luca scialo
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venerdì 10 dicembre 2021
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il crepuscolo del fautore del fascismo
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Da fautore e ideologo del Fascismo a personaggio ingombrante da tenere ai margini. E' questo il destino che segna gli ultimi anni di vita del "poeta vate" Gabriele D'Annunzio. Uno dei più importanti poeti italiani, che ha segnato pagine importanti della nostra Letteratura a cavallo tra l'800 e il '900. D'Annunzio vive nel Vittoriale dal 1924, quando il Fascismo inizia a passare da rivoluzione popolare a feroce dittatura. Con leggi sempre più restrittive della libertà. D'Annunzio, ormai 74enne, è molto critico nei suoi confronti e per questo Mussolini lo tiene quasi al confino. Per evitare che le sue idee, ancora argute e sublimi, infiammino quelle degli italiani. Eppure, proprio quel poeta che ha come convive con tre donne e qualche assistente, ma soprattutto col rancore e coi ricordi dei bei tempi andati, quel Fascismo lo ha ideato nell'esperienza breve ma intensa di Fiume.
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Da fautore e ideologo del Fascismo a personaggio ingombrante da tenere ai margini. E' questo il destino che segna gli ultimi anni di vita del "poeta vate" Gabriele D'Annunzio. Uno dei più importanti poeti italiani, che ha segnato pagine importanti della nostra Letteratura a cavallo tra l'800 e il '900. D'Annunzio vive nel Vittoriale dal 1924, quando il Fascismo inizia a passare da rivoluzione popolare a feroce dittatura. Con leggi sempre più restrittive della libertà. D'Annunzio, ormai 74enne, è molto critico nei suoi confronti e per questo Mussolini lo tiene quasi al confino. Per evitare che le sue idee, ancora argute e sublimi, infiammino quelle degli italiani. Eppure, proprio quel poeta che ha come convive con tre donne e qualche assistente, ma soprattutto col rancore e coi ricordi dei bei tempi andati, quel Fascismo lo ha ideato nell'esperienza breve ma intensa di Fiume. La goccia che fa traboccare il suo risentimento e la sua disapprovazione verso il regime cade quando Mussolini decide di allearsi con Hitler, contro il quale ha pochi lusinghieri epiteti. Paragonandolo perfino a Charlie Chaplin. Vorrà manifestare tutto il suo disappunto verso questa alleanza al Duce durante una sosta a Verona. Sarà l'ultimo atto della sua vita da libero pensatore. A raccontarci tutto questo ed altro, è questa pellicola poetica di Gianluca Jodice, documentarista e regista tv alla sua prima prova per il grande schermo. Straordinaria l'interpretazione di Sergio Castellitto nei panni del D'Annunzio, del quale, oltre alla evidente somiglianza fisica, riesce anche a riprendere tutte le mimiche. Ad interpretare il giovane federale Giovanni Comini, piazzato alle calcagna di quel "pericoloso" poeta, è Francesco Patanè. Il quale passerà da spia a grande estimatore del vate. Comprendendo che il suo atteggiamento, apparentemente solo ascrivibile ad un vecchio rancoroso, in realtà era più lucido della fosca mente cui aveva costretto il Fascismo. I colori caldi e sbiaditi ci portano indietro nel tempo, mentre il Vittoriale offre naturali ambientazioni da teatro. Molto significativa la scena del D'Annunzio che esce a salutare i pochi superstiti di Fiume. Con un discorso che andrebbe bene anche oggi. Nel finale, il lungometraggio getta anche un'ombra sulla sua morte.
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anna rosa
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giovedì 11 novembre 2021
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ottima opera prima
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Bellissimo film che racconta gli ultimi anni di vita di uno dei piu grandi poeti italiani, amatissimo a suo tempo, attraverso il rapporto di crescente simpatia che si instaura tra lui e il giovane federale di Brescia Giovanni Comini. Se fosse un'opera scritta, la si definirebbe romanzo di formazione, giacché il giovane fascista, si rende conto gradualmente grazie al vecchio scrittore, della natura autoritaria del regime in cui inizialmente ha fede. Complimenti al regista Gianluca Jodice ia per l'originalità del punto di vista sul fascismo e su D'Annunzio sia per la ricostruzione di ambienti e luoghi, e complimenti ai bravissimi attori.
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maxam
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venerdì 17 settembre 2021
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dieci secondi che non salvano una storia.
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Un anello che rimbalza su una ringhiera mi fece salvare Match Point di Woody Allen.
Qui ci sono 10 secondi eccelsi ma che non salvano la storia.
Sono quei 10 secondi quando Castellitto-D'Annunzio si affaccia, si sporge dal balcone per parlare ai reduci di Fiume e la telecamera lo inquadra frontalmente ed è come se supplicasse ciascun spettatore di interrogarsi su cosa preannuncia la tempesta. Le sue affermazioni su come le parole e le azioni della politica si trasformano in ben altra realtà concreta bucano lo schermo e chiedono di vigilare sull'oggi.
Ma per il resto, dov'è il D'Annunzio che fece attendere Mussolini nella stanza del Mascheraio al Vittoriale? Dov'è l'acciaio che si fa beffe del vetro?
Il D'Annunzio che il film vuole salvare come buon profeta del futuro conflitto non si pone al riparo dalla riflessione (fantapolitica) di cosa sarebbe stato, diversamente, dell'Italia.
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Un anello che rimbalza su una ringhiera mi fece salvare Match Point di Woody Allen.
Qui ci sono 10 secondi eccelsi ma che non salvano la storia.
Sono quei 10 secondi quando Castellitto-D'Annunzio si affaccia, si sporge dal balcone per parlare ai reduci di Fiume e la telecamera lo inquadra frontalmente ed è come se supplicasse ciascun spettatore di interrogarsi su cosa preannuncia la tempesta. Le sue affermazioni su come le parole e le azioni della politica si trasformano in ben altra realtà concreta bucano lo schermo e chiedono di vigilare sull'oggi.
Ma per il resto, dov'è il D'Annunzio che fece attendere Mussolini nella stanza del Mascheraio al Vittoriale? Dov'è l'acciaio che si fa beffe del vetro?
Il D'Annunzio che il film vuole salvare come buon profeta del futuro conflitto non si pone al riparo dalla riflessione (fantapolitica) di cosa sarebbe stato, diversamente, dell'Italia.
Ed è un D'Annunzio senile perso a combattere il tempo verificando le sue rughe allo specchio cercando vitalità nella droga e giovinezza in anatomie femminili che gli si offrono velate. Che ha fuggito la politica da tempo e si è autoesiliato.
Sia tutto pur vero, era questa la parte di quella vicenda esistenziale da raccontare? La mia risposta è no.
Ottime le interpretazioni, ma gravi le colpe di chi ha scritto e diretto, dunque. E sentire solo cenni, frammenti di dialogo sulla prima guerra mondiale conferma l'opinione, la delusione.
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misesjunior
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venerdì 27 agosto 2021
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e'' così... ahimé!
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Condivido il commento. Un film purtroppo reso di propaganda dalla volontà di fare una caricatura di D'Annunzio e del fascismo gradita al mainstrean che controlla finanziamenti pubblici e altro. Molta tecnica sprecata... Se non fosse per il Vittoriale questo film si poteva anche lasciar perdere ...
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herry
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venerdì 27 agosto 2021
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troppa musica
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Il cinema italiano è sempre troppo simile alle fiction tv. Difficilmente si trova un guizzo autoriale, anche in questo caso potrebbe essere diluito e presentato in tv in due puntate. Ed in questo film c'è troppa musica (melensa) e in molti casi inserita nel momento sbagliato, durante alcuni discorsi seri ed importanti di D'Annunzio.
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gumbus
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giovedì 19 agosto 2021
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mancava un film come "il cattivo poeta"
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Il parallelo con il recente Hammamet è evidente.
In entrambe i film i due giganti in esilio, vivono il proprio doloroso tramonto e penosa decadenza, e il plot abbisogna di un osservatore, un narratore, un indagatore.
In D'Annunzio, l'operazione è semplicemente prefetta, e le vicende del Federale sono decisive per l'equilibrio narrativo e morale della spaventosa realtà storica che si rappresenta.
E magnifica e strepitosa la riscostruzione, e tutte le prove d'attore.
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clarainthesky
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venerdì 9 luglio 2021
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bel confronto tra personaggi
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Castellitto è un nome che parla da solo, e qui regge un intero film anche quando non è in scena. E' molto bello il confronto tra i due personaggi, unica pecca la ricostruzione d'epoca secondo me un po' finta, ma non da più di tanto fastidio.
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domenica 13 giugno 2021
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confronto tra due epochek
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Perché il regista del film : "Il cattivo poeta" ha messo in risalto le idee del politico, in contrasto con tutto ciò che invece stava accadendo nella realtà con tutte le conseguenze che ne sarebbero derivate e la situazione attuale del nostro Paese. In sostanza in che consiste il retaggio del passato nell'attuale governo?
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maramaldo
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giovedì 27 maggio 2021
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l''arcangelo non volò alto...
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... ma "vide chiaro". Gabriele "vede" pure l'interrompersi di quella damnatio memoriae che durava dal giorno dopo le sue esequie. Eppure, regalò al cinema una sfilza di titoli. Egli stesso, da fiction: l'impresa di Fiume, un golpe da Sudamerica; in piena guerra sorvolò Vienna facendo piovere volantini; s'incaponì a far arrivare natanti militari dall'Adriatico alle colline del Benaco, roba da... Fitzcarraldo. Curiosa coincidenza, a pochi metri dalla sua si trova la casa natale di Ennio Flaiano, un altro pescarese che influenzò un riottoso visionario romagnolo.
Castellitto lo immedesima con sorprendente somiglianza.
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... ma "vide chiaro". Gabriele "vede" pure l'interrompersi di quella damnatio memoriae che durava dal giorno dopo le sue esequie. Eppure, regalò al cinema una sfilza di titoli. Egli stesso, da fiction: l'impresa di Fiume, un golpe da Sudamerica; in piena guerra sorvolò Vienna facendo piovere volantini; s'incaponì a far arrivare natanti militari dall'Adriatico alle colline del Benaco, roba da... Fitzcarraldo. Curiosa coincidenza, a pochi metri dalla sua si trova la casa natale di Ennio Flaiano, un altro pescarese che influenzò un riottoso visionario romagnolo.
Castellitto lo immedesima con sorprendente somiglianza. Gianluca Jodice ha avuto la luminosa idea di ambientare nell'autentico Vittoriale, ciò che gli ha concesso l'efficacia di atmosfere suggestive. In quel famoso bric à brac funereo il vate finisce i suoi giorni decadendo, depravando, fuggendo nell'irreale, dispensando moniti e profezie.
Il racconto ha le sue rievocazioni di maniera ma anche freschezza e attendibilità. Nelle abituali forzature grottesche risulta comunque puntuale ed intrigante. Nitido, essenziale, il Comini federale di Francesco Patanè. Esemplare, semplicità e ingenuità della giovinezza, di quella "giovinezza". Anche il tocco umano. A Verona, il Comandante, voltate le spalle al duce immerso nel suo ultimo delirio, posa il capo su di un impettito milite d'onore compiangendolo per il destino di sacrificio che lo attende. Palpabile, questo sì, il presagio di sciagura che accompagna i passi di quella "marcia della follia".
Ma all'uomo, rendono giustizia le manfrine di Castellitto? Non importa a nessuno. Il personaggio resta remoto, quasi immaginario. Reale o meno, appare opinabile quella persecuzione perchè "pensava". Nessuna concretezza in un lavoro pur eccellente che deve appiattirsi sulla vulgata per quieto vivere di autori e interpreti, per rimanere in sala a lungo.
Siamo lontani dal "Memento Audere Semper", lo slogan preferito dal Poeta Soldato che il film non fa capire se per caso sia stato veramente l'uno e l'altro. Nessun ardimento.
Per un invito alla rivolta, per uno sprone al riscatto, devono ancora attendere i Comini di oggi e di domani.
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writer58
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giovedì 27 maggio 2021
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il colosso d''argilla
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Il fascismo, nel 1936, è una macchina di potere fondata su una burocrazia oppressiva, sulla paura e sulla delazione. Dopo le elezioni farsa del 1924, il regime si è consolidato e gode di un appoggio popolare rinsaldato dalla conquista dell'Etiopia e dalla proclamazione dell'impero. La propaganda è martellante, le simbologie littorie onnipresenti, la repressiome nei confronti degli oppositori è spietata e pervasiva. In questo clima, anche le voci dissidenti, che pure avevano partecipato alla costruzione del fascismo degli esordi, vengono messe ai margini e neutralizzate.
Il caso di Gabriele D'Annunzio è esemplare: il poeta nazionale, "il vate", il comandante di Fiume, il rivoluzionario che volò sui cieli di Vienna nel 1918, durante la grande guerra, viene guardato con sospetto dai vertici del regime, che diffida della sua autonomia intellettuale e delle sue posizioni movimentiste e libertarie.
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Il fascismo, nel 1936, è una macchina di potere fondata su una burocrazia oppressiva, sulla paura e sulla delazione. Dopo le elezioni farsa del 1924, il regime si è consolidato e gode di un appoggio popolare rinsaldato dalla conquista dell'Etiopia e dalla proclamazione dell'impero. La propaganda è martellante, le simbologie littorie onnipresenti, la repressiome nei confronti degli oppositori è spietata e pervasiva. In questo clima, anche le voci dissidenti, che pure avevano partecipato alla costruzione del fascismo degli esordi, vengono messe ai margini e neutralizzate.
Il caso di Gabriele D'Annunzio è esemplare: il poeta nazionale, "il vate", il comandante di Fiume, il rivoluzionario che volò sui cieli di Vienna nel 1918, durante la grande guerra, viene guardato con sospetto dai vertici del regime, che diffida della sua autonomia intellettuale e delle sue posizioni movimentiste e libertarie. D'Annunzio, d'altra parte, non si sottrae alle polemiche: giudica Hitler un "ridicolo pagliaccio", valuta ll'alleanza tra Mussolini e la Germania come un disastro, disprezza l'evoluzione del fascismo da movimento insurrezionale a dittatura totalitaria.
Non sorprende quindi che le gerarchie fasciste decidano di controllare il poeta nominando un commissario incaricato di spiarlo, redigere rapporti scritti e limitarne le uscite pubbliche, un giovane federale promettente e devoto alla causa. Giovanni Comini deve sorvegliare il poeta e raccogliere informazioni sul suo conto, ma allo stesso tempo lo deve trattare con rispetto, deve dare l'impressione di essere dalla sua parte, diventare un intermediario di fiducia che collega la gabbia dorata del Vittoriale con il resto del paese. Un po' per volta, tuttavia, l'ossequio formale si trasforma in un legame reale e i dubbi sull'alleanza con Hitler iniziano a lambire le certezze del giovane federale.
Il film ricostruisce accuratamente gli ambienti dell'epoca. Girato in prevalenza all'interno del Vittoriale, nella magione in cui D'Annunzio, visse i suoi ultimi 15 anni di vita, ne esalta gli aspetti simmetrici e monumentali che, a dispetto dell'ampiezza del complesso, producono una sensazione di claustrofobia e ordine fittizio. Solo il protagonista si sottrae a questa dittatura, che richiama quella più generale del regime, ma la sua vitalità, il suo disordine, l'uso di cocaina, i rapporti sessuali plurimi appaiono ormai come un'estrema e malinconica resistenza, un'ultima protesta di fronte a una vita che volge al termine, a un paese ormai geneticamente mutato, a una classe politica impegnata a terrorizzare più che a convincere.
Il fascismo è ritratto come una fabbrica di icone giganti (busti del Duce, enormi fasci littori, scritte in bassorilievo che richiamano l'antico impero romano) che rendono le persone piccole e trascurabili. Anche Mussolini viene rappresentato come un grottesco burattino che muove il busto sul balcone per rispondere alle acclamazioni della folla. Un ambito chiuso, asfittico, dominato da un pensiero unico, che incoraggia spie e delatori.
L'interpretazione di Castellitto è eccellente nel tratteggiare la figura del Vate vicino alla morte: recitazione misurata e intensa giocata più sul filo dell'ironia che su quella dell'invettiva. Molto buona anche la performance di Patanè e del resto del cast in una pellicola che costuisce un ottimo esordio di Jodice tra i lungometraggi per il cinema.
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