Anno | 2021 |
Genere | Documentario |
Produzione | USA |
Durata | 91 minuti |
Regia di | Julie Cohen (II), Betsy West |
Attori | Ruth Bader Ginsburg, Chase Strangio, Olivia Horton . |
MYmonetro | Valutazione: 2,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento sabato 2 ottobre 2021
Il documentario segue la vita dell'avvocatessa e attivista Pauli Murray.
CONSIGLIATO NÌ
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Pauli Murray è stata avvocata, attivista per i diritti degli afroamericani, poetessa, docente, prima donna ordinata sacerdote della chiesa episcopale, omosessuale, persona non binaria. Ha vissuto dal 1910 e il 1985 e negli anni '40, in anticipo di quasi due decenni sulle lotte per i diritti civili nel sud degli Stati Uniti, intraprese proteste e azioni legali per rivendicare il proprio posto nella società - come donna, nera, studentessa, giurista - e spingere le autorità a considerare immorale la segregazione. Il documentario ricostruisce la vita di Pauli Murray con il materiale lasciato dalla donna alla sua morte (video, fotografie, audio, documenti) e con interventi delle sue biografe e di docenti e studenti delle università di Yale e Rutgers.
A lungo dimenticata, Pauli Murray emerge finalmente come una delle figure chiave della lotta per i diritti civili degli afroamericani nel corso del '900, oltre che una donna capace di anticipare con le sue battaglie alcune delle questioni più delicate legate alla definizione dell'identità individuale e sessuale.
«Mi chiamo Pauli Murray e mi sono sempre dedicata ai diritti umani. La mia storia personale è stata una lotta per soddisfare i requisiti d'eccellenza di una società in cui predominava l'idea che i neri fossero intrinsecamente inferiori ai bianchi e le donne intrinsecamente inferiori agli uomini». Inizia così, con il volto e la voce di Pauli Murray che si presentano all'obiettivo di una videocamera in bianco e nero, presumibilmente tra la fine degli anni '70 o l'inizio degli '80, il documentario che Betsy West e Julie Cohen hanno dedicato a una delle grandi figure dimenticate della cultura black del XX secolo.
Dimenticata, in realtà, dal cinema e dalla cultura mediatica, dal momento che da tempo università (Yale e Rutgers, in particolare) e singole studiose (Patricia Bell-Scott e Rosalind Rosenberg, entrambe autrici di una biografia ed entrambe presenti nel film) hanno avviato un serio lavoro d'analisi e riflessione dell'attività artistica e giurica di Pauli Murray.
Come molti lavori degli ultimi anni, realizzati appositamente per piattaforme in streaming con una dichiarata funzione didattica, My Name Is Pauli Murray arriva a riparazione di un oblio mediatico che in generale ha colpito la comunità afroamericana e il racconto delle sue varie identità e in particolare una figura che nel corso della sua lunga e ricchissima esistenza è stata protagonista di battaglie civili, giudiziarie, religiose, sessuali. Paul Murray è la figura perfetta da riscoprire oggi: nera, donna, non-binary, capace con la sua condotta integerrima di aprire tavoli di discussione (o, all'opposto, di scatenare la forza cieca della discriminazione) con anni, se non decenni di anticipo.
Le sue parole - da interviste, confessioni, lettere, poesie - accompagnano la ricostruzione storica e privata del film, che inizia dalla morte di Murray, nel 1987, e dal lascito alla pronipote ed esecutrice testamentaria Karen Ross Rouse: un grande archivio di documenti, immagini e fotografie dal quale subito si dispiega il viaggio nel corso tumultuoso della storia americana '900.
Le violenze negli stati del sud, la vergogna delle leggi Jim Crow in vigore fino ai primi anni '50, la segregazione sugli autobus e nei locali, le prime proteste, le rivolte a Detroit negli anni '40, il tiepido sostegno ai neri del presidente Roosevelt, l'arrivo del reverendo King, gli anni '60, le Pantere nere, i riots nelle periferie delle metropoli... Murray attraversa questi anni tragici e decisivi perseguendo l'obiettivo di affermarsi in quanto intellettuale, donna e nera e denunciando di conseguenza il razzismo di cui è vittima e testimone con poesie, cause legali, dichiarazioni pubbliche, incontestabili successi professionali. Dalla corrispondenza con i medici si viene anche a conoscenza del profondo stato di confusione e dolore causato da una condizione sessuale sentita come estranea e mai del tutto accettata.
Il film lavora per accumulo, con il ritmo serrato tipico dei documentari americani, informativi e celebrativi. Dai filmati d'archivio, dalle parole sovrimpresse, dalle foto d'epoca, dal racconto dei rapporti con alcune grandi figure (Eleaonor Roosevelt) e dai grandi eventi del suo tempo (gli omicidi Kennedy e Martin Luther King), Murray emerge come una figura iconica, una persona tormentata, aliena al proprio corpo di donna, ma resa ancora più eroica dalla sofferenza invisibile e dal candore della sua risata.
In tal senso, il ritratto delle due autrici, per quanto in buona fede, scivola da subito nell'agiografia acritica, come se il documentario - inteso come pratica d'indagine conoscitiva - servisse semplicemente a celebrare e non a far emergere dal tumulto della Storia una figura comunque complessa e, per fortuna, ancora non del tutto compresa come Pauli Murray. Di lei il film offre il santino, quando sarebbe stato più corretto e utile proseguirne la lezione.