paolp78
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mercoledì 15 aprile 2020
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giustizia e ragion di stato
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Pellicola di valore assoluto.
Impressionante la ricostruzione storica e la messa in scena della società dell'epoca, così minuziosa che lo spettatore ci si cala dentro completamente: la cura per i dettagli mi ha molto colpito.
Da sottolineare l'eccellente rappresentazione dell'ambiente ministeriale e militare francese, di cui si respira la ferrea disciplina a cui è improntato.
Polanski è magistrale nel mantenersi rigorosamente fedele alla vicenda storica e contemporaneamente a descriverne i fatti con una narrazione piacevole e molto scorrevole, come è richiesto nell'arte cinematografica.
Per la difficoltà di questa operazione e per il soggetto scelto, particolarmente impegnativo, ritengo questa pellicola la migliore tra quelle più recenti del grande regista, insieme con "Il Pianista" (film del 2002).
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Pellicola di valore assoluto.
Impressionante la ricostruzione storica e la messa in scena della società dell'epoca, così minuziosa che lo spettatore ci si cala dentro completamente: la cura per i dettagli mi ha molto colpito.
Da sottolineare l'eccellente rappresentazione dell'ambiente ministeriale e militare francese, di cui si respira la ferrea disciplina a cui è improntato.
Polanski è magistrale nel mantenersi rigorosamente fedele alla vicenda storica e contemporaneamente a descriverne i fatti con una narrazione piacevole e molto scorrevole, come è richiesto nell'arte cinematografica.
Per la difficoltà di questa operazione e per il soggetto scelto, particolarmente impegnativo, ritengo questa pellicola la migliore tra quelle più recenti del grande regista, insieme con "Il Pianista" (film del 2002).
Viene reso perfettamente il concetto della giustizia mortificata dalla ragion di Stato (inquinata dall'antisemitismo), che è il punto centrale dell'affare Dreyfus. Lo spettatore ha la sensazione di scontrarsi con un muro di gomma e prova un'autentica frustrazione.
Benchè la pellicola sia estremamente rigorosa, riesce comunque a suscitare sentimenti forti: personalmente nel finale ho quasi provato della commozione.
Non ci sono punti morti; l'argomento trattato è impegnativo e richiede un certo sforzo di attenzione, che se si è disposti a compiere viene ampiamente ripagato da un film che non annoia mai, per tutta la sua durata.
Le interpretazioni sono assolutamente all'altezza.
Ottime scenografie e costumi.
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elgatoloco
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lunedì 19 ottobre 2020
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grande riscoperta dell''affaire dreyfus
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"J'accuse"(Roman Polansky, scritto con Robert Harris, da anni suo cosceneggiatore, autore anche del romanzo del 2013 da cui il tilm è tratto, 2019; il mtitolo è mutuat direttamente da un famoso pamplhket di Emile Zola)questo film ripropone il caso di Alfred Dreyfus, che a fine 1800 fu condannato quale"spia"dei Prussiani solo in quanto Ebreo e uomo di sinista(ma giustamente il film insiste sul primo aspetto, decisamente più centrale), poi faticosamente riabilitato da Gegorges Picquard, ufficiale preposto alle indagin complessive di ordine "controspionistico". Il processo, però, durerà anni e porterà a una faticosa e solo parizlae riabilitazione, che non si conclude neppure quando Picquard, anni dopo, sarà ministro della difesa("della guerra", nella fizione del tempo).
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"J'accuse"(Roman Polansky, scritto con Robert Harris, da anni suo cosceneggiatore, autore anche del romanzo del 2013 da cui il tilm è tratto, 2019; il mtitolo è mutuat direttamente da un famoso pamplhket di Emile Zola)questo film ripropone il caso di Alfred Dreyfus, che a fine 1800 fu condannato quale"spia"dei Prussiani solo in quanto Ebreo e uomo di sinista(ma giustamente il film insiste sul primo aspetto, decisamente più centrale), poi faticosamente riabilitato da Gegorges Picquard, ufficiale preposto alle indagin complessive di ordine "controspionistico". Il processo, però, durerà anni e porterà a una faticosa e solo parizlae riabilitazione, che non si conclude neppure quando Picquard, anni dopo, sarà ministro della difesa("della guerra", nella fizione del tempo). Il caso eclatante di una Francia non totalmente "rivoluzionata"anzi tornata ad essere, nelle alte sfere, clerico-retrograda, reazionaria o almeno iperconservatrice, odiatrice delii"etrangers"ma sopratuttto degli Ebrei in cui"scoppia"la questione(affaire)Dreyfus è paradigmatico di un odio eterno, che si identifica con la storia di Polansky stesso, Ebreo che ha vissuto il disastro della Shoah in prima persona(madre morta in campo di concentramento e padre sopravvissuto a malapne) e ha visto la salvezza solo in base a un versamento effettuato a una famiglia cattolica che lo "adottò"., Polansky ci dà un film denso e terso, quasi tutto in interni(esterni, solo quando necessario, quando si ha l'attentato contro Laborit, l'avvocato che avrebbe difeso in pieno, ossia in modo cmpleto Dreyfus), che però riesce a darci un esquisse totale di un modo, quello che preparava le due guerre mondiali, di una mentalità militare e militarisa diffusa in tutta Europa, anzi in tutto il mondo, dove il capro espiatoria è sempre uno solo, quello e ciç che non si riesce a rinchiudere nei facili recinti delle proprie sciocche"idee ricevute". Denso e terso, attento anche alle sfumature(il moralismo di facciata, per esempio), "J'Accuse", che oltre al bravisismo protagonista nel ruolo di Picquard, Jean Dujardin, vede interpreti quasi tutti della Comédie Française, a riprova del fatto che non è assolutamente vero che i veri attori possano improvvisarsi(Brecht stesso, in privato, era scettico sul suo stesso metodo dell'effetto di straniamento), per cui non si capisce o almeno io non capisco perché l'amico Luca Baronini, critico cinematrografico e direttore respponsabile di "Cenerentola", rivista mensile, dica che è un filn notevole ma non un capolavoro. Forse Polansky era più"creattivo"ai tempi di "Rosemary's Bebay"ma ora non è meno bravo, per dila in breve. El Gato
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fabio 3121
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sabato 22 maggio 2021
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il bordereau che incastrò l''innocente dreyfus
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il film è basato sulla storia vera nota come "l'affare Dreyfus" che sconvolse l'opinione pubblica in Francia sul finire del 1800. Nel gennaio del 1895 il capitano dell'esercito francese Dreyfus viene degradato e condannato di alto tradimento per aver passato segreti militari ai tedeschi ed incarcerato nell'isola del diavolo. Un anno dopo il capitano Picquart viene posto a capo dei servizi segreti e, attraverso l'esame del bordereau - prova documentale del tradimento di Dreyfus - con altri documenti scritti dal maggiore Esterhazy, Picquart riapre il caso Dreyfus convinto dell'innocenza del suo ex allievo ebreo incastrato al posto della vera spia Esterhazy.
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il film è basato sulla storia vera nota come "l'affare Dreyfus" che sconvolse l'opinione pubblica in Francia sul finire del 1800. Nel gennaio del 1895 il capitano dell'esercito francese Dreyfus viene degradato e condannato di alto tradimento per aver passato segreti militari ai tedeschi ed incarcerato nell'isola del diavolo. Un anno dopo il capitano Picquart viene posto a capo dei servizi segreti e, attraverso l'esame del bordereau - prova documentale del tradimento di Dreyfus - con altri documenti scritti dal maggiore Esterhazy, Picquart riapre il caso Dreyfus convinto dell'innocenza del suo ex allievo ebreo incastrato al posto della vera spia Esterhazy. Trovandosi di fronte all'omertà ed all'insabbiamento delle prove dei vari generali dell'esercito francese, lo stesso Picquart verrà processato così come lo scrittore Emile Zola per diffamazione essendo l'autore dell'articolo "J'accuse". Alla fine però Dreyfus verrà rimpatriato per un secondo processo e verrà a galla tutta la verità sul suo caso. Davvero un bel film, con una ricostruzione dettagliata dell'affare Dreyfus, grazie anche ai flashback degli eventi antecedenti l'esilio del capitano. Protagonista principale della pellicola è l'attore Jean Dujardin che dà al suo personaggio Picquart una grande umanità. All'altezza il resto del cast così come la scenografia e soprattutto i costumi che riportano lo spettatore ad immergersi in quel preciso contesto storico. Seppure il film sia privo di musiche essendo tutto imperniato sui dialoghi dei tanti personaggi della storia, la stessa si segue con grande interesse grazie ad una ottima regia di Roman Polanski. Voto: 8,5/10.
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stenoir
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mercoledì 17 novembre 2021
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un punto oscuro nella storia della francia
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Se vi è capitato di sentire, o leggere, i termini “Affare Dreyfus” oppure “Io accuso”, (in lingua originale “Affaire Dreyfus” e “J’accuse” -quest’ultimo probabilmente più famoso senza doverlo tradurre-), e non c’è mai stato modo di approfondire la ‘provenienza’, o il significato, L’Ufficiale e la Spia è l’occasione giusta per farlo. Siamo ne 1894 e Alfred Dreyfus (Louis Garrel), capitano dell’esercito francese, viene condannato all’esilio sull’Isola del Diavolo (Guyana Francese); la motivazione sarebbe alto tradimento, per aver passato documenti segreti al nemico, l’Impero tedesco.
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Se vi è capitato di sentire, o leggere, i termini “Affare Dreyfus” oppure “Io accuso”, (in lingua originale “Affaire Dreyfus” e “J’accuse” -quest’ultimo probabilmente più famoso senza doverlo tradurre-), e non c’è mai stato modo di approfondire la ‘provenienza’, o il significato, L’Ufficiale e la Spia è l’occasione giusta per farlo. Siamo ne 1894 e Alfred Dreyfus (Louis Garrel), capitano dell’esercito francese, viene condannato all’esilio sull’Isola del Diavolo (Guyana Francese); la motivazione sarebbe alto tradimento, per aver passato documenti segreti al nemico, l’Impero tedesco. Il fatto che Dreyfus sia ebreo non è secondario, perché molti vedono in questa sentenza, una presa di posizione antisemita da parte di chi ha dovuto giudicare (e di conseguenza da parte dell’esercito stesso). Però al colonnello Georges Picquart (un ottimo Jean Dujardin), diverse cose risultano poco chiare e così, grazie al suo intervento, inizia un processo che si concluderà solamente tredici anni dopo interessando anche esponenti della cultura e scrittori, come appunto Emile Zola, il quale nel 1898 farà pubblicare sul quotidiano L’Aurore, il celebre articolo J’Accuse. Roman Polanski (anche lui in esilio, da più di quarant’anni dal suolo americano, ma per motivi differenti) è il regista di questo film meritevole di essere visto, un film che analizza uno dei momenti meno “edificanti” nella storia della Repubblica francese.
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great steven
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mercoledì 29 giugno 2022
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opera di taglio classico che compie il suo dovere.
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L'UFFICIALE E LA SPIA (FR/IT, 2019) diretto da ROMAN POLANSKI. Con JEAN DUJARDIN, LOUIS GARREL, GRéGORY GADEBOIS, EMMANUELLE SEIGNER, MELVIL POUPAUD, MATHIEU AMALRIC, LAURENT STOCKER, DENIS PODALYDèS, ANDRé MARCON, MICHEL VUILLERMOZ, VINCENT PéREZ, LUCA BARBARESCHI ● Il 1895 fu l’anno del terribile affaire Dreyfus: il capitano dell’esercito francese Alfred Dreyfus, ebreo, fu condannato per alto tradimento dal tribunale militare all’ergastolo presso l’Isola del Diavolo. Il suo principale accusatore, il maggiore Georges Picquart, venne successivamente promosso a tenente colonnello e nominato capo del controspionaggio.
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L'UFFICIALE E LA SPIA (FR/IT, 2019) diretto da ROMAN POLANSKI. Con JEAN DUJARDIN, LOUIS GARREL, GRéGORY GADEBOIS, EMMANUELLE SEIGNER, MELVIL POUPAUD, MATHIEU AMALRIC, LAURENT STOCKER, DENIS PODALYDèS, ANDRé MARCON, MICHEL VUILLERMOZ, VINCENT PéREZ, LUCA BARBARESCHI ● Il 1895 fu l’anno del terribile affaire Dreyfus: il capitano dell’esercito francese Alfred Dreyfus, ebreo, fu condannato per alto tradimento dal tribunale militare all’ergastolo presso l’Isola del Diavolo. Il suo principale accusatore, il maggiore Georges Picquart, venne successivamente promosso a tenente colonnello e nominato capo del controspionaggio. Nonostante le sue ferree convinzioni iniziali, ben presto Picquart cominciò a scoprire una realtà diversa intorno all’evento: raccogliendo prove e documenti preziosi e sottoponendoli alla (dubbiosa) attenzione degli ufficiali superiori, arrivò a comprendere come Dreyfus fosse il capro espiatorio di un losco complotto organizzato ai suoi danni dalle alte sfere dell’esercito e come pertanto non c’entrasse nulla col passaggio di informazioni segrete ai tedeschi. Il suo drastico voltafaccia, seppure portato avanti con coraggio e abnegazione, gli costò la carriera militare e riversò gravi conseguenze sulla sua vita privata. Il più grande scandalo del XIX secolo è l’opportunità ideale per Polanski di tornare a parlare di antisemitismo, il tema che gli è più caro perché lo riguarda molto da vicino; il regista francese di origini polacche tratta qui la sua materia narrativa prediletta attraversandola col lucidissimo sguardo di chi si interroga sull’errore giudiziario e sul profondo significato della giustizia che, ogni volta, ricerca a tutti i costi un colpevole e sacrifica l’innocenza per un bene collettivo che non merita di essere coltivato. La riabilitazione della vittima che pure non rinuncia all’autodifesa richiama le atmosfere volutamente barocche e l’importanza della figura ombrosa insinuatasi dietro il baluardo della Storia (o del personaggio storico) de L’uomo nell’ombra (2010); ma il personaggio di Dujardin (magistrale, la sua interpretazione in questo film) trova attinenze anche con Jack Gittes, il disincantato detective di Chinatown (1974), ed ecco che la ricerca della colpevolezza, spinta fino all’auto-corruzione della propria integrità, torna a far sentire il suo peso; infine, vi sono agganci a numerosi altri film del repertorio polanskiano, da Rosemary’s Baby a Carnage, senza dimenticare perfino Il pianista (2002), la cui lotta strenua per la sopravvivenza assurge anch’essa a tema cardine del tentativo parallelo di dimostrare l’innocenza di Dreyfus ad opera del maggiore Picquart. Non che i colonnelli e i generali dell’esercito francese di fine Ottocento vengano forzati a svolgere il ruolo di antagonisti, eppure il regista li mette comunque alla berlina sottolineandone la crudele ipocrisia. Non poteva mancare un sentito omaggio a émile Zola e al suo J’accuse!, editoriale che lo scrittore e giornalista pubblicò il 13/01/1898 presso il quotidiano socialista L’Aurore sottoforma di lettera aperta al Presidente della Repubblica Félix Faure, per denunciare pubblicamente le irregolarità e illegalità commesse durante il processo a Dreyfus. Cast eccellente. La fotografia di Pawel Edelman, conterraneo di Polanski, inanella un quadro dietro l’altro. Premiato a Venezia 2019 col Leone d’Argento Gran Premio della Giuria.
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maramaldo
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domenica 8 dicembre 2019
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anche polanski insegna
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Un'altra lezione di Storia. Una versione della Belle Epoque secondo Roman.
Orgoglio ferito dalla disfatta, miseria di popolo spesso in sommossa non impedivano ricevimenti eleganti, incontri galanti, cancan e champagne. Déshabillé extraconiugali. Se ne occupa Emmanuelle Seigner (Pauline Monnier), ammiccamenti peccaminosi, protofemminismo.
Amor di Patria, uomini d'onore sono rappresentati in una marzialità spettacolare: presentat'arm chilometrici, scintillar di sciabole, sbatter di tacchi, decorazioni e medaglie, pennacchi e bandiere.
George Picquart, il protagonista. Jean Dujardin, The Artist, smesso il sobrio frac sfoggia giubbe istoriate.
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Un'altra lezione di Storia. Una versione della Belle Epoque secondo Roman.
Orgoglio ferito dalla disfatta, miseria di popolo spesso in sommossa non impedivano ricevimenti eleganti, incontri galanti, cancan e champagne. Déshabillé extraconiugali. Se ne occupa Emmanuelle Seigner (Pauline Monnier), ammiccamenti peccaminosi, protofemminismo.
Amor di Patria, uomini d'onore sono rappresentati in una marzialità spettacolare: presentat'arm chilometrici, scintillar di sciabole, sbatter di tacchi, decorazioni e medaglie, pennacchi e bandiere.
George Picquart, il protagonista. Jean Dujardin, The Artist, smesso il sobrio frac sfoggia giubbe istoriate. Parla pure, poco ma sentenzioso e lapidario. Si accorge che informazioni continuano ad arrivare ai Tedeschi anche dopo l'allontanamento dell'infelice capitano. Non gli pare vero gettare nello scompiglio i caporioni gallonati i quali si erano illusi di prendere con una fava due piccioni: additare un traditore, colpevole immancabile delle sconfitte nonchè sbarazzarsi di un ebreo.
Dreyfus (Louis Garrel) poco più di un simbolo. Freddo e impassibile, compassato persino nelle dichiarazioni d'innocenza, introverso e sfuggente, vi avrei visto anch'io - come tanti allora - un master spy.
Per i due non c'è simpatia. Picquart, uno che diventa ministro per di più dopo essere passato per le stanze dei servizi. Dreyfus alla fine inoltra domanda di riscatto di anni 5 di detenzione ai fini di un avanzamento di grado.
Diversamente da come la vede Spielberg o un Oliver Stone (altri insegnanti di storia) la vocazione a spia per Polanski non deriva da una tensione morale bensì da ristrettezze economiche. Detto chiaramente: Dreyfus non poteva tradire non perchè uomo integro ma in quanto disponeva di una rendita pari a 20 volte la paga militare. Infatti, chi è la talpa? Un vitaiolo indebitato (Esterhazy, Laurent Natrella). Vantava una goccia di sangue blu danubio pervenutagli per alcove traverse: albagia, pochi contanti, ancor meno scrupoli. Metaforizzando la vicenda collegandola alle sue persecuzioni remote e attuali, Polanski non è proprio rigoroso "nell'affresco storico", indulge a qualche manierismo da repertorio. Profitta pure per ricordare, en passant, di essere sempre uno dei "perfidi". Costruisce, comunque un potente apologo di condanna dell'abiezione di una casta, di tutta una gente.
Una piccola ingiustizia anche da parte sua. Pochi frettolosi tratti su Emile Zola, colui che scrisse L'Assommoir dove riecheggia quella che oggi chiamiamo macelleria sociale, vicino ai veri reietti di quel tempo e di ogni tempo. Sfidò il Potere che gli inflisse un anno di carcere più un'ammenda. Il figlio di un Veneziano non scontò l'uno nè pagò l'altra, scappò in inghilterra. Ai suoi funerali, a Parigi, non andò Picquart. Meno ingrato, vi partecipò Dreyfus giusto per prendersi una pistolettata direttagli dal solito dimostrante scalmanato. Iellato come sempre, l'Alfred. Non a tutti brilla la stella dei Roman Polanski.
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samanta
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martedì 10 dicembre 2019
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la verità è sempre scomoda per tutti ...
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Un conto è la storia e un conto è un film che nel caso anche per evidenti motivi sentimentali ovvero per necessità cinematografiche tende a banalizzare una vicenda complessa. Diceva Chesterton "Dreyfus è innocente, forse non lo sono i dreyfusardi".
Cominciamo dall'antisemitismo o meglio dell'antiebraismo diffuso In Francia nei settori i più svariati, molti dimenticano Voltaire (quello che faceva soldi con la tratta degli schiavi neri) che nel "Dizionario filosofico" affermava che "l'ebreo è il più abominevole popolo del mondo". D'altra parte quando succede l'affaire, Mercier Ministro della guerra era un repubblicano progressista, il Presidente del Consiglio Dupuy è un massone, il Presidente della Repubblica Laubert è il propugnatore delle leggi anticlericali che comporteranno l'espropriazione dei beni dell Chiesa Cattolica comprese le chiese, la soppressione degli ordini religiosi e determinarono le dimissioni di centinaia di pubblici funzionari cattolici (compresi militari).
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Un conto è la storia e un conto è un film che nel caso anche per evidenti motivi sentimentali ovvero per necessità cinematografiche tende a banalizzare una vicenda complessa. Diceva Chesterton "Dreyfus è innocente, forse non lo sono i dreyfusardi".
Cominciamo dall'antisemitismo o meglio dell'antiebraismo diffuso In Francia nei settori i più svariati, molti dimenticano Voltaire (quello che faceva soldi con la tratta degli schiavi neri) che nel "Dizionario filosofico" affermava che "l'ebreo è il più abominevole popolo del mondo". D'altra parte quando succede l'affaire, Mercier Ministro della guerra era un repubblicano progressista, il Presidente del Consiglio Dupuy è un massone, il Presidente della Repubblica Laubert è il propugnatore delle leggi anticlericali che comporteranno l'espropriazione dei beni dell Chiesa Cattolica comprese le chiese, la soppressione degli ordini religiosi e determinarono le dimissioni di centinaia di pubblici funzionari cattolici (compresi militari). L'esercito non era affattto dominato dai cattolici, ma da una casta miltare nazionalista bonapartista. I Complotti ci furono ma furono creati dopo la condanna. Tutto parte dal borderau , venne fatto un profilo della spia e qui fu il primo errore: il profilo era sbagliato la spia non era un esperto in cannoni, ma semplicemente un ufficiale Esterhazyy (Laurent Mantella) che raccoglieva notizie di second'ordine e le passava ai tedeschi per un pò di soldi. Fra i 4 o 5 profili individuati fu scelto quello di Dreyfus non perché ebreo come racconta il film ma solo perché la scrittura del malcapitato vagamente assomigliava a quella del borderau. L'errore fu compiuto dal maggiore Henry (Grègory Gadebois) e dal suo capo del controspionaggio, ma Henry oltre ad essere un inetto, era anche un fellone, redasse documenti falsi per incastrare Dreyfus rendendosi conto che le accuse erano troppo deboli, dopo divenne anche un traditore perché protesse la vera spia.
In seguito si crearono i fronti: da una parte un fronte progressista che cercò di tramutare un errore giudiziario in un complotto di reazionari e un fronte di destra che per i medesimi motivi sosteneva un complotto di ebrei e massoni contro l'esercito per indebolire la Francia. In mezzo l'esercito permeato da uno spirito nazionalista-massonico-bonapartista con generali ottusi e incapaci (saranno quelli che pochi anni dopo manderanno al macello 1.400.000 soldati) che invece di riconoscere un errore giudiziario, si interstardirono.a coprire il vero colpevole. Il film rende bene il personaggio del colonnello Picquart anche per l'interpretazione di Jean Dujardin, chi in qualche modo ristabilì l'onore della Francia, gli bastò vedere gli atti per capire l'innocenza di Dreyfus e lottare, andando in carcere, anche se il maggiore non gli era simaptico, agendo per ragioni di giustizia e salvare la rispettabilità dell'esercito. Il film ricostruisce abbastanza bene l'ambientazione dell'epoca bravi gli attori meno quello che interpreta Dreyfus (Luis Garrel) che sembra una marionetta. Il maggiore era un uomo ricco, di cultura, moto affezionato all'esercito e fedele repubblicano con molte relazioni importanti, qualità che gli nocquero perché sembrò che la sua famiglia usasse i mezzi e la sua influenza per salvare una spia. La storia di amore di Picquart con Pauline (Emmanuelle Seigner) appare un pò forzata nella trama del film, fuori luogo le dichiarazioni di Polanski che cerca di paragonare le sue disavventure giudiziarie con quelle di Dreyfus.
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mahleriano
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lunedì 23 dicembre 2019
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bel film
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Il film descrive un famosissimo caso storico che non ha bisogno di molte presentazioni, l'affare Dreyfus. Non parla dunque di errori giudiziari, ma di esplicite infondate accuse da parte del potere di turno (in questo caso militare) ai danni di innocenti, come molti se ne sono verificate nel corso della storia, con conseguente gogna mediatica e assoluzione spesso postuma. Basterebbe pensare, per citarne solo alcuni, ai casi Sacco e Vanzetti, passando per Galileo, Giordano Bruno, fino al "processo popolare" che chiese di scegliere fra Cristo e Barabba, ma la lista sarebbe lunga. Dunque se dei meriti il film ha, non possono risiedere nell'appartenenza a un filone solidamente navigato e conosciuto: lo spettatore sa da che parte schierarsi, conosce la verità ed è facile sfruttarne le conseguenti emozioni.
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Il film descrive un famosissimo caso storico che non ha bisogno di molte presentazioni, l'affare Dreyfus. Non parla dunque di errori giudiziari, ma di esplicite infondate accuse da parte del potere di turno (in questo caso militare) ai danni di innocenti, come molti se ne sono verificate nel corso della storia, con conseguente gogna mediatica e assoluzione spesso postuma. Basterebbe pensare, per citarne solo alcuni, ai casi Sacco e Vanzetti, passando per Galileo, Giordano Bruno, fino al "processo popolare" che chiese di scegliere fra Cristo e Barabba, ma la lista sarebbe lunga. Dunque se dei meriti il film ha, non possono risiedere nell'appartenenza a un filone solidamente navigato e conosciuto: lo spettatore sa da che parte schierarsi, conosce la verità ed è facile sfruttarne le conseguenti emozioni. Né l'attualità risiede in una riflessione su un tema presente come quello delle fake news, nei confronti del quale si assiste oggi a un'amplificazione enorme legata ai social, ma che rappresenta un problema antico quanto l'uomo: quello della calunnia è un "venticello" ben noto ed è stato ampiamente trattato anche nei film citati più su... Tuttavia il film ha una sua forza per molti aspetti. L'interpretazione del bravissimo protagonista, Jean Dujardin, già visto in The Artist, senz'altro è molto coinvolgente. E la ricostruzione della vicenda è molto avvincente per il taglio da classico giallo conferito al film nella ricostruzione delle prove, con le ulteriori ingiustizie che ne conseguono e l'immancabile divisione fra innocentisti e colpevolisti. Ma ciò che forse ho trovato più bella è la rappresentazione di Dreyfus, personaggio quasi ombra in un film che lo dovrebbe vedere protagonista, la cui apparente freddezza e distanza, nel finale, bene esprime quella consapevolezza amara che in fondo è la stessa che si ritrova nel Gattopardo: cambiare tutto perché nulla cambi. Perché, in fondo, questo è il sottile messaggio finale espresso dai due protagonisti a confronto: nessuno è mai realmente vincitore e quasi mai viene fatta vera giustizia. E in questa amarezza conclusiva sta la forza del film.
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fabriziog
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giovedì 5 dicembre 2019
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film garbato e storicamente interessante
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"L'ufficiale e la spia" del regista (di cui non bisogna dimenticare le condanne ed i procedimenti penali per stupro, anche di minorenni) Roman Polanski ripercorre dal 1894 in poi il prima, il durante e il dopo dell'"Affaire Dreyfus", l'alto in grado francese ebreo ingiustamente coinvolto, arrestato, condannato e condotto nell'Isola del Diavolo per intelligenza con i tedeschi: la sua reale colpa per i suoi carogneschi accusatori, invece, è solo l'appartenenza alla stirpe di Davide.
Il film è elegante, sobrio, sincero, schivo, paludato e immerso nei raffinati arredamenti di fine ottocento, in cui il patriottismo è macchiato dall'onta dell'odio antisemita che, come tutti gli odi, non guarda l'evidenza delle prove dell'innocenza di Dreyfus.
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"L'ufficiale e la spia" del regista (di cui non bisogna dimenticare le condanne ed i procedimenti penali per stupro, anche di minorenni) Roman Polanski ripercorre dal 1894 in poi il prima, il durante e il dopo dell'"Affaire Dreyfus", l'alto in grado francese ebreo ingiustamente coinvolto, arrestato, condannato e condotto nell'Isola del Diavolo per intelligenza con i tedeschi: la sua reale colpa per i suoi carogneschi accusatori, invece, è solo l'appartenenza alla stirpe di Davide.
Il film è elegante, sobrio, sincero, schivo, paludato e immerso nei raffinati arredamenti di fine ottocento, in cui il patriottismo è macchiato dall'onta dell'odio antisemita che, come tutti gli odi, non guarda l'evidenza delle prove dell'innocenza di Dreyfus.
Intriga il lato introspettivo e dicotomico dell'essere umano che può diffidare di un altro essere umano per il suo legame ad una fede diversa e combattere nello stesso tempo, a rischio della propria vita, affinché l'innocenza di questi venga proclamata. L'uomo è un unicum composto da tanti se stessi solo apparentemente in contrasto fra di loro e che si ricompongono armonicamente per la forza dell'intelletto e le incessanti pulsioni cardiache.
"L'ufficiale e la spia" è lotta impari d'armi senza armi, combattimento fra onore vero e viltà vestita di onore, potenza della letteratura che possiede il coraggio di proclamare il vero a masse acefale dotate di occhi vitrei, insufflate a dovere perché l'ovvio non sia scorto. Il J'Accuse del 13 gennaio 1898 di Émile Zola è un "Urlo di Munch" in forma letteraria avverso chi ben sa che Dreyfus è un autentico patriota, che poi e poi mai tradirebbe la propria Patria, ingannata e vilipesa, invero, proprio dai suoi infami e ben consci accusatori.
I toni garbati del film e i dialoghi soffici nulla tolgono alla durezza del tema e il dipanarsi della trama è come un laghetto apparentemente placido la cui superficie nasconde profonde correnti vorticose e gelide.
Fabrizio Giulimondi
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alesimoni
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giovedì 5 dicembre 2019
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polanski non sbaglia mai
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Bel noir su un fatto storico realmente accaduto, costruito in maniera egregia come solo il maestro Polanski sa fare. La costruzione della tensione è da manuale, così come il montaggio e il gioco a incastri che serve a dipanare la matassa , fino a virare al legal-movie.Chiaro anche che l'afflato con cui il regista americano racconta la storia derivi da un coivolgimento personale, visto che lui stesso si sente vittima di un'ingiustizia giudiziaria. L'ambientazione storica è perfetta e denota un'attenzione maniacale ai particolare e permettono allo spettatore di calarsi nella Parigi di fine 800. Dujardin molto bravo e credibile, mentre Garrel sembra un po' troppo imbalsamato. Titolo italiano (come sempre) non azzeccato.
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