bryan_finley
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sabato 19 febbraio 2022
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i brividi degli anni di piombo
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Resinaro confeziona un buon prodotto, non facile perché gli "anni di piombo" in cui si svolge la vicenda dell'orefice Torregiani sono di per sé un terribile ricordo della nostra storia recente. Il regista è aiutato da un protagonista bravissimo, Francesco Montanari, qua in un ruolo totalmente differente dal "Libanese" della serie Romanzo Criminale. Anzi, esattamente al polo opposto. L'atmosfera che si respira per tutto il film è quella che accompagnava quel triste periodo, un'ansia opprimente subita soprattutto da persone benestanti con un'attività in proprio, come i gioiellieri. A volte però questa atmosfera è eccessiva e può infastidire: a ciò si aggiunge la recitazione modesta di Laura Chiatti (moglie di Torregiani) messa senza dubbio in ombra da Montanari, al quale si può solo rimproverare un accento milanese non proprio perfetto nelle poche occasioni in cui lo sfodera.
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Resinaro confeziona un buon prodotto, non facile perché gli "anni di piombo" in cui si svolge la vicenda dell'orefice Torregiani sono di per sé un terribile ricordo della nostra storia recente. Il regista è aiutato da un protagonista bravissimo, Francesco Montanari, qua in un ruolo totalmente differente dal "Libanese" della serie Romanzo Criminale. Anzi, esattamente al polo opposto. L'atmosfera che si respira per tutto il film è quella che accompagnava quel triste periodo, un'ansia opprimente subita soprattutto da persone benestanti con un'attività in proprio, come i gioiellieri. A volte però questa atmosfera è eccessiva e può infastidire: a ciò si aggiunge la recitazione modesta di Laura Chiatti (moglie di Torregiani) messa senza dubbio in ombra da Montanari, al quale si può solo rimproverare un accento milanese non proprio perfetto nelle poche occasioni in cui lo sfodera. I personaggi secondari sono all'altezza del ruolo anche se si poteva dare più spazio al personaggio del commissario. Le sequenze migliori sono quando il Torregiani vende i suoi prodotti in televisione oppure in negozio. Sfodera una dialettica coinvolgente davanti alla quale l'acquirente non può che accettare. In particolare c'è una splendida disquisizione tra i moderni orologi al quarzo e quelli classici a carica manuale: la cliente ascolta Torregiani e alla fine compra l'orologio più costoso perché lui le spiega: "Il tempo non deve misurare l'uomo, ma è l'uomo che deve misurare il proprio tempo". Solo una piccola imperfezione che sconfina in un "falso storico" di poco conto. L'auto del Torregiani, una Lancia 2000 berlina, è targata MI 51.... , e questa è una targa di Milano degli anni 1963/64, non del 1979 dove sarebbe stato più logico vedere ad esempio MI 45...U, con la lettera già a fine sequenza numerica. È un dettaglio comunque per appassionati che non scalfisce il buon lavoro di regista e interpreti.
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carloalberto
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giovedì 17 febbraio 2022
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la storia, assente ingiustificata
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Fabio Resinaro lambisce un periodo doloroso della nostra Repubblica, ancora controverso e poco o per niente conosciuto dalle nuove generazioni, che sui banchi di scuola imparano tutto delle guerre puniche ma nulla sanno della storia recente del proprio Paese, attraverso la ricostruzione romanzata di uno dei tanti tragici eventi di quegli anni, ma nonostante la parvenza di profondità della sua narrazione, con le riflessioni sul tempo che suggestivamente rinviano agli orologi presenti in molte inquadrature, rimane in superficie, asfitticamente chiuso tra le quattro mura domestiche di casa Torreggiani e non allarga mai lo sguardo sulla società del tempo e sulla situazione sociale e politica in Italia alla fine degli anni ’70.
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Fabio Resinaro lambisce un periodo doloroso della nostra Repubblica, ancora controverso e poco o per niente conosciuto dalle nuove generazioni, che sui banchi di scuola imparano tutto delle guerre puniche ma nulla sanno della storia recente del proprio Paese, attraverso la ricostruzione romanzata di uno dei tanti tragici eventi di quegli anni, ma nonostante la parvenza di profondità della sua narrazione, con le riflessioni sul tempo che suggestivamente rinviano agli orologi presenti in molte inquadrature, rimane in superficie, asfitticamente chiuso tra le quattro mura domestiche di casa Torreggiani e non allarga mai lo sguardo sulla società del tempo e sulla situazione sociale e politica in Italia alla fine degli anni ’70.
Non bastano le riprese dall’alto con un drone per dare l’impressione di una visione d’insieme, che manca del tutto in questa fiction televisiva che aspira ad essere un docufilm, per le tipiche sequenze del genere con le immancabili immagini di repertorio tratte dai telegiornali dell’epoca poste alla fine, ma che tralascia volutamente il contesto storico, preferendo soffermarsi sulle vicende umane e sulla caratterizzazione di un uomo, la cui vera personalità, a prescindere dalla notevole interpretazione di Francesco Montanari, appartiene esclusivamente alla memoria dei suoi familiari e di chi lo ha conosciuto.
Che senso ha entrare nella casa e finanche nella camera da letto di una delle innumerevoli vittime della strategia della tensione di quarant’anni fa, violando l’intimità e la privacy cui avrebbe diritto chiunque sia divenuto personaggio pubblico suo malgrado, e a chi giova il racconto degli ultimi quindici giorni della sua vita privata, con la rappresentazione pedissequa delle sue dinamiche familiari, se non allo sguardo morboso dello spettatore tipo della tv del dolore, che usa indagare senza pietà nella quotidianità della vittima di turno, mettendo a nudo le piaghe di una normalità che avrebbe avuto tutto il diritto a restare tale ed invece è stata stravolta per sempre dal racconto pubblico, sui giornali, nelle aule di tribunale ed ora in un film.
Curiosamente il regista, per una storia ambientata tutta a Milano, ha scelto come location di alcune scene una strada del quartiere Prati a Roma.
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rosmersholm
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giovedì 17 febbraio 2022
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senz''anima
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Ogni movimento della mdp, è un moto dell'anima... Resinaro muove continuamente la macchina da presa senza un vero perchè, se non quello di farci sapere di essere bravino. Ne esce un tv movie senz'anima e necessità, che sperca il soggetto su cui si basa. A completare l'opera, un protagonista di empatia nulla che, forse perchè abbandonato a se stesso, restituisce un personaggio freddo e subito dimenticato.
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mauridal
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lunedì 31 gennaio 2022
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anni inconsapevoli
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La guerra in questione nel titolo, è quella combattuta negli anni settanta/ottanta in Italia e non solo, tra forze estremiste giovanili, gruppi politici, di destra e sinistra, tra forze dell’ordine ,servizi segreti, istituzioni pubbliche, poteri occulti , mafie insomma quegli anni stragisti di piombo che hanno segnato la storia e gli animi di una generazione con protagonisti morti uccisi o sacrificati per sempre . Niente male, tanta roba per un film soltanto. La regia è di un giovane regista Fabio Resinaro classe 1980 ,all’epoca dei fatti neonato, la sceneggiatura è di Mazzotta e Caporiccio che hanno tratto la storia dalla testimonianza di Alberto Torreggiani, figlio del protagonista uno dei veri personaggi della narrazione. Dunque una storia tratta da fatti realmente accaduti, a Milano 1979 il gioielliere Pierluigi Torreggiani viene ucciso da un gruppo di giovani capelloni barbuti, così rappresentati, e decritti come Proletari Armati Comunisti, che hanno giustiziato un nemico , il ricco gioielliere, che a sua volta aveva ucciso un uomo per difendersi durante una rapina. Intanto il film è realistico, usa un linguaggio immediatamente drammatico, poche citazioni, sonoro adeguato, recitazione molto vicina allo sceneggiato televisivo, del bravo protagonista l’attore Francesco Montanari, che con Laura Chiatti, mantengono alta l’attenzione sulla vicenda narrata , tutta incentrata sul personaggio tra pubblico e privato , del gioielliere visto come un emergente della nuova borghesia milanese dedita agli affari anche con i nuovi sistemi del commercio di gioielli con la televendita ,molto in voga in quegli anni. La diffusione e il successo crescente del personaggio Torreggiani ne fanno un bersaglio sia della malavita che dell’estremismo politico milanese , Il film dunque racconta della vita privata in famiglia ,di un tranquillo uomo , commerciante di gioielli , dedito al costante e infaticabile lavoro di bottega ,ma anche di un uomo coinvolto in una rapina al ristorante dove spara e uccide un rapinatore per difendere sua figlia minacciata a tavola con lui. Da quel momento in poi ,la vita privata di quest'uomo e della sua famiglia è sconvolta , viene additato come giustiziere e quindi posto sotto scorta dalla questura, l’uomo è anche un personaggio mediatico , i giornali escono con la sua storia e ne fanno un ulteriore vittima inconsapevole. Ecco la sintesi del film : un borghese in affari , lavora nella capitale del business a Milano, viene coinvolto suo malgrado in una trama di conflitti personali con la politica estremista, la malavita ,i mass media e anche l’ordine costituito, laddove si ribella alla scorta di poliziotti che lo seguono dovunque limitando le sue libertà. Una miscela esplosiva è il caso di dire per quest’uomo lontano dalla politica attiva ,ma intanto a suo modo un lavoratore , onesto ,al servizio del benessere e del lusso, ma di talento, uno riuscito nel suo mestiere.Dunque questo film vuole dimostrare , forse che la vita privata dell’uomo è sempre in connessione con la vita pubblica anche se la vuole ignorare, infine che le dinamiche sociali irrompono prima o poi nella vita di tutti , sconvolgendola. Per quanto riguarda l’aspetto politico narrato , la parola appropriata è una citazione di Indro Montanelli :«Intendiamoci, i delitti dei terroristi non si possono cancellare né tanto meno giustificare. E le loro condanne sono state più che giuste. Ma è il modo in cui le hanno scontate e continuano a scontarle che m'incute un certo rispetto. A differenza dei loro maestri e mandanti, che ancora oggi blaterano impuniti, un certo esame di coscienza almeno quei ragazzi se lo sono fatto. E molti si sono dissociati, cioè hanno riconosciuto l'inanità dei loro ideali. È stato un modo dignitoso di far sapere che sono consapevoli d'aver sognato un mondo impossibile e d'averlo perseguito attraverso strade impraticabili. [...] Per questo sostengo l'indulto, la grazia, l'amnistia. La formula non ha importanza. L'importante è riconoscere che la partita è chiusa. E a farla chiudere è stato soprattutto il modo in cui quella gente ha pagato[.*
Mauridal.
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emanuele 1968
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lunedì 24 gennaio 2022
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imperdibile doc !
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Quando la drammaticità della storia incontra l'Arte del cinema ! Un capolavoro ! di tutto e di più ! molto soddisfatto ! l'immagine del dorone con lo scatto dell'orologio e favolosa ! amici se vi piace il trailer andate a vederlo ! non rimarrete delusi !
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