformismo produce rifiuto, aggressivtà, violenza ed emarginazione. Sarà il mimetismo sociale a garantirgli la sopravvivenza prima ed una posizione di "rigurdo" nella sua comunità poi, al prezzo, però, della frantumazione dell'io più intimo, fino a che un giorno...........................................Vale la pena per un momemnto scomodare il più grande drammaturgo Italiano: ".....nella società l'unico modo per evitare l'isolamento è il mantenimento della maschera. Quando un individuo cerca di rompere quella forma viene rifiutato, non può trovare posto nella massa, è un elemento di disturbo.......etc. etc." Luigi Pirandello. Jenkins, dunque, con uno stile molto personale, asciutto ed essenziale, torna su un tema antico ma sempre attualissimo e moderno.Con la sua capacità rara di lavorare per sottrazione ma mai a capito della profondità, rende efficace il drammatico tormento di Chiron ed amplifica la tensione emotiva di chi guarda. Da non perdere. ciao nanni.
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robertalamonica
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domenica 26 febbraio 2017
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"am i a faggot?" moonlight in una domanda.
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Moonlight, scritto e diretto da Barry Jenkins, basato sull'opera teatrale In Moonlight Black Boys Look Blue di Tarell Alvin McCraney, è un film nero. In tutti I sensi. Nero perché neri sono tutti gli interpreti del film; nero perché nera è la Miami che fa da sfondo, una città sempre fuori fuoco, lontanissima dall’immagine assolata e abbacinante cui siamo abituati; nero perché la vita di Chiron, di Kevin, di Juan, di Paula è nera, una vita ai margini della società, della cultura e della legalità; nero perché solo al buio, solo di notte l’anima nera dei figli di questa Miami sommersa può illuminarsi dell’unica luce che viene loro concessa: il blu della tristezza, delle lacrime che Chiron versa in così grande quantità “che la maggior parte delle volte mi sento come se fossi una goccia”.
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Moonlight, scritto e diretto da Barry Jenkins, basato sull'opera teatrale In Moonlight Black Boys Look Blue di Tarell Alvin McCraney, è un film nero. In tutti I sensi. Nero perché neri sono tutti gli interpreti del film; nero perché nera è la Miami che fa da sfondo, una città sempre fuori fuoco, lontanissima dall’immagine assolata e abbacinante cui siamo abituati; nero perché la vita di Chiron, di Kevin, di Juan, di Paula è nera, una vita ai margini della società, della cultura e della legalità; nero perché solo al buio, solo di notte l’anima nera dei figli di questa Miami sommersa può illuminarsi dell’unica luce che viene loro concessa: il blu della tristezza, delle lacrime che Chiron versa in così grande quantità “che la maggior parte delle volte mi sento come se fossi una goccia”.
Non si può definire Moonlight un ‘coming of age’ movie. Nonostante la divisione tripartita di suggestiva provenienza teatrale che sottolinea e separa le tre età della vita di Chiron, è lo schermo nero che taglia le tre fasi a segnare il reale passaggio da un momento all’altro della vita del protagonista e ad anticipare l’epilogo del film. Nella vita di Chiron bambino e adolescente c’è spazio per la saturazione del colore, dei gialli, dei rossi, dei blu solo nelle cose: nelle barre di appoggio del treno, nelle tendine di un diner, negli incubi rossi che Chiron fa su sua madre Paula. Non c’è evoluzione né passaggio per lui perché tutto è chiaro e già scritto nelle primissime fasi del film quando un Chiron bambino chiede al drug dealer Juan: “Am I a Faggot?” e subito dopo : “ You sell drug to my mum, don’t you?”, queste sono le domande a cui vuole risposte, le sole che gli servano per andare avanti.
Da lì in poi è un proseguire e non un progredire verso un tentativo di auto determinazione e auto affermazione che potrà manifestarsi solo nel blu di un abbraccio al chiaro di luna.
“I want to be
in love with you
the same way
I am in
love with the moon
with the light
shining
out of its soul.”
( Sanober Khan)
Ecco, la sensazione che si riceve alla fine del film è che nessuna luce ‘risplenda all’esterno dall’anima’ ma che il film si affretti a comprimere in quell’abbraccio ciò che non ha avuto la forza di liberare in due terzi di film.
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loland10
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martedì 21 febbraio 2017
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luna...spenta
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“Moonlight” (id., 2016) è il secondo lungometraggio del regista di Miami Barry Jenkins.
Film di storia e di solitudine o meglio di piccoli storie e di solitudini.
Periferia americana, una Miami inguardabile e lontana, una città poco solare, buia, vuota e triste.
Parti minime e minimaliste, divisioni e settori della vita, luoghi fuori e mura come recinti, cerchi concentrici tra bulli e amici, rivalità e strade, angoli e marciapiedi.
Un film che cerca di imprimere lo sguardo diverso e diversificato di una città nel suo microcosmo ma che non riesce andare oltre ad alcuni modi convenzionali e cliché quanto mai flebili e senza vera passione.
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“Moonlight” (id., 2016) è il secondo lungometraggio del regista di Miami Barry Jenkins.
Film di storia e di solitudine o meglio di piccoli storie e di solitudini.
Periferia americana, una Miami inguardabile e lontana, una città poco solare, buia, vuota e triste.
Parti minime e minimaliste, divisioni e settori della vita, luoghi fuori e mura come recinti, cerchi concentrici tra bulli e amici, rivalità e strade, angoli e marciapiedi.
Un film che cerca di imprimere lo sguardo diverso e diversificato di una città nel suo microcosmo ma che non riesce andare oltre ad alcuni modi convenzionali e cliché quanto mai flebili e senza vera passione. Una vita che si tinge di colori e di parti ma che non amalgama il costrutto narrativo, anzi trova disorientamento e spaesamento nello spettatore che (forse) cerca un giusto appiglio per ‘entrare’ nel percorso del tempo. I colori si dileguano in cerchi ora blu ora rossi, come uno stacco di fotogrammi, come un errore della ripresa, come un errore vivere in un quartiere malfamato e acido in tutto.
Little-Chiron vive in un ghetto, non ha riferimenti, solo una madre che ha bisogno di droga per tirarsi su, uno spacciatore e solo dei ‘nemici’ a scuola. Trova qualcuno che gli gira attorno, trova Kevin oltre l’amicizia. Tra una città sperduta nelle contraddizioni, lo spaccio, la miseria, la prostituzione facile e il giro di quelli all’angolo delle strade, il quartiere-chiuso è ciò che resta per la vita di Chiron, bambino, adolescente e adulto (le tre parti in cui si divide il film).
Miami come terra di confine, di morte e di vita facile: lo spaccio è la risorsa per avere i denti d’oro e girare da pari in un’auto lussuosa.
Occhi dolenti e lucidi, stanchi e lacrimevoli: mamma e figlio che si inseguono in un abbraccio distante.
Ossimoro e contorto è il mondo perdente di Chiron; inseguito, picchiato, oltraggiato e, poi, appoggiato sulla spalla di Kevin.
Nero e scarno, livido e segnato: così è il tempo che passa per un silenzio che invade la solitudine per tutto fino a quando non squilla il telefono.
Le buone intenzioni del film di dire molto e di più ci sono ma si perdono (o meglio restano in una superficie solo sporca) in un excursus diluito e fin troppo arcaico, languido e introspettivo ma non troppo coinvolgente, documentaristico e sociologico ma poco incisivo. E il melò(dramma) non acuisce né le separazioni, né i linguaggi, né la dicotomia dei volti. Tutto resto in bilico tra un forte e duro messaggio come tra una vile accusa di circostanza verso una società chiusa e amorfa.
La solitudine non è piena di social e di web ma fa il contrappeso al livore di un’interiorità distrutta prima che nasca. Ognuno vive il suo ghetto e a Miami essere gay e nero non è semplice come essere spacciatore con amori repressi (verso altri e verso una madre oramai spenta).
Da ‘Selma’ ad oggi (dopo oltre cinquant’anni) tutti cercano libertà e giustizia: nel Paese a stelle e strisce qualcosa è ancora da fare: il riferimento ad oggi è palese (ma la storia ha bisogno di coraggio).
I personaggi del cast sono anche giusti come le interpretazioni; il bambino e l’adolescente Chiron restano comunque impressi.
Regia e sguardo da routine, convenzionalmente retrò, poco onirica, forse troppo timida.
Voto: 6/10.
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[+] la dolorosa parabola deterministica di chiron
(di antonio montefalcone)
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vanessa zarastro
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sabato 25 febbraio 2017
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l’altra miami
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Moonlight è tratto dall’opera teatrale In Moonlight Black Boys Look Blue di Tarell Alvin McCraney e il regista, che è anche lo sceneggiatore, è riuscito a non farlo sentire troppo.
Il film è strutturato in tre parti corrispondenti a tre età di Chiron: bambino, adolescente e adulto.A dieci anni lo chiamavano tutti “Piccolo” (interpretato dal delizioso Alex R. Hibbert), era un bimbo molto chiuso, timido e sofferente. La madre si drogava e lo trascurava mentre a scuola era vittima di bullismo. Un giorno mentre scappava dai compagni di scuola incontra Juan, una sorta di gigante buono, che diventerà il suo padrino, gli insegnerà a nuotare e ad affrontare la vita: «a casa mia non ti sedere con le spalle alla porta, può sempre entrare qualcuno all’improvviso…» gli dice a casa di fronte alla bellissima Teresa.
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Moonlight è tratto dall’opera teatrale In Moonlight Black Boys Look Blue di Tarell Alvin McCraney e il regista, che è anche lo sceneggiatore, è riuscito a non farlo sentire troppo.
Il film è strutturato in tre parti corrispondenti a tre età di Chiron: bambino, adolescente e adulto.A dieci anni lo chiamavano tutti “Piccolo” (interpretato dal delizioso Alex R. Hibbert), era un bimbo molto chiuso, timido e sofferente. La madre si drogava e lo trascurava mentre a scuola era vittima di bullismo. Un giorno mentre scappava dai compagni di scuola incontra Juan, una sorta di gigante buono, che diventerà il suo padrino, gli insegnerà a nuotare e ad affrontare la vita: «a casa mia non ti sedere con le spalle alla porta, può sempre entrare qualcuno all’improvviso…» gli dice a casa di fronte alla bellissima Teresa.
Nel secondo capitolo Chiron, sempre taciturno e timido (interpretato dal bravissimo Ashton Sanders), conoscerà la sessualità con il suo amico e compagno di scuola Kevin (Jarrel Jerome) e reagirà violentemente alle terribili angherie orchestrate dai soliti compagni di scuola finendo in riformatorio.
La terza parte da Miami si sposta ad Atlanta, Georgia, a distanza di quasi dieci anni vedrà “Black” (altro soprannome di Chiron inerpretato da Trevante Rhodes) adulto, diventato anche lui spacciatore indisturbato di una vasta zona di Atlanta.
Quest’ultima parte, a mio avviso è stata caricata un po’ troppo. L’eccessiva muscolosità e l’esplosione di preparazione atletica – da fragile e mingherlino quale era da bambino e adolescente – e tutta la sua mascherata da duro (denti d’oro, catena e pistola) rispetto al suo essere represso, nella sua omosessualità e nei sentimenti in generale, rendono questo omaccione un po’ goffo. Belli sono i dialoghi dei due amici imbarazzati che si rincontrano dopo così tanti anni: hanno fatto scelte diverse ed entrambi sono cambiati.
Barry Jenkins ci mostra una Miami povera e degradata, un ambiente dove non c’è neanche un bianco (neri, sudamericani, meticci ecc.) solo persone disperate che o sono drogati o sono spacciatori. Moonlight è un film generoso e intenso che tocca vari aspetti della fragilità maschile, ben interpretato da tutti ma non riesce a entusiasmare del tutto come film.
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filippotognoli
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giovedì 2 marzo 2017
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oscar politico al 110%
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Non per la prima volta, e neanche per l'ultima (purtroppo),il piu' importante e famoso premio cinematografico viene assegnato per ragioni politiche, piuttosto che per motivo artistici. Nessuno scandalo, per carita', e' arcinoto come funzionino i meccanismi dell'Academy, ma la delusione e il senso di ingiustizia ci sono e rimangono, soprattutto a caldo. Senza andare troppo in la' nel tempo, solo tre anni fa, e' successa la stessa identica cosa: miglior film, ingiustamente consegnato a "12 anni schiavo". Le analogie sono presto spiegate: entrambi i film trattano l'argomento del razzismo sui neri, che in America e' un tema di estrema attualita' sempre, tanto piu' adesso con l'elezione di un presidente di estrema 'destra' come Trump.
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Non per la prima volta, e neanche per l'ultima (purtroppo),il piu' importante e famoso premio cinematografico viene assegnato per ragioni politiche, piuttosto che per motivo artistici. Nessuno scandalo, per carita', e' arcinoto come funzionino i meccanismi dell'Academy, ma la delusione e il senso di ingiustizia ci sono e rimangono, soprattutto a caldo. Senza andare troppo in la' nel tempo, solo tre anni fa, e' successa la stessa identica cosa: miglior film, ingiustamente consegnato a "12 anni schiavo". Le analogie sono presto spiegate: entrambi i film trattano l'argomento del razzismo sui neri, che in America e' un tema di estrema attualita' sempre, tanto piu' adesso con l'elezione di un presidente di estrema 'destra' come Trump. Certo in 'Moonlight' non c'e' solo il tema dei neri, ma molto di piu'. L'omosessualita', la tossicodipendenza, l'adolescenza, i conflitti interiori, la famiglia, l'istituzione scolatica, ecc. Tutte tematiche molto forti, e ben raccontate, attraverso un'ottima sceneggiatura e regia, che ci racconta nello specifico tre fasi della vita del protagonista, non a caso chiamato con tre nomi diversi (piccolo, Chiron, black). A me ha ricordato molto la filmografia di Spike Lee, e anzi puo' essere letto come un tributo al suo cinema black. In particolare l'attore Mahershala Ali', vincitore dell'Oscar per miglior attore non protagonista, assomiglia molto a Delroy Lindo in 'Clockers' dello stesso Spike Lee. E come nei film del regista newyorkese, la fanno da padrone le interpretazioni dei singoli personaggi. Tutti veramente bravissimi e credibilissimi, in particolare a mio modesto parere, la madre Naomie Harris, solo nominata, ma anch'essa meritevole di premio. In definitiva un buon film, ma come ce ne sono diversi. 'La la land' rimane e rimarra' ricordato a lungo, anche se non ha vinto. Moonlight, non credo.
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claudiacio
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domenica 5 marzo 2017
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rinnegare se stessi per sopravvivere
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Solo, completamente in balia degli avvenimenti, degli altri, ad affrontare situazioni a cui per la sua età non riesce neanche a dare un senso. Nessuno gli consente di comprendere quello che accade, nessuno può aiutarlo neanche a comprendere chi è. L'unica persona che riesce a sentire emotivamente vicina, l'unica persona che lo aiuta a sopravvivere, ha vissuto le stesse cose e diventerà il suo modello, paradossalmente un modello negativo. Soccombere ad un mondo che ti vuole schiacciare perché non sei conforme ai suoi schemi, oppure diventare quello che non sei per sopravvivere? Chiron sceglie la seconda strada che lo porta ad allontanarsi completamento da se stesso, da tutto ciò che realmente è.
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Solo, completamente in balia degli avvenimenti, degli altri, ad affrontare situazioni a cui per la sua età non riesce neanche a dare un senso. Nessuno gli consente di comprendere quello che accade, nessuno può aiutarlo neanche a comprendere chi è. L'unica persona che riesce a sentire emotivamente vicina, l'unica persona che lo aiuta a sopravvivere, ha vissuto le stesse cose e diventerà il suo modello, paradossalmente un modello negativo. Soccombere ad un mondo che ti vuole schiacciare perché non sei conforme ai suoi schemi, oppure diventare quello che non sei per sopravvivere? Chiron sceglie la seconda strada che lo porta ad allontanarsi completamento da se stesso, da tutto ciò che realmente è. 'Uccidere per non essere ucciso', in un mondo spietato in cui vige solo la legge del più forte. Solo alla fine riesce a riscoprirsi e ad esprimere chi realmente è e quello che ha dentro.
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cristianostefanopepe
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venerdì 5 maggio 2017
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l'ammaliante essenza del chiaro di luna
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Moonlight é un quadro vivente,una carezza,un film che nella sua semplicità trasmette i valori più importanti che al giorno d'oggi dovrebbero essere parte integrante del nostro essere... Basato sull'opera teatrale "In Moonlight Black Boys Look Blue" di Tarell Alvin McCraney, Barry Jenkins alla sua seconda prova da regista decide di dirigere qualcosa di diverso,un film improntato verso la sensibilità d'animo e l'affermazione dell'identità,attraverso le tre fasi più importanti della vita del protagonista: infanzia,adolescenza ed età adulta. Degna di nota la fotografia di James Laxton,che decide di giocare con gli effetti di luce e i più vari cromatismi per suddividere in maniera ancora più sostanziale i vari capitoli del film,donando spessore e una gradita venatura poetica.
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Moonlight é un quadro vivente,una carezza,un film che nella sua semplicità trasmette i valori più importanti che al giorno d'oggi dovrebbero essere parte integrante del nostro essere... Basato sull'opera teatrale "In Moonlight Black Boys Look Blue" di Tarell Alvin McCraney, Barry Jenkins alla sua seconda prova da regista decide di dirigere qualcosa di diverso,un film improntato verso la sensibilità d'animo e l'affermazione dell'identità,attraverso le tre fasi più importanti della vita del protagonista: infanzia,adolescenza ed età adulta. Degna di nota la fotografia di James Laxton,che decide di giocare con gli effetti di luce e i più vari cromatismi per suddividere in maniera ancora più sostanziale i vari capitoli del film,donando spessore e una gradita venatura poetica. Importante l'evoluzione del personaggio principale,Chiron,che verrà temprato dalle esperienze,dal mondo che lo circonda,trasformandolo sistematicamente. L'importanza dell'acqua come simbolo di rinascita,l'analogia con la luna protagonista del film e il suono del vento per esprimere le varie emozioni che assalgono Chiron sono alcune delle tante simbologie che si impongono come vere protagoniste dell’opera. Ancora più importante risulta la direzione registica, che esterna le inquietudini del personaggio principale per coinvolgere ancora di più lo spettatore in una storia semplice, naturale e d’impatto. Non c’è crudezza, se non verbale e di forma, ma solo originalità e sensibilità invidiabile nel narrare tematiche attuali,trasformando il tutto in pura e ammaliante arte. E’ amore per il cinema allo stato puro, un continuo gioco di sguardi, così rumorosi nei loro silenzi e significativi nelle loro espressioni, un’esasperazione della forma, per dare allo spettatore la forza per cercare il contenuto. Tutto questo, accompagnato da una colonna sonora eterea, composta da brani classici e tracce più moderne, sempre associate ai vari capitoli caratteristici del film, ognuno intitolato come un nome del protagonista. Non lasciatevi influenzare dai cattivi appellativi che hanno associato a quest’opera, soprattutto successivi alla vittoria dell’Oscar. Questa è arte, è il distinguersi attraverso la naturalezza e la sensibilità, purtroppo poco presente nell’immaginario collettivo. Che vi immedesimiate o meno, rimane una lezione di vita tanto importante quanto dolce. Un’estenuante ricerca dell’amore in un mondo vuoto…
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cristian
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domenica 19 febbraio 2017
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nulla da tramandare ai posteri.
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Barry Jenkins scrive e dirige il suo primo lungometraggio, Moonlight, candidato a 8 premi Oscar nella ormai prossima edizione che si terrà il 26 febbraio. Nonostante, quindi, le buone premesse, il film risulta piatto e sterile e la storia del protagonista non mostra oramai nessuna originalità. I dialoghi si adattano bene alla realtà trasposta rivelandosi dunque abbastanza elementari ed essenziali. Fotografia di James Laxton (Tusk; Yoga Hosers). Musiche di Nicholas Brittel (La grande scommessa; Free State of Jones; il prossimo Ocean’s Eight). Impalpabili le interpretazioni dei tre attori che impersonano Chiron nelle sue diverse fasi di vita (Alex Hilbert, Ashton Sanders, Trevante Rhodes).
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Barry Jenkins scrive e dirige il suo primo lungometraggio, Moonlight, candidato a 8 premi Oscar nella ormai prossima edizione che si terrà il 26 febbraio. Nonostante, quindi, le buone premesse, il film risulta piatto e sterile e la storia del protagonista non mostra oramai nessuna originalità. I dialoghi si adattano bene alla realtà trasposta rivelandosi dunque abbastanza elementari ed essenziali. Fotografia di James Laxton (Tusk; Yoga Hosers). Musiche di Nicholas Brittel (La grande scommessa; Free State of Jones; il prossimo Ocean’s Eight). Impalpabili le interpretazioni dei tre attori che impersonano Chiron nelle sue diverse fasi di vita (Alex Hilbert, Ashton Sanders, Trevante Rhodes).
In un sobborgo di Miami cresce Chiron, un afro-americano soggetto ad un ambiente fatto di violenza, droga e prevaricazione. Il ragazzo cresce senza un padre e con una madre (Naomie Harris) tossicodipendente che non si prende cura di lui. Inoltre, fin da giovane Chiron subisce quasi quotidianamente atti di bullismo propri di una realtà degradata ed è con questa che, crescendo, sarà costretto a confrontarsi oltre che con una lotta interiore attraverso cui cerca di conoscere sé stesso e la sua sessualità.
Il regista Barry Jenkins mostra con Moonlight uno spaccato di vita americana al cui interno si muove a passi incerti la figura del giovane Chiron, la cui storia e contenuto sembrano aver particolarmente colpito l’Academy, da sempre “sensibile” a certe tematiche sociali. Certo è che dopo la visione ciò che si esclama è un enorme “Bah!”, dal momento che non ci troviamo né di fronte ad un capolavoro (questo direi che è assodato) né ad un buon film (secondo me, modesto essere umano). L’opera, dall’inizio, pare assumere i contorni di un documentario incentrato sulle fasi salienti di vita di Chiron e del suo lento, e nemmeno definitivo, scoprire sé stesso. A parte la limitata conoscenza della timida personalità del protagonista e del degrado in cui purtroppo è costretto a vivere (questioni che vengono fuori fin da subito), il film, durante tutto l’arco della sua durata, non ci racconta praticamente null’altro. Non c’è una svolta decisiva nella vita del ragazzo, il quale si lascia, ed è comprensibile, spersonalizzare dall’ambiente gretto che lo ha sempre circondato e bombardato con pregiudizi e abusi. Chiron cresce e diventa egli stesso quell’ambiente meschino; rinuncia a sé stesso e alla sua vera natura sessuale per assumere la vuota e confortante apparenza delle degradate figure che ha sempre avuto come riferimento. Egli si sente libero di esprimersi soltanto nei confronti dell’unica persona che reputa amica, Kevin (André Holland). Il film soffre, dunque, della passività del protagonista, trasmessa a sua volta al pubblico a cui è consentito anche distrarsi (fare una capatina al bagno ad es.) e ritornare dopo qualche minuto alla visione della pellicola senza il timore di aver perso qualche passaggio rilevante o decisivo ai fini dello sviluppo della trama (quindi non trattenetevela!). Il protagonista, inoltre, a cui è dato intero spazio, non può risultare così bidimensionale. Sì, è vero, è prima di tutto Chiron stesso a non voler affrontare la sua interiorità e così facendo la tiene costantemente nascosta anche a chi guarda. In definitiva, Moonlight è la storia di un ragazzo comune raccontata con eccessiva superficialità e nessun nuovo messaggio da tramandare ai posteri.
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samanta
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sabato 11 marzo 2017
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non meritava di vincere
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Ho visto Moonlight lo ammetto per curiosità dopo l'inopinata vittoria agli Oscar come miglior film. Sicuramente non solo è nettamente inferiore la film migliore almeno ai giudizi della critica (LA LA LAND) ma a mio avviso anche nettamente inferiore a due altri film: "La battaglia Hacksaw Ridge" e "Manchester by the sea", non posso al momento dare giudizi sugli altri film nominati anche se Arrival e Lion hanno avuto critiche abbastanza buone. Esprimo tre considerazioni.
La prima che a giudizio pressoché unanime ha vinto il Politically Correct ovvero l'elite di Hollywood ha fatto una scelta antiTrump, il che appare fuorviante, infatti in una gara si premia la qualità, in ogni caso, se si voleva premiare la minoranza afroamericana nel cinema, rilevo che la cinematografia americana ha ormai da tempo sdoganati gli artisti neri attori registi, produttori, rammento solo, tra i tanti, dopo il mitico Sidney Poitier artisti come Denzel Washington (2 Oscar forse attualmente il migliore attore in assoluto di Hollywood), Samuel L.
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Ho visto Moonlight lo ammetto per curiosità dopo l'inopinata vittoria agli Oscar come miglior film. Sicuramente non solo è nettamente inferiore la film migliore almeno ai giudizi della critica (LA LA LAND) ma a mio avviso anche nettamente inferiore a due altri film: "La battaglia Hacksaw Ridge" e "Manchester by the sea", non posso al momento dare giudizi sugli altri film nominati anche se Arrival e Lion hanno avuto critiche abbastanza buone. Esprimo tre considerazioni.
La prima che a giudizio pressoché unanime ha vinto il Politically Correct ovvero l'elite di Hollywood ha fatto una scelta antiTrump, il che appare fuorviante, infatti in una gara si premia la qualità, in ogni caso, se si voleva premiare la minoranza afroamericana nel cinema, rilevo che la cinematografia americana ha ormai da tempo sdoganati gli artisti neri attori registi, produttori, rammento solo, tra i tanti, dopo il mitico Sidney Poitier artisti come Denzel Washington (2 Oscar forse attualmente il migliore attore in assoluto di Hollywood), Samuel L. Jackson, Morgan Freeman, Will Smith, Eddie Murphy, Helle Berry, Viola Davis e si potrebbe andare all'infinito.
La seconda riguarda il film in sé. Il film è tratto da una piéce teatrale in tre atti ed è qui il primo problema: il film non si riesce a distaccare dall'origine teatrale (ma il cinema non è teatro) ed è quindi diviso in tre parti cronologicamente distinte e non amalgamate tra di loro. Il protagonista Chiron è quindi intepretato da tre diversi attori: da un ragazzino di circa dieci anni, da un adolescente di circa 16 anni ed infine nella terza parte da un uomo di ventisei anni (sono passati circa 10 anni), interpretato da Trevante Rhodes. Nella prima parte vediamo il piccolo Chiron con una madre tossica e prostituta che vive in un quartiere nero di Miami dominato dal traffico della droga. A scuola è vittima del bullismo, gli dà accoglienza e lo aiuta a difendersi Juan un boss della droga che talvolta lo ospita a casa sua con la fidanzata Teresa. Nella seconda è sparito Juan e non ho ben capito che fine abbia fatto, ma Chiron è sempre vittima del bullismo dei compagni che lo accusano di essere gay (il che non è vero anche se il nostro ha una difficile sessualità) non trova certo conforto nella madre sempre più degradata, qualche volta lo aiuta Teresa la fidanzata di Juan. Chiron ha un momento di sessualità con l'amico Kevin che pure è uno che corre dietro le ragazze e che in una scena in riva al mare lo masturba. La situazione precipita nel senso che il capo dei bulli costringe Kevin a picchiare duramente Chiron che per vendicarsi spacca una sedia in testa al capo dei bulli e va in galera. Terza parte Chiron è uscito dal carcere e fa il trafficante di droga ad Atlanta ed evidentemente si è arricchito. Una telefonata di Kevin che è stato anche lui in galera, ma adesso fa lo chef in un ristorante di Miami lo induce a andare a trovarlo il colloquio tra i due è scarno anche perché Chiron parla pochissimo ma quando dice a Kevin che in questi 10 anni nessun uomo lo ha toccato questi sorride. Il film finisce con Kevin che carezza la testa di Chiron.
Complessivamente il film è lento con dialoghi di maniera, una sceneggiatura approssimativa,senza un guizzo, un tocco di originalità da parte della regia che lo caratterizzi, con attori vermente modesti al di sotto della sufficienza, con scene inverosimili come quando Juan a domanda di Chiron se traffichi droga lo ammette e poi quando esce il bambino si mette a piangere. Ma un trafficante e boss di droga, bianco o nero, certamente non è facile a questi sentimentalisti tra l'altro appare incomprensibile l'Oscar per migliore attore non protagonista a Mahershalla Alì che impersona Juan con una modesta interpretazione. Un film comunque slegato non armonizzato tra le sue parti certamente non un film sull'omosessualità, ma tutt'al più sull'emarginazione degli afroamericani che sembrerebbe che abbiano come alternativa solo il traffico della droga.
Qui viene l'ultima considerazione perché fanno gli americani questo tipo di film? Si rendono conto che la guerra civile è finita più di 150 anni fa e non sono riusciti ad integrare, almeno come sembrebbe, una minoranza che è il13% della popolazione del paese trai più ricchi e il più potente del Mondo, forse farebbero bene a guardare le radici che hanno fondato questa nazione, se ancora dopo 50 dal pieno riconoscimento dei diritti civili devono continuare a rimestare sull'esclusione dei negri da una vita sociale uguale a quella dei bianchi, che abbiano gli americani la coscienza sporca? Ma allora si diano una mossa e non affliggano gli altri con questi film mediocri che non servono a nulla se non a piangere su se stessi. Mi ricorda tutto ciò un'aneddoto di Winston Churchill che rieletto nel dopoguerra primo ministro, invitato all'ambasciata americana a vedere un film che criticava la guerra appena vinta dagli alleati a metà proiezione si alzò e se ne andò via dicendo all'ambasciatore americano "Voi americani ogni tanto avete il bisogno di fare il bidet alla vostra coscienza sporca, siete liberi di farlo ma non fate bere l'acqua agli altri"!.
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