francesca meneghetti
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domenica 17 settembre 2023
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una storia di formazione: dal sogno adolescenziale alla responsabilità
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Mario Rigoni Stern aveva 22 anni quando si è trovato a dover guidare la ritirata di settanta uomini, portandoli in salvo: quello è stato il capolavoro della mia vita, disse, ignorando i premi letterari. Questa sua dichiarazione mi è tornata in mente assistendo alla proiezione di Io Capitano, di Matteo Garrone. Mi aspettavo di vedere un film, non unico, sull’immigrazione africana. Ricordo bene “Tutto è in ordine, niente è a posto” del regista e documentarista, Andrea Segre, esperto sul tema, là dove si metteva a fuoco il tema politico delle immigrazioni africane, e delle relazioni diplomatiche tra Italia e Libia. Un film che evidenziava la difficoltà a incontrare, in suolo africano, interlocutori affidabili, data la pluralità di soggetti senza scrupoli e senza rispetto di diritti umani, interessati all’affare delle migrazioni per i risvolti economici.
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Mario Rigoni Stern aveva 22 anni quando si è trovato a dover guidare la ritirata di settanta uomini, portandoli in salvo: quello è stato il capolavoro della mia vita, disse, ignorando i premi letterari. Questa sua dichiarazione mi è tornata in mente assistendo alla proiezione di Io Capitano, di Matteo Garrone. Mi aspettavo di vedere un film, non unico, sull’immigrazione africana. Ricordo bene “Tutto è in ordine, niente è a posto” del regista e documentarista, Andrea Segre, esperto sul tema, là dove si metteva a fuoco il tema politico delle immigrazioni africane, e delle relazioni diplomatiche tra Italia e Libia. Un film che evidenziava la difficoltà a incontrare, in suolo africano, interlocutori affidabili, data la pluralità di soggetti senza scrupoli e senza rispetto di diritti umani, interessati all’affare delle migrazioni per i risvolti economici. Ma nel film di Garrone, che non manca di evidenziare la quantità di affaristi africani, cinici e crudeli, la dimensione politica direi, sia pure con esitazione, passa in secondo piano rispetto alla vicenda umana ed esistenziale, che può essere assunta a paradigma universale di coscienza civile. Il protagonista è Seydou, un sedicenne senegalese, orfano di padre, che, trascinato dal cugino coetaneo Moussa, dopo aver accumulato un tesoretto con lavori vari, lascia l’amata madre (con molti sensi di colpa) per l’avventura: vuol diventare un musicista famoso che rilascerà autografi agli europei bianchi. Pur avvertito dei pericoli dalla mamma, Seydou non rinuncia al sogno, che si rivela però un incubo. Sorvolo sulle disavventure, anche tragiche, dei due ragazzi (anche perché le scene violente mi fanno orrore), sta di fatto che l’odissea dei due è a tutti gli effetti un viaggio di formazione. Seydou è un puro, un ragazzo che impara presto a destreggiarsi di fronte a tanti approfittatori criminali, ma non dimentica l’umanità. È l’unico che torna indietro per soccorrere (impresa impossibile) una donna stremata nel Sahara. È quello che, preso alla gola da un ricatto, si trova a dover guidare una carretta del mare fino all’Italia, senza saper governare una barca, senza saper nuotare. Ma a quel punto il sedicenne Seydou è già un uomo, che si prefigge come scopo quello di portare da vivi in Europa tutti i profughi imbarcati, e che, in vista della terra (italiana) esplode d’orgoglio: Io, capitano. Come Rigoni Stern, sergente maggiore. Ecco spiegato il titolo del film. Ogni onore ai Seydou, veri o di immaginazione, che fanno da contraltare a tante figure di africani loschi e corrotti. La linea di separazione, in questo film, non è etnica, ma etica. Molto bella la fotografia e in particolare le due scene surreali (dimensione del sogno) dove Seydou, nell’immaginazione, rettifica la realtà.
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[+] giuanìn senegalese arriva a baita
(di ruger357mgm)
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fab82ant72
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sabato 16 settembre 2023
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aiutatemi a dire brutto
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Ma basta! Sarebbe stato un documentario interessante, anche se ormai lo abbiamo visto in mille salse. Perfetto per una piattaforma, ma al cinema si russa. Mi dispiace, ma questo è il peggior film di Garrone assieme a "Il racconto dei racconti". Peccato.
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anna rosa
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venerdì 15 settembre 2023
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un sogno ingenuo
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Nell'affrontare il tema di così drammatica attualità della migrazione dall'Africa, Garrone fa la scelta, secondo me saggia, di mostrarci solo un aspetto che non conduce al solito insopportabile scontro tra opposte tifoserie, ossia la cinica speculazione dei trafficanti africani. Non sono dei poveracci senza speranza i due sedicenni senegalesi che per ingenuità e giovanile leggerezza cadono nella trappola dell'illusione del viaggio in Europa dove, chissà, potrebbero addirittura diventare dei rapper famosi. Né si vedono stupri. Né Moussa, a cui una banda libica ha sparato, perde la vita. Né la barca che il giovanissimo "capitano" si ritrova a condurre deve affrontare tempeste e nessuno degli occupanti della barca muore in mare.
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Nell'affrontare il tema di così drammatica attualità della migrazione dall'Africa, Garrone fa la scelta, secondo me saggia, di mostrarci solo un aspetto che non conduce al solito insopportabile scontro tra opposte tifoserie, ossia la cinica speculazione dei trafficanti africani. Non sono dei poveracci senza speranza i due sedicenni senegalesi che per ingenuità e giovanile leggerezza cadono nella trappola dell'illusione del viaggio in Europa dove, chissà, potrebbero addirittura diventare dei rapper famosi. Né si vedono stupri. Né Moussa, a cui una banda libica ha sparato, perde la vita. Né la barca che il giovanissimo "capitano" si ritrova a condurre deve affrontare tempeste e nessuno degli occupanti della barca muore in mare. Si vedono sì cose terribili, ma molto onestamente Garrone non ha battuto quanto avrebbe potuto sulla grancassa dell'emozione. Ha mostrato "solo" l'orrore che non poteva non mostrare raccontando uno di questi "viaggi della speranza". E quello che vediamo basta per capire.
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tom cine
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venerdì 15 settembre 2023
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una potente metafora della vita
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Affrontare il tema delle moderne migrazioni e parlare soprattutto dei migranti africani è un’impresa molto delicata e richiede una certa dose di coraggio e di inventiva, altrimenti si rischia di precipitare nelle trappole del buonismo ipocrita e della superficialità. L’ultimo, splendido, film di Garrone schiva queste trappole in maniera geniale, facendo prendere, alla vicenda narrata, i toni della favola e soprattutto del racconto di formazione.
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Affrontare il tema delle moderne migrazioni e parlare soprattutto dei migranti africani è un’impresa molto delicata e richiede una certa dose di coraggio e di inventiva, altrimenti si rischia di precipitare nelle trappole del buonismo ipocrita e della superficialità. L’ultimo, splendido, film di Garrone schiva queste trappole in maniera geniale, facendo prendere, alla vicenda narrata, i toni della favola e soprattutto del racconto di formazione. Come un novello Pinocchio (e non è un caso che molti hanno paragonato questo film all’opera di Collodi, perché il film precedente di Garrone è stato proprio “Pinocchio”) il protagonista, Seydou, va alla scoperta del mondo. E questo è il vero colpo di genio: il film non nasconde la povertà che circonda i personaggi (il quartiere da cui comincia il viaggio sembra un ghetto, la casa in cui Seydou abita è povera, il lavoro c’è ma è fatto da attività “umili”), ma non la mette troppo in evidenza perché il ragazzo cerca un riscatto più sociale che economico (vuole diventare una celebrità musicale in Europa). E, per farlo, si stacca, esattamente come il burattino inventato da Collodi, da una figura parentale: in questo caso, si tratta della madre e la scena in cui quest’ultima, angosciata, cerca di dissuadere il ragazzo dal tentare un’avventura che potrebbe causarne la morte è fra le più belle e intense del film. E qui ci si addentra fra le emozioni più potenti che questo film suscita, perché introduce e poi affronta costantemente e senza mai tentennare l’argomento dei legami parentali. Infatti, Seydou non parte da solo: con lui c’è Moussa, il cugino che l’ha convinto ad affrontare la colossale e pericolosa impresa, spingendolo a scappare da casa. Una volta partiti e coinvolti nel flusso della migrazione, i due si troveranno davanti alla drammatica realtà: ciò li cambierà profondamente.
“Io Capitano” è un film drammatico ma che non vuole diventare una cronaca, un semplice resoconto di un’odissea verso una meta agognata: punta più in alto e centra il bersaglio perché è un film potente. Pur non mancando di scene forti su quella che viene definita come la “tratta dei nuovi schiavi” (le scene nel carcere libico mostrano torture fisiche e psicologiche e sono piuttosto dure), trasforma il viaggio di questi due giovanissimi migranti in una gigantesca metafora della vita: assistiamo al taglio (simbolico) del cordone ombelicale, al tragitto verso un’avvenire incerto costellato di incontri che, lentamente, trasformeranno i due ragazzi facendoli avanzare verso la maturità. Inoltre, non solo è un film ricco di argomenti magnificamente trattati ma è anche affascinante, perché sa perfino oscillare, come tutti i film di Garrone e anche meglio dei precedenti, tra la favola e il realismo, facendo convivere magicamente sequenze più reali con altre più visionarie e fantasiose: il deserto del Sahara e il Mediterraneo diventano vere e proprie rappresentazioni dell’ignoto (entrambe, soprattutto il secondo, fanno quasi paura), i morti sono degli oracoli da consultare e i sogni svelano il rimorso per una madre abbandonata ed il desiderio di tornare a casa nonostante tutto. “Io Capitano” va oltre il mero film che vuole soltanto farsi cronaca: mette al centro un ragazzo (lo straordinario esordiente Seydou Sarr) che cerca, soprattutto, il suo posto nel mondo e trasforma il racconto in una storia davvero epica e universale che parla di tutti noi. Sapientemente servito da una eccellente abilità tecnica (la fotografia è splendida), dall’uso della lingua originale dei protagonisti (il wolof, una lingua parlata nell’Africa occidentale) e da una colonna sonora evocativa ma che non è mai invadente, “Io Capitano” è un film che riesce ad emozionare fino in fondo e che ci ricorda che, per crescere davvero, è indispensabile avere l’empatia e la pietà per gli altri perché nessuno viaggia da solo in questo difficile tragitto che è la vita.
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stefano73
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venerdì 15 settembre 2023
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seydou e moussa partono per arrivare insieme
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"IO CAPITANO". Seydou e Moussa,due cugini di 16 anni lasciano il Senegal e decidono di partire per l'Europa. Il loro sogno è diventare delle star. Il film tratta il tema attualissimo dei viaggi della speranza dal nord Africa viste dalla loro prospettiva. Tutto si svolge con realismo e crudeltà ma anche con tanta passione, coraggio e umanità. Tutta la pellicola è in lingua originale con sottotitoli...e questo è un valore aggiunto che evita doppiaggi ridicoli e costruiti. Premiato con il Leone d'oro a Venezia. Voto:8
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vittorio stano
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mercoledì 13 settembre 2023
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diventino figli nostri !
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Seydou e Moussa due empatici 16enni senegalesi si lasciano sopraffare dall'entusiasmo e dall'ingenuità tipica dell'età e si ritrovano ad affrontare problemi più grandi di loro intraprendendo un viaggio reale dall'Africa al "Paese dei balocchi". il loro viaggio diventa un'odissea attraverso le insidie del deserto, gli orrori dei centri di detenzione in Libia, i pericoli del mare e, spesso, la morte. I due cugini sono alla ricerca di un sogno da realizzare. Seydou e Moussa hanno una famiglia che li ama, una vita semplice: scuola, amici e social. La famiglia di Seydou non è proprio povera. Fratelli e sorelle dormono nella stessa stanza, ma lui e la sorellina sono felici.
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Seydou e Moussa due empatici 16enni senegalesi si lasciano sopraffare dall'entusiasmo e dall'ingenuità tipica dell'età e si ritrovano ad affrontare problemi più grandi di loro intraprendendo un viaggio reale dall'Africa al "Paese dei balocchi". il loro viaggio diventa un'odissea attraverso le insidie del deserto, gli orrori dei centri di detenzione in Libia, i pericoli del mare e, spesso, la morte. I due cugini sono alla ricerca di un sogno da realizzare. Seydou e Moussa hanno una famiglia che li ama, una vita semplice: scuola, amici e social. La famiglia di Seydou non è proprio povera. Fratelli e sorelle dormono nella stessa stanza, ma lui e la sorellina sono felici. Le ragazzine lo adorano e la mamma anche. Lui va a scuola, fa rap con gli amici e le amiche, suona alle feste dove la madre e le ragazze ballano scatenate. Lo stesso per il cugino, eppure hanno deciso di andarsene alla ricerca di un sogno da realizzare. Per un giovane italiano che volesse realizzare il suo "sogno nel cassetto" basta prendere un volo low cost o di linea intercontinentale e atterrare in qualche metropoli europea-americana-asiatica; per questi giovani invece, il campo di crescita e maturazione umana li porta a scegliere di fare un viaggio spesso mortale nella prospettiva di una vita migliore. Per questo "Io Capitano" ci fa trasalire, ci dà uno scossone emotivo così forte da far aprire occhi e cuore a chi non ha ancora riflettuto su quanto, ognuno degli uomini e delle donne che compiono un qualsiasi viaggio di emigrazione, meritano di essere riconosciuti nella loro dignità. Questi meritano di avere un volto, sogni e desideri... e non diventare dei numeri oggetto di statistiche o di insulse chiacchiere giornalistiche o politiche ai limiti del razzismo. Giovani come Seydou e Moussa vanno accolti e sostenuti nel processo d'inclusione dialettica nella società d' accoglienza. I minori diventino soggetti da educare-scolarizzare-formare professionalmente. Diventino figli nostri. Accolti empaticamnte, diventerebbero cittadini ligi al dovere e rispettosi del prossimo. Con "Io Capitano" Garrone racconta una storia reale, concreta, dura dove un ragazzo ingenuo intraprende un viaggio reale e metaforico fedele alle logiche dell'esodo. Gli abusi e le violenze fisiche e psicologiche hanno origine a partire dal continente africano ad opera di trafficanti, polizia e mercenari locali. Il resto è cronaca. L'elicottero della Guardia Costiera è un sospiro di sollievo. Ci rende per un attimo magicamente italiani: "quelli che salvano !" Colpevoli e assolti nello stesso tempo. Garrone ha realizzato un mix perfetto tra realismo e fiaba oscura. Seydou Sarr e Moussa Fall sono due attori sconosciuti nella migliore tradizione del cinema neorealistico italiano. Garrone fa raccontare ai due adolescenti una tragedia immane vista con gli occhi di un semplice uomo comune. I due ragazzi seguono l'impulso incosciente di avventura e curiosità verso il mondo della loro età. Garrone racconta con grazia, poesia, rispetto e la consapevolezza di avere tra le mani il potere di aprire mente e cuore delle persone. Io Capitano è un ottimo film, un capolavoro che non ha bisogno di lunghi dialoghi, grandi scenografie e un cast stellare. Merita un Oscar a Hollywood. VITTORIO STANO
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marcroger
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mercoledì 13 settembre 2023
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capolavoro
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Gran film, sempre credibile, verosimile e coinvolgente. Difficilissimo da girare secondo me, e che sarebbe potuto scivolare nel patetico o nel banale con facilità e invece è un capolavoro
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xerox
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martedì 12 settembre 2023
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niente letteratura, per favore!
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Non mi piace proprio per niente appiccicare dei riferimenti letterari (Lucignolo e Pinocchio, etc. etc.) a un film che personalmente ho visto come un docufilm. Parlando per me stesso: abbiamo 8oomila televisioni e giornali in Italia.... Per capire e avere una rappresentazione del cataclisma IMMIGRAZIONE DALL' AFRICA, c'è voluta solo la sensibilità e la libertà intellettuale di Garrone per visualizzarne solo l'idea.
Personalmente ignoravo quasi tutta la complessità del viaggio dei due da Dakar alla Sicilia. Penso che peggio di me ci siano solo i politicanti del centrodestra che incentrano tutte le loro campagne elettorali sulla lotta contro gli immigrati, e contro gli scafisti (VEDERE IL FILM!) del globo terracqueo.
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Non mi piace proprio per niente appiccicare dei riferimenti letterari (Lucignolo e Pinocchio, etc. etc.) a un film che personalmente ho visto come un docufilm. Parlando per me stesso: abbiamo 8oomila televisioni e giornali in Italia.... Per capire e avere una rappresentazione del cataclisma IMMIGRAZIONE DALL' AFRICA, c'è voluta solo la sensibilità e la libertà intellettuale di Garrone per visualizzarne solo l'idea.
Personalmente ignoravo quasi tutta la complessità del viaggio dei due da Dakar alla Sicilia. Penso che peggio di me ci siano solo i politicanti del centrodestra che incentrano tutte le loro campagne elettorali sulla lotta contro gli immigrati, e contro gli scafisti (VEDERE IL FILM!) del globo terracqueo. Ogni volta che vedrò in futuro sbarcare questi sopravvissuti a Lampedusa penserò a tante cose... Ringrazio Matteo Garrone per avermi rivelato tante cose che non sapevo e chiudo con una domanda che mi aleggiava intorno alla fine del film: ma si saprà mai quante persone non ce l'hanno fatta in mare e sono morte annegate?
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eugen
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martedì 12 settembre 2023
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anche a me veniva in mente whitman, "o captain",
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Anche a me, con qurl titolo, il richiamo shtitmaniano veniva sempre in mente in subito, ca va de soi.. "O Captain, my captain¡!". Ma il film di Gattone( Matteo, non quelllo del"Cuore"di De Amicis, che ha scritto il film con Paolo Dal Brocco, Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini, Andrea Tagliaferri, 2023), stranamente alieno(per essere un film made in Italy)da retorica e celebrazionismo(se non si dice, sara' un nerologismo, chissa')racconta con immagini notevolissime, piene di allegorie e di simbolismi(dove l'equilibriio tra le due figure retoriche se tiene in pieno)la vecienda di due cugini sedicenni, che dal Senegal vogliono ve3nire in Europa a cercare fotrtuna, da musisti e poeti quali sono o almeno si credono, Ingannando la madre, uno dei due segue l'altro(o meglio entrambi si convincono , dirmemo cos¿, a vicenda)e intrraprendno il periglioso viaggio, pieno di fronitere da valicare, finendo anche in mano alla terribile mafia libica.
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Anche a me, con qurl titolo, il richiamo shtitmaniano veniva sempre in mente in subito, ca va de soi.. "O Captain, my captain¡!". Ma il film di Gattone( Matteo, non quelllo del"Cuore"di De Amicis, che ha scritto il film con Paolo Dal Brocco, Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini, Andrea Tagliaferri, 2023), stranamente alieno(per essere un film made in Italy)da retorica e celebrazionismo(se non si dice, sara' un nerologismo, chissa')racconta con immagini notevolissime, piene di allegorie e di simbolismi(dove l'equilibriio tra le due figure retoriche se tiene in pieno)la vecienda di due cugini sedicenni, che dal Senegal vogliono ve3nire in Europa a cercare fotrtuna, da musisti e poeti quali sono o almeno si credono, Ingannando la madre, uno dei due segue l'altro(o meglio entrambi si convincono , dirmemo cos¿, a vicenda)e intrraprendno il periglioso viaggio, pieno di fronitere da valicare, finendo anche in mano alla terribile mafia libica. Si va dai valli e dai canti in Senegal(peraltro bellisismi)al dramma, che sfocera'in un esito positivo, da parte dei due "eroi"per intraprendenza e coraggio/spirito d''nziativia, fiche', nel subdfinale, uno dei due(quello ancora"intero", non ferito)dovra'guidare lui stesso una grossa nave trasportante donne incinte, bambini e altro ancora, fino ad approdare8peraltro con scarso ausilio delle autoita'portuali maltesi e forse anche italiane)in Sicilia-EUropa. Di bruciante attualita', con quanto accennato sopra(tra allegorie e simbolismi, con le famsoe sequenze, della donna che vola...), il film e'ttuttavia anche intelligentemente"realsitico"(Ma qui sul concetto di"realismO"e anche di"realta'"possiamo avere e formulare molte differenti ipotesi), mostrando patimenti(chatiments tre's terrestres, viene da dire), sofferenze inflitte da criminali"legalI")o comunque non puniti)ai nostri due "eroi". Certo il fi,m ha anche, evidentemente, finalita'"poltitiche", se intendimao lato sensu il temrine... Girato in parte in francese(per fortuna)ma anche in wolof(per fortuna sottotitolato, altrimenti....), il film si avvale di due straordinari interpreti, come Seydou Sarr e Moustaphla Fall, ma in genere di un'e'quipe attorale di prim'oridine, "IO Capitano"merita di essre visto e rivisto cosa che per un film italiano non avveniva da vario tempo... Eugen
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imperior max
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lunedì 11 settembre 2023
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un invito a riflettere quando la prossima volta vedremo uno sbarco a lampedusa...!
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Ora ora nelle sale, IO CAPITANO di Matteo Garrone.
Seydou e Moussa, due cugini senegalesi, affrontano un’odissea nel Nord Africa per arrivare in Italia tra lunghe attraversate nel deserto, circostanze abbastanza fortuite, cavilli poco ortodossi e malavita. Solo che a differenza di Ulisse, noto navigatore, stratega, sovrano e soldato, Seydou è un semplice sedicenne pieno di sogni che si caricherà di responsabilità e incontrerà difficoltà talmente grandi da far riflettere i suoi coetanei europei. E non solo loro, caro Matteo Salvini…!
Al solito Garrone gira in modo ineccepibile, tanti campi larghi che esaltano il panorama africano, una fotografia calda che esalta l’ambientazione e l’atmosfera, dei bei primi piani sui personaggi che anche solo con le immagini riescono a dar loro una buona caratterizzazione.
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Ora ora nelle sale, IO CAPITANO di Matteo Garrone.
Seydou e Moussa, due cugini senegalesi, affrontano un’odissea nel Nord Africa per arrivare in Italia tra lunghe attraversate nel deserto, circostanze abbastanza fortuite, cavilli poco ortodossi e malavita. Solo che a differenza di Ulisse, noto navigatore, stratega, sovrano e soldato, Seydou è un semplice sedicenne pieno di sogni che si caricherà di responsabilità e incontrerà difficoltà talmente grandi da far riflettere i suoi coetanei europei. E non solo loro, caro Matteo Salvini…!
Al solito Garrone gira in modo ineccepibile, tanti campi larghi che esaltano il panorama africano, una fotografia calda che esalta l’ambientazione e l’atmosfera, dei bei primi piani sui personaggi che anche solo con le immagini riescono a dar loro una buona caratterizzazione. E’ tutto in lingua senegalese con i sottotitoli, ad eccezione di alcune parole in lingue locali ed ovviamente in italiano. Un montaggio ben gestito dove fa’ scorrere bene le due ore di durata. La parte finale, fin dall’inizio, ha un crescendo via via sempre più grande di ansia, specie se non si ha la patente nautica e un barcone decente…
La storia segue molto il punto di vista di Seydou, di come vede il suo paese natale, di come viene a sapere le storie sull’Europa dalle parole degli adulti insieme agli insegnamenti e alle usanze locali e di come vive di speranze e nostalgia attraverso un paio di momenti onirici ben inscenati. Attraverso il viaggio si vedono due aspetti dell’umanità. Dal lato negativo della mafia libanese che fa’ soldi con gli scafisti e la tratta degli schiavi, la legge del più forte dove chi rimane indietro a malincuore viene abbandonato e chi ha più soldi, spesso e volentieri, direttamente o meno, è grazie ai migranti.
Di contro e quasi a ribaltare, il lato positivo brilla molto come la solidarietà, una fratellanza dove uno aiuta l’altro senza chiedere nulla in cambio, lottando fino alla fine tutti insieme, un legame “padre e figlio” molto ben raccontato, il sacrificio e il duro lavoro per perseguire degli obiettivi di vita laddove non si ha nulla da perdere. Curiosamente ci sono momenti allegri ed ironici molto sottili con battute pressoché memorabili, complice forse Massimo Ceccherini che, insieme a Garrone, scrive la sceneggiatura.
Forse si poteva spingere con più cattiveria e realismo per come vediamo le tante storie di sbarchi, specie quelle andate peggio. Ma forse questa era una delle tante andata meglio e anche se in modo più fanciullesco del solito, qualcuno doveva pur raccontarla una volta arrivato a Lampedusa.
Visione obbligata, dato che qua in Europa ultimamente sappiamo raccontare molto meglio degli americani le storie di chi non è bianco senza fare i politicamente corretti.
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