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Fabio Resinaro lambisce un periodo doloroso della nostra Repubblica, ancora controverso e poco o per niente conosciuto dalle nuove generazioni, che sui banchi di scuola imparano tutto delle guerre puniche ma nulla sanno della storia recente del proprio Paese, attraverso la ricostruzione romanzata di uno dei tanti tragici eventi di quegli anni, ma nonostante la parvenza di profondità della sua narrazione, con le riflessioni sul tempo che suggestivamente rinviano agli orologi presenti in molte inquadrature, rimane in superficie, asfitticamente chiuso tra le quattro mura domestiche di casa Torreggiani e non allarga mai lo sguardo sulla società del tempo e sulla situazione sociale e politica in Italia alla fine degli anni ’70.
Non bastano le riprese dall’alto con un drone per dare l’impressione di una visione d’insieme, che manca del tutto in questa fiction televisiva che aspira ad essere un docufilm, per le tipiche sequenze del genere con le immancabili immagini di repertorio tratte dai telegiornali dell’epoca poste alla fine, ma che tralascia volutamente il contesto storico, preferendo soffermarsi sulle vicende umane e sulla caratterizzazione di un uomo, la cui vera personalità, a prescindere dalla notevole interpretazione di Francesco Montanari, appartiene esclusivamente alla memoria dei suoi familiari e di chi lo ha conosciuto.
Che senso ha entrare nella casa e finanche nella camera da letto di una delle innumerevoli vittime della strategia della tensione di quarant’anni fa, violando l’intimità e la privacy cui avrebbe diritto chiunque sia divenuto personaggio pubblico suo malgrado, e a chi giova il racconto degli ultimi quindici giorni della sua vita privata, con la rappresentazione pedissequa delle sue dinamiche familiari, se non allo sguardo morboso dello spettatore tipo della tv del dolore, che usa indagare senza pietà nella quotidianità della vittima di turno, mettendo a nudo le piaghe di una normalità che avrebbe avuto tutto il diritto a restare tale ed invece è stata stravolta per sempre dal racconto pubblico, sui giornali, nelle aule di tribunale ed ora in un film.
Curiosamente il regista, per una storia ambientata tutta a Milano, ha scelto come location di alcune scene una strada del quartiere Prati a Roma.
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