paola.defrenza
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giovedì 11 luglio 2019
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“scegliete la vita”. da trainspotting a t2: cos’è cambiato.
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Dopo Trainspotting, capolavoro che ha consacrato una nuova leva di attori ed è diventato un classico per la generazione anni novanta, il regista Danny Boyle torna al cinema con Renton, Simon, Spud e Begbie 20 anni dopo nel suo nuovo film T2.
"Scegliete la vita; scegliete un lavoro; scegliete una carriera; scegliete la famiglia; scegliete un maxi-televisore del cazzo; scegliete lavatrice, macchine, lettori CD e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita; scegliete un mutuo a interessi fissi; scegliete una prima casa; scegliete gli amici; scegliete una moda casual e le valigie in tinta; scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cazzo; scegliete il fai da te e chiedetevi chi cacchio siete la domenica mattina; scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare.
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Dopo Trainspotting, capolavoro che ha consacrato una nuova leva di attori ed è diventato un classico per la generazione anni novanta, il regista Danny Boyle torna al cinema con Renton, Simon, Spud e Begbie 20 anni dopo nel suo nuovo film T2.
"Scegliete la vita; scegliete un lavoro; scegliete una carriera; scegliete la famiglia; scegliete un maxi-televisore del cazzo; scegliete lavatrice, macchine, lettori CD e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita; scegliete un mutuo a interessi fissi; scegliete una prima casa; scegliete gli amici; scegliete una moda casual e le valigie in tinta; scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cazzo; scegliete il fai da te e chiedetevi chi cacchio siete la domenica mattina; scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare. Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi; scegliete un futuro; scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita: ho scelto qualcos’altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha l’eroina?"
Recita così il famoso incipit di Trainspotting, cult movie del 1996, girato da Danny Boyle e tratto dall’omonimo romanzo di Irvin Welsh. A pronunciarlo è Mark Renton, giovane poco più che ventenne alle prese col dover diventare grande in una Edimburgo di fine secolo scorso, dominata dalla working class. Il monologo del protagonista ben sintetizza l’impalcatura concettuale che sorregge l’intera pellicola: la dipendenza da eroina e l’apparente “non scelta” dei personaggi, che rifiutano una vita votata alla mediocrità e all’omologazione medioborghese. Mark ha scelto di scegliere qualcos’altro, perché tutto è più semplice quando si una “un’onesta dipendenza dall’ eroina”. Renton ha degli amici, o meglio dei “cosiddetti amici”, come li chiama lui. Simon, detto Sick boy, capelli platino e ossessione per il mito di Sean Connery. Spud, ingenuo e dall’animo candido. Tommy, il bravo ragazzo che rifiuta la droga (per poi caderci irrimediabilmente) e Begby, irascibile e dipendente dalla violenza fisica. Non esiste un vero e proprio legame affettivo tra i personaggi; ciò che li accomuna realmente è la dipendenza da eroina e l’incapacità (o il rifiuto) di vivere una vita conforme alle comuni norme sociali. Danny Boyle riprende la vita dei personaggi, delineando un quadro onesto e brillante di una generazione di “outsiders” alle prese con i cambiamenti che porterà il nuovo millennio. “La musica sta cambiando, le droghe anche, c'è da scegliere altro”. Una generazione che è priva di ideali, obiettivi, modelli e moralità e che si rifiuta di cambiare. Il risultato non è una banale condanna generazionale, né un’esaltazione del consumo d’eroina come qualcuno della critica affermò in passato, piuttosto un film che produce la rappresentazione di uno spaccato reale, concreto, senza censura o paternalismo, filtrato e vissuto dal punto dei vista dei protagonisti, dei tossici, che Boyle non cerca di descrivere o giustificare, ma semplicemente lascia agire, raccontandoli.
Mi sono chiesta più volte cos’è che rende Trainspotting un capolavoro unico nel suo genere. Non è soltanto merito della regia tagliente di Boyle e di un gruppo perfetto di giovani attori, né della sceneggiatura piena di frasi diventate subito manifesto generazionale, né di una colonna sonora da urlo (Lou Reed, Iggy Pop, gli Underworld, i Blur); in effetti poteva essere tutta questa roba insieme e sarebbe bastato a renderlo un successo. Ma poi ho capito, ed è successo per caso, leggendo una recensione molto personale scritta da Roberto Recchioni, noto fumettista Italiano:
"Ventuno anni fa portavo i capelli rasati, i pantaloni di tre taglie più grandi e le magliette di due taglie più piccole. Non avevo l’auto, non avevo una moto, passavo un sacco di tempo sui mezzi pubblici a fare su e giù per Roma e Milano. Avevo appena iniziato la mia carriera da fumettista e frequentavo i centri sociali e case popolate dagli individui più bizzarri dove non si dormiva mai e nessuno lavava il bagno. Andavo alle feste, fumavo, bevevo, facevo casino. Ballavo sui Prodigy, scopavo con i Massive Attack e mi addormentavo con i Portishead."
Ho capito, perché era esattamente ciò che pensai la prima volta che guardai Trainspotting e che avrei potuto scrivere, se avessi avuto 20 anni negli anni 90. Invece di anni ne avevo forse 16 e il film mi piacque per gli stessi identici motivi. Perché in un certo senso, dipendenza da eroina a parte, parlava di me, dei miei amici, di noi: giovani adolescenti bizzarri che facevano casino, alle prese col dover diventare grandi in un’Italia dei primi anni del nuovo millennio. O almeno, così mi sembrava allora. Chi ha guardato il film sa che non finisce bene. Grazie ad un caso fortuito il gruppo di “cosiddetti amici” riesce a ottenere e vendere un grande quantitativo di eroina, ricavandone 20.000 sterline da dividere in parti uguali. Durante la notte però Renton ruba il denaro ai propri compari e lascia Edimburgo, deciso a cambiare vita. Lascerà solo a Spud, il più puro tra loro, la sua parte del bottino. Nella scena finale cerca di spiegare, a modo suo: Allora perché l'ho fatto? Potrei dare un milione di risposte tutte false. La verità è che sono cattivo. Ma questo cambierà, io cambierò. E’ l'ultima volta che faccio cose come questa, metto la testa a posto, vado avanti, rigo dritto, scelgo la vita. Ce l’avrà fatta? Avrà davvero messo la testa a posto e scelto la vita? La scena finale dell’ormai lontano 1996 faceva già presagire l’idea di un sequel e infatti, 21 anni dopo, Danny Boyle fa rivivere sullo schermo i personaggi di Trainspotting in T2, liberamente ispirato a “Porno” romanzo di Irvin Welsh che fa da seguito a Trainspotting. Il film si apre con il ritorno di Renton ad Edimburgo, che dopo parecchi anni trascorsi in Olanda a tentare di cambiare vita così come aveva detto, si ritrova sconfitto, reduce dal divorzio e dal licenziamento. Apparentemente le cose non sembrano tanto cambiate. I personaggi del primo film sono si invecchiati, ma sembra si rifiutino ancora di lasciarsi assorbire dalle dinamiche standard della vita medioborghese. Spud, ancora dipendente dall’eroina, ha perso il lavoro e cerca di farla finita (ma viene prontamente salvato da Renton). Simon gestisce a tempo perso il pub della zia ma si procura denaro attraverso il ricatto sessuale e lo spaccio di cannabis e ha in progetto di aprire un bordello. Begby invece è in galera a scontare una pena per omicidio. Insomma, Boyle sembrerebbe presentarci gli stessi ragazzi strambi, confusi ed incasinati, soltanto un po’ cresciuti. E invece l’atmosfera di T2 è ben diversa. Non c’è più traccia di quei ragazzi disinvolti che non erano dei santi, certo, ma guardavano alla vita con un atteggiamento avvenente e spregiudicato. L’animo spensierato lascia spazio al senso di disillusione che portano i quaranta-cinquanta anni, alla malinconia e alla nostalgia per i bei tempi andati. Insomma, se siete entrati in sala gasati sperando di rivivere una bella rimpatriata con dei vecchi amici, vi siete presi un gran pugno nello stomaco. T2 vive dell’energia iconica emanata dal prequel e di poco altro. Lo cita, lo celebra, strizza l’occhio ai vecchi fan riproponendo inquadrature e musiche. Ma infondo, anche se privo del respiro e della genialità del primo, anche se il rapporto tra i personaggi risulta banalizzato, e la trama non troppo riuscita, T2 resta un film divertente e gradevole. I personaggi di Boyle si sono scontrati con la realtà, la gioventù è andata via e con essa anche lo spirito ispirato e anticonformista. Concludo con le parole appassionate e precise di Roberto Recchioni su T2:
La nostra gioventù non era un posto fantastico, rimpiangerla è da coglioni, bisogna vivere nel presente. Non è un film gentile, T2. Non è un film compiacente. A conti fatti, non è nemmeno un film riuscito in tutte le sue parti e, a tratti, latita di ispirazione. Ma è un film giusto che dice cose che sono un antidoto in quest’epoca che non fa altro che mitizzare un passato che non è mai esistito. Andatelo a vedere. Oppure, scegliete la vita.
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marcocremona
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sabato 25 febbraio 2017
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ottimo sequel. a me è piaciuto.
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Trainspotting era il racconto di una grande amicizia fra ventenni scozzesi in fuga dalla loro quotidianità ed il loro continuo perdersi e ritrovarsi fra vita reale e sogno psichedelico. T2, secondo me, è la sua naturale evoluzione. Ognuno dei 4 ragazzi è cresciuto a modo suo e si trova a fare i conti con la realtà delle cose. C'è chi è fuggito per costruirsi una vita nuova, che è rimasto incastrato nel suo passato e aspetta il momento della fine, chi continua a vivere nella illegalità e chi è costretto a fare i conti con la legge (soprattutto della vita come moglie e figli). In un qualche modo si re-incontrano e la voglia di tornare al passato si fa molto forte. Ma la vita è cambiata. Il mondo attorno a loro è cambiato.
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Trainspotting era il racconto di una grande amicizia fra ventenni scozzesi in fuga dalla loro quotidianità ed il loro continuo perdersi e ritrovarsi fra vita reale e sogno psichedelico. T2, secondo me, è la sua naturale evoluzione. Ognuno dei 4 ragazzi è cresciuto a modo suo e si trova a fare i conti con la realtà delle cose. C'è chi è fuggito per costruirsi una vita nuova, che è rimasto incastrato nel suo passato e aspetta il momento della fine, chi continua a vivere nella illegalità e chi è costretto a fare i conti con la legge (soprattutto della vita come moglie e figli). In un qualche modo si re-incontrano e la voglia di tornare al passato si fa molto forte. Ma la vita è cambiata. Il mondo attorno a loro è cambiato. Loro sono cambiati. I vincoli d'amiciza si lacerano e le storie del passato (raccontati da rapidi e violenti flash-back) ritornano a galla più come atti d'accuse che come nostalgici ricordi. Tutti e quattro si ritrovano a scegliere una vita (bellissimo il monologo di McGregor al bar) ma ora è più difficile di vent'anni fa. C'è da fare i conti con gli errori del passato, i rimorsi, i tradimenti, le vendette, i sogni (che nonostante tutto resistono). E c'è pure una nuova generazione con cui confrontarci: più accorta, più furba, più egoista e meno fedele. Boyle non rifà trainspotting anche se riempie il film di citazioni e riprende il suo vecchio stile, forse più maturo, forse già sfruttato da altri e quindi meno nuovo. Ritornano le folli corse nei vicoli notturni, le carte da parati su cui proiettare immagini psichedeliche, teste che emergono da tetti, braccia che sfondano muri. E anche il water avrà un suo perché. Certo, il finale è un po' così così ma sarebbe come giudicare un buon pranzo luculliano dal digestivo.
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molla666
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lunedì 30 ottobre 2017
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una pugnalata da danny boyle
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Questo p quello che ho provato alla riaccensione delle luci del cinema dopo la visione di Trainspotting 2: la sensazione di rabbia (per un film decisamente sotto le aspettative) e il dolore fisico nell'aver aspettato così a lungo un film e rendersi conto di aver sprecato tempo. Trainspotting è stato il film manifesto di una generazione che avrebbe potuto avere il mondo ai propri piedi e che invece di scegliere la vita "scelse qualcos'altro"! La naturalezza con cui un giovanissimo Ewan McGregor raccontava la sua vita (e quella dei sui "cosi detti amici") e la dipendenza dall'eroina era semplicemente grottesca e affascinante allo stesso tempo! Le immagini di giovani che convivono con la dipendenza dallo stupefacente alternate a scene dure e crude divenute cult (vedi il trip di Renton in camera sua dove vede la bimba morta che gattona sul soffitto) è qualcosa di unico.
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Questo p quello che ho provato alla riaccensione delle luci del cinema dopo la visione di Trainspotting 2: la sensazione di rabbia (per un film decisamente sotto le aspettative) e il dolore fisico nell'aver aspettato così a lungo un film e rendersi conto di aver sprecato tempo. Trainspotting è stato il film manifesto di una generazione che avrebbe potuto avere il mondo ai propri piedi e che invece di scegliere la vita "scelse qualcos'altro"! La naturalezza con cui un giovanissimo Ewan McGregor raccontava la sua vita (e quella dei sui "cosi detti amici") e la dipendenza dall'eroina era semplicemente grottesca e affascinante allo stesso tempo! Le immagini di giovani che convivono con la dipendenza dallo stupefacente alternate a scene dure e crude divenute cult (vedi il trip di Renton in camera sua dove vede la bimba morta che gattona sul soffitto) è qualcosa di unico. Come unica era la trama raccontata in prima persona senza filtri nè censure. Come la colonna sonora, così meravigliosamente 90's. Con queste premsse la notizia di un sequel, con gli stessi attori e con un corretto balzo temporale ai giorni attuali era una manna in un mondo di sequel (prequel, remake) quasi sempre scialbi era un raggio di sole in mezzo alle nuvole nere di un imminente temporale. E invece nel buio della sala ti accorgi che T2 è solo un ennesimo sequel da buttare. Tutto è cambiato dal 1996, non solo nei volti degli attori, ma anche in quello che è il modo di raccontare la storia (scontata) dei 4 di Edimburgo. Scene che non catturano, non colpiscono come un pugno allo stomaco come ci si aspetterebbe, ma solo un mix di malinconie e vecchi cliché con un Ewen Bremner (Spud) che racconta di tanto in tanto ad un nuovo personaggio (Gail) cosa i quattro avessero combinato 20 anni prima... Sequel che semplicemente violenta un classico di un periodo in cui il cinema trsmetteva quelle emozioni che oggi si fa fatica a ritrovare....
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bothroyd77
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lunedì 27 marzo 2017
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imbarazzante
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È risaputo quanto sia complicato realizzare un sequel di qualsiasi film, figurarsi quanto lo sia per un film così originale e trasgressivo come Trainspotting.
Ma non per questo si può giustificare un film palesemente realizzato per spillare soldi ai nostalgici di T1.
Volgaritá e scazzottate fini a se stesse, trama inesistente, sceneggiatura che innervosice per quanto sia inetta e continui rimandi al passato che hanno il solo scopo di farti rimpiangere il film del '96 rispetto a questa indecenza che fatico a chiamare film.
Gli attori principali sono gli stessi e questo al solo scopo di farci diventare antipatici e fastidiosi quei 4 ragazzi che avevamo adorato per vent'anni.
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È risaputo quanto sia complicato realizzare un sequel di qualsiasi film, figurarsi quanto lo sia per un film così originale e trasgressivo come Trainspotting.
Ma non per questo si può giustificare un film palesemente realizzato per spillare soldi ai nostalgici di T1.
Volgaritá e scazzottate fini a se stesse, trama inesistente, sceneggiatura che innervosice per quanto sia inetta e continui rimandi al passato che hanno il solo scopo di farti rimpiangere il film del '96 rispetto a questa indecenza che fatico a chiamare film.
Gli attori principali sono gli stessi e questo al solo scopo di farci diventare antipatici e fastidiosi quei 4 ragazzi che avevamo adorato per vent'anni.
Grazie al regista per aver spazzato via dalle nostre menti nostalgiche il bellissimo ricordo che avevamo di quel capolavoro che era stato Trainspotting.
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jlkbest72
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sabato 25 febbraio 2017
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inguardabile
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Premetto che Bojle è uno dei miei registi preferiti eclettico, originale mai banale e mai scontato...
Ecco soprattutto queste due ultime virtù non si calano assolutamente nella realizzazione di T2 dove nemmeno la sigla è originale e richiama il secondo episodio del Terminator 2.
Se vuoi fare il sequel del film più trasgressivo ed originale degli anni novanta prepara bene brio, dinamismo e trama altrimenti fai altro perchè devi riesumare Trainspotting e fare del suo secondo capitolo uno dei film più brutti del decennio?
Non è brillante, è pietosamente malinconico nel senso che sfrutta fuori misura il primo capitolo con troppe rivisitazioni in flashback dalle riprese dall'originale.
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Premetto che Bojle è uno dei miei registi preferiti eclettico, originale mai banale e mai scontato...
Ecco soprattutto queste due ultime virtù non si calano assolutamente nella realizzazione di T2 dove nemmeno la sigla è originale e richiama il secondo episodio del Terminator 2.
Se vuoi fare il sequel del film più trasgressivo ed originale degli anni novanta prepara bene brio, dinamismo e trama altrimenti fai altro perchè devi riesumare Trainspotting e fare del suo secondo capitolo uno dei film più brutti del decennio?
Non è brillante, è pietosamente malinconico nel senso che sfrutta fuori misura il primo capitolo con troppe rivisitazioni in flashback dalle riprese dall'originale...
Trovo noioso ogni singolo scambio di vedute compresa quella che ripercorre in chiave moderna il famoso "Prendi una vita...".
Scene che ti facevano saltare letteralmente sulla sedia divertito e schifato come quella dove McCregor viene inghiottito dalla tazza alla ricerca della sua supposta nel secondo non solo non esistono ma le due che dovrebbero recuperarne il testimonial ne escono come una misera e ridicola caricatura mal riuscita e povera di qualsiasi ironia.
Non vuoi ricadere nel banale remake di Trainspotting ed allora NON FARE UN SEQUEL con attori invecchiati di 20 anni che giustamente non possono condurre una vita di eccessi e sregolatezze al livello del primo tempo del primo episodio.
Caro Boyle si invecchia tutti ed anche se T1 ha una sua buona e solida morale nel finale l'80% del pubbilico ha come scene più impresse a fuoco La tazza e La merda nelle lenzuola di Spud.
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