martin
|
lunedì 2 ottobre 2023
|
il cinema che fa bene all''anima
|
|
|
|
Una storia che ci prende in braccio e ci riporta alla nostra dimensione profonda di adolescenti disobbedienti, di audaci sognatori, con lo stile di un documentario, e ti culla fino alla fine tra le onde del mare.
Un film meraviglioso che ci riporta al CINEMA, a commuoverci, a stupirci, a lasciarci andare, che ci ricorda che la vita è cammino e sofferenza.
Grazie Matteo Garrone!
|
|
[+] lascia un commento a martin »
[ - ] lascia un commento a martin »
|
|
d'accordo? |
|
telor
|
sabato 30 settembre 2023
|
via crucis
|
|
|
|
Un film-documento nel quale il dramma dei migranti, peraltro delineato senza immagini violente anzi a volte poetiche, descrive la contemporanea “via crucis” che quotidianamente percorrono gli indigenti del mondo.
|
|
[+] lascia un commento a telor »
[ - ] lascia un commento a telor »
|
|
d'accordo? |
|
chiara
|
sabato 30 settembre 2023
|
spero nell’oscar!
|
|
|
|
Un film toccante, che ci racconta una realtà che a volte non conosciamo, o non vogliamo conoscere. Questo film, soprattutto in un periodo in cui si parla tanto di migranti, dovrebbe essere visto da tutti, con conseguente riflessione. Non dimentichiamo mai che noi per primi siamo emigrati per tanti anni, per scappare dalla dura realtà del dopoguerra.
|
|
[+] lascia un commento a chiara »
[ - ] lascia un commento a chiara »
|
|
d'accordo? |
|
maddalena messeri
|
venerdì 29 settembre 2023
|
una moderna odissea che parla al nostro cuore
|
|
|
|
E’ molto complicato tradurre a parole le emozioni che “Io Capitano”, il nuovo film di Matteo Garrone, porta con sé. Ma una recensione ha ancora un senso, è proprio quello di aiutare lo spettatore a capire, scegliere, di incuriosirlo senza svelare troppo. Dunque incamminiamoci insieme in questo percorso, che è iniziato in sala (il film è appena uscito) e che passando da queste pagine arriva fino a voi. Sei un ragazzo, hai sedici anni, vivi in Senegal e con tuo cugino non vedi l’ora di scappare. Una casa ce l’hai, l’amore della tua mamma e delle tue sorelle anche, vai a scuola, hai poco ma non ti manca nulla. C’è però un richiamo forte con cui sei cresciuto e che arriva incessantemente attraverso la tv, la radio, il tuo smartphone e si chiama Occidente.
[+]
E’ molto complicato tradurre a parole le emozioni che “Io Capitano”, il nuovo film di Matteo Garrone, porta con sé. Ma una recensione ha ancora un senso, è proprio quello di aiutare lo spettatore a capire, scegliere, di incuriosirlo senza svelare troppo. Dunque incamminiamoci insieme in questo percorso, che è iniziato in sala (il film è appena uscito) e che passando da queste pagine arriva fino a voi. Sei un ragazzo, hai sedici anni, vivi in Senegal e con tuo cugino non vedi l’ora di scappare. Una casa ce l’hai, l’amore della tua mamma e delle tue sorelle anche, vai a scuola, hai poco ma non ti manca nulla. C’è però un richiamo forte con cui sei cresciuto e che arriva incessantemente attraverso la tv, la radio, il tuo smartphone e si chiama Occidente. Ami tutto ciò che l’Europa rappresenta, per questo il tuo futuro lo immagini lì. E lo sogni forte, con l’ingenuità di un bimbo, proiettandoti in un’immagine irreale: vuoi diventare famoso, un rapper o un calciatore, vuoi essere ricco e libero e pensi che questo possa accadere solo una volta arrivato in Italia. Non importa se ti dicono che stai sbagliando, non importa se provano a disilluderti. Tu vuoi partire. E lo fai, zaino in spalla e via. Così, dalla scelta avventata di due adolescenti di Dakar, nasce una moderna Odissea, un viaggio all’inferno raccontato in uno dei più intensi film realizzati in Italia negli ultimi anni. Perché grazie alla storia di Seydu, così si chiama il protagonista dagli occhi liquidi di “Io Capitano”, entriamo in un deserto umano di sabbia e violenza, un labirinto di vento senza scorciatoie, da attraversare con indosso solo una maglietta da calcio logora e un paio Nike. La contraddizione di due mondi, Africa e globalizzazione, sta anche in questi piccoli dettagli. Il punto di vista si ribalta, noi che nei decenni abbiamo visto gli arrivi dei profughi sui barconi, assuefatti dai notiziari che elencano gli sbarchi - echeggiano ormai vuote nelle nostre case le parole dei TG: “Lampedusa, nella notte arrivati in 130” - ora possiamo vedere che dietro a quel numero ci sono delle persone, con la loro valigia di dolore e speranze. Per questo “Io Capitano” è un film coraggioso, perché senza pietismi scava nella realtà, nelle esperienze vissute in presa diretta dai migranti. E perché anche grazie alle inaspettate incursioni oniriche, come zucchero a velo su una torta al cioccolato, ci offre un racconto che parla direttamente alla nostra anima. Quello che Vittorio De Sica ha fatto con “Ladri di Biciclette”, quello che Roberto Rossellini ha fatto con “Roma Città Aperta”, Garrone l’ha fatto con “Io Capitano”. E non stupisce che alla proiezione al Festival di Venezia sia stato osannato, perché finalmente questo film dà uno scossone al cinema italiano, tenendoci incollati al seggiolino con una storia universale, una via crucis in lingua wolof che non lascia spazio a scroll sul cellulare. “Il 70% degli africani sono giovani e hanno il legittimo desiderio di migliorare la loro vita, essere liberi di circolare così come io da ragazzo volevo andare in America. E' un fatto di giustizia: perché ai loro coetanei europei è permesso andare in Senegal in aereo e loro al contrario devono affrontare un viaggio della speranza senza sapere se arriveranno vivi? C'è un tema di libertà, di libertà di circolazione e di giustizia” ha commentato il regista Matteo Garrone. Ora una domanda sorge spontanea: può un film così forte sensibilizzarci, cambiare il nostro immaginario collettivo? Può un film spiegare ai governi più reazionari che questi migranti stanno affrontando in silenzio una moderna Shoah e che hanno bisogno di aiuto e non di porti chiusi? Può un film aprire gli occhi della comunità internazionale? Risposta facile non c’è, l’unica certezza dopo aver visto “Io Capitano” è che ad ogni vita persa nel Sahara, nei lager libici, ad ogni morto nel Mediterraneo, penseremo all’avventura di Seydu e Moussa. E non saranno più morti anonimi ma macigni sulla coscienza. Di tutti.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a maddalena messeri »
[ - ] lascia un commento a maddalena messeri »
|
|
d'accordo? |
|
stefano lucchi
|
lunedì 25 settembre 2023
|
mitologico
|
|
|
|
Consiglio il film a tutti, adulti, bambini, donne incinte, elettori di destra e di sinistra, è un balsamo sensibilizzante di cui c’è bisogno, condito di poca retorica e scarsa politica. Il tema è il viaggio, non se sia giusto o sbagliato, o cosa bisognerebbe fare o non fare. È un viaggio complicato, pericoloso e per certi versi assurdo. I protagonisti lo sanno bene e quello che sfugge, più che altro, a noialtri oltremare, è il motivo, sia nel film che nella realtà. Restando sul film, infatti, i nostri a casa loro vivono in fondo una povertà dignitosa e una socialità che qua da noi ormai è estinta, sempre meglio che imboccare una via ormai lastricata di cadaveri, chi glielo fa fare?! Eppure, non abbiamo scelta, si dicono l’un l’altro prima della partenza, è impossibile non partire, pur dovendo forse morire.
[+]
Consiglio il film a tutti, adulti, bambini, donne incinte, elettori di destra e di sinistra, è un balsamo sensibilizzante di cui c’è bisogno, condito di poca retorica e scarsa politica. Il tema è il viaggio, non se sia giusto o sbagliato, o cosa bisognerebbe fare o non fare. È un viaggio complicato, pericoloso e per certi versi assurdo. I protagonisti lo sanno bene e quello che sfugge, più che altro, a noialtri oltremare, è il motivo, sia nel film che nella realtà. Restando sul film, infatti, i nostri a casa loro vivono in fondo una povertà dignitosa e una socialità che qua da noi ormai è estinta, sempre meglio che imboccare una via ormai lastricata di cadaveri, chi glielo fa fare?! Eppure, non abbiamo scelta, si dicono l’un l’altro prima della partenza, è impossibile non partire, pur dovendo forse morire. La dimensione di questa impossibilità è mitico-religiosa, non ha nulla di pragmatico, il film è costruito attorno a questa percezione, contrappuntata da vari episodi. Come non avevano scelta i cristiani delle origini, se vogliamo, scendendo nelle fosse tra i leoni, o i martiri di Allah, più di recente, nel farsi esplodere in pubblico. Il “Viaggio” è ormai un mito fondativo, oggi tra le genti dell’Africa, uno psicoide implacabile, per dirla con Jung. Il dolore e l’ingiustizia da cui si va via, non sono meno reali, certo, ma nel film di Garrone restano sottotraccia, volutamente, per centrare il vero obbiettivo. I miti sono sempre il vero motore dell’agire umano, c’è poco da fare, poco importa se abbiano a tema il ritorno al focolare di Itaca o l’attivazione di un account su Amazon.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a stefano lucchi »
[ - ] lascia un commento a stefano lucchi »
|
|
d'accordo? |
|
mauridal
|
domenica 24 settembre 2023
|
un sogno lungo un viaggio vero
|
|
|
|
IO CAPITANO. Regia di Matteo Garrone. Un film con Seydou Sarr, Moustapha Fall. Quando un film pur narrando una storia reale , fatti tratti da una realtà storica o addirittura di cronaca contemporanea, ma al contempo si distacca dalla semplice documentazione per immagini , per entrare in un racconto con un punto di vista preciso , allora il film Io Capitano di Matteo Garrone, ha sicuramente aderito ai canoni di un linguaggio verista per raccontare la storia dei due ragazzi , Seydou e Moussa, nati in Senegal a Dakar, che con la gioventù dei sedici anni possono immaginare e fantasticare di essere famosi nella musica , su you tube o TIK TOK , non lì , dove vivono , in famiglia , ma in Europa , Francia Italia, che conoscono attraverso i social, e la TV.
[+]
IO CAPITANO. Regia di Matteo Garrone. Un film con Seydou Sarr, Moustapha Fall. Quando un film pur narrando una storia reale , fatti tratti da una realtà storica o addirittura di cronaca contemporanea, ma al contempo si distacca dalla semplice documentazione per immagini , per entrare in un racconto con un punto di vista preciso , allora il film Io Capitano di Matteo Garrone, ha sicuramente aderito ai canoni di un linguaggio verista per raccontare la storia dei due ragazzi , Seydou e Moussa, nati in Senegal a Dakar, che con la gioventù dei sedici anni possono immaginare e fantasticare di essere famosi nella musica , su you tube o TIK TOK , non lì , dove vivono , in famiglia , ma in Europa , Francia Italia, che conoscono attraverso i social, e la TV. Dunque con la stessa leggerezza e ingenua fantasia, pensano di partire, in un viaggio verso una meta solo fantasticata l’Europa. Cosa c’è di vero in questo. C’è tutto il dramma della fuga, dell’emigrazione, di intere giovani generazioni dai luoghi di nascita, come l’Africa, ma anche da luoghi come l’Asia o la stessa Europa verso l’America, un fatto che coinvolge i giovani per la voglia di cambiamento, ma che coinvolge anche intere popolazioni di vari paesi per la povertà, la fame e le guerre in atto. Una migrazione che è in corso da decenni nel mondo, e gli Stati europei, africani, americani come gli asiatici, non riescono a risolvere per gli enormi conflitti economici, per uno sviluppo troppo dispari tra poveri e ricchi, per una politica inefficiente. Tutto questo il film non lo affronta, perché il regista sceglie un altro punto di vista, dicevo, ovvero quello dei due giovani, ragazzi cugini, che pur avendo a Dakar il minimo per vivere con le famiglie , hanno un sogno da realizzare, il successo in Europa. Una scelta, questa del film di Garrone che condivido, perché non è un film documentario sulle politiche migratorie che noi pubblico ogni giorno seguiamo con le tragedie degli sbarchi, con le immagini della TV dei barconi e delle barche piene di migranti tutti provenienti dall’Africa verso le coste italiane, le prime dell’Europa. Questo film cambia prospettiva, ci rende con le immagini di un bel racconto, una storia vera, il viaggio dei due ragazzi verso la speranza di un felice cambiamento. Tuttavia la realtà è di una durezza spietata , la vera realtà dei viaggi di tutti i migranti , è terribile, fatta di fatiche e violenze fisiche, di stenti , e come nel film viene narrato di un ferocia di altri uomini , che sfruttano e approfittano della gente che parte , anche se tutti africani come loro, ma solo con un potere della forza in più , le armi , gli apparati dello stato che li appoggia , spesso feroci dittature. I due ragazzi, Seydou , specialmente, viene scoraggiato dal partire dalla madre e da chi conosce i pericoli ma loro due di nascosto partono per raggiungere ad ogni costo L’Europa. Dunque, il film sviluppa tutte le terribili vicende che il viaggio riserva loro. Garrone non risparmia lo spettatore sulla terribilità del verismo rappresentato, scene che pesano sulla coscienza di tutti, e che tutti gli spettatori del film, avranno modo di ricordare. Ciò nonostante il regista riesce a tradurre tutto anche in un linguaggio dell’immaginario, le visioni e i sogni dei due ragazzi a confronto con le morti nel deserto o nei trasferimenti a piedi o nei furgoni tra Senegal Algeria e Libia i paesi interessati, al passaggio fino agli imbarchi sul mare. La Storia qui si concentra sul personaggio di Seydou, che da ragazzo ingenuo e incredulo, viene scelto dai trafficanti e dagli scafisti che organizzano i viaggi, come colui che dovrà guidare il barcone pieno di uomini e donne fino alle coste italiane. Seydou è costretto ad accettare , pur di partire ma al cospetto di quella gente che dovrà portare verso la salvezza, diventa un giovane forte e responsabile, Le immagini del viaggio in mare pur essendo crude e drammatiche, cambiano senso , non rappresentano la ferocia o la brutale violenza umana, ma un viaggio in un mare che contrariamene alle tempeste e ai naufragi, della cronaca, consente alla barca di navigare fino alle coste della Sicilia grazie anche alla tenacia e alla convinzione del giovane ormai maturo ,Seydou, che ha portato in salvo tutto il carico umano che aveva con sé. Un film con due giovani interpreti, non attori veri ma personaggi realistici, che iI regista ha saputo guidare per tutto il film e che, insieme alla fotografia e alle scene dalle più fantastiche alle più feroci, fanno di questo film un esempio di cinema di autore di grande qualità e spessore da annoverare nel grande cinema italiano. (Mauridal)
[-]
|
|
[+] lascia un commento a mauridal »
[ - ] lascia un commento a mauridal »
|
|
d'accordo? |
|
massimiliano
|
venerdì 22 settembre 2023
|
io capitano. film da non perdere.
|
|
|
|
Bellissimo... Trasmette molte emozioni... Tenerezza, speranza, rabbia, paura, terrore, fiducia e determinazione... Il protagonista ha realizzato un'ottima interpretazione...
|
|
[+] lascia un commento a massimiliano »
[ - ] lascia un commento a massimiliano »
|
|
d'accordo? |
|
johnny1988
|
giovedì 21 settembre 2023
|
l''odissea fiabesca di seydou
|
|
|
|
IO CAPITANO (M.Garrone, 2023) ***½
Per il suo undicesimo film, Garrone torna al suo cinema delle origini e al tema dell'esodo.
Il soggetto trae ispirazione dalle visite del regista ai centri di accoglienza di Catania e dagli incontri con Kouassi Pli Adama Mamadoum e Fofana Amara, che nel film diventano i protagonisti della storia. Una storia verosimile (e vera) che si afferma in un momento storico (e politico) terribilmente urgente, che accende inevitabilmente gli animi e le coscienze collettivi, specialmente perché il film rivolge al pubblico occidentale il tema pruriginoso dell'accoglienza e del sentimento di immedesimazione.
[+]
IO CAPITANO (M.Garrone, 2023) ***½
Per il suo undicesimo film, Garrone torna al suo cinema delle origini e al tema dell'esodo.
Il soggetto trae ispirazione dalle visite del regista ai centri di accoglienza di Catania e dagli incontri con Kouassi Pli Adama Mamadoum e Fofana Amara, che nel film diventano i protagonisti della storia. Una storia verosimile (e vera) che si afferma in un momento storico (e politico) terribilmente urgente, che accende inevitabilmente gli animi e le coscienze collettivi, specialmente perché il film rivolge al pubblico occidentale il tema pruriginoso dell'accoglienza e del sentimento di immedesimazione.
I due uomini, che oggi vivono in Europa e si sono ricostruiti una vita dopo aver compiuto il lungo viaggio dalla Costa d'Avorio alla Sicilia, soggetti ispiratori del film, vengono incarnati dai giovanissimi Seydou Sarr Seydou (premio Marcello Mastroianni al festival di Venezia) e Moustapha Fall, che mantengono i loro nomi originali nella sceneggiatura.
I due cugini, nel film, sono due giovani entusiasti (e ingenui) accomunati da quello che potremmo chiamare "sogno europeo", spinti dalle influenze globalizzanti di successo e riscatto sociale, che si spingono oltre i confini geografici (e umani) fino ad approdare violentemente nella vita adulta,
Garrone sceglie la formula a lui più cara, la fiaba, per trasfigurare una storia di cronaca "classica" in una storia dai contorni surreali ed epici e per offrire uno spunto di riflessione di attualità (e di emergenza) senza giudizio paternalistico.
Una fluidissima e sentitissima prova "verista" volutamente anti - strappalacrime, che potrebbe (e dovrebbe) ammorbidire il cinismo e la coriacetà xenofoba di un mondo (quello occidentale) che filtra il messaggio ecumenico a suo piacimento e aggira comodamente la carta dei diritti umani (vedi ora la crisi degli sbarchi e la deviazione di rotta proposta da una corposa porzione della UE).
Il film è una di quelle opere antologiche che tutti dovrebbero vedere, ad ogni età, sul viaggio di un "eroe" (eroe in termini più letterali che metaforici) che ha già avuto spazio altrove e in passato di raccontarsi (Enaiatollah Akbari, per esempio), ma che non ha esaurito le sue frecce.
E anche questa centra il bersaglio in pieno.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a johnny1988 »
[ - ] lascia un commento a johnny1988 »
|
|
d'accordo? |
|
angelo umana
|
giovedì 21 settembre 2023
|
uno su mille ce la fa
|
|
|
|
Caro Matteo Garrone, grazie da tutti noi che stiamo in una presunta Gabbia Dorata (o A Jaula de Oro, come si chiamava il film di Diego Quemada Diaz del 2013, su tre ragazzi guatemaltechi che fuggivano dal loro Paese per raggiungere la “dorata” Los Angeles in cerca di un futuro migliore), grazie per averci fatto vedere da vicino e toccar con mano la pericolosa odissea che vivono tutti i richiedenti asilo o rifugiati provenienti dall'Africa o da altrove. Rischiano la vita per mano di presunte autorità o predoni in cerca di denaro, siti ad ogni frontiera vera o artificiale pur di arrivare in Libia o Tunisia (dal Marocco per la Spagna un po' meno) ed imbarcarsi per l'agognata Lampedusa, così attuale ai nostri giorni.
[+]
Caro Matteo Garrone, grazie da tutti noi che stiamo in una presunta Gabbia Dorata (o A Jaula de Oro, come si chiamava il film di Diego Quemada Diaz del 2013, su tre ragazzi guatemaltechi che fuggivano dal loro Paese per raggiungere la “dorata” Los Angeles in cerca di un futuro migliore), grazie per averci fatto vedere da vicino e toccar con mano la pericolosa odissea che vivono tutti i richiedenti asilo o rifugiati provenienti dall'Africa o da altrove. Rischiano la vita per mano di presunte autorità o predoni in cerca di denaro, siti ad ogni frontiera vera o artificiale pur di arrivare in Libia o Tunisia (dal Marocco per la Spagna un po' meno) ed imbarcarsi per l'agognata Lampedusa, così attuale ai nostri giorni.
Sappi che non chiamerei “caro” nessuno dei due altri Matteo che circolano nelle nostre stanze pubbliche, due “ominicchi” così sicuri di sé come tanti altri che manteniamo, con la risposta o la soluzione pronta ad ogni problema da risolvere, dichiarano istruiscono e danno mandato dai loro pulpiti perché il popolino o le autorità sottostanti provvedano ed eseguano. Sei caro anche perché ho letto che dipingi, sei un pittore “che non vende quadri, dipingo soltanto l'amore che vedo” cantavano i Giganti in illo tempore, come un pittore o artista dà amore ai suoi quadri e alle sue opere. Indimenticabili altri tuoi lavori (Il Caimano, Gomorra, Pranzo di ferragosto, Dogman quelli che ricordo).
E c'è amore ad inizio film nelle famiglie dei due ragazzi senegalesi che sognano di espatriare nel nostro “paradiso” e poi magari in paradisi più a nord, più ricchi e meglio attrezzati visto che anche Lampedusa o l'Italia stessa sono in una gabbia, dorata per alcuni, di rame per molti altri anche già residenti. C'è amore e vita comunitaria nel loro villaggio da cui vogliono fuggire, le loro mamme non sanno e non vorrebbero, nulla sembra mancare in quei posti, c'è aiuto tra gli abitanti, ci sono affascinanti canti e balli d'immagine “stregonesca”. Da uno stregone si consultano, che dica loro la sorte del loro viaggio: è, il responso dell'”esperto” che parla coi morti o con gli dei in cambio dei loro risparmi, di buona sorte, “avranno successo”. Poco importa che un commerciante li cacci via sconsigliando qualsiasi viaggio altrove, dove di meglio non accade: loro vogliono partire!
Il tuo film, caro Matteo, ha anche del documentario, ad ogni tratto del loro risalire l'Africa dal Senegal ci sono pedaggi da pagare e violenze da soffrire, muore chi resta indietro nel deserto e poco importano le evasioni fantastiche che immagina Seydou, il “Capitano”, che perderà il suo amico e poi lo ritroverà. Ci hai mostrato la fatica e i pericoli che corrono i poveri del mondo, e chissà perché Piantedosi (“onorevole” ?) s'interrogava, sui disperati che lasciano il proprio Paese per affrontare viaggi dopo i quali “uno su mille ce la fa”.
Grazie del tuo lavoro, e grazie pure per la favola che regali a noi e al tuo Capitano alla fine del film, che è una favola vera dato che un tuo amico che gestisce un centro di accoglienza ti raccontò di un ragazzo minorenne, Fofana Amara, che aveva portato in salvo centinaia di persone su un'imbarcazione partita dalla Libia.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a angelo umana »
[ - ] lascia un commento a angelo umana »
|
|
d'accordo? |
|
carlo santoni
|
mercoledì 20 settembre 2023
|
ma non è un’odissea, non è una anabasi
|
|
|
|
Sotto l’impulso di certe dichiarazioni dell’ottimo Garrone, ecco che nei loro commenti quasi tutti declinano la storia narrata nel film “come fosse un’odissea”. Ma non lo è, non lo è affatto: Seydou e Moussa non stanno cercando la strada per tornare a casa dopo tante peripezie, anche se sul finale Moussa parrebbe incline a farlo, al contrario, stanno cercando di fuggire quanto più lontano da casa, di scappare in un mondo sconosciuto e certissimamente diverso da quello natale, per lo meno nella loro immaginazione. Lo si può definire “Odissea” per via che le avventure vissute sono tante, alcune dolci, la maggior parte dolorose, a volte terribili, proprio come capitò a Ulisse, ma il senso del viaggio dei due senegalesi è assolutamente opposto: nessuna anabasi dopo tante peripezie, nessun ritorno a, invece fuggire comunque da.
[+]
Sotto l’impulso di certe dichiarazioni dell’ottimo Garrone, ecco che nei loro commenti quasi tutti declinano la storia narrata nel film “come fosse un’odissea”. Ma non lo è, non lo è affatto: Seydou e Moussa non stanno cercando la strada per tornare a casa dopo tante peripezie, anche se sul finale Moussa parrebbe incline a farlo, al contrario, stanno cercando di fuggire quanto più lontano da casa, di scappare in un mondo sconosciuto e certissimamente diverso da quello natale, per lo meno nella loro immaginazione. Lo si può definire “Odissea” per via che le avventure vissute sono tante, alcune dolci, la maggior parte dolorose, a volte terribili, proprio come capitò a Ulisse, ma il senso del viaggio dei due senegalesi è assolutamente opposto: nessuna anabasi dopo tante peripezie, nessun ritorno a, invece fuggire comunque da. Ad ogni costo. Il film lo direi più simile ad una Via Crucis, con tutte le sue terribili stazioni, che non ad una Odissea, anche se alla fine nessuno sarà messo in croce, tantomeni i ladroni.
È poi con ogni evidenza la trasposizione filmica di una sceneggiatura che funziona come romanzo di formazione, che attraverso le peripezie e la crescita di due giovani ragazzi, mostra gli orrori di un’epoca e di un mondo: esattamente il nostro, “democratico”, occidentale e, ça va sans dire, proprio per questo profondamente spietato, razzista.
Massimo merito di questo film di Garrone, a mio parere, il funzionare come lucida denuncia. La denuncia dell’inferno che devono attraversare i migranti sub-sahariani, per raggiungere l’inferno italiano: il tutto senz’alcun Virgilio che gli dia una dritta; messaggio potentissimo, che scuote le coscienze: quando da Minniti in poi l’estrema destra razzista e neocolonialista chiede, come allora e come oggi, che i traffici dei migranti debbano essere fermati in terra d’Africa, specificamente in Libia, cioè prima di urtare con le loro avventure marinare destinate al naufragio le nostre delicate coscienze mentre siamo seduti a cena, ecco, dovremmo essere consapevoli che ciò significherebbe dirottare fiumane di esseri umani nelle mani dei carnefici spietati e degli schiavisti che il film ci mostra.
Ottime la fotografia e la colonna sonora, magari entrambe un po’ troppo patinate. Bravi i giovani interpreti.
Se c’è un difetto, sta proprio nel suo nitore. Le splendide immagini del deserto, a metà tra un documentario “National Geographic” e “Lawrence d’Arabia”, possono far perdere di vista il cuore tragico del problema; così come l’ottimismo sempre presente, nonostante tutte le peripezie, potrebbe far pensare ad una intonazione edificante da romanzo dickensiano o d’appendice. I toni più scabri alla “Dogman” non avrebbero guastato.
Ma, insomma, ancora una volta complimenti Garrone!
Sotto l’impulso di certe dichiarazioni dell’ottimo Garrone, ecco che nei loro commenti quasi tutti declinano la storia narrata nel film “come fosse un’odissea”. Ma non lo è, non lo è affatto: Seydou e Moussa non stanno cercando la strada per tornare a casa dopo tante peripezie, anche se sul finale Moussa parrebbe incline a farlo, al contrario, stanno cercando di fuggire quanto più lontano da casa, di scappare in un mondo sconosciuto e certissimamente diverso da quello natale, per lo meno nella loro immaginazione. Lo si può definire “Odissea” per via che le avventure vissute sono tante, alcune dolci, la maggior parte dolorose, a volte terribili, proprio come capitò a Ulisse, ma il senso del viaggio dei due senegalesi è assolutamente opposto: nessuna anabasi dopo tante peripezie, nessun ritorno a, invece fuggire comunque da. Ad ogni costo. Il film lo direi più simile ad una Via Crucis, con tutte le sue terribili stazioni, che non ad una Odissea, anche se alla fine nessuno sarà messo in croce, tantomeni i ladroni.
È poi con ogni evidenza la trasposizione filmica di una sceneggiatura che funziona come romanzo di formazione, che attraverso le peripezie e la crescita di due giovani ragazzi, mostra gli orrori di un’epoca e di un mondo: esattamente il nostro, “democratico”, occidentale e, ça va sans dire, proprio per questo profondamente spietato, razzista.
Massimo merito di questo film di Garrone, a mio parere, il funzionare come lucida denuncia. La denuncia dell’inferno che devono attraversare i migranti sub-sahariani, per raggiungere l’inferno italiano: il tutto senz’alcun Virgilio che gli dia una dritta; messaggio potentissimo, che scuote le coscienze: quando da Minniti in poi l’estrema destra razzista e neocolonialista chiede, come allora e come oggi, che i traffici dei migranti debbano essere fermati in terra d’Africa, specificamente in Libia, cioè prima di urtare con le loro avventure marinare destinate al naufragio le nostre delicate coscienze mentre siamo seduti a cena, ecco, dovremmo essere consapevoli che ciò significherebbe dirottare fiumane di esseri umani nelle mani dei carnefici spietati e degli schiavisti che il film ci mostra.
Ottime la fotografia e la colonna sonora, magari entrambe un po’ troppo patinate. Bravi i giovani interpreti.
Se c’è un difetto, sta proprio nel suo nitore. Le splendide immagini del deserto, a metà tra un documentario “National Geographic” e “Lawrence d’Arabia”, possono far perdere di vista il cuore tragico del problema; così come l’ottimismo sempre presente, nonostante tutte le peripezie, potrebbe far pensare ad una intonazione edificante da romanzo dickensiano o d’appendice. I toni più scabri alla “Dogman” non avrebbero guastato.
Ma, insomma, ancora una volta complimenti Garrone!
[-]
|
|
[+] lascia un commento a carlo santoni »
[ - ] lascia un commento a carlo santoni »
|
|
d'accordo? |
|
|