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Monica, Pallaoro racconta magistralmente il progressivo e dolente riavvicinamento tra una madre e la figlia

Il regista trentino non imita ma si accosta alla poetica e all’estetica di Xavier Dolan, girando il suo film in 4/3 per concentrare l’osservazione sui volti, sui corpi e sui gesti più che sulle parole. In Concorso a Venezia 79 e da oggi al cinema.
di Giancarlo Zappoli

sabato 3 settembre 2022 - Mostra di Venezia

La californiana Monica torna dopo molti anni nella casa in cui la madre viene accudita da una badante, dal fratello e dalla cognata. Il rientro non è facile perché un tempo la madre l'aveva allontanata da sé per un motivo che non viene rivelato esplicitamente.

Andrea Pallaoro si rivela un maestro nell'avvicinamento progressivo ad un personaggio raccontandolo grazie a dettagli che si assommano formando tessera dopo tessera un puzzle dell'animo. 

In questo film, girato in 4/3 per concentrare l'osservazione sui volti, sui corpi e sui gesti più che sulle parole e privo, come è giusto che sia, di una colonna musicale che non abbia una funzione diegetica, Pallaoro non imita ma si accosta alla poetica e all'estetica di Xavier Dolan, con l'esclusione della tensione pronta per esplodere dei film del regista canadese.
 

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