Il film narra l’ultimo periodo della vita cantante e showgirl Judy Garland, passato in preda alla dipendenza dall’alcol e dai farmaci. È basato sul dramma teatrale End of the Rainbow di Peter Quilter, del 2005. Per ottenere la custodia dei due figli più piccoli Judy avendo bisogno di molti soldi per potersi comprare una casa e permettersi bravi avvocati, accetta di fare una lunga tournée a Londra, dov’era molto amata: una serie di spettacoli nel corso di sei settimane al The Talk of the Town.Uno degli obiettivi del film, infatti, è mostrare la diva come una madre single lavoratrice che lotta per avere il tempo e i soldi per stare con i figli.
Ma il suo è un “mal di vivere” che trova le matrici nell’infanzia e, come narra il regista, nelle sue carenze affettive e nel duro addestramento che la cantante ha subìto da ragazzina per riuscire a sfondare nel mondo dello spettacolo. Il film, infatti, in alcuni flash back mostra come la cantante sia stata spinta da Louis B. Mayers della MGM, per potenziare le sue prestazioni, ad assumere consistenti dosi di farmaci, dai quali rimarrà dipendente per tutta la vita.
Judy Garland era nata nel 1922 come Frances Ethel Gumm nella contea di Itasca in Minnesota, ultima di tre sorelle. Era figlia d’arte, infatti entrambi genitori erano attori di vaudeville (il padre era un tenore e la madre una pianista) e con loro aveva debuttato piccolissima (a due anni e mezzo) sul palcoscenico insieme alle sorelle Mary Jane e Dorothy Virginia. A soli 17 anni aveva interpretato il film “Il mago di Oz” che la rese celebre.
Cinque sono stati i suoi mariti: il musicista David Rose che lascerà presto per sposare il regista Vincente Minnelli, da cui nel 1946 avrà Liza, che seguirà le sue orme. Si sposerà poi con Sidney Luft, da cui avrà due figli Lorna e Joey, con cui avrà un rapporto burrascoso.
Il film “Judy” è ambientato prevalentemente a Londra nel dicembre 1968, quando le performances della Garland si alternavano tra alti e bassi, e tra un successo e l’altro la cantante aveva delle terribili cadute presentandosi sempre in ritardo in scena e talvolta completamente ubriaca. La cantante sarà raggiunta dal suo amico Mickey Deans, musicista e imprenditore, la cui presenza sembra avere su di lei un impatto positivo. Lei lo sposerà durante la tournée londinese, ma alle prime difficoltà la sua fragilità la riporterà a drogarsi. In una scena Judy viene visitata da un medico che le chiede: “Prende qualcosa per la depressione?” e lei risponde “Quattro mariti. Le sembra stia funzionando?” R
upert Goold, attivo soprattutto in ambito teatrale, traccia un quadro preciso di questa donna talentuosa ma sofferente, mostra la sua paura di fallire e di essere dimenticata, il suo bisogno di amore e di accettazione e la sua dipendenza anche dal palcoscenico. Oltre a ciò la sua voglia di essere una donna “normale” che vive e cresce i suoi figli amata come donna e come madre e non solo come artista. Anche se il film non lo mostra, Mickey Deans la troverà morta a casa sua a Londra, a quarantasette anni, dopo aver ingerito accidentalmente una dose eccessiva di farmaci. Il film è abbastanza convenzionale e non aggiunge conoscenza sul mondo dello spettacolo talvolta spietato. “Judy” è forse un po' troppo teatrale, ma ha in Renée Zellweger una grande interprete che si trasforma completamente in Judy, cantando perfino al suo posto come lei. Per questa sua interpretazione ha già vinto il Golden Globe 2010 ed è candidata al prossimo Oscar.
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antonio montefalcone
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domenica 16 febbraio 2020
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judy & reneé somewhere over the rainbow...
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Un'esistenza tormentata e drammatica quella di Judy Garland, una delle più grandi attrici, cantanti e ballerine della Hollywood dei tempi d'oro, indimenticabile quando da ragazzina canta 'Somewhere Over the Rainbow' ne 'Il mago di Oz' e altrettanto eccezionale in pellicole e ruoli più maturi come in 'È nata una stella' o in 'Vincitori e vinti'. Il bio-pic di Rupert Goold omaggia questa figura mitica e la persona, la donna Judy nelle tante sfaccettature e fragilità, raccontando soprattutto l'ultimo periodo della sua vita, quando è rimasta vittima degli Studios, schiacciata e allontanata da quella stessa Hollywood di cui contribuì a fare grande la storia. Il film però non sembra riproporre tutta la durezza e l'intensità di questo dramma.
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Un'esistenza tormentata e drammatica quella di Judy Garland, una delle più grandi attrici, cantanti e ballerine della Hollywood dei tempi d'oro, indimenticabile quando da ragazzina canta 'Somewhere Over the Rainbow' ne 'Il mago di Oz' e altrettanto eccezionale in pellicole e ruoli più maturi come in 'È nata una stella' o in 'Vincitori e vinti'. Il bio-pic di Rupert Goold omaggia questa figura mitica e la persona, la donna Judy nelle tante sfaccettature e fragilità, raccontando soprattutto l'ultimo periodo della sua vita, quando è rimasta vittima degli Studios, schiacciata e allontanata da quella stessa Hollywood di cui contribuì a fare grande la storia. Il film però non sembra riproporre tutta la durezza e l'intensità di questo dramma. Uno script troppo canonico e superficiale, uno stile teatrale e un'atmosfera crepuscolare e nostalgica (il regista si è ispirato alla pièce teatrale 'The End of the Rainbow' di Peter Quilter), ci avrebbero restituito un'opera didascalica e patinata, nella media e uguale a tante altre operazioni simili, se non ci fosse stata la straordinaria, mimetica, sincera e amara interpretazione di Reneé Zellweger (qui in uno stato di grazia e meritevole dei tanti premi vinti oltre che del secondo Oscar come attrice protagonista), a ridare forza, immagine e dignità alla vera e fragile Judy Garland, alla donna prima ancora che all'artista. E quindi ad onorarne la memoria a 50 anni dalla morte. Morte avvenuta a 47 anni dopo anni difficili, quattro divorzi, battaglie per l'affidamento dei figli, problemi di alcolismo e povertà. Nel complesso la pellicola è piacevole da vedere, seppur caratterizzata da più limiti che pregi. Un'opera diseguale e fragile proprio come il personaggio che descrive; ma che, alla fine, si innalza dalla sufficienza e si rende coinvolgente e interessante soprattutto grazie alla Zellweger che sa trasmetterci con la giusta emozione tutta la solitudine e il malessere esistenziale del suo dolente personaggio.
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