Ipnotico, raggelante, saturo di visioni che deflagrano in un montaggio impressionista, A Venzia un dicembre rosso...(anche qui, per carità di patria, meglio tacere sul titolo) è un'altro di quei titoli catapultati dagli anni settanta che spingono sull'acceleratore del disagio emotivo, obbligando lo spettatore all'adesione incondizionata o al rifiuto. Storia gotica e nerissima, ambientata in una tenebrosa Venezia, il film del visionario Roeg(come molti registi della sua specie relegato troppo presto ai margini dall'industria cinematografica) coniuga eccessi estetici all'intensità quasi paranoica delle interpretazioni, collocandosi di diritto fra i titoli imperdibili del genere orrorifico-disturbante. Anche in questo caso, come per altri cult, il mostruso sembra celarsi tutto all'interno della coppia Sutherland/Christie in Italia per un impegno lavorativo ma, soprattutto, nel tentativo parossistico di dimenticare la morte della figlioletta in un incidente. Ed è proprio la visione della figlia che continua a materializzarsi,anche per l'intervento della medium di turno, a spingere la coppia rosa da un insanabile rimorso verso un annunciato, ma non meno soprendente, disfacimento. Se la trama sembra ricorrere a degli stereotipi del genere, è la resa visiva, satura di allusioni paranoiche e soluzioni vertiginose, a trasferire sullo schermo un disagio virulento, imprimendo nello sguardo e nella pelle dello spettore un'inquitudine che deflagra nel sorprendete epilogo. Se l'effetto onirico del film oggi sembra riproducibile e alla portata di altri autori accostati al genere(Vinding Refn ad esempio) sembra meno praticabile l'adesione interpretativa dei due protagonisti, il loro condurci nelle sabbie mobili dell'inconscio(che la mano registica materializza con sapienza) fino ad un punto di non ritorno, quell'angolo tormetoso dell'esistenza dove gli affetti si dissolvono in un nulla angoscioso. Matteo De Chiara
[+] lascia un commento a m.d.c »
[ - ] lascia un commento a m.d.c »
|