
Anno | 2025 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Germania, Francia |
Durata | 135 minuti |
Regia di | Kirill Serebrennikov |
Attori | August Diehl, Burghart Klaußner, Maximilian Meyer-Bretschneider, Carlos Kaspar Heinz K. Krattiger, David Ruland, Dana Herfurth, Anton Lytvynov, Alina Lytvynova, Tetiana Lytvynova, Diana Stepanova, Santino Lucci. |
Tag | Da vedere 2025 |
Distribuzione | Europictures |
MYmonetro | 3,17 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 22 maggio 2025
Il 'Dottor Morte' di Auschwitz riletto nella clandestinità e nel giudizio del figlio.
CONSIGLIATO SÌ
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Josef Mengele, grazie a una rete di protezione, riesce a raggiungere l'America Latina passando dall'Argentina all'Uruguay e al Brasile. Mentre altri responsabili della Shoah vengono catturati (il caso più clamoroso è quello di Adolf Eichmann sequestrato dal Mossa israeliano in territorio argentino) lui riesce a nascondersi. Il figlio Rolf riesce però a raggiungerlo con il proposito di chiedergli conto di ciò che ha fatto.
Serebrennikov affronta un'altra biografia con uno stile totalmente differente da quello di Limonov.
Ci sono personaggi difficili da contenere in un film e Serebrennikov ne è perfettamente cosciente avendo affrontato, oltre al dissidente russo, la figura di Tchaikovsky visto attraverso gli occhi della consorte. In questo caso però si trattava di accostarsi ad una delle figure più inquietanti della già orribile strategia della Shoah. Sono innumerevoli gli atti di crudeltà a lui attribuiti e le aberrazioni nell'ambito della sperimentazione su esseri umani. Chi ebbe modo di conoscerlo ne descriveva la gentilezza che accompagnava la perversione alternata a scatti di rabbia incontrollabile. È su questo doppio registro che si sviluppa la lettura del personaggio a cui August Diehl offre un'adesione che non va a ricercare tanto la somiglianza fisiognomica quanto piuttosto l'adesione cieca ad un'ideologia che impedisce qualsiasi, seppur minima, possibilità di pentimento. Il suo Mengele, pur nello scorrere degli anni, rimane identico a sé stesso nella difesa del proprio operato (di cui però non esplicita i dettagli) e ancor più nell'attacco a chi osa metterne anche solamente in dubbio la moralità. A partire dal figlio 'capellone' (che verrà adeguatamente sottoposto a rasatura) che vorrebbe sapere per cercare se sia possibile comprendere l'incomprensibile.
Serebrennikov, mentre scava nella personalità di Mengele, non nasconde tutte le connivenze che hanno permesso a questo essere di morire se non proprio nel suo letto comunque fuori da un carcere. Lo fa con un bianco e nero temporalmente dominante sulla durata complessiva del film che viene però interrotto da inserti a colori, il primo dei quali fa pensare a La zona d'interesse. Sono le riprese dell'arrivo nel campo estremamente luminose come se si trattasse della più normale e quotidiana attività di routine di militari nel corso di un'esercitazione. Quella banalità del male (definita come tale da Hannah Arendt a proposito del processo ad Adolf Eichmann che Mengele considera un traditore che accetta di parlare dinanzi a un tribunale che non ha alcun diritto di giudicarlo) diventa qui una sequenza di cinema finto amatoriale che, al contempo, diventa documento agghiacciante e ricordo piacevole per chi di quegli orrori era uno degli artefici.
«Qui vale tutto ciò che Rivette rimproverava a Pontecorvo per Kapò: "incoerenza, stupidità (e) codardia"» tuona Oliver Lamm sulle pagine di "Libération". Da un lato ci rincuora: si pensa ancora che il cinema possa avere un'etica. Ma, alla fine, è solo il negativo del "capolavorismo" che esalta un film di Cannes su due. Serebrennikov, lo sappiamo, è regista dal gesto evidente e smisurato, dallo stile [...] Vai alla recensione »
Josef Mengele è, nel nuovo film del dissidente russo Kirill Serebrennikov, come un buco nero. È lì, al centro dell'inquadratura per la maggior parte delle sue due ore di durata, interpretato da un grandissimo August Diehl sempre carico come una molla pronta a scattare, ma è come se non si potesse penetrare l'orizzonte degli eventi per vederlo davvero.
In una scena verso il finale del film, Josef Mengele (interpretato da August Diehl), in fuga attraverso il Sud America - prima nell'Argentina peronista, poi nel Brasile della dittatura militare - è in preda al terrore di essere catturato e alla paranoia per l'aura di terrore che la sua figura suscita in tutto il mondo. Dopo l'arresto di Eichmann nel 1960, infatti, era diventato il ricercato numero [...] Vai alla recensione »